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Prima generazione di mingong

Nel documento La Cina guarda ad Ovest (pagine 72-75)

Fu in questo contesto che nacque il concetto di mingong43: una nuova classe operaia

costituita da migranti che dalle campagne si sono riversati nelle città, le quali hanno continuato nel corso degli ultimi due-tre decenni a incorporarli nel capitalismo globale. Lo Stato, nonostante avesse favorito il socialismo di mercato, non concedeva nulla proprio alla componente sociale che costituiva il principale propulsore economico del paese, anzi, smise progressivamente di erogare tutte le istanze assistenziali che vigevano dal periodo maoista. Allo stesso modo, i governi locali delle province cui era stata delegata la gestione del fenomeno di questi lavoratori migranti, rimasero immobili a loro volta.

41 Ivi, p. 593.

42 Chan Kam W., Migration and development in China: trends, geography and current issues, Migration and Development, 2012, p. 189.

43 民工 Mingong, spesso chiamato dagong è un/a giovane lavoratore o lavoratrice di campagna che vende il proprio lavoro ad un padrone e occupa una posizione debole in quanto lavoratore stagionale che si immette nel mercato. In antitesi alla figura del dagong c’è il gongren, lavoratore urbano, che nella retorica socialista dell’epoca maoista

Questo processo di disimpegno dello Stato dai suoi compiti di protezione sociale determinò un percorso specifico di proletarizzazione del lavoro cinese e nel contempo definì una relazione capitale-lavoro che in seguito avrebbe determinato una crescita del numero delle lotte dei lavoratori migranti in Cina.

The recent trasformation of China’s social and economic system requires us to think about (and rethink) our understanding of the social structure that is emerging. The post- 1978 economic reform has brought about the real proletarianization of China’s workers and farmers. They have been truly subordinated to the market and separated from ownership of the means of production, even though previously ownership was barely notional anyway. That is, they are proletarianized in a self-acclaimed socialist economy. Moreover, even the expressed concerns of top officials about poverity, along with their personal interests and weel-being, have been relegated to a low priority, when not ignored altogether, in the state’s provision of welfare and services to the society. At the same time, state administrators, managers, private entrepreneurs, and professionals and technicians have come to constitute those social classes that benefit enormously and disproportionately from marketization and privatization. This is not just an outcome of differential life chances under changing economic conditions. It is not about differential returns to human capital or skills possessed by the social classes concerned. The socioeconomic changes that China is undergoing have brought about structured inequalities that sistematically enrich some social classes and deny benefits to others.44

Il fatto che essi fossero considerati residenti ufficialmente rurali determinò un drammatico abbassamento dei salari, di fatto perfino al di sotto del mero livello di sussistenza.

Dai primi anni ‘50 il sistema dello hukou ha separato la popolazione rurale da quella urbana in termini economici e politici dividendola orizzontalmente in due classi di cittadinanza, di cui quella inferiore era in larga misura, anche se non completamente, isolata nelle campagne. Con la svolta del 1978, l’esodo di giovani dalle campagne verso le città ha assunto proporzioni bibliche, ma lo statuto di quanti hanno lasciato e lasciano i villaggi è rimasto perlopiù quello del “lavoro migrante rurale”. E’ questo flusso verso le periferie industriali che ha innervato la trasformazione cinese degli scorsi trent’anni.45

44 Lui Tai-lok, Bringing class back in China Re-stratified, Critical Asian Studies, Vol. 37 n. 5, 2005, p. 473.

45 Gambino F., Sacchetto D., Le spine del lavoro liquido globale, in Pun N., Cina. La società armoniosa. Sfruttamento

Quando si parla di prima generazione di mingong ci si riferisce a coloro i quali nati tra la fine degli anni ‘60 e degli anni 70’furono i primi a migrare dalle campagne nei decenni ‘80 e ‘90 per andare a lavorare nelle zone di nuova industrializzazione, nella regione costiera della Cina. Le donne operaie che andarono a lavorare nelle industrie di giocattoli e di elettronica nella ZES di Shekou a Shenzhen, il sito della prima Zona Economica Speciale cinese, furono icone pionieristiche di questa migrazione.46

I lavoratori migranti provenienti dalle campagne sono stati esclusi de jure, se non de facto, dalla possibilità di vivere nei centri urbani attraverso il sistema dello hukou e per mezzo di barriere di classe, che hanno impedito che lavoratori migranti con magri salari potessero risiedere presso comunità urbane. In sintesi, il processo di proletarizzazione degli operai-contadini cinesi è stato modellato da una separazione spaziale tra la produzione nelle aree urbane e la riproduzione nelle campagne. Tuttavia la separazione tra queste due sfere ha finito per cedere il passo alla nascita di un regime basato sulla fabbrica-dormitorio, che offre una nuova combinazione fra il luogo di lavoro e l’abitazione, simile a quella che, nel primo capitalismo, identificava la fabbrica con il luogo di residenza: un sistema che ancora oggi continua a segregare l’operaio fuori dalla città.47

La logica social-capitalistica della nuova Cina, al fine di massimizzare lo sfruttamento della forza-lavoro temporanea attraverso il controllo dei momenti rigenerativi, giunse a concepire il regime della fabbrica-dormitorio. A partire dal 1978 infatti ciò che contraddistinse gli impianti industriali a capitale straniero fu l’alloggiamento dei lavoratori migranti in dormitori annessi o attigui al perimetro della fabbrica; ciò consentì un controllo eccezionale sulla forza-lavoro. Una realtà produttiva che può contare sulla costante presenza fisica dei lavoratori, estende e gestisce i giorni lavorativi per assecondare le esigenze della produzione, gode di totale flessibilità nell’organizzazione delle fasi produttive e della loro intensità, ha gioco facile nella prevaricazione del lavoratore costituendo non solo la fonte di erogazione del suo salario, ma anche il suo locatore. Il massiccio esodo in questione fu quindi frutto sia del forte processo di industrializzazione, sia dell’acutizzazione delle disuguaglianze sociali che trasformarono la popolazione rurale in un inestinguibile serbatoio 46 Pun N., Cina. La società armoniosa. Sfruttamento e resistenza degli operai migranti, Jaca Book, 2012, p. 46.

di manodopera a basso costo per l’industria manifatturiera ed edilizia.

La crescita economica si è imperniata sulla penalizzazione della Cina interna e della popolazione rurale, sull’acutizzazione del divario tra città e campagna; e ha come chiave di volta la disponibilità di un enorme esercito di riserva espulso dalle campagne da impiegare nell’industria e nei servizi alle imprese, la presenza di una mastodontica riserva di braccia a buon mercato controllata in modo ferreo dalle autorità politiche e amministrative con il tacito e interessato consenso degli investitori stranieri.48

Con l’abolizione del nongzhuanfei dunque, proclamata nel 1995, la condizione sociale dei migranti rurali venne ulteriormente declassata, costringendoli ad accettare qualsiasi tipo di impiego e di retribuzione. Nonostante il sistema dello hukou avesse subito delle modifiche, rimase in vigore la precondizione di titolarità dei san zheng, i tre permessi, per essere considerati cittadini regolari: certificato d’identità, certificato di residenza provvisoria, certificato di lavoro.49

Nel documento La Cina guarda ad Ovest (pagine 72-75)