civilistica.
Nei precedenti paragrafi si è avuto modo di osservare che il sistema di diritto privato fornisce la definizione di imprenditore, in quanto, essendo soggetto centrale nel sistema economico, viene ritenuto centrale anche dal punto di vista legislativo; ciò, è bene ricordarlo, anche se in realtà l’articolo 2082 del codice civile, seppur formalmente incentrato sull’imprenditore, definisca innanzitutto l’impresa, e solo in un momento logicamente successivo l’imprenditore.
Parzialmente diversa è la prospettiva del sistema di diritto tributario. L’ordinamento tributario, infatti, assume come riferimento primario i dati della materia civilistica, ma integra tali dati con le esigenze proprie della materia impositiva (68); pertanto, se l’ordinamento tributario si richiama senza dubbio alle disposizioni del codice civile, tale richiamo non è un semplice rinvio alle disposizioni codicistiche, bensì è denso di enunciazioni che sono diretta conseguenza della “particolarità” del diritto tributario rispetto ad altre discipline (69).
Ciò non significa chiaramente che il “particolarismo” del diritto tributario, che si manifesta anche nella nozione di impresa, renda inutili o superflue a tal fine le analisi condotte in ambito civilistico-commercialistico: anzi, come si vedrà meglio in seguito il legislatore fiscale assume proprio il dato civilistico quale base di partenza, e tuttavia se ne discosta non tanto per una diversità di valutazioni (cioè, ritenere “impresa” dal punto di vista tributario ciò che non lo è in ambito civilistico), quanto piuttosto per una diversità di prospettiva: l’elemento centrale per il legislatore tributario non è infatti definire un soggetto (l’imprenditore, come definito ex art. 2082), ma l’oggetto della tassazione, ovverosia il reddito nel sistema delle imposte dirette e gli scambi di beni e servizi nell’esercizio d’imprese nell’imposta sul valore aggiunto (70).
(68) M. POLANO, Impresa nel diritto tributario, cit., 187 (69) M. POLANO, Impresa nel diritto tributario, cit., 185 (70) M. POLANO, Impresa nel diritto tributario, cit., 187
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In altri termini, le differenze tra le nozioni civilistica e tributaria dipendono in massima parte dai diversi fini del legislatore tributario rispetto a quello civilistico: il secondo si occupa prevalentemente dei rapporti tra i soggetti di diritto, e di conseguenza il diritto dell’impresa considera soprattutto gli aspetti soggettivi dell’imprenditore e degli altri soggetti coinvolti nell’attività d’impresa, mentre il primo:
- nell’ambito dell’imposizione diretta, si interessa all’impresa soprattutto dal punto di vista oggettivo, cercando di individuare quali fattispecie economiche siano espressione di una specifica capacità contributiva (71); - nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto, mira ad individuare a quali
fattispecie debba essere applicato il tributo, con i connessi adempimenti e obblighi di natura formale e sostanziale.
Alla luce di quanto appena descritto, si può affermare, come già accennato
retro, che anche nel diritto tributario, come nel diritto civile, l’impresa rileva
quale fattispecie, alla cui ricorrenza si producono effetti sia formali, sia sostanziali (72).
In tale prospettiva, è chiaro che, come si è esaminato all’inizio del presente capitolo, il concetto di impresa nel diritto tributario rileva essenzialmente in due ambiti: le imposte sui redditi e l’imposta sul valore aggiunto. Per cui, delineato il ruolo e l’importanza che l’imprenditore e – soprattutto - l’impresa hanno nell’ordinamento tributario, occorre ora esaminare le nozioni contenute nell’imposizione sui redditi e sul valore aggiunto, innanzitutto per esaminare se ed in quale misura esse si discostino dalla corrispondente nozione civilistica.
(71) G. TINELLI, Commentario al testo unico delle imposte sui redditi, Padova, 2009, 499. (72) V. FICARI, L’impresa commerciale ai fini delle imposte sul reddito: punti fermi, problemi e prospettive, cit., 812 e l’ivi citato OPPO, L’impresa come fattispecie, cit., 240 ss.
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6. Segue. L’ampliamento della definizione civilistica quale risultato dell’influenza del sistema tributario ante riforma
In primo luogo, è necessario considerare che l’attuale definizione d’impresa nell’ordinamento tributario (comune, in via generale, sia alle imposte sui redditi che all’imposta sul valore aggiunto, come si vedrà meglio in seguito), ed in specie l’ampliamento di tali concetti rispetto ai loro omologhi del codice civile, è il risultato principalmente di due circostanze: le esperienze legislative ante riforma degli anni 1971-73, e l’introduzione in ambito comunitario dell’imposta sul valore aggiunto con la Sesta direttiva.
Con riferimento alla riforma degli anni 1971-73, è significativo considerare che anteriormente alla stessa la nozione di impresa serviva a stabilire il tipo di imposta (reale) applicabile ovvero la diversa aliquota di prelievo, e pertanto sia le norme, sia la dottrina e la giurisprudenza che a tali norme si riferiva avevano riguardo a nozioni di imprenditore e di impresa a ciò strumentali e rispetto alle quali il riferimento alle corrispondenti nozioni civilistiche finiva per essere piuttosto irrilevante (73). L’importanza di tali concetti è andata accrescendosi nel tempo, ed in specie successivamente alla riforma tributaria sopra citata, poiché con tale riforma si è passati da un sistema tributario organizzato su imposte reali e cedolari ad uno basato su imposte personali sul reddito complessivo delle persone fisiche e giuridiche, e di conseguenza è divenuta di importanza primaria la necessità di distinguere tra diversi tipi di reddito (74).
Occorre infatti sottolineare che la formulazione della vigente norma è stata condizionata dall’esigenza di ricomprendere nell’imposta sul reddito delle persone fisiche tutta l’area impositiva già soggetta ad imposta di ricchezza mobile ante riforma del 1971-73, laddove quest’ultima assoggettava ad imposizione sia i redditi delle imprese commerciali che quelli derivanti dall’esercizio di mere attività commerciali che fossero il risultato della combinazione di capitale e lavoro
(73) A. FANTOZZI, Impresa e imprenditore, II) Diritto tributario, cit., 1.
(74) Cfr. A. FANTOZZI, Imprenditore e impresa nelle imposte sui redditi e nell’IVA, cit., 5, il quale osserva anche (nota 8) come l’elencazione delle diverse categorie reddituali che compongono la base imponibile sia in verità comune a tutti gli ordinamenti il cui sistema tributario è basato su un’imposta personale sul reddito complessivo
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(75). In questa prospettiva, la nozione di impresa commerciale ai fini delle imposte dirette (allora improntate ad un’imposizione di carattere reale, e non personale) serviva a discriminare tra reddito agrario e reddito commerciale ai fini dell’applicazione dell’imposta (sul reddito agrario nel primo caso, e sulla ricchezza mobile nel secondo caso), nonché all’interno della stessa imposta di ricchezza mobile per discriminare tra diverse tipologie di reddito (76). E’ chiaro quindi che un sistema tributario improntato su una tassazione diretta su base reale, quale appunto quello ante riforma, non si concentrasse tanto sul soggetto passivo, quanto sull’oggetto della tassazione, ovverosia il reddito, e per discriminare in merito a quale imposta applicare faceva quindi logico riferimento non al soggetto produttore del reddito, bensì all’attività da cui tale reddito trae origine e si distacca (77). Del resto, come rilevato da autorevole dottrina, «la nozione part[e]
da una considerazione empirica, ma realistica che informa la legislazione tributaria, preoccupata di colpire a carico di persone fisiche o giuridiche, qualsiasi reddito, qualunque ne sia la fonte» (78).
7. La nozione di impresa nella disciplina comunitaria in materia di Iva e la