• Non ci sono risultati.

Deng Xiaoping e la nascita del socialismo di mercato:1976-1992

Nel documento La Cina guarda ad Ovest (pagine 32-35)

Con la morte di Mao la guida del paese passò a Deng Xiaoping secondo cui la Cina si trovava nello stadio base del socialismo e il dovere del partito era di perfezionarlo facendolo diventare un “socialismo con caratteristiche cinesi”. Deng pose in risalto l'idea che socialismo non significasse povertà condivisa, giustificando così l'apertura al mercato capitalistico:

Pianificazione e forze di mercato non rappresentano l'essenziale differenza che sussiste tra socialismo e capitalismo. Economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché c'è una pianificazione anche nel capitalismo; l'economia di mercato si attua anche nel socialismo. Pianificazione e forze di mercato sono entrambe strumenti di controllo dell'attività economica.41

La strategia maoista di sviluppo economico delle regioni interne e il rafforzamento del proletariato cinese sono infatti stati invertiti nel momento in cui Mao morì, nel 1976, e fra le correnti del PCC prevalse quella riformista capeggiata da Deng Xioaping.

Come osserva Selden:

The renascence of rural industrialization that followed the North China Agricultural Conference of 1970 was Zhou Enlai’s initiative, one that marked the start of the reform agenda that eventually led to the end of collective agriculture and communes, and the subsequent trasformation of rural industry in an era of expansive markets, foreing trade and foreing investment, approaches that broke fundamentally with Mao’s economic vision.42

Il nuovo leader credeva che nessuna linea di condotta dovesse essere respinta semplicemente perché diversa da quella tenuta da Mao e, diversamente dai leader più conservatori, non presentava obiezioni riguardo a determinate politiche economiche per la sola ragione che esse fossero simili a quelle attuate nelle nazioni capitaliste. Per quanto riguarda il ruolo di primaria importanza della produzione agricola, Deng incoraggiò una significativa decentralizzazione gestionale, mentre nella generale spinta volta ad ottenere una posizione di mercato fu consentito investire nelle industrie, il che spinse capitali verso 41 Gittings J., The Changing Face of China, Oxford University Press, 2005.

l'industria leggera e verso un aumento costante delle esportazioni.

What is self-evident to the policy makers in late 1970s was the correlation between production inefficiency of enterprises and People’s Communes and lack of stimulus for workers and farmers. That explains why the reforms began whit the micro-management institution at the end of 1978 in an attempt to establish a system of stimulus and improve incentive for laborers. In rural areas, household responsability contract system was initiated in 1978. In cities, a series of comprehensive and specitif reforms on management of enterprises were taken, centering on power delegation and profit sharing. From 1979 the pilot reform of expanding decision-making powers was carried out in some state-owned enterprises. The reform was to stimulate enterprises to increase production and sales by increasing retained share of profits.43

La produzione industriale leggera fu vitale per lo sviluppo di un paese con basso capitale di base: avendo bassi requisiti di capitale e alti guadagni derivanti dalle esportazioni, i profitti generati da questo tipo di produzione permisero investimenti in tecnologie più avanzate e nuovi comparti produttivi. La Cina decise di accelerare il processo di modernizzazione aumentando il volume di scambi commerciali con l'estero, specialmente tramite l'acquisto di macchinari dal Giappone e dall'Occidente. Con una crescita guidata delle esportazioni, grazie a consistenti fondi stranieri, tecnologie innovative44 ed esperienze manageriali, la Cina riuscì a procedere nelle Quattro Modernizzazioni (agricoltura, industria, scienza e tecnologia, comparto militare), accelerando esponenzialmente il proprio sviluppo economico. Deng attirò compagnie straniere in una serie di Zone Economiche Speciali (vedere paragrafo 1.6), dove vennero incoraggiati investimenti stranieri e la liberalizzazione del mercato. Le riforme si concentrarono sul miglioramento della produttività: vennero introdotti nuovi concreti incentivi e nuovi sistemi di bonus. I mercati rurali, dove si vendevano i prodotti nazionali dei contadini e i prodotti in eccedenza delle comuni, conobbero una rinascita, incrementando la produzione agricola e stimolando la produzione industriale. I contadini, ora legittimati a vendere i loro raccolti agricoli in eccedenza sul 43 Lin J.Y., Tao R., Liu M., Decentralisation,Deregulation and Economic Transition in China,

www.sticerd.lse.ac.uk/dps/decentralisation/China.pdf

44 Alla fine degli anni ‘80 il governo fondò alcune “zone ad alta tecnologia” e nelle imprese di medio grandi dimensioni la quota del personale impiegato in mansioni di ricerca e sviluppo sul totale dei dipendenti nel 1987 era del 2,6%. Mentre nel 1998 raggiunse il 4%. Shenkar O., Il secolo della Cina: l'impatto della crescita cinese

libero mercato, fecero aumentare i consumi domestici, stimolando l'industrializzazione e creando supporto politico a riforme economiche più complesse.

Nella prima metà degli anni Ottanta il processo di riforma arrivò così ad un bivio: fino a quella fase infatti una serie di interventi nell’ambito della politica economica potevano ancora essere intesi come misure di assestamento economico, le quali non avrebbero tuttavia intaccato la struttura tradizionalmente socialista del paese. Nel contempo, quelle stesse misure si stavano rivelando le fasi preliminari per consentire una progressiva introduzione del capitalismo e un parallelo smantellamento dell’economia socialista.

Nella seconda metà degli anni Ottanta esplose quindi la crisi del movimento riformista guidato da Deng Xiaoping, movimento che rivendicava l’esigenza di un adeguamento del sistema politico alla riforma del sistema economico. Il malcontento sociale iniziato nel 1986 andò crescendo negli anni ‘88 e ’89, raggiungendo l’apice con la strage di Piazza Tien’anmen nel giugno del 1989. Nei giorni immediatamente successivi, l'ala conservatrice del PCC volle modificare alcune delle riforme di liberalizzazione del mercato intraprese come parte della Riforma Economica. Tuttavia, tali sforzi trovarono la dura resistenza dei governatori provinciali e vennero abbandonati completamente durante gli anni Novanta a causa della caduta dell'URSS e del cosiddetto "viaggio al sud" di Deng Xiaoping.45

Il mantenimento della riforma provocò un'intensa crescita economica nel decennio dei ‘90, restituendo al governo una buona parte del consenso perduto nel 1989. Per tutti gli anni ’90 la Cina intraprese a tappe forzate la via del capitalismo attraverso uno sviluppo rapidissimo, supportato sia dai massicci investimenti statali, specialmente nei settori dell’energia e delle materie prime, sia dagli investimenti sempre maggiori da parte delle multinazionali di tutto il mondo, le quali videro nell’apertura del mercato cinese un’immensa prateria foriera di opportunità: basso costo della manodopera e semplificazioni normative e fiscali furono gli ingredienti principali di questa fortunata ricetta. Sebbene la protesta di piazza Tien’anmen venga ricordata principalmente per il grido democratico lanciato dal movimento studentesco e per la violenza con la quale il governo lo soffocò, essa segna in realtà un punto di svolta nella storia della politica economica cinese, poiché alla tragedia seguì il passaggio definitivo all'economia di mercato.

Nel documento La Cina guarda ad Ovest (pagine 32-35)