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C h i h a ' A O B " B A D A m a n g i a r s e m p r e h à m o n e t a

segreto: si permetteva di vendere il pane 1 o 2 once di meno per « tie-ra » senza che alcuno ne venisse a conoscenza. Quindi anche la gatie-ranzia costituita dai frequenti e severi controlli sul prodotto in vendita veniva a cadere; come al solito i frutti del furto operato a danno dei consuma-tori non si tradussero solamente in un maggiore guadagno del fornaio. Infatti la « tacita toleranza », consentendo più ampi margini di profitto ai produttori, permetteva un regolare e continuo andamento della panifi-cazione; inoltre come nel caso della tolleranza « esplicita » rappresentava in pratica un aumento del prezzo del frumento. Se per esempio il calmie-re fissato era di licalmie-re 7, il peso della « tiera » fabbricata dai fornai avcalmie-rebbe dovuto essere di oncie 2 1 . Con la concessione della « tolleranza tacita » di 1 oncia la tiera veniva a pesare oncie 20, cioè corrispondeva al livello in-dicato dalla Tariffa per il costo del frumento a lire 7 e soldi 10. Secondo il solito schema un calo del peso del pane permetteva ai fornai di pagare di più il frumento, anche se evidentemente la « tolleranza » si traduceva solo in parte in un aumento del prezzo del frumento.

Comunque la « tacita toleranza » favoriva la rendita dei proprietari bolognesi anche per un altro aspetto: trattandosi di un'operazione segre-ta ed illegale costituiva uno strumento estremamente elastico e tempe-stivo a disposizione del governo cittadino che poteva applicarlo o elimi-narlo in qualsiasi momento. Questa provvisorietà, unita ad un compren-sibile riserbo degli interessati, faceva sì che un effettivo aumento del prezzo del frumento non si traducesse in un incentivo per l'introduzione di frumenti forestieri. Infatti il prezzo ufficiale, restando invariato, con-servava le consuete caratteristiche di barriera all'entrata dei prodotti este-ri nel caso la tolleranza fosse effettivamente segreta non solo per i con-sumatori, ma anche per gli operatori del settore. Tuttavia anche se i mer-canti che controllavano il commercio dei grani fossero venuti a conoscenza del nuovo e più alto prezzo, non si sarebbero mossi vista l'estrema prov-visorietà del provvedimento. Questa « tolleranza » infatti riguardava solo il prodotto presente sul mercato urbano, e quindi il « formento terriero ». Per tutto il secolo x v m la « tolleranza tacita » fu impiegata con una cer-ta frequenza, forse maggiore di quanto non appaia dalle cer-tavole 89 : infatti la fonte che ne parla, cioè i verbali delle riunioni del Magistrato de' Si-gnori Collegi, termina alcuni anni prima dell'abolizione del Calmiero provocata dall'arrivo delle truppe francesi nel giugno del 1796 90.

89. Si vedano le « tacite toleranze » riportate nelle tabelle e nelle tavole che concludono l'articolo.

90. I più volte citati Atti dei Tribuni della Plebe si interrompono al tomo XX nel giorno 7 maggio 1789.

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A L B E R T O GUENZI

Nei due secoli della sua esistenza il calmiere subì importanti e pro-fonde trasformazioni, che d'altronde ne consentirono la sopravvivenza in un quadro economico-sociale che nel frattempo si stava modificando. La città aveva risentito della crisi di un settore trainante come quello tessile, mentre l'attività delle « arti » già sul finire del '600 entra in una fase de-pressiva irreversibile 9 l. Bologna già durante il secolo x v i i comincia a per-dere quel carattere di città « industriale » e di grosso centro del commer-cio internazionale che l'aveva caratterizzata in precedenza. Questo pro-cesso di « deindustrializzazione » rivalutò la campagna come principale fonte di ricchezza; all'interno di questo processo di trasformazione si fa-ceva via via più pressante l'esigenza di una maggiore e più attenta difesa della rendita. L e tolleranze permisero al governo cittadino di muoversi verso questo obiettivo e, facendo concessioni ai fornai, di garantire la sta-bilità del settore annonario.

L o studio del meccanismo del calmiere nel corso di circa due secoli mi ha permesso di raccogliere la serie continua del prezzo del pane « da vendere ». Questi dati credo rappresentino un caso originale nel vasto panorama di serie dei prezzi finora pubblicate in Italia e all'estero 92; per il loro processo di formazione, questi prezzi non possono essere compresi nelle due grandi categorie sin qui utilizzate: i prezzi di mercato e quelli di calmiere 93. Che non si tratti di prezzi di mercato appare molto chiaro,

91. Ancora una volta occorre ricordare che i fruitori della ricchezza prodotta in campagna vivevano in città; proprietari terrieri e altri ceti improduttivi (come la burocrazia cittadina) dovevano certo avere a cuore la sorte del settore agricolo, da cui proveniva la rendita. Quando poi, durante il secolo XVII, la principale industria bolognese inizia la sua parabola discendente, e con la seta anche le attività artigia-nali entrano in crisi, l'immagine della campagna come primaria fonte di ricchezza riprende forza. Sulla crisi delle industrie e dell'artigianato bolognese si veda C.

PONI, Archéologie de la fabrique... cit.; Esposizione alli Signori Confaloniero di Giustizia, ed Assonti ai Magistrati del consesso a sollievo delle arti deputate dal Magistrato dei Signori Collegi dell'ultimo quadrimestre del 1730, A.S.B., Reggi-mento, Assunteria di Arti, Notizie sopra il sollievo delle Arti, busta segnata P; In-formatane dello stato della città e territorio di Bologna mandata alla Santità di N. S. Papa Innocenzo XI, B.C.A.B., ms. B 3607; G. MIGNANI, Il lamento degli artigiani della città di Bologna perché l'arte va male in ciascheduna, Bologna, 1692.

92. Sulle origini e sulle motivazioni che promossero l'interesse per la storia dei prezzi, si veda il capitolo Ricerche storiche sui prezzi e il mercato, in: W. K U L A , Problemi e metodi cit. L'autore offre anche una bibliografia dei principali contri-buti divisi per paese. Si veda anche la bibliografia proposta da F. BRAUDEL e F.

SPOONER, Prices in Europe from 1450 to 1750, in: The Cambridge economie history of Europe, Cambridge, 1967, voi. IV, pp. 605-615.

93. Intorno a questo tema si sviluppò un vivace dibattito in Francia tra l'Hau-ser sostenitore dell'uso della fonte « pubblica », e il Simiand e il Labrousse che pri-vilegiavano la fonte « privata ». Cfr. W . K U L A , Problemi e metodi cit., pp. 4 5 6 - 4 6 9 .

mentre sembrerebbe logico includerli fra quelli di calmiere. Ora,

secon-do le fonti pubblicate, le mete stabilite in gran parte delle città europee

in età moderna sono in tutti i casi contraddistinte da una caratteristica:

la loro forte, se non addirittura meccanica dipendenza da un indicatore

comune, cioè dal livello delle contrattazioni sul mercato cittadino

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. Nel

caso bolognese viceversa questo legame tra prezzo politico e mercato

ur-bano non esisteva. Acquirenti e venditori stabilivano contatti diretti

(spes-so promossi dai « mondatori » che agivano da sensali)

9S

, e il prodotto

passava quindi dai granai dei palazzi alle botteghe dei fornai.

Il processo di determinazione del peso del pane, e quindi del prezzo

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