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“Decreto sicurezza” sul processo penale minorile

Nel documento Nuove esperienze di giustizia minorile (pagine 45-49)

di Beniamino Calabrese

il Nuovo processo penale minorile introdotto nel sistema Giustizia italiano nel 1988, con il dpr 448/1988, rappresentò un “novum” assolutamente straordinario ed unico nel panorama giuridico minorile internazionale; infatti viene unanimemente riconosciuto come uno dei migliori progetti penal-processuali minorili, non solo in ambito europeo, ma interna-zionale. tale caratura deriva sicuramente dall’avere ereditato e fatti propri decisivi concetti di qualificazione e derivazione costituzionale e di diritto internazionale (regole Minime per l’amministrazione della Giustizia Minorile, assemblea plenaria oNu del 1985, c.d. regole di pechino; Convenzione sui diritti del fanciullo, New York, 20/11/1989; risposte sociali alla delinquenza minorile, raccomandazione (87) 20 del Consiglio d’europa del 17/09/1987;

Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei bambini, strasburgo, 25/01/1996; tutte norme internazionali rese esecutive in italia con leggi di ratifica).

Ma ciò che rappresenta l’assoluta novità del nuovo processo penale minorile, alla luce dei sopra indicati richiami di altissimo profilo e qualificazione normativa, è la centralità della persona del minore all’interno del sistema Giustizia penale Minorile e della necessità ineludibile del sistema normativo minorile di garantire, all’interno di un processo penale del fatto, un nuovo modello di processo penale della persona Minore, al fine di una possibile riabilitazione che va ricercata con ogni mezzo, anche all’interno di un sistema punitivo che utilizza, seppure attraverso la punizione, considerata quale “extrema ratio”, la conoscenza di tutte le risorse personali, familiari, ambientali e di sistema per tentare una possibile ri-educazione e risocializzazione del reo minore. emerge, quindi, la necessità, fatta propria dal nuovo modulo processuale minorile, di approfondire le fonti di conoscenza non solo del fatto-reato, ma dell’autore persona minore al fine di attivare tutti i possibili meccanismi non solo di accertamento della responsabilità, ma anche di recupero, risocializzazione, ria-bilitazione del reo minore ma, anche attraverso l’utilizzazione di percorsi alternativi endo-processuali o para-endo-processuali, presenti nel solo processo penale minorile, di acquisizione di notizie, informazioni, di tecniche mediative e riconciliative, di formule di diversion e di probation.

ecco, dunque, la previsione normativa dell’art. 9 dpr 448/1998, dell’art. 27 e dell’art.

28 legge citata. Come anche quella di cui all’art. 25, legge citata, che limita, per i motivi sopra esposti, l’applicabilità di alcuni riti speciali al processo minorile, escludendoli del tutto (decreto penale di condanna e patteggiamento) o limitandone l’operatività per salvaguar-dare altre e più pregnanti fondamentali esigenze del processo minorile (rito direttissimo).

si capisce, allora, anche la previsione del divieto di costituzione di parte civile all’in-terno di un processo che non è processo dei patrimoni, ma delle persone e delle risposte a problematiche non dei patrimoni, ma delle persone e delle loro relazioni.

e ancora, un processo che adotta dei tempi processuali calibrati non sul fatto, ma sulle esigenze personali (autore e vittima dei reati) e sulla costruzione di percorsi relazio-nali educativi e risocializzanti. un processo che, a differenza del processo ordinario per gli adulti, conosce un luogo processuale dell’udienza preliminare che non è di mero transito, ma è luogo di decisioni, di risoluzioni, di definizioni, di progettualità. Non a caso, a seguito dell’introduzione del nuovo art. 111 Costituzione sul giusto processo, si è reso necessario introdurre delle modifiche in seno all’art. 32 dpr 448/1988 sulla dinamica di svolgimento dell’udienza preliminare minorile, richiedendosi obbligatoriamente il consenso del minore alla definizione anticipata del procedimento in sede di udienza preliminare con le formule sue proprie, oltre al rito abbreviato mutuato dal processo penale ordinario, rappresentate dall’irrilevanza del fatto, dal perdono giudiziale, dalle sanzioni sostitutive, dalla sospensione del processo e messa alla prova.

in tale quadro di riferimento, prevedere, forse per mera svista di coordinamento, una diretta applicabilità tout court, nel processo penale minorile, delle nuove norme pro-cessuali, introdotte con il c.d. pacchetto sicurezza di cui al decreto legge n. 92/2008, in tema di obbligatorietà dell’instaurazione del rito direttissimo e del giudizio immediato, significa vanificare l’intero significato e spirito guida del processo minorile e della sua ope-ratività; significa tornare a far prevalere, nell’ottica minorilistica come sopra evidenziata, il fatto sulla persona, riducendo drasticamente gli spazi ed i tempi processuali minorili, praticamente abolendo, di fatto, l’operatività e l’utilità dell’udienza preliminare minorile, deputata, invece, sinora, a definire, anche in termini deflattivi, il 90/95 per cento dei proce-dimenti minorili; significa demolire tutti gli specifici spazi normativi processuali minorili per approfondimenti non solo del fatto, ma delle e sulle persone coinvolte nella vicenda penale (minore, famiglia, vittima, ambiente, scuola, territorio) e utilizzarli per la migliore risoluzio-ne del caso specifico; significa, drasticamente, rinunciare alla ormai lunga ed affascinante esperienza della giustizia riparativa/riconciliativa nel processo penale minorile e all’assoluta positività delle esperienze di mediazione penale minorile con ottime ricadute in termini di abbattimento della recidiva e incremento dei percorsi di riabilitazione.

le ricadute, pertanto, sarebbero drammatiche sull’intero sistema giustizia minorile a seguito di una rifatta applicazione omologante delle nuove norme introdotte per decreto:

verrebbe meno la specificità del processo penale minorile e la sua completa e più generale possibilità di funzionamento; la previsione di obbligatorietà delle scelte del rito direttissimo e del giudizio immediato anche nel processo penale minorile ne decreterebbe, parallela-mente, anche la sua estinzione, effetto paradosso di una riforma che sicuramente non vuole realizzare tale scopo.

allora, l’unico rimedio ipotizzabile, in sede di conversione del decreto sicurezza, sarebbe quello di prevedere, con specifico emendamento sul punto, solo come scelta possi-bile, mai obbligata, per il pubblico ministero minorile, nei procedimenti a carico di imputati minorenni, l’accesso al rito direttissimo o al giudizio immediato, scelte facoltative compa-tibili con le esigenze educative del minore, in maniera adeguata alla sua personalità e solo se risulti possibile compiere gli accertamenti previsti dall’art. 9 dpr 448/1988 e assicurare al minorenne l’assistenza prevista dall’art. 12 legge citata.

Il decreto legge 92/2008 è stato convertito in legge, n. 125/2008. L'art. 25 del D.P.R.

448/88 comma 2 ter è stato sostituito dall'art. 12 quater che così recita: "Il P.M. non può procedere al giudizio direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei casi in cui ciò pre-giudichi gravemente le esigenze educative del minore".

ier

Nel documento Nuove esperienze di giustizia minorile (pagine 45-49)

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