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In questo paragrafo vogliamo discutere su quelle che sono le zone d’ombra di una gestione democratica e vogliamo farlo citando un caso importante che ha scosso le fondamenta di Oxfam generando una forte crisi di consensi e di fiducia verso il suo operato. Il caso in questione è quello di Haiti. Siamo nel 2011 ed Oxfam Gran Bretagna si occupa della missione umanitaria per soccorrere la popolazione devastata dal terremoto del 2010, che causò oltre 300 mila morti sull’isola.

Venne fuori una pesante scoperta che Penny Mordaunt, ministra britannica per la Cooperazione internazionale, definì “un fallimento morale”. Alcuni funzionari dell’organizzazione programmavano incontri con prostitute, anche minorenni, minacciando non solo le donne che dovevano prestarsi a questo sfruttamento, anche i partecipanti ai “festini” subivano minacce per evitare di farli parlare. Il Sunday Times stima che nel 2017 Oxfam sarebbe stata coinvolta in 87 episodi di comportamento improprio da parte del personale in missione all’estero. Il Guardian aggiunse che la Oxfam era già stata denunciata per rapporti del suo staff con giovani prostitute nel 2006 in ciad, dove il capo missione era Roland van Hauwermeiren, stesso capo della missione ad Haiti che in seguito allo scandalo fu costretto a dimettersi.

Fa discutere molto anche la possibilità che i vertici di Oxfam abbiano taciuto nonostante fossero al corrente di determinate situazioni, anche se questa affermazione scaturisce dal fatto che pur avendo denunciato l’apertura di un’indagine interna, i motivi dell’inchiesta furono considerati come “violazione del codice di comportamento” anziché prostituzione.

Una tale scelta si è rivelata inappropriata e giustifica chi teorizza l’impunità di questi crimini, gettando fango sull’intera organizzazione e portando a domandarsi: come si può essere in grado di intervenire a livello umanitario se non si è in grado di gestire l’interno della propria organizzazione? In realtà ciò sarebbe pure possibile ma una siffatta organizzazione andrebbe in contro a numerosi problemi.

110 Il problema principale è stato l’effetto valanga del caso Oxfam che ha incrinato di parecchio la credibilità di una delle ong più importanti al mondo e ciò rischia di minare il senso dell’intervento umanitario, dell’operato in generale dell’organizzazione. Uno scandalo così ampio che ha toccato anche altre ong e che ha fatto emergere altri casi del passato e ciò non ha fatto altro che attirare le critiche nei confronti di queste organizzazioni del terzo settore che è sempre più in difficoltà proprio perché i molti casi venuti fuori non rendono giustizia all’impegno che invece organizzazioni come Oxfam hanno portato avanti nel tempo.

Questo di certo non giova all’operato delle ong in generale visto il forte clima di sospetto che aleggia negli ultimi tempi, soprattutto dopo l’articolo del Financial Times del 15 dicembre 2016 in cui venivano denunciati presunti legami tra i trafficanti di esseri umani e le organizzazioni umanitari. L’essere contro l’operato delle ong come Oxfam è divenuto sempre più un atteggiamento politico che nutre le frange populiste che nel calderone inseriscono le organizzazioni che come Oxfam si occupano di aiuto ai migranti. Un’organizzazione come Oxfam non è una mera azienda che guarda solo al profitto a prescindere dall’etica; tale organizzazione ha a che fare soprattutto con l’etica e quando vengono fuori episodi come quello di Haiti o inchieste giornalistiche su presunte relazione con i trafficanti di essere umani, capiamo che basta poco a sporcare l’intero lavoro e questo comporta un pesante calo della reputazione che si può riflettere (anche in modo drammatico) sul calo di fiducia di donatori oltre che un calo generale della credibilità. L’etica che Oxfam o chi come lei si vuole portare avanti, può diventare un qualcosa che si ritorce contro e proprio l’episodio come quello di Haiti, a causa di alcuni membri si è messo in pericolo un intero sistema generando una spirale di sfiducia portando alla considerazione di reinventare le ONG. Cosa più grave è che Oxfam tramite i suoi dirigenti non ha optato per la trasparenza, anzi, si è cercato di nascondere i fatti come si fa con la polvere sotto il tappeto.

Perché abbiamo voluto citare questo episodio che ha sollevato pesanti dubbi sull’operato dell’intera organizzazione?

Pur non riguardando da vicino Oxfam Italia, visto che la nostra esperienza si è svolta presso un distaccamento di quest’ultima, una tale situazione fa emergere delle perplessità. Una organizzazione come Oxfam che porta avanti determinati valori, che si adopera per la giustizia per portare miglioramenti sostanziali in varie parti del globo, come ha potuto farsi trovare impreparata su un episodio come questo? Non è riuscita a leggere le possibili conseguenze dopo aver tentato di nascondere la verità? E perché mai un’organizzazione che si professa democratica attraverso il suo operato, decide di agire senza tenere conto di tutti gli altri appartenenti? (sia membri che collaboratori esterni) Perché non convocare i vertici e stabilire

111 tutti insieme il modo più corretto di agire dimostrando anzi la volontà di rendere giustizia a chi ha subito abusi?

Attenzione, non stiamo dicendo che Oxfam ha fallito su tutta la linea e che sia complice di quanto avvenuto, in parte lo è perché ha agito male e in ritardo ma questo caso ci fa pensare che le pratiche democratiche possono subire contraccolpi autoritari. “Inclinazione autoritaria nascosta sotto le vesti di un’interpretazione ad hoc del metodo democratico”128

. Questa possibilità è presente all’interno della democrazia stessa, la quale, come abbiamo detto, consiste in un processo di equilibrio perennemente instabile, che va continuamente monitorato, che contiene al suo interno i propri nemici.

Sappiamo che anche la democrazia ha i suoi limiti e le sue zone d’ombra, ciò che però porta a riflettere è il modo in cui la gestione democratica e trasparente che una ONG come Oxfam professa, è venuta meno non appena si è presentato un problema grave. Prendiamo il caso che abbiamo citato in questo paragrafo. Un capo missione, è un ruolo molto importante perché richiede grandi responsabilità ed elevati margini di controllo e gestione, si presume che chi riveste un ruolo simile conosce bene l’organizzazione ed i meccanismi, per questo può sfruttare quelle zone d’ombra per nascondersi e conservare la sua porzione di potere, rimanendo acquattato e sfruttando la maschera dell’organizzazione umanitaria. In pratica alcuni soggetti o quelli che Selznick definiva “cricche” hanno istituito una loro organizzazione informale operando però attraverso il marchio Oxfam, riuscendo a rimanere nascosti per lungo tempo perpetrando degli illeciti.

Ciò che è venuta a mancare è stata una effettiva preparazione ad affrontare problemi del genere, dove sono mancati i controlli e si è preferito affidarsi ad una gestione troppo laissez faire. E’ risaputo quanto sia complesso il tema della corruzione ed il caso di Oxfam ha portato alcune riflessioni.

Come si può in questi casi prevenire la corruzione ed evitare che il buon nome e il buon lavoro svolto, venga sabotato da pochi individui che perseguono i propri interessi? Una chiave a nostro avviso potrebbe essere la tecnologia. Secondo una ricerca la tecnologia può aiutare a prevenire minacce aziendali interne129. I risultati sono stati ottenuti attraverso interviste su oltre 4.000 dipendenti di 41 paesi ed emerso che la maggioranza degli intervistati (75%) ritiene la

128

L. Gallino, “Verso la sociologia mondo: La lezione di Luciano Gallino”, Rosenberg & Sellier, 1972

129

Frau Survey di EY, “Integrity in the spot light: The future of compliance”, 15th Global Fraud Survey, 2018

112 tecnologia uno strumento molto efficace nel prevenire o contrare comportamenti non etici. Anche se i dati appaiono più discordanti quando agli intervistati è stato chiesto se fossero a favore di vari controlli su dati personali, come ad esempio, profili di messaggistica istantanea, perché ciò verrebbe considerato come violazione della privacy. Nel verbale viene fuori anche che in molte organizzazioni, i dipendenti, oltre ad essere inconsapevoli su quali canali utilizzare per poter effettuare le segnalazioni, avvertono pressione nel dover mantenere riserbo sulle informazioni, e ciò può sollevare il dubbio sulla mancanza di etica da parte della leadership che preferisce non diffondere una cultura che premia l’etica ed il rispetto dei valori dell’organizzazione. Di certo sorvolare o cercare di nascondere il misfatto, può comportare conseguenze pesanti proprio come nel caso che abbiamo discusso poco sopra.

Il problema dell’utilizzo della tecnologia per intercettare comportamenti anomali è che porterebbe ad una forte riduzione della privacy e questo andrebbe a cozzare con il principio democratico che guida la l’organizzazione e potrebbe minare il rapporto di fiducia che si è venuto a creare tra leadership e collaboratori. In un’organizzazione democratica si deve fare in modo che i vantaggi dell’essere onesti siano superiori ai costi di essere corrotti. Si potrebbe utilizzare la tecnologia come supporto ad altre pratiche fondate ad esempio sulla trasparenza, dove l’intero gruppo riceve tutte le informazioni, non solo Oxfam ma anche i soggetti esterni con cui collabora (altre ong, donatori ecc) siano considerati come uno strumento in più con cui aggiornarsi periodicamente sulla situazione attraverso monitoraggi continui, la tecnologia quindi sarebbe di supporto alle varie pratiche e strategie contro la corruzione creando ad esempio un portale apposito per denunciare pratiche scorrette. Nella ricerca che abbiamo citato emerge un elemento, ovvero, i sistemi anonimi di denuncia o i cosiddetti whistleblowing, pur essendo considerati parte importante delle organizzazioni, poco più del 20% è a conoscenza di tale canale. In questo senso la diffusione di strumenti come questo o simili, può fungere da barriera contro la corruzione perché permetterebbe di poter segnalare comportamenti illeciti in forma anonima.

In queste misure che mirano a combattere la corruzione, l’organizzazione dovrebbe trasmettere, attraverso la sua cultura, quella filosofia che si concentra sul fondamento morale ed etico del comportamento umano e che lo considera lo strumento più adeguato per combattere pratiche illegali.

Non smetteremo mai di ripetere che nelle organizzazioni, anche quelle più democratiche, è necessario che vi sia un rapporto di interdipendenza tra leadership e membri, ma in questo rapporto è necessario anche vigilare e questo è possibile attraverso la prevenzione, la valorizzazione di comportamenti etici, la punizione esemplare per chi trasgredisce, perché

113 ricordiamo che democrazia non vuol dire libertà di fare ciò che si vuole. Quando un atto di corruzione si palesa, allora il sistema nel suo insieme ha fallito nella prevenzione, se si decide di nascondere tutto sperando di risolvere la cosa inter-nos, allora non solo tutti i principi democratici vengono meno, ma l’organizzazione stessa rischia di smembrarsi.

Conclusioni

Quando abbiamo discusso di democrazia abbiamo utilizzato (fra le diverse definizioni) quella di Maria Zambrano che nel suo libro “Persona e democrazia” definisce quest’ultima come <<la società in cui non solo è permesso, ma è addirittura richiesto essere persona>> (Zambrano, 2000).

E’ questo ciò che ho potuto riscontrare nella mia esperienza con Oxfam; l’importanza del gruppo, delle persone e dei valori che si vogliono portare avanti; ed è esattamente questo l’aspetto che mi ha colpito più di tutti. La democrazia non vive solo di procedure ma è il valore che la sorregge, che si palesa nei comportamenti, negli atteggiamenti, nei modi di relazionarsi, nel modo di ascoltare, dialogare e confrontarsi, in quanto senza il valore o valori guida si rischia di cadere in una crisi profonda.

Democrazia esprime “il principio essenziale dello Stato fondato sul diritto”130

. I primi esempi di democrazia o meglio, di amministrazione democratica, si trattavano più di un’amministrazione oligarchica in cui l’influenza del popolo si riduce ai minimi termini; si trattava più di un’amministrazione oligarchica131

. Solo nel Settecento la democrazia iniziava ad acquisire il significato di un sacro ideale132 che si slega da quel significato conservato dalle origini antiche. Abbiamo discusso sul principio democratico che deve coincidere con una reale applicazione pratica, che si tratti di uno Stato o un’organizzazione o un’impresa, è necessario perseguire l’ideale democratico affinché questo si realizzi. Sappiamo come quest’ultimo sia sottoposto nel tempo a delle variazioni, dei cambiamenti anche radicali e la storia ci insegna che non sempre i cambiamenti sono esenti da conflitti e che non sempre l’esito è positivo.

Abbiamo parlato però dello sviluppo di quel senso di comunità e appartenenza, aiutare e sostenersi reciprocamente per contribuire al benessere comune, proprio come fa il team di

130

J. Huizinga, “Lo scempio del mondo”, Bruno Mondadori, 2004 p 89

131

Ibidem

132

114 Oxfam che attraverso la loro cultura organizzativa ognuno contribuisce a spingere la motivazione alla partecipazione, ognuno si sente parte del sistema e si impegna per tenere in piedi la struttura.

Oxfam rappresenta una sorta di microcosmo in cui l’ideale democratico si riscontra nell’eguale considerazione e rispetto di tutti coloro che ne fanno parte; sono le persone che costituiscono la base del principio democratico, un principio che si sorregge sull’uguaglianza (che comporta considerazione e rispetto di tutte le persone) e sulla libertà (una libertà istituzionalizzata che conferisce dei diritti ma comporta anche delle responsabilità).

John Elster nel suo “Making Sense of Marx” ha scritto che “una società migliore resta una società che consente a tutti gli esseri umani di fare ciò che solo gli esseri umani possono fare – creare, inventare, immaginare altri mondi possibili”133

. Una definizione che si sposa con quella della Zambrano, dove il punto comune sono le persone e ciò che esse possono fare; la possibilità di poter esprimere le istanze, partecipare attivamente e sentirsi parte di un progetto.

Oxfam mette insieme persone differenti che si ritrovano sotto lo stesso tetto ma, la diversità rappresenta la base di quel diritto all’autonomia, allo sviluppo pieno della persona, della sua identità in toto in quanto sono le persone, come abbiamo detto, che costituiscono la base dell’organizzazione che a sua volta trasmette la propria cultura e questo favorisce quella pratiche democratiche, costituendo quella che Alinsky definiva community organizing (Alinsky, 1971).

Riprendiamo i criteri (vedi cap. 3) che Dahl utilizza per descrivere ciò che egli chiama “democrazia compiuta”134. E’ necessario precisare prima che i suddetti criteri forniscono una

spiegazione che può essere riduttiva, come ha spiegato Charles Tilly (vedi cap. 3) stabilendo che i criteri descrivono un pacchetto ridotto di istituzioni politiche non adatti per un’analisi su larga scala e quindi non aiutano a stabilire se uno Stato è più o meno democratico rispetto all’anno precedente. L’altra critica che Tilly riporta riguarda la possibilità che questi criteri possano entrare in conflitto fra loro. Egli riporta l’esempio della libertà d’espressione e associazione; in particolare si chiede se sia giusto che una democrazia possa censurare o ostacolare, ad esempio, le organizzazioni per i diritti degli animali nel caso in cui vogliano attaccare o sabotare associazioni che, invece, sostengono la sperimentazione sugli animali. Si tratta di una difficoltà a convivere nella diversità, una diversità però che è caratteristica della democrazia.

133

J. Elster citato in “Non c’è alternativa: Falso!”, di S. Veca, Laterza, 2014

134

115 Tornando all’analisi del caso Oxfam, prendiamo adesso i punti più inerenti che Dahl utilizza per definire la democrazia compiuta, questi tornano utili perché Oxfam non è uno Stato e come abbiamo detto in precedenza, essa rappresenta un microcosmo in cui vengono favorite le pratiche democratiche.

I criteri che prenderemo in considerazione sono necessari a spiegare meglio il funzionamento di questa piccola democrazia:

- Partecipazione effettiva: in Oxfam i membri hanno le possibilità di partecipare e comunicare, sono liberi di esprimere la loro opinione;

- Diritto all’informazione: è uno dei punti più importanti per Oxfam. Tutti vengono messi al corrente ed hanno le stesse possibilità di accesso alle informazioni, anzi, vi è una grande condivisione delle informazioni, delle alternative strategiche e le loro conseguenze.

A questi due punti presi in prestito dalla spiegazione fornita da Rober Dahl, vogliamo aggiungerne un terzo ed un quarto punto, ovvero, la coesistenza della diversità e l’ambiente favorevole. Spesso viene profusa l’idea di una cultura omogenea, pura e autentica; in Oxfam però si persegue quell’idea di attingere alle energie creative di personalità varie, individui con origini e storie differenti che generano una collaborazione positiva superando gli ostacoli che le differenze possono creare. Un modo di lavorare che va ad arricchire la cultura organizzativa e che crea una tradizione di apertura e inclusione che dovrebbe essere preso come modello da applicare alle società, che specie in questa fase storica, vivono un momento di chiusura verso l’altro, dimenticando l’importanza del dialogo che viene sempre più sostituito da una politica della paura. L’ambiente favorevole riferisce invece al rapporto che Oxfam ha con lo Stato; abbiamo discusso nei precedenti capitoli l’importanza del rapporto organizzazione ambiente in quanto lo Stato deve cercare di fornire quelle condizioni necessarie allo sviluppo di un ambiente che favorisca l’esistenza e l’operato delle organizzazioni.

Ciò che rimane però dell’esperienza con Oxfam è l’idea che la democrazia, per quanto imperfetta possa essere, può dare un grande aiuto alle organizzazioni ,specie se come Oxfam, si punta sulle persone. Permettere ai membri di un’organizzazione di crescere e sviluppare le proprie competenze, lasciando che essi siano parte attiva nel raggiungimento degli obiettivi e riconoscendone il merito, l’organizzazione può solo trarre vantaggio dal benessere dei suoi membri, oltre che favorire un clima positivo che può rendere migliore la capacità di reagire ai cambiamenti, saper cogliere le opportunità e riuscire a portare avanti il proprio lavoro in modo efficiente.

116 Certo è anche vero che la democrazia contiene dei germi in sé che possono “infettare” l’intero organismo, il caso di Haiti è un esempio di come sia facile sfruttare le zone d’ombra che permettono di agire in modo indisturbato. Inoltre la gestione del problema non è stata per nulla ottimale e questo ha generato una spirale di sfiducia nei confronti non solo di Oxfam ma anche di altre ong che nel tempo hanno cercato di portare avanti principi nobili che però vengono oscurati anche con un singolo episodio negativo, proprio come quello che abbiamo raccontato. Per questo bisogna affidarsi ai germi sani della democrazia, come il dialogo e decisioni collettive; pertanto possiamo prendere Oxfam come modello democratico da applicare a contesti molto più grandi e complessi perché oggi la democrazia vive un periodo turbolento ed è necessario contrastare le spinte estremiste che sfruttano la democrazia che è anticamera della dittatura ed abbiamo visto quanto poco ci voglia a sporcare un nobile ideale.

Avevamo detto che “la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che

attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo”135

. Oxfam in questi termini deve adoperarsi per ricostituire quel terreno in cui

il seme della democrazia può essere libero di germogliare e deve fare in modo che la pianta cresca più forte di prima.

Certo è che da ciò che ho potuto osservare, Oxfam si trova sulla buona strada e dimostra che per tanti aspetti la gestione democratica è più funzionale e soprattutto si sposa bene con gli obiettivi etici che l’organizzazione porta avanti. La democrazia non riguarda solo una forma di governo o una procedura, è anche atteggiamento, è un principio guida nel caso di Oxfam che mirando a scopi etici, deve utilizzarla con cura visto che basta poco, come abbiamo visto, a metterla in discussione. Non sappiamo se effettivamente un terreno favorevole alla democrazia nelle organizzazioni venga favorito dall’assenza di obiettivi che mirano esclusivamente ad un profitto; però è lecito supporre che ciò sia plausibile perché abbiamo specificato che Oxfam si distingue da un’azienda per via degli scopi che persegue, e non si tratta di scopi legati al profitto ma di scopi etici. Questa continua attenzione all’etica, che pur essendo stata messa in crisi dall’episodio di cui abbiamo discusso, è ciò che rende l’organizzazione più inquadrata verso una gestione democratica che rende esplicita attraverso la sua “cultura organizzativa” (quindi atteggiamenti, comportamenti, modo di relazionarsi, dialogo, confronto ecc.) e dove gli

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