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Democrazia: dalla polis greca alla concezione attuale:

Individuo, persona, popolo

Prima di avviarci al discorso sulla persona è necessario partire dal principio. Dobbiamo partire dall’individuo che era presente prima ancora che divenisse persona.

Inizialmente essere individuo era un privilegio, pensiamo ad esempio alle monarchie assolute come quella egizia, i regni dove in cui un unico uomo si differenziava dagli altri in quanto quest’ultimo era capo, re o faraone (Zambrano, 2000).

In questo tipo di società quindi l’ascendente divino sceglieva un individuo in particolare in quanto si credeva che il faraone, ad esempio, fosse figlio della divinità e che la scelta ricadeva in modo casuale, facendo concepire l’individuo come l’interprete di una volontà divina.

In questi termini non si guardava a quest’ultimo come umano, ma come un qualcosa che è collocato al di sopra di tutti gli altri.

Nella polis greca l’individuo, ovvero colui che godeva dello status di libero cittadino, diventa anche politico: “sociale e politico facevano un tutt’uno, e il politico non costituiva una sfera separata.”73

Il politico nella polis è una figura presente sin dal principio, l’individuo politico decide di dedicarsi ad essa. Ciò ha comportato la nascita di “un gruppo di uomini uguali tra sé” (Zambrano, 2003 p 121).

Seguendo questa logica, la classe è il terreno in cui è nato l’individuo: accomunato ad altri non per via di legami di sangue o parentela, è nella comunità che l’individuo crea questo senso di appartenenza che è di natura prettamente sociale. Nella polis quindi si può rivelare la dimensione umana che porta l’individuo a concepirsi come uomo a pieno titolo, che rivela la sua coscienza e lo determina persona che compone il popolo.

Si viene a creare uno spazio omogeneo, una uguaglianza, dove solo l’essenza umana è quella che conta. L’individuo che diventa uomo o persona, appare come “valore” e, in questo senso, si

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64 distacca da quella concezione di essere divino scelto casualmente da un potere superiore che lo eleva al dì sopra degli altri. L’idea di essere persona e la presa di coscienza di essere tale porta l’uomo a percepirsi come una parte costitutiva della società.

Questa idea di individualismo è bene specificare che non vogliamo intenderla come l’inizio di un processo di decadimento morale; studiosi come Giddens rivalutano questa considerazione e vedono l’individualismo come componente essenziale per assolvere al compito di ritessitura sociale. Un processo che riunisce le solidarietà spezzate.

Considerare tutto ciò sotto la definizione di epoca “io-centrica” può essere fuorviante e riduttivo74. Il diffondersi della presa di coscienza e dell’individuo che diventa persona, denota una riduzione del ruolo della tradizione che subisce l’impatto della globalizzazione; questo però non si traduce in mero atteggiamento egoistico che mira alla massimizzazione degli interessi strettamente personali, come evidenzia Giddens si tratta invece di espansione della riflessività sociale. In un siffatto quadro, l’individualismo è una condiziona necessaria all’autonomia d’azione che permette agli individui di plasmare le proprie vite; e non si tratta di mero egoismo; la ritessitura sociale va intesa come la riconciliazione di autonomia e interdipendenza nei vari ambiti della vita sociale, sfera economica inclusa (Ibidem).

In questa presa di coscienza si manifesta l’idea di “persona” e la volontà di uscire fuori dal recinto in cui il soggetto era relegato; pensiamo alle società primitive dove tutto era circoscritto all’interno di una comunità da cui l’uomo non è mai uscito (fino alla sua presa di coscienza), dove la vita era basata solo sulle convinzioni o superstizioni di ogni genere, su varie tipologie di credo religioso, un credo comunque primitivo, all’interno del quale gli dei venivano concepiti come entità ignote che suscitavano grande timore nell’uomo.

Con la modernità l’individuo è molto meno certo di sé rispetto l’individuo premoderno (Ferrara, 1997); in precedenza quest’ultimo concepiva se’ stesso come parte di una comunità dentro un orizzonte di senso condiviso, nella modernità invece il senso di comunità viene “superato”: sarà così l’individuo a definire chi egli sia e cosa vuole essere. Anche autori come Toqueville distinguono l’individualismo dal mero egoismo. Egli definisce l’individualismo come un’idea nuova; la differenza fra quest’ultimo e l’egoismo può essere colta e interpretata in relazione alla politica, non alla morale. Per Toqueville l’egoismo è un difetto dell’uomo, non dipende cioè dalla forma della società, l’individualismo invece è un difetto del cittadino, corollario delle

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65 società democratiche. Egoismo è essenzialmente legato alla morale, l’individualismo ha un significato principalmente politico75.

Per Toqueville quindi l’individualismo è di origine democratica e dall’affermazione dell’individuo che si prepara il terreno per la democrazia, dell’individuo che diventa persona e si libera di tutti i dogmi presenti nelle società più primitive che vincolavano la libertà o, meglio, non permettevano di esercitare una piena libertà: questo ha dato una spinta verso l’individualismo che nasce, potremmo dire, come passione per la libertà e sovranità dell’individuo. Dalla polis greca che permetteva, a coloro che godevano del titolo di cittadini, di partecipare alla questione pubblica ad oggi, le cose sono cambiate; non vi è continuità storica o culturale. Le democrazie moderne nascono dalle condizioni oggettive del mondo moderno, da quel fenomeno che Toqueville esaminò nei primi dell’800 con la democrazia americana, da quella inedita tendenza all’eguaglianza delle società moderne che ha diverse conseguenze: da un lato ha portato all’accrescere dell’individualismo, dall’altro è nata la necessità di una nuova modalità di governo76.

Prima di tutto dobbiamo pensare al fatto che oggi una democrazia non può che essere rappresentativa vista la varietà delle società contemporanee, e quindi non tutte possono esprimersi allo stesso modo; inoltre le forme democratiche possono variare: pensiamo, ad esempio, ad alcune democrazie europee basate su un sistema monarchico.

Il nostro focus è l’individuo che diventa persona e che va a costituire uno degli elementi fondamentali della democrazia, il popolo. Il termine popolo, demos in greco, si riferisce alla cittadinanza in toto, ma esso equivale anche ad una classe sociale che incarna una realtà che si contrappone a qualsiasi casta superiore o privilegiata, in quanto il popolo possiede la caratteristica di essere composto da uomini, esseri umani, “e che la realtà umana vi appare senza alcun bisogno di aggiunte”. (Zambrano, 2003)

La figura del popolo appare nella veste dell’uomo libero da qualsiasi maschera, l’individuo in tutta la sua “concretezza e complessità” (Zambrano, 2003) che vive il suo tempo e la sua storia. La figura del popolo cambia a seconda della prospettiva con cui lo si guarda: può essere rappresentato da una visione ben definita di un qualcosa che nel tempo ha lasciato segni tangibili, oppure da qualcosa che nel tempo può aver modificato o perso anche la propria essenza (visto il forte atomismo dell’epoca in cui viviamo, il concetto di popolo forse ha modificato i suoi connotati) andando a convergere più verso la massa.

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A. de Toqueville citato in “Individualismo democratico” di N. Urbinati, Donzelli Editore, 2009 p 162

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66 Spesso accade di utilizzare indistintamente i termini “popolo” e “massa” come se i due fossero intercambiabili. Vi sono in realtà delle differenze che spesso chi guarda a queste due categorie non riesce a cogliere.

Dostojevskij diceva “il popolo si è trasformato irrimediabilmente in massa. Ma in compenso ha il pane, il piacere dei sensi, la sicurezza e si sente felice”77

. In questo senso diciamo che il popolo che regredisce a livello di massa si preoccupa soltanto dei propri diritti, si dimostra avido nel volere e usare cose che non è in grado di produrre e che conosce poco o affatto78. Oggi la massa ha invaso pian piano tutto quanto, e la sua avidità si lega anche al concetto di desiderio che secondo Bauman è cambiato determinando quella che egli definisce:“società liquida”. Esattamente come un singolo individuo, la massa non si ferma soddisfatta e felice quando realizza un desiderio. Si spinge anzi a desiderare subito qualcos’altro: in questo senso la massa desidera il desiderio. (Bauman, 2011)

La massa è per certi versi protagonista del contesto in cui oggi viviamo, dove l’identità e l’associazione diventano meno rilevanti e dove una moltitudine di singoli individui si ritrovano uno accanto all’altro per fare massa, tendendo ad assomigliarsi e riconoscersi tra loro. Una massa confusa e uniforme allo stesso tempo guidata da atteggiamenti di esaltazione, dove ciò che importa è che vengano assicurate le condizioni (economiche, sociali ecc) per permettere alla massa di rimanere ciò che sostanzialmente è.

Anche il modo di comunicare della massa è differente: attinge da un repertorio assai scarso, terminologie spesso uguali, verbi schematizzati, un linguaggio spesso aggressivo e dogmatico. Le frasi ignorano le situazioni, le circostanze e l’interlocutore. La massa “nessunifica” l’ altro (Zambrano, 2003) e lo annulla: chi parla nel linguaggio della massa non da’ molto spazio al dialogo, anzi, tutto viene impostato in toni autoritari. “Passato, presente e futuro si stratificano, diventano cose” (Ibidem). Questo modo di comunicare può portare la massa ad essere solo un sottoprodotto (degradato) del popolo, una caricatura di quest’ultimo, dedita al linguaggio demagogico, un problema sempre più presente nelle democrazie oggi.

Ciò significa che esistono diversi modi di dirigersi al popolo e di farvi riferimento, e che il popolo può essere visto, come abbiamo detto, come qualcosa di inesauribile, di dinamico o statico, di imprevedibile. L’azione del popolo non è individuale, esso si mostra e si muove come un tutt’uno, come fosse il Leviatano proposto da Hobbes; il popolo può passare da fasi di grande fermento a fasi di grande depressione e la composizione di esso non è sempre esattamente la

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Dostojevskij, “I fratelli Karamazov”

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67 stessa ma non è neanche così differente. Questo perché attraversa fasi differenti e così anche la sua composizione può risentirne in determinanti momenti.

Il popolo può inizialmente osannare un individuo che si fa carico di guidarlo verso la libertà, successivamente può regredire ad un livello peggiore di quello in cui si trovava precedentemente, condannando colui che era considerato il nuovo idolo. Questo discorso si ricollega alla demagogia che, riprendendo il discorso fatto precedentemente, può essere uno di quegli effetti perversi della democrazia. Nella democrazia bisogna sapersi relazionare con il popolo, capire come parlare del popolo e di come parlare al popolo (Zambrano, 2003 p 169); in altri termini, il popolo può essere inteso anche come una totalità o una classe che può entrare in contrapposizione con altre classi, ma esso può porsi in contrapposizione all’individuo: bisogna fare attenzione a queste due forme di relazione perché, in entrambi i casi, un siffatto tipo di democrazia può essere totalitaria. Riallacciandoci al discorsi sulla “nessunificazione”, come dice la Zambrano in “Persona e democrazia”, in tal caso la massa non riconosce il valore dell’individuo e tende a soffocare le altre classi; per questo si parla di demagogia, perché si accetta questo status quo senza proporre una svolta, e il demagogo adula il popolo allontanandolo dalla realtà, avendo come scopo quello di regredirlo a semplice massa e mantenerla come tale: questo processo non può essere utile alla realizzazione della democrazia. Per questo bisogna ricordarsi di non confondere popolo e massa che; “si distingue dal fenomeno storico della folla in cui i membri cercavano di divenire individui”79. Il termine massa porta a pensare anche che l’individuo massificato non vuole distinguersi, non vuole mostrarsi originale. Esso si presta ad un’accettazione passiva della consuetudine della vita, limitandosi semplicemente ad inserirsi nei meccanismi di massa appunto; vita che diventa sempre più standardizzata e che guarda alla quantità più che alla qualità.

All’inizio della nostra analisi, abbiamo sposato la definizione di democrazia fornita da Maria Zambrano ovvero, “la società in cui è permesso, ma è addirittura richiesto essere persona”. Ciò si scontra con l’ideale della massa che cerca di livellare ogni strato “nessunificando” tutto ciò che non la soddisfa.

Non vogliamo dilungarci sulle problematiche della democrazia perché esula dal nostro lavoro e dal nostro obiettivo; ciò che possiamo dire al momento è che la democrazia deve essere usata nel modo giusto, o come abbiamo detto all’inizio del capitolo citando Kurt Lewin, “la democrazia deve essere appresa”. Gli individui non possono essere obbligati alla democrazia a differenza dell’autocrazia che gli viene imposta. Apprendere la democrazia richiede un tempo

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68 più lungo ed essa deve dare al popolo la possibilità di essere persona, di esprimersi e partecipare e di sentirsi parte di un tessuto sociale che pone le basi affinché vi sia la possibilità per tutti. Il problema però a nostro avviso è che la democrazia è sempre in crisi, nata da un sentimento di rivalsa dell’individuo che vuole sganciarsi dalla sua condizione statica per diventare persona ponendo le basi affinché il contesto diventi democratico, che però può essere messo continuamente in discussione in quanto la democrazia non è un concetto cristallizzato, esso è un concetto in continuo divenire.

Per fare ciò però serve una leadership forte, capace di farsi comprendere e seguire; non è un obiettivo facile da raggiungere, specie in una fase come quella in cui viviamo dove il capitalismo si dimostra sempre più difficile da gestire vista la sua tendenza liberale: in un certo senso il capitalismo può essere visto come la metafora dell’individuo che lotta per slegarsi dalle catene che lo tengono imprigionato, per raggiungere la propria dimensione ed essere libero. Per gestire una così complessa situazione come la leadership o il management nelle organizzazioni, serve che i governi si pongano obiettivi chiari e definiti, e si dovrebbe considerare anche la questione della “ragione del popolo” che non è detto sia sempre informato e pronto a deliberare su un determinato tema. Altro rimedio, che esiste già in Germania, ad esempio, è la fiducia costruttiva, ovvero la possibilità del governo di tornare a elezioni in caso di voto di sfiducia. Insomma, nella democrazia è necessario che ci sia una guida che non agisca solo da semplice casta ma che lavori per il popolo e con il popolo.

Proprio da questo discorso introdurremo la tematica della democrazia nelle organizzazioni; in che modo l’organizzazione si occupa del suo popolo?Come si esprime la democrazia all’interno delle organizzazioni? Tutti gli aspetti sono comuni a quello che viene classificato come stato democratico oppure vi sono delle differenze? La leadership come agisce per essere considerata democratica dal suo popolo?

Queste sono alcune delle domande a cui tenteremo di dare risposta nei paragrafi successi.

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