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La soggettività nel romanzo epistolare francese del Settecento. L'esempio delle Lettres Persanes e delle Lettres d'une Péruvienne

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DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E

LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE, LETTERATURE

E FILOLOGIE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

La soggettività nel romanzo epistolare francese del

Settecento. L’esempio delle Lettres persanes e delle

Lettres d’une Péruvienne

RELATORE

Chiar.mo

Prof. Gianni Iotti

CANDIDATO CORRELATORE

Martina Baldacci Chiar.ma Prof.ssa Barbara Sommovigo

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INDICE

INTRODUZIONE 3

I. IL ROMANZO EPISTOLARE IN FRANCIA NEL SECOLO DEI LUMI 14

1. Popolarità del genere epistolare: « Réflexions sur les Lettres persanes » 24

di Montesquieu 2. Le origini del romanzo epistolare 28

3. Introduzione alle Lettres persanes di Montesquieu 39

4. Introduzione alle Lettres d’une Péruvienne di Madame de Graffigny 56

5. Sguardi incrociati nelle Lettres persanes di Montesquieu e nelle Lettres 64

d’une Péruvienne di Madame de Graffigny II. FILOSOFIA E SENTIMENTO NEL ROMANZO DELLA PRIMA METÀ 71

DEL SECOLO (1721-1747) 1. Pluralismo di coscienza e intersoggettività nelle Lettres persanes 76

2. La questione dell’alterità nelle Lettres persanes 86

3. La soggettività nel linguaggio della monodia epistolare delle Lettres 91

d’une Péruvienne 4. La questione dell’alterità nelle Lettres d’une Péruvienne 101

III. LA RAPPRESENTAZIONE DELLA SOGGETTIVITÀ NEL XVIII 107

SECOLO. LA SOGGETTIVITÀ FEMMINILE DI ZILIA E LA SOGGETTIVITÀ MASCHILE DI USBEK 1. La corporeità nella determinazione della soggettività di Usbek 112

1.1 La declinazione sempre più stringente tra corpo e scrittura nel XVIII 114

secolo 1.2 L’Io di Usbek. Individuazione per separazione 120

2. Tra soggettivazione e soggezione nel romanzo del serraglio 129

2.1 La straordinaria ambiguità di Usbek 132

2.2 Il dramma della libertà dell’Io nelle Lettres persanes 143

3. La ré-écriture de soi-même ou « exister par écrire »: la soggettività di Zilia 151

3.1 Écrire comme une Péruvienne 153

3.2 L’Io di Zilia: « je suis, je vis, j’existe » 159

4. L’identité féminine dans les Lettres d'une Péruvienne 169

5. La determinazione della soggettività di genere nelle Lettres persanes e 176

nelle Lettres d’une Péruvienne CONCLUSIONI 183

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3

INTRODUZIONE

La femme observe, et l’homme raisonne

(Jean-Jacques Rousseau, Émile)

Que faire pour être raisonnable ?

(Françoise de Graffigny, La réunion du bon sens et

de l’esprit)

Alla fine del XVII secolo, «un moyen de création neuf»1 appare nella letteratura francese e avrà un successo enorme durante tutto il XVIII secolo, quello del genere epistolare. Nella produzione del romanzo europeo del XVIII secolo, la forma epistolare si pone tra le più ricche per numero di pubblicazioni e per varietà di espressioni2. Non a caso, si tratta del genere che assume i profili e i contenuti più

diversi, in una forma sempre in movimento.

Il genere si espande dalle Lettres persanes di Montesquieu, un testo nel quale le numerose lettere servono molto più alla satira sociale che al racconto dell’azione romanzesca, fino all'altro polo del genere, La vie de Marianne di Marivaux dove la forma epistolare è creata con un numero ridotto di lettere.

Quando il genere prende le distanze dall’interminabile narrazione alla terza persona secondo il punto di vista del narratore onnisciente, la ricerca orienta maggiormente

1 Jean Rousset : Une forme littéraire, le roman par lettres, Forme et signification, Paris,

José Corti, 1962, p. 65.

2 Letizia Norci Cagiano de Azevedo, Valeria Pompejano, Delia Gambelli: Il romanzo

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verso la verità e l’autenticità. La ricerca si volge anche alla felicità, che sembra essere il filo conduttore della cultura del Settecento e sta alla base dei grandi movimenti del secolo, ispirati dal desiderio di realizzare un « bonheur sur la terre »3, coniugando virtù e conoscenza. In questo contesto anche il romanzo, specchio della vita, costruisce le sue «prove di attendibilità»4, adottando le strategie più diverse, come l’inserimento di eventi e personaggi esistiti accanto a personaggi inventati, attraverso la scelta delle corrispondenze o delle memorie o più frequentemente delle pseudo-memorie.

Accusato di orientarsi verso il meraviglioso, lo straordinario e l’inverosimile, il romanzo, per acquisire il prestigio della storia, si rivolge alla formula degli pseudo-Mémoires, mettendo in scena dei personaggi che raccontano la propria esperienza,

evoluzione facilitata dai numerosi Mémoires, « authentiques ou apocryphes »5. L’apparenza autobiografica crea così un’illusione romanzesca, con l’impressione di un vissuto che favorisce la riflessione su un destino individuale. Se il

roman-Mémoires conosce la migliore accoglienza nella prima metà del secolo, nella

seconda sarà oscurato dal romanzo epistolare.

Nel roman-Mémoires il narratore si vede a distanza, giudica quello che è successo e adotta volentieri un punto di vista critico sui propri errori e la visione retrospettiva gli permette di trasformare la propria esperienza in destino. Nella pretesa di

3Ivi, p. 18. 4Ibid.

5 Raymond Trousson, « Préface », in Romans de femmes du XVIIIe siècle, textes établis,

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autenticità, le lettere si rivelano invece ancora più convincenti rispetto ai

romans-Mémoires. Le roman par lettres sopprime infatti la distanza tra la scrittura e

l’avvenimento, costituisce un seguito di istanti, lascia il narratore nella stessa ignoranza del lettore su quello che sta vivendo, traduce la sua psicologia in maniera immediata, senza mediazioni temporali, e infine non è soggetto alla distorsione del ricordo6. La lettera permette così lo sviluppo della soggettività, la nascita di un Io

raramente manifesto nella vita reale. Come per il roman-Mémoires, nel roman par

lettres gli autori attuano vari mezzi per garantire la credibilità:

Les fautes, les maladresses, les défaillances de style, les longueurs, les imperfections, seront autant de preuves qu’il ne s’agit pas du travail d’un professionnel mais de missives spontanées, échangées par des particuliers qui ne songeaient pas à jouter la carte de la littérature7.

Nel suo studio sulla letteratura epistolare, Laurent Versini fa riferimento a Robert-Adam Day per la definizione del genere. Secondo l’autore, può essere definito romanzo epistolare:

Tout récit en prose, long ou court, largement ou intégralement imaginaire dans lequel des lettres, partiellement ou entièrement fictives, sont utilisées en quelque sorte comme véhicule de la narration ou bien jouent un rôle important dans le déroulement de l’histoire.8

La forma del roman par lettres è riconducibile a una visione pluralista del mondo, alla molteplicità dei punti di vista e al conseguente esercizio di relativizzazione, cui si aggiungono una particolare attenzione per il quotidiano e il privato. I vari autori affrontano in modo differente questi temi dedicando, all'interno dell'economia del

6 Ivi, p. XX. 7 Ivi, p. XXI.

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testo letterario, uno spazio privilegiato alla propria concezione dell’espressione della soggettività. L’Io che si esprime alla prima persona offre una possibilità nuova, quella di far coincidere l’emozione provata con la scrittura; il presente è autentico e non ricostruito.

Nel romanzo epistolare, come scrive Jean Rousset, ogni lettera ha valore di cronaca e di scrittura al presente: una specie di miopia. Questo chiudere assieme l’istante della scrittura e quello dell’emozione è compensato dalla presenza costante del destinatario per il quale si scrive e per il quale ci si espone. Nelle lettere si ha dunque questa doppia presenza: quella del corrispondente fittizio e quella del lettore reale che ricompongono la storia malgrado il carattere frammentario e discontinuo delle stesse.

Il punto di vista che domina, imprescindibile dalla soggettività dell’Io che scrive, è dunque quello del personaggio o dei personaggi che parlano, secondo modalità variabili: una voce come un’eco che non ottiene mai risposta, un duo di corrispondenti e infine quella modalità che inscena un vero concerto sinfonico dove interviene una molteplicità di voci, con una conseguente pluralità di coscienza. Al fine di analizzare l'evoluzione della tematica della soggettività attraverso il secolo XVIII, la struttura temporale alla quale si farà riferimento è quella utilizzata in La Civiltà letteraria francese del Settecento, testo curato da Gianni Iotti, che suddivide il XVIII secolo nel periodo della Reggenza (1715-1723), dalla morte di Luigi XIV al regno di Filippo d'Orleans; nel periodo del regno di Luigi XV (1723-1774) e nel periodo del regno di Luigi XVI e della Rivoluzione (1774-1789).

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Il presente lavoro si concentra su due romanzi epistolari a prima vista diversi tra loro per la qualità di voci, l’impostazione, l’argomento nonché la data di pubblicazione: le Lettres persanes di Montesquieu e le Lettres d’une péruvienne di Madame de Graffigny. Tuttavia, a guardar meglio, questi due romanzi sono legati da non poche affinità. L’intento è quello di offrire due prospettive differenti in rapporto alla distinzione, che viene a crearsi all’interno del genere epistolare del Settecento, tra forma epistolare del romanzo filosofico e forma epistolare del romanzo sentimentale.

In comune i due romanzi, in quanto epistolari, esibiscono il punto di vista della prima persona, e questa forma ha ovviamente un’importanza determinante. Nelle

Lettres persanes (1721) e nelle Lettres d’une Péruvienne (1747) il soggetto

dell’enunciazione gioca un ruolo determinante, fino a costituire il fulcro del racconto. Analizzare la soggettività narrante è dunque essenziale ai fini di comprensione dei due romanzi epistolari.

Con la pubblicazione delle Lettres persanes Montesquieu inaugura il romanzo illuministico nel XVIII secolo, si tratta di un nuovo genere letterario, una forma nuova, di cui lo scrittore è perfettamente cosciente. È lui stesso a notare: « Mes Lettres persanes apprirent à faire des roman par lettres »9. La novità, per altro relativa, dell’opera di Montesquieu è sicuramente l’utilizzo della forma epistolare

9 Montesquieu, La Pensée politique et constitutionnelle de Montesquieu : Bicentenaire de l'esprit des lois 1748-1948, n. 1621. In : Institut de droit comparé de la faculté de droit de Paris, Paris: Recueil Sirey, 1952.

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polifonica nel genere romanzo10. Dopo le Lettres persanes il romanzo epistolare conoscerà un enorme successo. Dalla loro pubblicazione nel 1721, Les lettres

persanes di Montesquieu fecero scalpore. Con un orgoglio giustificato, è il loro

autore a scrivere:

Les Lettres persanes eurent d’abord un débit si prodigieux que les libraires mirent tout en usage pour en avoir des suites. Ils allaient tirer par la manche tous ceux qu’ils rencontraient : Monsieur, disaient-ils, je vous prie, faites-moi des Lettres persanes11.

Nelle Lettres persanes, l’intenzionale scomparsa dell’autore ottiene l’effetto di riconoscere un’autonomia a tutti i personaggi che scrivono, l’opera si basa sulla pluralità delle coscienze in gioco e sulla diversità dei punti di vista. Come i personaggi teatrali, i protagonisti del romanzo possono seguire ed esprimere la propria soggettività, sfogando liberamente i propri pensieri e le proprie passioni, difendendo la propria causa ispirati dalla disposizione del momento. La sorpresa del lettore dipende dal fatto che egli trova una continuità nel testo (si assiste a un inizio, un progresso e una fine) grazie ai personaggi rappresentati sulla scena.

Presentando ogni soggetto da diversi punti di vista, Montesquieu dimostra il ruolo delle idee, della finzione e delle opinioni nell’interazione umana, e la relatività della percezione12. Egli richiama l’attenzione ai vantaggi della struttura polifonica nelle

Réflexions sur les Lettres persanes, dove scrive che il romanzo epistolare permette

10 Sebbene non sia stato Montesquieu ad avere inventato il genere epistolare, gli è stata

attribuita dalla critica una caratteristica strutturale innovativa del genere.

11Montesquieu, Quelques réflexions sur Les Lettres persanes in Lettres persanes. Édition présentée établie et annotée par Jean Starobinski. Édition s Gallimard, 2003, p. 44.

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ad ogni carattere di dar voce alla propria situazione, e pertanto le passioni sono sentite più direttamente.

Il primo capitolo di questo lavoro mira a illustrare le modalità attraverso le quali il romanzo epistolare si sviluppa e si rinnova nel panorama culturale e letterario francese del XVIII secolo, delineando i tratti comuni del narratore in prima persona nel romanzo epistolare. Il capitolo si concentra inoltre sull’analisi e sul confronto dei due romanzi scelti come paradigmatici: le Lettres persanes e le

Lettres d’une Péruvienne.

Il romanzo di Montesquieu si sviluppa su uno sfondo orientaleggiante con approcci e intenti di romanzo filosofico e in cui l’allestimento della scena romanzesca è funzionale al discorso di satira, di riflessione filosofica. Esso fornisce, inoltre, un esempio di come, nella letteratura del XVIII secolo, fra corpo e scrittura si istituisca una solidarietà che allude alla complessità emergente di una nuova nozione di soggettività. Nelle Lettres d’une Péruvienne l’esotismo resta importante ma i due romanzi presentano caratteri diversi. Nell’epoca del romanzo di Madame de Graffigny, in effetti, comincia ad affermarsi una nuova sensibilità che cambia le modalità del discorso amoroso e sentimentale.

Il secondo capitolo del lavoro è incentrato sull’esotismo e in particolare sull’alterità, per ricomporre la soggettività romanzesca nei protagonisti delle Lettres persanes e delle Lettres d’une Péruvienne. Se il tema dell’Oriente non è nuovo nel XVIII secolo, la forma adottata nei romanzi di Montesquieu e di Graffigny evidenzia una maggiore originalità rispetto ai testi coevi. Gli stranieri venuti da lontano esprimono

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un altro punto di vista che ordina le cose in maniera differente. Lo straniero non è realmente « autre », ma uno specchio che rinvia a sé, invitando il lettore a riflettersi in un testo-specchio che coglie « l'autre » in una relazione invertita13.

Come si può fare in modo che l’incontro con l'altro diventi convenzionale e non angosciante? « Comment [en définitive] peut-on être Persan? » oppure, più precisamente, « Comment s'y prend-on pour fabriquer un Persan ou une Péruvienne, porteurs de miroir ? Qui sont ces étrangers ? »14.

Intendiamo affrontare la questione dell’alterità nei protagonisti dei due romanzi mediante l’analisi di alcune lettere significative, al fine di poter mettere in relazione alterità e soggettività. Avvalendosi di alcuni saggi di Emmanuel Lévinas è stato possibile tracciare la dinamica della soggettività di Usbek collegandola all’alterità, rappresentata da un altrove irraggiungibile, quello del serraglio di Ispahan.

Nel terzo ed ultimo capitolo è stata sviluppata la soggettività dei due protagonisti correlandola al genere: quella femminile di Zilia e quella maschile di Usbek. La soggettività femminile della protagonista delle Lettres d’une Péruvienne, connotata da un’epistolarità autobiografica, andrà a costituirsi progressivamente nel sistema linguistico della monodia epistolare. La lettera diventa così metafora dell’assenza e della distanza, mediando nella relazione con l’altro la costituzione del proprio Io per l’affermazione di sé. Il linguaggio le permetterà in tal modo « d’exister par

13 Catherine Gallouët: La topique de l'Orient, selon les «Lettres persanes» et les «Lettres

d'une Péruvienne». In: Étrange topos étranger. Actes du XVIe colloque de la SATOR, Kingston, 3-5 octobre 2006, p. 232.

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écrire »15, modalità specificatamente femminile, che si riconduce alla condizione della donna scrittrice del XVIII secolo.

La soggettività di Usbek nelle Lettres persanes si risolve all’interno di un vissuto conflittuale. Montesquieu sembra anticipare il tema della scissione della psiche concettualizzata da Freud: l’Io di Usbek pare determinato da forze contrapposte e in lui il travaglio interno, accuratamente celato dietro l'apparente atarassia, trova la via per esprimersi attraverso una determinazione dispotica nella corrispondenza verso l’universo orientale di Ispahan.

In ultimo, si intende affrontare una riflessione sulla soggettività di genere relativa ai protagonisti dei due romanzi, Usbek e Zilia. In particolare, ci si riferisce alla letteratura critica relativa ai Gender studies in saggi quali Graffigny's Epistemology

and the Emergence of Third-World Ideology di Janet Altman; Men's Reading, Women's Writing: Gender and the Rise of the Novel di Nancy K. Miller e i due saggi

di Julia V. Douthwaite: Exotic Women: Literary Heroines and Cultural Strategies

in Ancient Régime France e Relocating the Exotic other in Graffigny's Lettres d'une Péruvienne.

L’analisi che ne consegue si riferisce alla strategia comparativa intertestuale di produzioni di autori maschili e femminili, che Nancy Miller chiama «reading in pairs»16 e che è diventata particolarmente fertile nella critica recente riguardo la

15 Kroll, Renate : La ré-écriture de soi-même ou «exister par écrire». Fiction et authenticité

fictive chez Graffigny. In: Françoise de Graffigny, femme de lettres. Écriture et réception, 2004, p. 75.

16Nancy K. Miller : Men's Reading, Women's Writing: Gender and the Rise of the Novel. In : Yale French Studies, 1988.

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produzione di Madame de Graffigny. Madeleine Dobie nel suo saggio The subject

of writing: language, epistemology, and identity in the «Lettres d’une péruvienne »

osserva come la strategia comparativa «intersextual readings»17 ha focalizzato l'attenzione critica sul modo in cui le strategie narrative delle Lettres d'une

Péruvienne divergono da quelle dei suoi predecessori uomini.

Il romanzo di Madame de Graffigny è feminocentrico ̶ la narrazione in prima persona è in una voce femminile ̶ e per certi versi formula una critica culturale più radicale rispetto al modello persiano di Montesquieu ̶ anziché appartenente a una cultura aliena più familiare, come la Persia, l'eroina è peruviana. Janet Altman, che grazie al suo saggio Graffigny's Epistemology and the Emergence of Third-World

Ideology ha fatto molto per salvare il romanzo di Madame de Graffigny dall'oblio18,

ha sviluppato questo approccio sostenendo che il testo della scrittrice donna in realtà fornisce una mise en scène più chiara delle correnti filosofiche contemporanee rispetto alle Lettres persanes di Montesquieu, perché si occupa maggiormente di una «perceptual experience of an individual, gendered body»19. Janet Altman sostiene inoltre che l’écriture féminine sia filosofica perché si concentra sull'esperienza sensoriale spesso congedata come sentimentalismo, piuttosto che sulle astrazioni razionali convenzionalmente associate alla mascolinità. In effetti, è diventato una sorta di luogo comune critico contrapporre l'incarnazione

17Madeleine Dobie, The subject of writing : language, epistemology, and identity in the «Lettres d’une péruvienne». In: The Eighteenth Century, Vol. 38, No. 2, 1997, p. 99. 18Ibid.

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dell'esperienza soggettiva nelle Lettres d'une Péruvienne a strategie illuministiche per criticare l’etnocentrismo dilagante20. Anche se il romanzo di Graffigny è segnato

da un sensualismo filosofico, è importante considerare un'altra corrente dell'epistemologia del testo, che ha implicazioni critiche alquanto diverse: la rappresentazione del linguaggio come mezzo di esperienza. L'importanza della « venue à l’écriture »21 di Zilia, che segna una chiara progressione nei destini

narrativi delle protagoniste femminili, è stata riconosciuta e affermata nella recente critica femminista22. Considerando che l’eroina Roxane di Montesquieu annuncia la propria morte con la scrittura, la protagonista Zilia di Graffigny fa una radicale scelta di vita ritirandosi dal mondo per scrivere su di esso23.

Nei due testi troviamo corrispondenze che non rimangono inosservate24. Se nelle Lettres persanes il protagonista si domanda « Comment peut- être Persan? » nelle Lettres d’une Péruvienne il lettore sembra trovare una risposta che rimane aperta

nelle parole dell’eroina: « Comment puis-je être moi? ».

20Madeleine Dobie, The subject of writing : language, epistemology, and identity in the «Lettres d’une péruvienne ». In: The Eighteenth Century, Vol. 38, No. 2, 1997, pp. 99-100. 21 Kulessa Rotraud, Graffigny et la genèse des «Lettres d'une Péruvienne». L'écriture comme auto-réflexion. In: Françoise de Graffigny, femme de lettres. Écriture et réception, 2004, pp. 65.

22Ivi, p. 100. 23Ibid.

24Volpilhac-Auger, Catherine : Montesquieu et Mme de Graffigny. Regards croisés, regards obliques, ou Histoire d'un Persan et d'une Péruvienne. In: Françoise de Graffigny, femme de lettres. Écriture et réception, Voltaire foundation, 2004, p.168.

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I

IL ROMANZO EPISTOLARE IN FRANCIA NEL SECOLO

DEI LUMI

J

e me donne du narrataire la définition la plus restrictive : tout destinataire inscrit dans le texte ; c’est dire qu’il fait partie du récit, il ne peut être le récepteur réel, puisqu’il est intégré, il est un signal, un rôle dans la fiction au même titre que le narrateur, dont il est le pendant ; l’un et l’autre occupent des positions complémentaires ; ils forment à l’intérieur de la structure narrative un couple instable ; l’une des taches de l’auteur est d’organiser leurs relations.

Jean Rousset, Le lecteur intime

In Francia il genere epistolare si sviluppa nel Settecento ma affonda le proprie radici nel secolo precedente, grazie alle opere di grandi autori. Il romanzo epistolare conoscerà una fortuna ininterrotta durante tutto il XVIII secolo, costituendo in un certo senso l’anello che precede lo sviluppo della narrazione autobiografica che si affermerà a partire da Rousseau, l’autore delle Confessions, poiché effettivamente la lettera è, prima di tutto, una confessione. Lo scambio epistolare tra innamorati – che troviamo, sempre in Rousseau, nella Nouvelle Héloise – presto esteso a molti corrispondenti, consente di esprimere meglio l’onestà e la socievolezza del secolo dei Lumi, e dà efficacemente voce al bisogno di spontaneità e naturalezza tipico

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dell’epoca per quanto attiene l’espressione dei sentimenti. Il genere epistolare si fa in tal modo garante de « l’authenticité des sentiments »25.

Nella tradizione razionalista del XVII secolo, il sentimento era giudicato un fattore di distorsione e di disturbo del comportamento razionale e dunque ritenuto privo di interesse scientifico. Poiché l’attività razionale era la caratteristica dalla quale partire per spiegare il comportamento umano, l’emozione, insitamente perturbante, assumeva un’accezione spregevole, non razionale, nell’esistenza fisica. La si considerava anzi una categoria di stati e di esperienze proprie dell’animalità, e dunque di ostacolo al rigore metodologico. La contrapposizione tra la razionalità, la cognizione – cioè il buono – e l’emotività, la passione – cioè lo sbagliato, l’incomprensibile – affonda le sue radici in una visione filosofico-esistenzialista. Nei secoli, tuttavia, il progresso delle tecniche d’indagine ha permesso all’uomo di comprendere empiricamente ciò che prima poteva essere ipotizzato solo per via euristica. Il primo a sovvertire la dimensione del rapporto emozione-ragione fu Charles Darwin, il celebre naturalista britannico, il quale considerò l’emozione come un elemento di adattamento per la sopravvivenza della specie e, in quest’ottica, lo inserì nella logica evoluzionistica. L’emozione riacquista così il significato di elemento fondamentale del comportamento, perché lo condetermina. La grande potenzialità insita nell’uomo, nella sua razionalità, e in particolare nelle sue facoltà sensoriali, avrà grande risonanza con le tesi di John Locke che, con il

25Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 15.

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suo An Essay Concerning Human Understanding (1690), si oppone fortemente all'innatismo ponendo l'origine del momento conoscitivo nei sensi e nell'esperienza. Nel XVIII secolo l’uomo potrà sperimentare il mondo con i propri sensi ed esprimere con naturalezza le proprie emozioni. La mente umana in letteratura verrà sviluppata nell’interazione fra il corpo – la struttura organica dell’uomo – e l’ambiente sociale in cui vive. Secondo questo modello lo sviluppo relazionale dell’organismo acquista un rilievo imprescindibile, eppur restando fondamentale un approccio biologico, che definisce il plasma della natura soggettiva dell’individuo, è tuttavia innegabile che sia frutto dell’ambiente culturale e sociale che lo determina.

Nel XVIII secolo l’oggetto di indagine muta il suo aspetto e quindi la realtà diviene frammentaria e relativizzata dai sensi che la osservano e che ne fanno esperienza. Jacques Roger ne Le sciences de la vie dans la pensée française du XVIIIe siècle (1963) sostiene che una ragione dogmatica, che stipula corrispondenze analogiche fisse e immutabili nel reale, è sostituita da una ragione empirica che mira invece ad osservare e sperimentare il reale. Su ciò, sono degne di nota le parole di Paul Hazard:

l’esprit du XVIIIe siècle, tel qu’il prend ses racines dans le XVIIe, est rationaliste par essence, et empiriste par transaction26.

Nel Settecento va affermandosi il romanzo come genere letterario che, soppiantando quasi la storia, assume il compito di rappresentare un ritratto

26 Paul Hazard, La crise de la conscience européenne, 1680-1715, Paris. Édition s Gallimard, 1935, p.165.

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dell'uomo e fornire un quadro dei costumi contemporanei in modo scientifico. Nel Settecento francese il romanzo è stato il genere di più largo consumo presso tutti i ceti sociali27. Marca stilistica del romanzo sarà il realismo così come è inteso da Erich Auerbach in Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale basato sulla scelta di rappresentare personaggi di estrazione medio-bassa e vicende quotidiane, attraverso uno stile medio ed una grande serietà analitica che, liberando personaggi e vicende dall'ipoteca del comico, li rende meritevoli della stessa dignità riservata fino a quel momento solo ai grandi temi della tradizione.

La forma epistolare ha in comune con il romanzo del XX secolo la caratteristica di introdurre i personaggi e il lettore in un presente in progress che si oppone al punto di vista del narratore onnisciente. Il romanzo del XX secolo, però, sostituirà la lettera con il diario o con il monologo interiore, che ne è una forma sostitutiva: modalità di scrittura inconcepibile nel XVIII secolo, se non per alcune forme intermedie tra il dialogo e il monologo sperimentate da autori quali Sterne o Diderot28.

Oltre al romanzo epistolare, un genere molto popolare dell’epoca sono le finte memorie, « Les Mémoires ». La parola appare per la prima volta nel XII secolo29. All’epoca, significava semplicemente che si stava scrivendo un testo esplicativo, che esponeva una particolare idea. « Les Mémoires » diventano presto un genere importante che assegna una finzione di veridicità al romanzo. L’autore di memorie

27 Ibid.

28 Jean Rousset, Une forme littéraire, le roman par lettres. In : Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 72.

29 Letizia Norci Cagiano de Azevedo, Valeria Pompejano, Delia Gambelli: Il romanzo epistolare in

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solitamente ha già un’età avanzata quando racconta la storia della propria esistenza. Dopo essersi ritirato, espone le proprie riflessioni sugli avvenimenti vissuti, racconta al lettore quello che gli è accaduto, non soltanto per divertire, ma soprattutto per fare dei ragionamenti e per istruire. Nel roman-mémoire, a differenza del romanzo epistolare, il narratore è onnisciente, poiché il personaggio narrante racconta a posteriori fatti di cui conosce gli esiti30.

Esemplare è, a tal riguardo, il roman-mémoires di Marivaux intitolato Le Paysan

parvenu, pubblicato tra il 1734 e il 1735. Il protagonista, di bassa estrazione sociale,

desidera avere nobili origini, pertanto, si parla di un’affermazione di orgoglio del soggetto che vuole liberarsi dei pregiudizi della società. La prospettiva romanzesca si apre e fa luce su una società più ampia. In un contesto in cui il pregiudizio sociale è ancora molto forte, per la prima volta si assiste a una letteratura che fa della rivendicazione politica di dignità del soggetto uno dei suoi temi maggiori. Il valore, in questo tipo di narrazione romanzesca, consiste nella capacità d’agire. Una dialettica morale e l’affermazione di verità finiscono per imporsi, attraverso una fiducia nei fatti e dell’azione. Si assiste così a una nuova poetica che ha tra i suoi fondamenti la neutralizzazione dei pregiudizi, che premia tutte le forme di coraggio e di iniziativa personale. L’efficacia del romanzo, genere di diffusione sempre più forte anche tra i ceti tradizionalmente esclusi dalla pratica della lettura e tra le donne, si basa soprattutto sulla sua capacità di stimolare le emozioni e i sentimenti del lettore (che, sempre più, via via che il secolo avanza, è una lettrice).

30 Ibid.

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L’uso della prima persona, condizione necessaria alla stesura della lettera, apre il romanzo all’esperienza soggettiva. Il romanzo epistolare si oppone ai

romans-mémoires necessariamente scritti al passato, e si avvicina alla forma del diario,

finendo addirittura per confondersi con esso. Come nota Jean Rousset:

Le roman par lettres n’est plus qu’un journal camouflé, la forme épistolaire ne garde plus que les apparences31.

Spiega bene questo concetto de Laclos quando scrive:

[…] une lettre est le portrait de l’âme. Elle n’a pas, comme une froide image, cette stagnance si éloignée de l’amour ; elle se prête à tous nos mouvements : tour à tour elle s’anime, elle jouit, elle se repose […]32.

Anche la retorica gioca un ruolo importante nella poetica delle lettere: dalle artes

dictaminis du Moyen Age fino al XVIII secolo, salutatio, captatio benevolentiae, narratio, petitio, conclusio sono gli ingredienti necessari della lettera, come del

discorso33.

Memorie, diari o romanzi epistolari hanno in comune l’aspetto rilevato da Montesquieu nelle sue Réflexions sur les Lettres persanes: il personaggio racconta in prima persona ciò che sta vivendo. Le lettere e le memorie possono facilmente passare per fatti realmente accaduti. Si diffonde ben presto l’artificio retorico nel quale l’autore si spaccia per l’editore. Fingendo di trovare qualcosa di rilevante, si trova così anche una giustificazione per la pubblicazione. Il romanzo nella novità settecentesca accredita pertanto se stesso come resoconto di fatti veri, elemento non

31 Jean Rousset, Une forme littéraire, le roman par lettres. In: Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 70.

32 Ivi, p. 69.

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così scontato per l’epoca. Il romanzo si rivela ben presto essenziale per la conoscenza dell’animo umano perché supposto raccontare fatti reali, sia pure sotto finzione letteraria34.

Per Stendhal come per Balzac, la prima persona è uno strumento perfezionato di analisi interiore con un guadagno di verità, di conoscenza immediata. Ma basta questo a giustificare l'eccezionale estensione della prima persona nel romanzo del XVIII secolo? Ammettere una disparità tra il reale e le immagini che se ne fanno i personaggi è riconoscere l'esistenza di tante visioni quanti sono gli sguardi, di altrettante realtà rispetto a quante sono le esperienze vissute, arrivando ad aprire il romanzo all'esperienza soggettiva. Niente si presta meglio della recente conquista della prima persona come strumento del racconto, poiché essa impone l'adozione di un punto di vista, quello del personaggio35.

Jean Rousset sostiene che il romanziere, per la prima volta nella storia del romanzo, rinuncia al racconto. L’autore non racconta più, né fa raccontare la storia dai suoi personaggi. Egli si libera della storia concepita come seguito di avvenimenti di cui i personaggi sono gli agenti o le vittime. Nel romanzo epistolare, i veri avvenimenti sono le parole stesse e l'effetto prodotto per mezzo di queste parole. Essenziale è

34 È importante prendere in considerazione la distinzione tra Epos e Romanzo concettualizzata da G. Lukács, che concerne la diversa costruzione dei personaggi nei due generi, individuandone tre punti chiave. Il primo punto riguarda l’individualità che contraddistingue il protagonista del romanzo. Egli ha un carattere singolare e irripetibile. L’eroe romanzesco si contrappone a quello dell’eroe dell’epica che invece trascende del tutto la soggettività. Il secondo punto riguarda la problematicità nella ricerca di verità e di senso da dare al mondo, poiché i personaggi romanzeschi cercano di trovare un significato nella loro relazione con il mondo. Il terzo punto, e argomento fondamentale, è quello che aveva elaborato anche Bachtin, cioè quello della temporalità: nel romanzo c’è un sapere psicologico che non è declinato secondo delle coordinate temporali.

35 René Démoris, Introduction, Le roman à la première personne. Paris : Librairie Armand Colin, 1975.

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anche il modo nel quale le parole vengono scritte, lette e interpretate. L’evento è lo scambio e la disposizione delle lettere, pertanto « l’instrument du récit l’emporte sur le récit »36.

Generalmente, il romanzo epistolare è preceduto da una prefazione che motiva l’autenticità delle lettere e la pertinenza della loro pubblicazione37. L'autore prende

la sua rivincita come ordinatore e compositore, se si annulla come scrittore e narratore, appare in piena luce come autore nel senso forte del termine, cioè come colui che crea il libro e gli dà una forma e una disposizione. Se la forma epistolare offre allo scrittore una nuova libertà di contenuti, altresì gli impone di risolvere il problema della presentazione, conferendo un certo ordine alle lettere. Il problema della composizione romanzesca è un tema molto forte nel dibattito critico dell’epoca. Il romanzo epistolare nel XVIII secolo non ha nessuna pretesa di essere un romanzo, finge di non esserlo e l’autore fa credere di non inventare niente e di presentare il reale allo stato grezzo. Il roman par lettres si presenta dunque come un documento agli occhi del lettore, che proviene non più da un romanziere, ma da personaggi reali che hanno vissuto degli avvenimenti che saranno poi raccontati per scritto. Si tratta della finzione del non-fittizio: l’autore dichiara di aver trovato un pacco di lettere, e di aver pubblicato esattamente ciò che ha trovato. Per la prima volta il riferimento alla realtà pratica, e non a quella ideale, diventa termine di riferimento che legittima l’opera letteraria.

36 Jean Rousset, « Une forme littéraire, le roman par lettres », Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 74.

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Non si ha più un autore, non si ha che un editore, un operatore pressappoco passivo che si limita a recueillir ciò che altri hanno scritto e che può concludere, come hanno fatto esplicitamente Crébillon o Rousseau: « ce livre-ci n’est pas un roman ». Beninteso, è attraverso la finzione che si esclude il fittizio, ed è per meglio apparire che il romanziere si nasconde. Egli finge di astenersi per operare meglio, si cancella davanti alla realtà per inventare una nuova realtà. E il lettore concede il proprio consenso all'illusione.

Alla minuziosa descrizione delle « choses vues » si aggiunge quella dei « sentiments saisis dans leurs nuances »38. Grazie al suo potere analitico, di « notations plus fines, plus vraies que les romans traditionnels, plus logiques, plus synthétiques », il roman

par lettres « est prêt à se confondre avec le roman d’analyse »39. La novità della forma appare ugualmente nella scomparsa del racconto verso una « histoire conçue comme suite d’évènements »40.

Come sostiene Jean Rousset, l’autore non racconta più, si nasconde. Ma più sembra sparire come narratore, più egli si fa valere nell’organizzazione e nella composizione dell’opera, che non dipende più dalla cronologia degli avvenimenti. Ormai egli è « l’auteur au sens fort du terme », il creatore dell’opera, colui che decide la « disposition des lettres », delle parole e del loro effetto. In breve, diventa

38 Ivi, pp. 56-57.

39 Ibid.

40 Jean Rousset, Une forme littéraire, le roman par lettres. In : Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 74.

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il « maître de l’œuvre ». Egli dispone dunque d’un « jeu de lettres » al quale dovrà « donner un certain ordre »41.

41 Jean Rousset, Une forme littéraire, le roman par lettres, In : Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 75.

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1. P

opolarità del genere epistolare: « Reflexions sur les Lettres

persanes » di Montesquieu

Come si inventa un successo letterario nel 1721? La clamorosa riuscita delle Lettres

persanes di Montesquieu deve il suo successo a una formula, quella del romanzo

epistolare, a un motivo, quello dell’osservatore straniero, e a un metodo, quello del confronto fra diversi punti di vista in senso culturale42.

Da dove viene la popolarità di questa nuova forma letteraria? All’inizio, le lettere e il loro « style enjoué »43 corrispondono alle pratiche mondane dell’epoca e all’arte « de la conversation par la lettre, message de civilité et expression de la politesse »44.

L’espediente narrativo della lettera al presente e alla prima persona appare sin da subito come il più adatto a « faire sentir les passions »45. Inoltre, come scrive Versini,

la lettera « abolit les écrans que le recul du temps et la narration à la troisième personne interposent entre le lecteur et le héros »46. Questa nuova forma favorisce un’identificazione del lettore nel personaggio, permettendogli di riconoscere se stesso nella situazione descritta. Infatti, come nota Dorat, « une lettre, de tous les

42 Chamayou, Anne: Les «Lettres persanes» ou l'esprit des livres. In: EsCr XL, 4 L'Esprit créateur. Baton Rouge, LA, 2000, p. 13.

43 F. Deloffre, «Préface» in Guilleragues, Gabriel Joseph de Lavergne vicomte de, Lettres

portugaises notes, glossaire et tables, d'après de nouveaux documents par F. Deloffre et J. Rougeot,

Paris : Garnier Frères, 1962, p. 49.

44 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 48. 45 Ibid.

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genres d’écrire, est le plus vrai, le plus rapproché de l’entretien ordinaire »47.

Montesquieu si sofferma sui motivi della scelta della forma del romanzo epistolare nelle Réflexions sur les Lettres persanes annesse all’opera. Ai suoi occhi il romanzo epistolare avvicina il lettore al sentimento vissuto dai personaggi delle lettere:

Ces sortes de romans réussissent ordinairement, parce que l’on rend comte soi-même de sa situation actuelle; ce qui fait plus sentir les passions, que tous les récits qu’on en pourrait faire.

La novità di questo genere letterario si trova nella forma stessa della lettera:

Une lettre […] de tous les genres d’écrire, est le plus vrai, le plus rapproché de l’entretien ordinaire, et le plus propre surtout au développement de la sensibilité […] qui donne à l’âme toutes les émotions dont elles est susceptible […]48.

Le lettere sono interamente scritte al presente e alla prima persona. Come fa notare Michel Butor, la scelta della prima o della terza persona nel racconto non è per nulla indifferente:

ce n’est pas tout à fait la même chose qui nous est racontée dans l’un et l’autre cas,…et notre situation de lecteur par rapport à ce qu’on nous dit en est transformée49.

L’azione dello scrivere è dunque ancora più completa in questo senso di quella del recitare, poiché la scena non è mediata da altri. Il racconto è soltanto del personaggio che vive, si emoziona e diventa autore nel momento stesso in cui decide di raccontarsi. Secondo Versini, « la présence des faits et des êtres »50 nelle lettere

47 Jean Rousset, Une forme littéraire, le roman par lettres. In : Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 68.

48 Ibid. 49 Ivi, p. 72.

50 Laurent Versini, Laclos et la tradition : essai sur les sources et la technique des Liaisons

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serve a esprimere il patetico e le passioni nella maniera più diretta e più adatta a commuovere il lettore.

Lo stesso Jean Rousset osserva che il romanzo, dopo il 1650, tende a essere creato contro « le romanesque, c’est-à-dire contre l’arbitraire d’une imagination qui invente indiscrètement »51. La letteratura diventa allora « fiction du non-fictif » :

l’autore pubblica ciò che sostiene di aver trovato alla stregua di documenti di realtà. È pertanto più o meno dovuto « tromper » il lettore. Come sostiene Rousset, se l’autore finge di mettersi da parte, non è che per « opérer plus sûrement », « pour inventer une nouvelle réalité »52. Si tratta di un procedimento di cui il lettore è cosciente, ma mentre legge, accetta comunque l’illusione. D’altra parte, l’illusione dell’autenticità fa parte di un processo ben noto: nella prefazione al romanzo, il presunto editore o traduttore delle lettere spiega come queste gli siano pervenute: « portefeuille trouvé », « manuscrit découvert dans une armoire secrète de la maison de campagne achetée par l’éditeur ».

Anche nel romanzo di Madame de Graffigny l’autrice presenta le sue Lettres d’une

Péruvienne come tradotte dalla protagonista Zilia. Gli altri elementi che provano la

verità del racconto sono « les fautes, les longueurs, le désordre, les naïvetés » senza dimenticare che, secondo le dichiarazioni d’autore, vengono escluse dal romanzo le lettere inutili per assicurare « l’authenticité du reste »53. Nel XVIII secolo la lettera

51 Ibid.

52 Ibid.

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è pertanto considerata uno strumento privilegiato per mettere l’accento su quella nuova sensibilità e per comprendere « les caprices de l’émotion »54.

La lettera ha un carattere molto simile al dialogo, cioè si dirige sempre verso un destinatario, è pertanto un mezzo d’azione per rivolgersi a qualcuno. Sono significative le parole di Jean Rousset a questo riguardo:

Cette présence constante du destinataire à l’horizon change le monologue en dialogue, la confession en action, et modifie profondément la conscience que l’on prend de soi-même aussi bien que la manière dont on se communique55.

In una lettera il personaggio-locutore può provare ed esprimere i propri sentimenti, per quanto essi siano variabili. Per ritrarre delle emozioni fluttuanti, una sola lettera però non basta, occorrono più lettere di una stessa persona per esprimere « la courbe de sa vie intérieure comme une succession d’événements momentanés »56. Soltanto il susseguirsi delle lettere è in grado di riprodurre « ce délire qu’est la passion, fait de transports et de désespoirs »57. È a questo modo di esprimere le passioni, perfettamente tradotto nelle lettere, che J. Rousset attribuisce il successo del romanzo epistolare58.

54 Ivi, p. 68.

55 Ibid.

56 Jean Rousset : Une forme littéraire, le roman par lettres, In : Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 68.

57 Ivi, p. 69. 58 Ivi, pp. 77.

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2. Le origini del romanzo epistolare

Nel suo libro sullo sviluppo del genere epistolare, dalla « préhistoire » fino alle realizzazioni più recenti, Laurent Versini ricorda come già i romanzi greci inserissero delle lettere, per la maggior parte scritte da amanti, separati da « des parents hostiles » o « des aventures jalonnées d’enlèvements par des pirates »59.

Presso i Romani, già il poeta Ovidio scriveva delle corrispondenze fittizie ad alcune donne abbandonate dai loro amanti, come nei Tristia e nelle Heroides, che avranno una popolarità e un impatto significativo dal Medioevo fino al XVIII secolo, in tutte le letterature romanze.

« Le roman par lettres, cas particulier du roman sentimental », comincia a esistere accanto a dei « genres qui ont pour vocation l’expression de l’amour, formes fixes de la poésie amoureuse – ballade, rondeau, lai, etc. –, roman courtois »60. Molto presto si formano due tradizioni di questa letteratura d’amore, che Laurent Versini trova entrambe presenti nel Roman de la rose (XVIII secolo): la prima, più femminista, che prende le difese della donna, la idealizza e si avvicina così alle forme della cortesia; la seconda, più misogina, che mette in guardia il lettore nei confronti della donna traditrice.

59 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 10. 60 Ivi, p. 12.

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In modo analogo, la letteratura lirico occitana è alla base del romanzo epistolare, con i suoi Salut d’amors, « salutations du troubadour à sa dame ». Più tardi, nel XV e nel XVI secolo, questo genere si perpetuerà nella famosa « question d’amour ». In seguito, la lettera verrà introdotta nel romanzo di cavalleria, nel racconto sentimentale, nel romanzo pastorale e nel romanzo eroico-galante61.

Nonostante questi sviluppi, la « préhistoire » del genere epistolare si svolge principalmente in Italia, con il contributo di autori fondamentali come Dante e Boccaccio, e in Spagna, dove Juan de Segura scrive il Processo de cartas62, « le

premier roman épistolaire véritable ». La letteratura francese, però, colmerà in seguito il suo ritardo specializzandosi nel genere epistolare nel XVIII secolo. Scrive Versini:

À l’âge d’or espagnol et italien, qui se confond avec l’âge baroque, succède l’âge d’or français, qui se confond avec le classicisme prolongé par les Lumières, tout en ne reniant jamais ses origines courtoises63.

Il genere epistolare acquisisce sempre più autonomia grazie alla nozione di

honnêteté, « héritière française, à travers la préciosité, de la courtoisie romane et de

la galanterie »64. Secondo lo studioso, questo genere di romanzo prende vita

inizialmente « sous la forme de lettres dont l’authenticité n’empêche pas la facticité d’appartenir à la littérature, puis sous la forme d’échanges à moitié fictifs à moitié réels qui engendrent les premiers romans épistolaires français »65. Sebbene

61 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 22. 62 Ivi, p. 27.

63 Ibid.

64 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 28. 65 Ibid.

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l’avventura romanzesca delle lettere esista già da secoli, la concezione di romanzo interamente costituito da lettere evolve molto lentamente.

Nel 1669 nasce il primo romanzo di questo genere, cioè « un des plus purs chefs-d’œuvre » della letteratura epistolare universale che diventa immediatamente un modello: les Lettres de la religieuse portugaise66, da autore anonimo, pubblicate per

la prima volta dall'editore Claude Barbin a Parigi. I contemporanei, che fanno subito delle associazioni con gli aspetti reali delle lettere, le credono vere, e dunque scritte da Mariana Alcoforado, una monaca portoghese consumata dalla passione per un gentiluomo francese67. Nei periodi successivi, l'identità contestabile dell'autore è stata argomento di numerose controversie. Gli studi più recenti hanno dimostrato che si tratta in realtà di un'opera letteraria, non tratta dalla penna di una religiosa portoghese ma da quella di un uomo, Gabriel-Joseph de La Vergne, Comte di Guilleragues (1628 -1685), « gentilhomme gascon, de la race des Montaigne et des Montesquieu, ami de Molière, de La Fontaine et de Racine, secrétaire intime de Louis XIV, mort au service de son maître comme ambassadeur à Constantinople »68.

Grazie alla manovra editoriale della pretesa di autenticità, utile a « renforcer le crédit », le lettere provano, secondo Versini, che « le naturel » e « la spontanéité » nella scrittura sono « le triomphe de l’art et de la littérature »69.

66 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 41. 67 Ivi, p. 42.

68 F. Deloffre, «Préface» in Guilleragues, Gabriel Joseph de Lavergne vicomte de, Lettres

portugaises notes, glossaire et tables, d'après de nouveaux documents par F. Deloffre et J. Rougeot,

Paris : Garnier Frères, 1962, p. 10.

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Per la prima volta, negli autori vi è una maggiore attenzione al quotidiano e al privato70. Laurent Versini descrive lo sviluppo del romanzo epistolare nel modo seguente:

[il] va devenir l’un des modes d’expression favoris du XVIIIe siècle français, au point de lui être presque exclusivement associé par les lieux communs, l’histoire littéraire impose de revoir les choses de plus près71.

Nel corso del Settecento si perde progressivamente quell’ideale astratto e universalizzante per dare spazio alle poetiche del realismo; l’utilizzo del linguaggio perifrastico ad esempio si perde via via e si crea un nuovo registro linguistico che utilizza un linguaggio medio, più adatto a rappresentare la realtà. Dal linguaggio funzionalizzato della corte si passa a un linguaggio policentrico.

In un famoso studio di Auerbach, La cour et la ville, viene attentamente valutata questa trasformazione socioculturale. Lo studio classico di Erich Auerbach si interessa alle modalità di relazione tra la corte e la città durante l’Ancien Régime. In particolare, nello studio vengono osservate forme di interazione tra questi due luoghi sociali e culturali che si esprimono, ad esempio, nei modi differenti del

Bourgeois gentilhomme di Molière e della Nouvelle Héloise di Rousseau. Tutto

l’universo che ruota intorno a Luigi XIV si trasforma in un universo dinamico e borghese in cui non è più la corte, ma sono i cosiddetti salons littéraires, che nel Settecento svolgeranno un ruolo fondamentale, a diventare i centri della modellizzazione culturale.

70 Letizia Norci Cagiano de Azevedo, Valeria Pompejano, Delia Gambelli: Il romanzo epistolare in

Francia nel Settecento. Series Didascalie. Roma, Biblink, 2008, p. 19.

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Per un autore del Seicento come La Rochefoucauld72 l’importante era limitarsi a osservare il proprio ambiente ristretto e trascendere questo milieu attraverso la scrittura. Per i romanzieri del Settecento come Marivaux e Montesquieu è diventata fondamentale la relazione tra ambienti diversi, la pluralità e la molteplicità contrapposta all’unità. Questa diversa concezione si riflette nell’ambiente sociale. La società adesso è diventata plurale e si trasforma in un nuovo orizzonte, lo sfondo su cui si svolgono le vicende romanzesche.

Lo spostamento dalla corte alla città comporta una nuova promuiscuità fra individui e ceti sociali differenti. Il mondo man mano sembra dilatarsi e le diverse parti di cui è costituito entrano in relazione l’una con l’altra. Questa relazionalità diventa la realtà del romanzo. Voltaire nella decima delle sue lettere filosofiche scriverà che il commercio è diventato la struttura portante della società, una struttura relazionale, che ha contribuito a rendere più liberi i cittadini. In questo senso, più il commercio diventa importante più i cittadini si sentono liberi e viceversa. In questa nuova prospettiva siamo ormai molto lontani dalla statica società modellata dall’aristocrazia francese. A partire dagli anni Trenta del Settecento assistiamo

72 Il genere della Massima nella forma suprema di La Rochefoucauld è quella della brevitas, caratterizzata da una brevità conchiusa e simmetrica, nella scrittura lapidaria, nella quale si realizza un cortocircuito tra l’atteso e l’inatteso. La Massima procede per generalizzazioni temporali, utilizzando spesso avverbi quali: «mai», «sempre» o generalizzazioni semantiche: «noi», «l’uomo», «il mondo». La Massima è un genere che si propone come lezione di verità, attraverso un discorso oggettivo generale e universale. L’autore di massime enuncia una verità di ordine psicologico con la pretesa che diventi di ordine generale, poiché tralascia la singola azione e tralascia il singolo. Quella della brevitas è una formulazione che eccita la curiosità del lettore. Per La Rochefoucauld l’importante era l’osservazione del proprio ambiente e trascendere questo milieu attraverso la scrittura. Pertanto, la massima è uno specchio introverso proiettato verso l’interno, sulla coscienza soggettiva.

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all’avvento sempre più massiccio di una classe sociale borghese che andrà a modificare la struttura del vecchio regime.

Mentre i primi quindici anni del secolo ci appaiono, a posteriori, caratterizzati dalla ricerca di prototipi per un genere letterario non ancora conosciuto73, il panorama della letteratura narrativa della Régence è dominato dal capolavoro di uno scrittore destinato a imporsi come uno dei fondatori del pensiero politico moderno: le Lettres

persanes di Charles-Louis Secondat, barone di Montesquieu, romanzo epistolare

polifonico pubblicato nel 1721.

Per comprendere i momenti più significativi della poetica epistolare, è bene prendere in considerazione le voci degli stessi autori, che si trovano nelle Préfaces alle opere e che rappresentano altrettanti capolavori della letteratura epistolare. Le prefazioni, lette in ordine cronologico, permettono di ricostruire l’evoluzione della poetica e le strategie di legittimazione del Roman par lettres74.

73 L’impossibilità del romanzo di cristallizzarsi in un canone è dovuta al legame con il tempo presente, che lo rende il «genere dell’incompiuto presente». Al tempo stesso, però, il passato raffigurato nel romanzo non viene attualizzato, ma è rappresentato nella sua oggettività. Non si opera, nel romanzo, una deformazione dell’originalità del passato: quel che cambia è la profondità, la vastità e l’acutezza dello sguardo che si getta sul passato, laddove il contenuto raffigurato non è intaccato da questa nuova capacità d’analisi.

Il romanzo nasce quando l’attenzione si sposta dal tempo assiologico (cioè il tempo epico) al tempo reale-umano della continua ricerca, che diviene ricerca linguistica, cioè rimando dall’uno agli altri, dagli altri all’autore, dal conscio all’inconscio, dalla realtà alla possibilità, dalla possibilità alla moralità e addirittura all’utopia in una proliferazione senza fine. Il romanzo è il genere che, per la sua stessa struttura, è aperto. Questo non abbatte anzi conferma la sua storicità. Il romanzo nasce dalla comicità mitico-popolare, cioè dall’atteggiamento quasi-buffonesco di chi non si stacca dal suo oggetto ma lo maneggia, lo rivolta, stimolando in tal modo il metodo sperimentale: sperimentale non solo in senso romanzesco ma addirittura tecnico-scientifico, se è vero che lo svolgersi del romanzo si accompagna storicamente allo sviluppo della conoscenza empirica. È questo, esattamente, il metodo dell’uomo moderno. Il suo romanzo non ha perciò una forma, cresce su sé stesso, si spiega e si nega. E tutto questo avviene sotto i nostri occhi: il romanzo è l’unica forma letteraria viva, destinata anzi a un grande avvenire. Esso è nato e si sviluppa nella nostra stessa coscienza.

74 Letizia Norci Cagiano de Azevedo, Valeria Pompejano, Delia Gambelli: Il romanzo epistolare in

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Non è un caso che Montesquieu, non perda l’occasione per rivendicare nelle sue

Réflexions sur les Lettres Persanes (1754) il vantaggio di poter unire a un romanzo

anche l’arte della filosofia, della morale e della politica. Lo scopo era quello di coinvolgere anche quei lettori poco propensi a scegliere opere impegnate, ma che si sentivano attratti da riflessioni istruttive collocate all’interno di trame coinvolgenti75.

Poco dopo il 1730 fanno la loro comparsa non solo l’Histoire du chevalier des

Grieux et de Manon Lescaut e la prima parte de La vie de Marianne, ma anche, nel

1732, le Lettres de la Marquise de M*** au Comte de R*** di Crébillon fils, che Versini definisce il « premier grand roman sentimental et mondain en lettres »76. Egli, figlio di un celebre drammaturgo e « héritier de la tradition française de la galanterie et de l’analyse » dà « de la tradition des lettres d’Héloïse, des Portugaises et des Héroïdes une version mondaine qui plie la passion et le lyrisme aux exigences de l’honnêteté et des bienséances »77.

Crébillon opta deliberatamente per la formula francese del genere epistolare, contrapponendosi così radicalmente a quella inglese, che preferisce, come sottolinea Versini, i fatti all’analisi78. Resta che la fortuna francese del genere epistolare deve molto alla produzione d’oltremanica. Il successo di Richardson in Francia, nelle

75 Ivi, p. 19.

76 Ivi, p. 66. 77 Ibid.

78 Laurent Versini, Laclos et la tradition : essai sur les sources et la technique des Liaisons

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traduzioni di Prévost, è in seguito attestato da Diderot, il cui elogio alla Clarissa si configura come un manifesto appassionato a favore del genere romanzesco79:

Par un roman, on a entendu jusqu’à ce jour un tissu d’événements chimériques et frivoles, dont la lecture était dangereuse pour le goût et pour les mœurs. Je voudrais bien qu’on trouvât un autre nom pour les ouvrages de Richardson, qui élèvent l’esprit, qui touchent l’âme, qui respirent partout l’amour du bien, et qu’on appelle aussi des romans. […] Cet auteur ne fait point couler le sang le long des lambris ; il ne vous transporte point dans des contrées éloignées ; il ne vous expose point à être dévoré par des sauvages ; il ne se renferme point dans des lieux clandestins de débauche ; il ne se perd jamais dans les régions de la féerie. Le monde où nous vivons est le lieu de la scène ; le fond de son drame est vrai ; ses personnages ont toute la vérité possible. […] Ô Richardson ! j’oserai dire que l’histoire la plus vraie est pleine de mensonges, et que ton roman est plein de vérités.

Laurent Versini paragona Crébillon, « maître dans l’art de décomposer un sentiment jusqu’au raffinement »80 agli inizi letterari dell'inglese Richardson. Egli nota come

Crébillon sappia « suivre les gradations imperceptibles du sentiment » e « énumérer les fatalités qui poussent les femmes vers leur défaite, dans le temps même qu’elles développent leurs raisons de résister et leur certitude d’y réussir »81.

Il seguito delle lettere illustra l’evoluzione

d’un sentiment que l’on refuse d’abord, que l’on déguise ensuite du nom d’amitié, et dont on reconnaît enfin le triomphe au moment où déjà l’inconstance d’un partenaire dont on ne s’est jamais dissimulé la frivolité est près de la trahison82.

79Denis Diderot, Éloge de Richardson[1762] citato in Letizia Norci Cagiano de Azevedo, Valeria Pompejano, Delia Gambelli: Il romanzo epistolare in Francia nel Settecento. Cit. p. 22.

80 Laurent Versini, Laclos et la tradition : essai sur les sources et la technique des Liaisons

Dangereuses, Paris, Klincksieck, 1968, p. 258.

81 Ibid. 82 Ivi, p. 261.

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Secondo Mme Riccoboni, invece, Richardson sceglie « une formule totalement opposée, c’est-à-dire familière, bavarde, oratoire, pathétique, ostentatoire dans l’étalage du sentiment et des bons sentiments »83, cui va ad aggiungersi « un

moralisme envahissant »: anziché seguire l'azione, la lettera parla delle grandi questioni morali84. Versini descrive il romanzo epistolare inglese come « moral et familier », come « plébéien » ; mentre il romanzo epistolare francese sarebbe quello della « l’honnêteté », « aristocratique »85.

Crébillon vuole che il lettore riconosca nelle sue lettere « non le style de l’homme de lettres, mais les négligences d’une femme spirituelle que l’esprit ne saurait attraper »86. Si tratta dello « style intime à la française », « celui des gens du monde », perché questa « écriture discrète et uniforme » va necessariamente di pari passo con uno stile di vita « élégant et digne »87. L’« esthétique » corrisponde dunque « une éthique », come per Mme de Lafayette88.

Secondo Versini, « à partir des années 1750, le roman par lettres français est au confluent », le due tradizioni, francese e inglese, si riuniscono grazie a Mme Riccoboni. Le Lettres de Fanni Butler (1757) provano che l’autrice sappia, esattamente come Crébillon, « raisonner interminablement sur des sentiments et des probabilités de sentiment sans s’abstenir de la forme monodique du roman

83 Ivi, p. 258.

84 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 69. 85 Laurent Versini, Laclos et la tradition : essai sur les sources et la technique des Liaisons

Dangereuses, Paris, Klincksieck, 1968, p. 262.

86 Ibid. 87 Ivi, p. 263. 88 Ibid.

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épistolaire »89. Il contributo di Richardson è visibile nella capacità di Mme Riccoboni « d’émouvoir par une peinture pathétique et indignée de l’innocence persécutée »90 e per il suo « ton plus familier, moins apprêté »91.

Verso la metà del secolo, l’impatto « de l’auteur édifiant » Richardson stimola « l’enrichissement d’un genre qui devient adulte »92. Il suo romanzo Pamela, or Virtue Rewarded va curiosamente a combinarsi con « le premier roman des

Lumières qui était aussi un conte libre, les Lettres persanes de Montesquieu ». Al romanzo di Montesquieu seguirà quello di Mme de Graffigny, Les Lettres d’une

Péruvienne, che Versini definisce un condensato di tutte le formule popolari:

La veine exotique avec l’Amérique des Incas, celle des héroïdes ou des lettres d’Héloïse pour les tourments de la séparation, celle de Pamela pour le thème de l’innocence persécutée, l’accent des Lumières avec la condamnation du colonialisme93.

Il romanzo epistolare a una voce domina circa fino al 1750, successivamente comincia a evolversi « du simple au complexe », cioè dalla monofonia alla polifonia. Iniziando a introdurre così le reazioni di un destinatario nel romanzo a due voci, lo scambio tra più di due personaggi si diffonde poco più tardi. Durante tutto il XVIII secolo, la forma epistolare « se développe dans plusieurs directions, essaie diverses variantes, s’enrichit et se perfectionne pour se dissoudre finalement dans le journal intime »94.

89 Ibid.

90 Ibid.

91 Laurent Versini, Le roman épistolaire. Paris, Presses universitaires de France, 1979, p. 74. 92 Ivi, p. 78.

93 Ivi, p. 79.

94 Jean Rousset, Une forme littéraire, le roman par lettres, In : Forme et signification, Paris, José Corti, 1962, p. 76.

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Dopo un successo enorme durato tutto il diciottesimo secolo, il romanzo epistolare sparisce progressivamente nel secolo successivo. Jean Rousset rinvia a Balzac, il quale nella Prefazione a Mémoires de deux jeunes mariées nel 1840, scrive che « ce mode si vrai de la pensée sur lequel ont reposé la plupart des fictions littéraires du XVIIIe siècle » è « chose assez inusitée depuis quarante ans »95.

95 Ivi, p. 65.

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3.

Introduzione

alle

Lettres

persanes

di

Montesquieu

Con le Lettres Persanes, pubblicate per la prima volta nel 1721, Montesquieu inaugura il romanzo illuministico nel XVIII secolo. La peculiarità di questo testo concerne la struttura, caratterizzata dalla costante oscillazione tra componente filosofica e componente romanzesca. Le Lettres persanes sono a tutti gli effetti un romanzo filosofico96

. Come sostiene Gianni Iotti :

Tenir les Lettres persanes pour un roman au sens plein du terme est désormais devenu évident, alors que, pendant longtemps, on a eu plutôt tendance à considérer ce livre comme une série de réflexions philosophiques et satiriques assez mal rattachées à une intrigue galante97.

Il romanzo filosofico si propone di dare al lettore un bagaglio di verità e di conoscenze. Nella tradizione francese, questo genere inizia nel Settecento con un’opera significativa come Les Aventures de Télémaque (1699), un romanzo pedagogico scritto da Fénelon, un ecclesiastico, che svolgeva il ruolo di precettore del Delfino del trono di Francia. Oltre alle Lettres persanes (1721) di Montesquieu si possono ascrivere al genere del romanzo filosofico capolavori come Candide ou

l'Optimisme (1759) di Voltaire nonché, passando all’Ottocento, Bouvard et

96 Roger Mercier, Le roman dans les Lettres persanes. Structure et signification. In : Revue des Sciences Humaines, 107, 1962, pp. 345-356.

97 Gianni Iotti, L'ignorance d'Usbek. Considérations sur les Lettres persanes. In: Dix-huitième Siècle, n°31. Mouvement des sciences et esthétique(s), 1999, p. 479.

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