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Capitolo 6 Cheratopatie senza opacità corneali cristalline

6.2 Degenerazione endoteliale senile

Le malattie che si localizzano a livello endoteliale si manifestano con processi distrofico/degenerativi, caratterizzati da insorgenza monolaterale o bilaterale asimmetrica e possibile associazione di processi infiammatori o malattie sistemiche. Talvolta risulta difficile definire con esattezza la linea di demarcazione tra le varie forme, motivo per cui spesso la diagnosi si formula per esclusione [1].

La distrofia e la degenerazione endoteliale corneale non sono patologie molto comuni. La prima colpisce razze come il Chihuahua, il Boston Terrier e le varietà di Bassotto; ha una prevalenza nelle femmine e i soggetti che presentano distrofia endoteliale tendono ad essere colpiti in età più giovane, tra i cinque e i nove anni [2]. La degenerazione corneale di tipo endoteliale, invece, si manifesta di solito nei cani anziani, non presenta predisposizione per un sesso e può svilupparsi in tutte

le razze, anche se quelle maggiormente colpite sono lo Springer Spaniel, il Dalmata, il Basset Hound, il Fox Terrier a pelo duro e i Retriever [2]. Per motivi

d’inerenza agli argomenti trattati in questa tesi sarà di seguito descritta nello specifico la sola degenerazione endoteliale senile.

La degenerazione endoteliale senile è una malattia spontanea, cronico- progressiva, tipica dei cani anziani, che causa un’alterazione dello strato cellulare endoteliale in assenza di altre patologie sottostanti ed è caratterizzata dalla formazione di edema corneale [6].

L’endotelio corneale è la porzione che riveste la superficie interna della cornea ed è formato da un unico strato di cellule esagonali. Nel cane le cellule endoteliali presentano scarse capacità rigenerative e, con il progredire dell’età, si manifesta una fisiologica riduzione della loro duplicazione, con il conseguente assottigliamento di questo strato [2]. La funzione principale dell’endotelio, oltre a

fungere da barriera fisica, è quella di mantenere la cornea in uno strato di relativa disidratazione tramite un sistema di pompa endoteliale (con trasporto sodio- potassio energia-dipendente), che allontana il liquido in eccesso dallo stroma all’umor acqueo. Nel momento in cui si verifica una riduzione nel numero di cellule o la loro incapacità di svolgere questo compito, ne consegue il rigonfiamento delle fibre collagene e l’accumulo di liquido tra le cellule stesse (edema corneale), condizioni che comportano la perdita di trasparenza corneale.

In genere è infatti la presenza di un occhio opaco il motivo per cui il cane viene portato alla visita oculistica. Può capitare che questo si verifichi settimane o addirittura mesi dopo l’insorgenza della malattia, in quanto spesso i proprietari attribuiscono l’opacità corneale all’età avanzata del soggetto o allo sviluppo di una cataratta. Normalmente sono colpiti entrambi gli occhi, ma in maniera asimmetrica con uno sviluppo che di solito inizia a livello laterale per poi, con la progressione della patologia, diffondersi su tutta la superficie oculare [6]. È molto

probabile che il soggetto non manifesti segni di disagio o dolore oculare, così come presenti assente o minima iperemia. Analogamente non si riscontra la presenza di scolo oculare.

L’esame clinico generale di solito è nella norma, mentre l’esame particolare dell’occhio rileva la presenza di un’opacità, più o meno grave, della cornea che

appare di colore blu-grigiasto [10]. Questo aspetto non influisce sulla capacità

visiva del soggetto, infatti le risposte alla minaccia o il riflesso pupillare allo stimolo luminoso in genere sono normali; mentre può impedire una corretta osservazione di iride e camera anteriore, le quali appaiono sfuocate e confuse per la presenza di chiazze blu-grigie, manifestazioni dell’edema corneale. Quest’ultimo mette in evidenza la forma convessa della cornea e dà la falsa impressione che l’occhio sia aumentato di volume; la totale trasparenza della cornea fa sembrare se stessa e l’iride completamente piatte quando osservate frontalmente o lateralmente, mentre in presenza di edema il suo profilo si rende evidente e conferisce all’occhio un aspetto sporgente.

Benché piuttosto raro, una volta che il liquido inizia ad accumularsi nello stroma può dar luogo alla formazione di piccole tasche o bolle, le quali possono unirsi fino a formare un rigonfiamento sulla superficie dell’epitelio. In questo modo si crea un certo grado di scollamento dei vari strati corneali e, rappresentando un punto di minor resistenza, si possono sviluppare delle ulcere corneali; questa è la situazione che porta allo sviluppo di una cheratopatia bollosa, la forma più grave di degenerazione endoteliale [2].

Ovviamente, sebbene l’edema sia il segno principale di questa patologia, non è un rilievo da considerare patognomonico, perciò la formulazione della diagnosi deve essere fatta escludendo tutte quelle cause (diverse dalla degenerazione senile) che sono in grado di causare un accumulo di liquido a questo livello. Un esempio semplice può essere quello dovuto alla presenza di una lesione ulcerativa della cornea che spesso comporta la formazione di edema nelle zone periferiche alla perdita di sostanza. Analogamente l’edema può essere causato anche da un’infiammazione all’interno dell’occhio (uveite) o essere associato all’alta pressione intraoculare (glaucoma) che impedisce all’endotelio di svolgere la sua normale funzione. Effettuando una delicata manovra pressoria sulla sclera, attraverso le palpebre superiori, si ottiene un aumento della densità dell’edema; ma soprattutto è possibile, durante la palpazione, valutare la presenza o meno di dolore che, in caso di glaucoma o di grave uveite, sarebbe molto intenso.

Riassumendo, per la diagnosi di degenerazione endoteliale senile, in presenza di edema senza altri segni particolari, è importante quanto segue [2].

 Considerare l’età del paziente al momento dell’insorgenza;

 Osservarlo di lato e di fronte per apprezzare l’opacità della cornea;  Osservare l’iride e la camera anteriore che appaiono offuscate così

come utilizzare un oftalmoscopio per differenziare l’edema dalla cataratta;

 Esercitare una pressione attraverso le palpebre per determinare una maggior densità dell’edema;

 Rilevare l’assenza di dolore alla palpazione, unitamente alla misurazione della IOP, per escludere glaucoma e uveite;

 Eseguire un test della fluoresceina per valutare la presenza di erosione corneale.

Nonostante non esista una cura, ma solo un trattamento palliativo, la prognosi per questa patologia normalmente è favorevole (al contrario della distrofia endoteliale) in relazione all’età del paziente, al livello di progressione dell’edema e alla presenza di ulcere. Nei primi stadi della malattia i pazienti conservano la visione e stanno bene; anche nel momento in cui le cornee dovessero ulteriormente opacizzarsi, la funzione visiva è di solito sufficiente per mantenere una buona qualità di vita [2]. Per questo, fortunatamente, molti casi di

degenerazione endoteliale non necessitano di trattamento, ma risulta sufficiente un attento monitoraggio nel tempo. Lo scopo è quello di evitare che l’edema si diffonda su tutta la superficie oculare, fino ad impedire la funzionalità visiva, e che si sviluppino ulcere. Nel primo caso si procede con il trattamento medico dell’affezione tramite la somministrazione regolare di una pomata di sodio-cloruro ipertonico 5% che drena l’eccesso di liquido sull’epitelio corneale [1]. Questo

trattamento non risulta efficace nella totalità dei pazienti e, anche in quelli su cui funziona, la riduzione dell’edema non è definitiva perciò residuerà sempre un certo grado di opacità oculare [2]. Altra opzione è la somministrazione di un agente

iperosmotico come il Glucosio 35% in gel oftalmico.

Nel caso della cheratopatia bollosa, essendo spesso le ulcere refrattarie al trattamento classico, è necessario considerarle come ulcere corneali indolenti [1], la

terapia quindi comprenderà la somministrazione di antibiotici topici, atropina (in caso di uveite riflessa per dilatare la pupilla), lubrificanti locali per il benessere

oculare e, nei casi più refrattari, debridement con il successivo posizionamento di una lente a contatto morbida.

Il trattamento chirurgico generalmente non è necessario, a meno che la gravità e la frequenza delle ulcere siano tali da causare un maggior disagio nel paziente rispetto alla riduzione della funzionalità visiva legata a queste procedure. In questo caso le opzioni comprendono grandi innesti congiuntivali sulle aree ulcerate o, riservata ai casi terminali, la termocheratoplastica, tramite la quale si ottiene una cicatrizzazione post-cauterizzazione nello stroma che previene la formazione delle bolle [2].