Storia dell'analisi economica e teoria dello sviluppo. Note su Schumpeter
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rato in sede matematica, ha un chiaro contenuto privo di ambiguità, ciò che non si può dire del concetto di causa (der Ursachenbegriff) »61.
In tal modo, Schumpeter mostra di aderire a quegli stessi criteri cui Bohm si era richiamato in polemica con Marx. Il metodo schumpeteriano dell'« osservazione », anzi, completa con ancora maggiore chiarezza il pun-to di vista di Bohm. L'uso del concetpun-to-funzione permette, secondo Schum-peter, quell'aderenza ai rapporti di mercato dalla quale derivano tutte le proposizioni significative della teoria economica. Nessun principio ulte-riore deve pertanto essere ricercato: « Noi assumiamo come dato, e avre-mo avre-modo di vedere, che i risultati concreti della nostra disciplina discen-dono da interazioni note (aus gewissen Wechselbeziehungen), e che così ci si impone il concetto di funzione e non la relazione di causa » 62. Og-getto moderno della teoria sono le « note interazioni » di mercato ana-lizzabili con il concetto-funzione ed escludenti ogni rapporti di causa-zione.
In Das Wesen è contenuto il medesimo giudizio positivo che anche le Epochen, pochi anni dopo e già in sede storiografica, esprimeranno sul concetto di funzione quale base dei sistemi di equazioni simultanee, il ri-sultato caratteristico dell'economia neoclassica. Ma, rispetto a Das Wesen, le Epochen segnano un passo innanzi nell'elaborazione schumpeteriana, ed in esse è sviluppata più criticamente la posizione epistemologica bohm-bawerkiana dell'opera del 1908.
L'esame metodologico del marginalismo nelle Epochen è più legato alla linea critica percorsa da Schumpeter in Das Wesen nel campo della teoria della distribuzione (linea che si fonda sulla scissione tra la teoria della produttività marginale dei fattori e il giudizio di valore sull'equità ed ottimalità del processo distributivo corrispondente), che alle assunzioni bòhm-bawerkiane viste. Ciò è evidentemente conseguente allo sviluppo storico che caratterizza, in questo breve periodo, dal 1908 al 1 9 1 4 , il pro-gramma di Schumpeter (tra le due date, nel '12, si pone la Theorie).
L'esame del marginalismo è condizionato dal più preciso interesse per la dinamica maturato nel periodo: non a caso le Epochen non si chiudono con il marginalismo, ma con una breve rassegna delle teorie impegnate a dilatare la sua rete concettuale. « Emerge per importanza il problema del-le crisi »6 3.
61. Ibid., p. 47. 62. Ibid.
63 Si veda la parte relativa in J. A . SCHUMPETER, Epoche di storia delle
Nelle Epochen, in altre parole, la strumentazione metodologica cen-trata sul concetto di funzione, pur rappresentando la conquista scientifica decisiva ed irrevocabile della teoria economica, rimane sostanzialmente legata allo statuto statico, ai problemi statici, dell 'Economics Esso e in-dispensabile quando si tratta « di capire le relazioni generali fra quantità variabili e di dedurre da queste le conclusioni più ampie possibili nei ri-guardi delle loro variazioni », e quindi in tutti i casi in cui « la rappre-sentazione delle connessioni economiche mediante sistemi di equazioni simultanee consente una visione di queste connessioni che non potrem-mo conseguire altrimenti con altrettale chiarezza » % Ma se l'accento vie-ne spostato sui problemi dinamici, è chiaro che si ripresentano ali atten-zione, ed in posizione strategica, quegli stessi rapporti di causazione che la statica supera utilizzando il concetto-funzione. Schumpeter coglie con precisione il limite della proiezione neoclassica su Marx che Bohm aveva tentato Pur condividendo i termini metodologici di quella proiezione e quindi i risultati raggiunti da Bohm, Schumpeter è in grado di valutarne anche la parzialità. L'operazione dello Zum Abschluss è spiegabile solo con il contemporaneo riferimento ad un'interpretazione soddisfatta ed acritica della statica neoclassica e ad una visione ridotta della teoria mar-xiana. Se Marx, infatti, come Schumpeter continuamente ripete, e stato l'unico autore veramente interessato ai problemi dinamici, il solo grande teorico dello sviluppo, la proiezione statica di Bohm è il sintomo di una illegittima aspirazione « generalizzante » della teoria neoclassica.
Bohm non vede ciò che invece Schumpeter proprio negli anni della Theorie comincia a vedere e ad organizzare nel modello dello sviluppo. Egli non vede che il campo di validità della metodologia margmalistica e legato all'analisi dell'equilibrio statico, ossia, nei termini del progetto schumpeteriano, all'esame di un caso o momento particolare della teoria dello sviluppo. E che in tal modo ogni proiezione risulta illegittima e
in-fondata. . Schumpeter accoglie quindi i punti della nuova razionalità
neoclassi-ca, ma li lega ad un criterio di individuazione della loro validità analogo a quello keynesiano. Prima di vederne l'elaborazione nella Theorie e nelle altre opere teoriche, però, è opportuno fissare la traduzione storiografica degli aspetti ricordati facendo riferimento all'opera maggiore.
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DENIS GIVALa continuità analitica nelle epoche della « History ».
1. Nella History si ritrovano applicati al materiale storico i presup-posti generali espresup-posti. La stessa struttura epocale dell'opera corrisponde ai criteri di « economicità » ricordati.
Schumpeter individua tre grandi epoche di storia dell'analisi. Si potreb-be dire, con immagine suggestiva mutuata dai Business cycles, che al centro della History si pongono tre grandi cicli storici di teoria. Questi tre cicli si organizzano in tre « situazioni classiche » e rappresentano le fasi fon-damentali nello sviluppo della teoria economica 65. Le « situazioni classi-che », come accennato nella prima sezione, si caratterizzano come grandi momenti di sintesi della « cassetta di strumenti » elaborata nel corso del-le diverse epoche. Esse sono descritte da Schumpeter come situazioni in-tellettuali dominate da una pratica scientifica di normalizzazione della precedente accumulazione analitica, come fasi di « ricapitolazione » del sapere in vaste opere d'assieme. In certo modo queste fasi ricordano i pe-riodi kuhniani di « scienza normale ». Questa caratteristica delle « situa-zioni classiche » si ritrova in tutti e tre i casi storici che Schumpeter in-dividua nella History e che scandiscono il ritmo epocale 66 dell'esposizio-ne. Possiamo ricostruire questi casi e rinvenire quanto anticipato.
La prima epoca di storia dell'analisi, secondo Schumpeter, parte dai « primordi » (il pensiero antico e la Scolastica), passa attraverso il mer-cantilismo e giunge alla Fisiocrazia, concludendosi nella Ricchezza delle nazioni di Smith. Con l'opera di Smith, quale momento di sintesi del sa-pere e delle tecniche accumulatesi nel corso di questa fase storica pluri-secolare, abbiamo la prima « situazione classica » a livello analitico. « Una situazione classica — dice Schumpeter affrontando il problema delle ori-gini storiche della scienza economica — emerse nella seconda metà del secolo XVIII: nessuna situazione classica si era avuta prima di allora.
Av-65. L'importanza del concetto di « situazione classica » nella storiografia schum-peteriana è stato colto da W . STARK, The « Classical situation » in politicai economy, « Kyklos » (Basel), XII, 1959, pp. 57-65. Sull'uso del termine classico in Schumpeter e sulle differenziazioni al proposito (accezione marxiana, uso keynesiano, e concetto di « situazione classica ») in parte R . FAUCCI-E. PESCIARELLI, Introduzione, in: L'economia classica. Origini e sviluppo (1750-1840), Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 21-3. Sulla History in generale anche A. MACCHIORO, L'approccio economico e la sua storia, in: Studi di storia del pensiero economico, Milano, Feltrinelli, 1970, pp. 32-33.
66. J. A. SCHUMPETER, Storia dell'analisi economica cit., voi. II, p. 463: « La periodizzazione, come sappiamo, è un male necessario. Nei suoi confronti c'è in pri-mo luogo un'obiezione di principio, che vale indipendentemente dal pri-modo in cui uno scrittore la pratica: gli sviluppi storici sono sempre continui e non possono essere spezzettati senza arbitrarietà ».
valendoci di ciò potremmo essere tentati di prendere l'avvio dalla secon-da metà del secolo XVIII, per esempio secon-dall'opera più importante del pe-riodo: la Ricchezza delle nazioni di A . Smith ( 1 7 7 6 ) . Ma ogni situazione classica riassume o consolida il lavoro veramente originale che conduce ad essa e non può essere compresa per se stessa » 67.
La posizione originalmente terminale nella quale la History colloca la Ricchezza delle nazioni dipende dal carattere sintetico della scienza smithiana e giustifica l'esame retrospettivo delle elaborazioni ad essa pre-cedenti. Tutta la parte della History dedicata al pensiero smithiano si fonda su questa caratterizzazione « eclettica » del contributo smithiano. A spiegazione e giustificazione storica dell'operazione sintetica conte-nuta nella Ricchezza sta in primo luogo, secondo Schumpeter, la stessa personalità e la stessa pratica scientifica di quel grande classico: « Era venuto il tempo per quel tipo di sintesi, e Smith assolse questo compito magnificamente. Era proprio l'uomo adatto; nessun altro, che non fosse un metodico professore, poteva farlo » 68.
La qualità specifica del contributo analitico si collega direttamente alla personalità di Smith, le procedure combinatorie della Ricchezza si accom-pagnano armonicamente con le predisposizioni alla sintesi racchiuse nella sua figura scientifica. L'una e l'altra non tolgono comunque nulla alla grandezza della sua scienza: « È vero che né gli Scolastici né i filosofi del diritto naturale elaborarono mai uno schema organico e completo della distribuzione [ . . . ] . Ma essi avevano elaborato tutti gli elementi di un tale schema e Smith fu senza dubbio all'altezza del compito di coordinarli sen-za ulteriore aiuto da parte di nessuno » 69.
Non diversamente, anzi con maggiore forza, il giudizio delle Epochen, analogamente a quello delle History, pone l'accento sui lati normalizzato-ri e contemporaneamente sulla grandezza dell'impresa smithiana: Smith « era un uomo dal lavoro conclusivo e dotato della facoltà di rappresen-tare adeguatamente le cose, non era un uomo dalle grandi e nuove idee [ . . . ] . Questo spirito solare compì la sua grande fatica percorrendo vie già battute e utilizzando materiale preesistente » 70.
G l i stessi elementi che Schumpeter pone in evidenza a proposito di Smith si ritrovano a proposito della seconda epoca di storia dell'analisi individuata nella History, epoca che culmina nella « situazione classica »
6 7 . J. A . SCHUMPETER, Storia dell'analisi economica cit., voi. I, OD 63-4
68. Ibid., voi. I, p. 224. 69. Ibid., voi. I, p. 222.
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DENIS GIVAdeterminatasi con la pubblicazione dei Principles of politicai economy di John Stuart Mill.
Questa seconda epoca fornisce anzi, rispetto a quella di Smith, la cui attività « sintetizzatrice » si dispiegava in una fase ancora originaria del-Vanalisi, un modello tipico del processo di consolidamento che conduce alle « situazioni classiche ». Dice infatti Schumpeter: « il tempo che de-corre dal 1790 al 1870 corrisponde al nostro modo di concepire un pe-riodo- abbiamo innanzitutto una nuova attività che lotta fiduciosamente contro il passato; poi le cose si sistemano e abbiamo la tipica situazione classica nel senso nostro, sintetizzata nell'opera — tipicamente classica — ancora nella nostra accezione del termine — di J. S. Mill, il quale sotto-linea il fatto con il suo modo di parlare dall'alto di verità stabilite » .
Nei Principles di Mill si può vedere la « chiusura » della problematica dell'epoca « classica » dell'analisi economica. Una « chiusura » legata al superamento dell'impostazione ricardiana («l'economia del Principles non è più ricardiana » )7 2 e al consapevole ritorno di Mill al progetto, ormai nuovamente necessario a metà '800, di una grande sintesi alla Smith « Mill spiegava semplicemente — dice Schumpeter forzando que-sti aspetti — che dopo la pubblicazione della Ricchezza delle nazioni non c'era stato alcun trattato altrettanto ampio e specialmente nessuno che avesse prestato altrettanta attenzione ai problemi pratici » 73.
Nei Principles di Mill, allora, si instaura un rapporto di omologia tra la struttura dell'opera e il fine scientifico esplicito dell'analisi: « Lo sco-po dichiarato di Mill nello scrivere i Principles e il contenuto effettivo dell'opera combaciano perfettamente [ . . . ] . Ancora una volta il program-ma è quello di sciogliere nodi e costruire ponti » 74. Da questa omologia discendono tutti i punti fondamentali della teoria « ibrida » 3 di Mill, teoria che Schumpeter descrive complessivamente nei termini di una scien-za media del capitalismo. A l centro di questa medietà si pone nella pro-spettiva della History, la « costruzione a mezza strada » di Mill nell am-bito della teoria del valore, ossia la soluzione di compromesso fra la teo-ria del valore-lavoro e quella legata all'analisi della domanda-offerta dei mercato 76. M a il contesto nel quale si trovano in azione le procedure nor-malizzatrici delle « situazioni classiche » è in Mill non tanto quello della sintesi di grandi filoni storici di teoria (come ancora accadeva in Smith
71 J. A . SCHUMPETER, Storia dell'analisi economica cit., voi. II, p. 464. 12. Ibid., voi. II, p. 641.
73. Ibid., voi. II, p. 642. 74. Ibid.
15. Ibid., voi. II, p. 688.
con la Fisiocrazia, il giusnaturalismo e il mercantilismo), quanto piuttosto quello del compromesso fra proposte teoriche diverse nei differenti campi. Questa variante consente a Schumpeter di sottolineare non solamen-te il successo otsolamen-tenuto dalle soluzioni medie di Mill, che in quanto tali valsero a dare alla comunità scientifica l'impressione di una sistemazione definitiva, di una scienza universale ormai raggiunta, ma gli permette an-che di spiegare le ragioni e di individuare i presupposti delle « innovazio-ni » successivamente concretatesi nella « svolta » del 1870. Nella scienza media di Mill, in altri termini, sono racchiuse le istanze statiche sempre connesse al momento classico della « ricapitolazione » e quelle dinamiche legate alla forma originale assunta dalle prime nell'arte tipicamente mil-liana del « compromesso ».
L'egemonia dei Principles, comunque, fu talmente operante nella pra-tica scientifica del tempo di Mill che alla loro pubblicazione seguì il rista-gno nello sviluppo dell'analisi, « uno stato universalmente considerato di maturità — se non di decadenza della scienza; uno stato in cui " co-loro che sanno " sono sostanzialmente d'accordo; uno sfato in cui, una volta compiuto il "grosso del lavoro ", la maggior parte della gente rite-neva che, tolto qualche punto secondario, non rimanesse altro da fare che lavoro di elaborazione e di applicazione » 77.
Il ristagno della fase successiva a Mill fu alla fine scosso dall'insorgere di un complesso di vere e proprie novità teoriche. Queste innovazioni non si riferiscono, secondo Schumpeter, soltanto ai mutamenti del « qua-dro generale » (o, come egli suole anche dire, dello Zeitgeist) in cui si po-ne la scienza economica, ma si collegano direttamente al suo « nocciolo analitico »: « fu intorno al 1870 che cominciarono ad affermarsi un nuo-vo interesse per le riforme sociali, un nuonuo-vo spirito " storicistico " e una nuova attività nel campo della teoria economica; che si ebbero quelle rotture nette con la tradizione che possiamo sempre aspettarci di osser-vare in quello che deve essere un processo fondamentalmente conti-nuo » 78.
La critica e lo sviluppo insieme dei contenuti medi della scienza mil-liana diedero avvio, con il marginalismo, al processo innovativo in se-guito consolidatosi nella terza ed ultima « situazione classica », quella rap-presentata dai Principles of Economics di Marshall. Alle innovazioni de-gli anni '70, a quelle che allora sembravano « rivoluzioni » teoriche, in-fatti, « seguirono due decenni di lotta e di discussione più o meno accese. E da queste emerse ancora una volta, intorno al 1890, una tipica
situa-77. Ibid., voi. II, p. 465. 78. Ibid., voi. Ili, p. 923.
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DENIS GIVAzione classica nel nostro senso, le cui opere maggiori con il largo tratto di terreno comune che esse rivelano e con il senso di tranquillità che ispi-rano, devono aver suscitato una sensazione di compiutezza; la compiutez-za di un tempio greco che staglia le sue linee perfette contro un cielo senza nubi » 79.
Il classico di questa terza epoca, il luogo in cui si consolidano gli ele-menti « rivoluzionari » della teoria dell'utilità marginale, è rinvenuto da Schumpeter nell'« universo teorico » 80 che la tarda scienza dei Principles of economics marshalliani descrive « conclusivamente ». I Principles as-sorbono le discontinuità teoriche, le « rotture » del 1870 e le inseriscono nel contesto, sintattico e grammaticale, di una nuova scienza normale del capitalismo.
Proprio questa caratteristica dell'opera di Marshall, la « comprensio-ne » e l'assorbimento delle frizioni introdotte comprensio-nella comunità scientifica dalle innovazioni del '70, la mette in grado di egemonizzare lo sviluppo scientifico a cavallo fra i due secoli. Anche qui l'intento sintetico si co-niuga direttamente con l'egemonia scientifica della teoria.
Ma con l'epoca marshalliana 81, secondo Schumpeter, si ha non solo la sistemazione sintetica classica della fase di storia dell'analisi che va dal
1870 alla fine del secolo, si ha pure la conclusione della linea analitica originariamente concretatasi nell'opus di Smith. Schumpeter si sofferma sull'opera di Marshall per sottolinearne questi aspetti conclusivi e limi-nari: come se i Principles non comprendessero solamente le procedure sintetiche tipiche delle « situazioni classiche », ma fossero viceversa una « summa » di tutto il classico nella storia dell'analisi.
Schumpeter può richiamarsi con facilità ad una delle tante professioni di classicità e di fedeltà alla tradizione di Marshall per evidenziare questo elemento: « Si dice che abbia affermato: " Si trova tutto in A . Smith ". In questa osservazione c'è più di un semplice riconoscimento che il
la-79. Ibid., voi. Ili, p. 924. . . . 80 Schumpeter aderisce qui letteralmente alla caratterizzazione keynesiana dei-la scienza di Marshall. Per J. M. K E Y N E S , A. Marshall (tr. it di B . Maffi), in: Po-litici ed economisti, Torino, Einaudi, 1974, p. 194, i Principles descrivono « un in-tero sistema copernicano, grazie al quale tutti gli elementi dell universo economico sono mantenuti al loro posto da contrappesi e interazioni reciproche >>. Si veda
J. A . SCHUMPETER, A. Marshall (1842-1924), in: Epoche di stona delle dottrine
cit., p. 270. .
8 1 T A . SCHUMPETER, Storia dell'analisi economica cit., voi. i l , p. 1UZ4:
« Marshall fu e sentì di essere il grande economista inglese del periodo. Ma ciò non altera il fatto che la grande opera di Marshall è la conquista classica del periodo, vale a dire l'opera che incarna in maniera più perfetta di qualsiasi altra la situazione classica venutasi a creare intorno al 1900 ».
VOTO di oggi si sviluppa necessariamente da quello di ieri: c'è il riconosci-mento di una parentela » 82.
La parentela con Smith, e ovviamente con Mill, è data dalle omolo-ghe pratiche scientifiche normali che Smith, l'« eclettico » Smith, perse-gue alle origini storiche dell'analisi, Mill realizza nell'età di mezzo con i suoi Principles, e Marshall riprende e sistema definitivamente nell'epoca in cui i sistemi dell'equilibrio economico generale giungono ad elaborare in forma matematica rigorosa il « nucleo » dell'analisi economica.
Nella sua linea fondamentale il cammino storico dell'analisi risulta così tracciato: « Il filone Smith-Mill-Marshall è abbastanza chiaro. M a il termi-ne medio non è all'altezza degli altri due, a causa della relativa insufficienza di lavoro applicato. Quelle che appaiono come tergiversazioni, o che dan-no l'impressione, energicamente denunciata da Marx, che Mill dan-non dica mai una cosa senza dire anche il suo contrario, sono in parte dovute a questa causa » 83.
L'individuazione della linea Smith-Mill-Marshall84 non toglie nulla alla specificità dei singoli momenti. Schumpeter ritorna per un momento sui limiti delle tendenze al compromesso di Mill e quindi sulla particola-rità già ricordata della sua attività normalizzatrice. Ma non meno speci-fica è la forma in cui il momento classico si presenta in Marshall.
L'epoca marshalliana deve la sua originalità rispetto alle epoche pre-cedenti al fatto che, mentre nei due grandi « cicli » teorici « sintetizzati » nelle opere di Smith e di Mill, le « situazioni classiche » coincidevano anche con i momenti analitici più alti, nella teoria economica successiva al 1870 questo massimo livello analitico non si ritrova in Marshall, ma piuttosto in Walras. Nell'epoca di Marshall, in altri termini, il final achie-vement85 dell'analisi spetta alle equazioni funzionali del sistema di Wal-ras, cui si deve la « Magna Charta » della teoria economica, e non all'ana-lisi parziale dei Principles.
In quest'epoca si ha come una scissione fra il classico e l'analisi, si assiste ad una rottura nell'insieme delle ragioni che precedentemente spie-gavano la contemporanea presenza, nelle « situazioni classiche », del più alto livello analitico con la più potente facoltà sintetica di una teoria.
82. Ibid., voi. Ili, p. 1026. 83. Ibid., voi. II, p. 642.
84. Su una base storiografica schumpeteriana questa linea viene discussa e ri-proposta all'attenzione da G. LUNGHINI, La crisi dell'economia politica e la teoria del valore, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 26-31.
85. Tale opinione viene espressa per esempio in J. A. SCHUMPETER, Il pro-cesso capitalistico cit., p. 61.
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DENIS GIVAIl problema posto da questa scissione non è esplicitamente