2. SISTEMA MUSCOLO-SCHELETRICO NEI QUATTRO STILI DEL NUOTO AGONISTICO
2.3. Delfino Il nome di questo stile deriva dal
caratteristico movimento ondulatorio che ricorda appunto il modo di nuotare di un delfino (Figura 26). Il movimento ondulatorio non deve comunque essere eseguito in modo cosciente, ma deve evolversi come naturale conseguenza del corretto movimento delle braccia e delle gambe.
La principale differenza tra stile libero e delfino è legata al fatto che le braccia si muovono non più in modo alternato, come nello stile libero, ma all’unisono. Dal momento che stile libero e delfino hanno gli stessi schemi motori nella fase sommersa, il reclutamento delle unità motorie è pressoché identico. Come nello stile libero, anche nel delfino le braccia iniziano la fase propulsiva della bracciata partendo dal massimo allungamento. I muscoli attivi durante l’intera fase propulsiva sono il grande pettorale e il grande dorsale, che hanno la funzione di principali generatori del movimento (Figura 27 tratta da “Swimming anatomy”). Poi i flessori del polso, che hanno la funzione di mantenere il polso in una posizione neutra o lievamente flessa. Il bicipite brachiale e il brachiale sono i principali promotori dei movimenti del gomito, partendo dalla sua massima estensione nel momento della presa, fino ad un angolo di circa 40˚ tra braccio e avambraccio nella fase intermedia della trazione subacquea. Diversamente dallo stile libero, nel delfino è richiesta una potente estensione del gomito durante la fase finale della bracciata subacquea, con richiesta da parte dei tricipiti brachiali di un considerovole lavoro muscolare. Come nello stile libero, i muscoli della cuffia dei rotatori e il deltoide sono responsabili del movimento delle braccia
Figura 26
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durante la fase di recupero (Figura 28), anche se le sequenze meccaniche sono diverse.
Nel delfino non è possibile sfruttare la rotazione del tronco per facilitare la fase di recupero come nello stile libero, ed è quindi necessario produrre un movimento ondulatorio del dorso, che consenta di elevare le spalle fuori dall’acqua in appoggio per aiutare il recupero delle braccia.
Per conto, i muscoli stabilizzatori della scapola sono estremamente importanti perchè forniscono una solida base di ancorraggio per le forze generate dalle braccia, e consentono anche il riposizionamento delle stesse durante le fasi di recupero (8).
Sebbene il delfino non presenti il rollio del busto tipico dello stile libero, gli stabilizzatori della regione lombare-sacrale-
addominale sono importanti per la funzione di collegamento tra gli arti inferiori con quelli superiori. Hanno inoltre il fondamentale compito di creare il movimento ondulatorio caratteristico dello
stile, che permette al nuotatore di sollevare le spalle oltre il livello dell’acqua, e cosi eseguire efficacemente la bracciata.
Il movimento ondulatorio (Figura 29) inizia con la contrazione dei muscoli paraspinali e prosegue con più gruppi muscolari che vanno dalla regione lombo-sacrale alla base della nuca. Questa attivazione determina l’inarcamento della sciena, a cui corrisponde un coordinato movimento di recupero delle
Figura 30
Figura 29 Figura 28
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braccia. La contrazione degli addominali avviene in immediato ordine sequenziale e prepara la parte superiore del corpo a seguire l’entrata in acqua delle mani e quindi la fase propulsiva della bracciata.
La fase propulsiva della gambata verso il basso inizia con la contrazione degli ileopsoas e dei retti femorali che agiscono come flessori delle anche. Il retto femorale contribuisce anche alla fase iniziale dell’estensione del ginocchio che riceverà poi un potente impulso dall’entrata in funzione degli altri capi del quadricipite, i quali potenziano l’estensione del ginocchio.
Il gruppo muscolare gluteale determina l’azione di recupero durante la gambata (Figura 30). In concomitanza con la contrazione degli ischiocrurali i glutei lavorano all’estensione dell’anca. Il piede è mantenuto in flessione plantare, resistendo alla spinta dell’acqua, dall’attivazione del gastrocnemio
e del soleo. Oltre che ai movimenti prodotti a livello dell’anca e del ginocchio, la gambata del delfino si collega inseparabilmente ai movimenti ondulatori del torso, attraverso la stabilizzazione dell’addome e della muscolatura paraspinale.
Per ogni bracciata si effettuano due gambate, una in fase di appoggio (nel momento in cui le mani entrano in acqua), e una in fase di spinta avanzata (circa a metà della fase subacquea della bracciata). La respirazione non va effettuata contemporaneamente ai colpi di gambe e deve terminare prima che le braccia finiscono la fase di recupero. La respirazione può essere indifferentemente effettuata frontalmente (Figura 32) o lateralmente (Figura 31), anche se questa versione è effettuata da atleti agonisti molto esperti.
Figura 32
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2.4. Rana
Questo tipo di nuotata ha caratteristiche completamente diverse rispetto alle altre e non è consigliabile a tutti in quanto provoca un sovraccarico elevato della zona lombare e dell'articolazione del ginocchio. Tra tutte e quattro le nuotate è la più lenta. Per dare un’idea: la velocità media per percorrere la distanza a di 15% inferiore che al delfino e del 20% inferiore che allo stile libero. Questo stile differisce dagli altri anche per i rapporti propulsivi, che nella Rana si spostano a favore delle gambe (il 70 % della propulsione dipende dalle gambe e il rimanente 30 % dalle braccia).
La fase propulsiva delle braccia inizia dalla posizione di massimo allungamento oltre il capo delle spalle e delle braccia. La parte clavicolare del grande pettorale anticipa il movimento e il grande dorsale, come immediata conseguenza, si aggiunge alla contrazione (Figura 33).
Nella seconda metà della trazione, la potente contrazione del grande pettorale e del grande dorsale porta le bracciae le mani oltre la linea trasversale del corpo, completando così la fase di spinta. Le forze prodotte nella fase finale vengono impiegate a spingere il tronco in avanti, possibilità concessa dalla contrazione dei muscoli
paraspinali. Questo movimento consente alla testa e alle spalle del nuotatore di emergere dall’acqua (Figura 34).
La flessione e la rotazione del gomito congiungono le mani sulla linea mediana (linea immaginaria parallela allo sterno) del corpo, e segnano la transizione alla fase di recupero delle braccia. La retropulsione degli arti superiori coincide, nella nuotata tecnica, con l'adduzione delle scapole alla colonna che consente di imprimere maggior forza sull'acqua. Questo gesto, in connessione all'inarcamento posteriore del rachide e alla pressione dell'acqua sottostante, consente al nuotatore
Figura 33
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di rompere la superficie dalla testa fino alla zona lombare (Figura 35). Da qui le braccia tornano nella posizione iniziale, riposizionandosi sotto il petto. Questo movimento chiama in causa il grande pettorale, il deltoide anteriore e il capo lungo del bicipite brachiale, che insieme consentono la flessione della spalla. Simultaneamente l’estensione del gomito prodotta dalla contrazione del tricipite brachiale, risulta come completamento della fase di recupero e le braccia ritornano nella loro posizione estesa ed allungata in avanti (7).
Come anche negli altri stili, la muscolatura che stabilizza le scapole è determinante al fine di disporre di una solida base di supporto per i movimenti di spinta generati dalle braccia. Anche in questo caso la muscolatura che stabilizza la regione lombare e addominale è fondamentale per ottenere un efficiente collegamento tra gli schemi di movimento degli arti superiori con gli arti inferiori. Nella fase passiva il nuotatore cerca di sfruttare l'altezza raggiunta rispetto all'acqua per spingersi più avanti possibile anteponendo le scapole e flettendo la colonna. Conseguentemente, al termine del recupero della bracciata, il gluteo affiora dalla superficie riducendo l'attrito col fluido.
Inoltre, in questa sorta di sforbiciata, il piede da flesso si ridistende gradualmente seguendo la direzione della gambata (sintomo di un'elevata percezione dell'acqua da parte del nuotatore). Ne consegue che il piede tornerà "a martello" solo alla fine del recupero, diminuendo così anche l'attrito nella fase passiva. L'efficacia della gambata dipende anche dalla mobilità delle articolazioni del nuotatore, infatti maggiore mobilità permette di spingere più acqua e pertanto di andare più veloce.
L'utilizzo delle gambe nella Rana assume un'importanza maggiore che negli altri stili. La tecnica che attualmente viene adottata è quella del colpo “a frusta”. La meccanica della gambata può essere suddivisa in una fase propulsiva, consistente in un gesto verso l’esterno e uno verso l’interno, e di una fase di recupero (8). La fase propulsiva inizia con i piedi flessi dorsalmente ed estraruotati e le ginocchia e le anche in posizione di flessione (Figura 35).
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Il movimento verso l’esterno inizia con una rotazione interna del piede, che è completata da una combinazione di movimenti dell’anca, del ginocchio e della caviglia. Dopo che il piede ha ruotato verso l’interno, il movimento di gambata verso l’esterno prosegue attraverso l’estensione dell’anca, il retto femorale e gli arti capi del quadricipite agiscono nell’estensione del ginocchio. Nel momento di transizione della gambata dall’esterno verso l’interno, il ginocchio e l’anca non sono ancora completamente estesi, così che i rispettivi gruppi muscolari continuano la loro azione di gambata interna fintanto che il ginocchio e l’anca non raggiungono la completa estensione (Figura 36). All’inizio della fase relativa al colpo di gambe verso l’interno, esse si trovano in posizione di abduzione, in modo da poter fornire energia propulsiva nella successiva adduzione. Le gambe quindi sono spinte
indietro e addotte attraverso la contrazione degli adduttori che si trovano nel margine interno della coscia. Al fine di minimizzare l’attritto durante la fase finale del colpo di gambe, durante l’adduzione, i muscoli del polpaccio vengono attivati per estendere il piede e la caviglia, e il
recupero avviene attraverso l’inetrvento del retto femorale e dell’ileo-psoas, che insieme flettono l’anca, e grazie all’intervento degli ischiocrurali, che flettono il ginocchio.
Nella rana avviene una respirazione ad ogni ciclo di bracciata ma bisogna ricordare che la testa non va sollevata ma deve rimanere in asse con il busto (Figura 37). Nella nuotata tecnica l'oscillazione del capo guida un movimento ondulatorio progressivo dal tronco fino al bacino detto "beccheggio", come avviene nel delfino. Bisogna però fare attenzione a non attuare dei colpi a delfino durante la gambata perché nelle competizioni si rischia di essere squalificato.
Figura 36
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