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Dati Statistic

7.2 Demenza senile

Seguendo il filo logico della ricerca di questa tesi, dobbiamo legare i discorsi sopra citati, al fattore invecchiamento. Nella demenza senile, la caratteristica fisiologica della demenza stessa non cambia, quello che cambia sono le tipologie di insulti e di modificazioni che essa può subire quando derivante solo dal normale procedimento di invecchiamento del sistema nervoso.

L’impoverimento causato dal progressivo deficit delle strutture nervose, porta ad uno stato di indebolimento delle funzioni nervose che si rispecchiano maggiormente nel calo della memoria e molte persone anziane lamentano infatti fatica ad imparare nuovi informazioni o nuove procedure.

In altri casi, purtroppo, gli anziani vivono, loro malgrado, situazioni di emarginazione, di so- litudine e di perdita di relazioni affettive, la mancanza di stimoli sociali e culturali contribui-

sce in modo sostanziale ad impoverire la mente. Questo ci fa capire come l’azione di agenti esterni, come lo stile di vita e l’ambiente esterno, siano fortemente condizionabili sullo stato di salute mentale.

Agire su questi fattori determinanti, è la chiave per combattere il decadimento cognitivo, che invece di peggiorare e portare ad uno stato di totale disabilità, mantiene le funzioni cognitive capaci di funzionalità ottima. Per esempio molte persone novantenni e centenarie, conserva- no un cervello da invidia; non sono situazioni sporadiche, ma è la dimostrazione lampante che è possibile spingersi alla fine della vita conservando un’ottima salute. In poche parole queste persone sono l’esempio che ci dimostra come sia avverabile diventare vecchio senza essere colpiti dalla demenza senile. E’ pertanto possibile invecchiare mantenendo una suffi- ciente autonomia e buone capacità intellettive, compresa la memoria, e considerare così la vecchiaia non più soltanto una fase di perdita, ma un periodo di cambiamenti anche positivi. Sono infatti numerosi gli anziani che, anche in età avanzata, conservano le capacità di svol- gere compiti complessi ed impegnativi. Basti pensare alla vivacità di alcuni politici, anche se questo farebbe pensare che di strutture nervose non ce ne siano proprio più), alla vivacità di lustri scienziati, filosofi o studiosi ultra ottantenni o alla verve creativa di scrittori anch’essi ultraottantenni.

7.3

Alzheimer

Questa malattia rappresenta il 54% di tutte le demenze, si manifesta in età presenile, diciamo intorno ai 45/65 anni per l’80% dei casi; in Italia ne soffrono circa 492.000 persone, e 26,6 milioni nel mon- do stando a quan- to dice uno stu- dio studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Balti- mora, USA; la prevalenza di questa malattia si riscontra maggiormente nel sesso femminile (ipotizzata per via della maggior vita media delle donne rispetto agli uomini).

Nella foto sopra illustrata, vediamo come la malattia attacca la corteccia cerebrale e come questo attacco causi un abbassamento del volume cerebrale parallelo a una diminuzione del peso e delle funzioni.

Questa malattia è caratterizzata da deterioramento mentale precoce e da un deterioramento cognitivo cronico progressivo, che si accompagna a sintomi neurologici focali (afasia, aprassia, agnosia) disturbi della memoria, della formulazione delle idee, dell’interpretazione, del linguaggio, della personalità e della affettività, che hanno come substrato un’atrofia con- siderevole della corteccia cerebrale.

Nella malattia di Alzheimer compaiono fin dall’inizio segni di iperattività e irrequietezza motoria, nella fase finale invece compaiono i segni demenziali.

Si caratterizza per una atrofia cerebrale diffusa e si riscontrano numerose placche amiloidi senili, presenti nella corteccia, causate dalla proteina β-amiloide, che agisce come una sorta di collante per le placche amiloidi e composizioni di grovigli neurofibrillari, provocando la cosiddetta alterazione neurofibrillare di Alzheimer, che consiste, nell’ambito delle cellule nervose, nella presenza di fibrille che si agglutinano e si addensano a fascio, fino a distrug- gere il nucleo e il corpo cellulare.

La durata media della demenza di Alzheimer è di circa 10 anni, variando da pochi mesi a 21 anni. La sopravvivenza varia in funzione dell’età d’insorgenza, infatti, nella demenza di Al- zheimer ad esordio presenile è di circa 7 anni, con un’aspettativa di vita di 21,5 anni, mentre nella DA ad esordio senile la sopravvivenza è di circa 5 anni con un’aspettativa di vita di 9,6 anni.

Anche se questa malattia si rapporta nell’individualità di ogni soggetto, si accomuna per dei sintomi presenti in generalmente in ogni caso : la perdita graduale della capacità di appren- dere e ricordare nuove esperienze vissute recentemente, l’insorgenza senile di uno stress sempre più marcato e man mano che la malattia progredisce si andrà in contro ad irritabilità, confusione aggressività, sbalzi di umore, sbalzi di umore e perdita della memoria a lungo termine.

Questi fattori incidono pesantemente anche su le persone che assistono il soggetto affetto da questa malattia, perché spesso si ha la sensazione che il soggetto stesso non si accorga o quantomeno non soffra particolarmente il suo stato degenerativo, proprio per il quadro con- fusionale in cui si trova, ma le persone (familiari, amici e badanti) si trovano tutto il peso della difficoltà di affrontare psicologicamente e fisicamente questi cambiamenti che la ma- lattia di Alzheimer determina.

Ci sono differenze nella progressione sintomatologica e di aggravamento che vanno da sog- getto a soggetto. Abbiamo una prima fase lieve, seguita dalla fase intermedia, e quindi la fa- se avanzata/severa.

La malattia viene spesso anticipata dal cosiddetto Mild Cognitive Impairment (MCI), un leggero calo di prestazioni in diverse funzioni cognitive in particolare legate alla memoria, all'orientamento o alle capacità verbali. Questo non è necessariamente sinonimo sicuro di avvio delle fasi iniziali dell'Alzheimer.

Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, ovvero di- sturbi della routine mentale (ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno) e della memoria prospettica (che riguarda l'organizzazione del futuro prossimo, co- me ricordarsi di andare a un appuntamento); poi man mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda (riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato) e la memoria semantica (le conoscenze acquisite), mentre la memoria procedurale (che riguarda l'esecuzione automatica di azioni) viene relati- vamente risparmiata fino alle fasi intermedio-avanzate della malattia.

Con l’aggravarsi della malattia possono poi presentarsi sintomatologie legate al linguaggio, con incapacità nella definizione di nomi di persone od oggetti, e frustranti tentativi di "trova- re le parole", seguiti poi nelle fasi più avanzate da disorganizzazione nella produzione di fra- si e uso sconnesso del linguaggio (confusione sui significati delle parole, ecc.). Sempre nelle fasi lievi-intermedie, la pianificazione e gestione di compiti complessi (gestione di docu- menti, attività lavorative di concetto, gestione del denaro, guida dell'automobile, cucinare,

ecc.) cominciano a diventare progressivamente più impegnative e difficili, fino a richiedere assistenza continuativa o divenire impossibili.

Nelle fasi intermedie e avanzate, possono manifestarsi problematiche comportamentali (va- gabondaggio, coazione a ripetere movimenti o azioni, reazioni comportamentali incoerenti) o psichiatriche (confusione, ansia, depressione, e occasionalmente deliri e allucinazioni). Il disorientamento nello spazio, nel tempo o nella persona (ovvero la mancata o confusa con- sapevolezza di dove si è situati nel tempo, nei luoghi e/o nelle identità personali, proprie o di altri - comprese le difficoltà di riconoscimento degli altri significativi) è sintomo frequente a partire dalle fasi intermedie-avanzate. In tali fasi si aggiungono difficoltà progressive anche nella cura della persona (lavarsi, vestirsi, assumere farmaci, ecc.).

Ai deficit cognitivi e comportamentali, nelle fasi più avanzate si aggiungono infine compli- canze mediche internistiche, che portano a una compromissione progressiva della salute. Una persona colpita dalla malattia può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi cli- nica, ma a questi livelli di malattia i costi sanitari sono ingenti sia per la sanità pubblica sia per le risorse private delle famiglie o dei singoli individui.

Come sottolineato, col progredire della malattia le persone non solo presentano deficit di memoria, ma risultano deficitarie nelle funzioni mediate dalla corteccia associativa, e pos- sono pertanto presentare afasia e aprassia, fino a presentare disturbi neurologici e poi inter- nistici; pertanto i pazienti, nelle fasi intermedie e avanzate, necessitano di continua assisten- za personale (solitamente erogata da familiari e badanti, i cosiddetti).