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2. IL METODO OSSERVATIVO E NARRATIVO IN GRAVIDANZA

3.1. Il desiderio di diventare genitore

"Tutto nella donna è enigma, e tutto nella donna ha una soluzione : questa

si chiama gravidanza" (cit. Nietzsche "Così parlò Zarathustra" in Bydlowski, 2000),

con queste parole Nietzsche evoca il desiderio intimo e misterioso che è insito nell'essere donna, questo desiderio è quello che ancora oggi spinge una donna a volere un figlio, anche se oggi segue un iter diverso rispetto al passato ( Bydlowski, 2000).

Avere un figlio è oggi diventata una scelta consapevole, in quanto la diffusione e la conoscenza dei metodi contraccettivi ha permesso di limitare le gravidanza indesiderate e impedire a quell'impulso a cui si riferisce Nietzsche, di esprimersi in un modo naturale arrivando a una gravidanza cercata e voluta. Ma che riflessi ha tutto questo sullo stato mentale della donna e dell'uomo che decidono di avere un figlio?

Il primo scoglio che si può incontrare è quello dell'infertilità. In questo caso la coppia si trova davanti a una forte angoscia e ambivalenza, in quanto il desiderio naturale di procreazione di scontra con un innaturale difetto "di fabbrica". La coppia che ha difficoltà a concepire oggi si deve quindi rivolgere a delle nuove tecnologie, che possono, ma non sempre, sopperire al difetto di fertilità. Può anche succedere però che ciò non avvenga è che "il figlio non risponda all'appello materno" (Vegetti Finzi, 1990).

La neuropsichiatra Bydlowski (2000) scrive a proposito delle nuove tecnologie : "i considerevoli progressi della medicina della riproduzione hanno fatto

nascere molte speranze...credendo semplicemente di ritardare la loro riproduzione in modo ragionevole, loro (i genitori) scoprono che il concepimento si gestisce meno facilmente della contraccezione e la diagnosi di sterilità li colpisce come un trauma"

(pag.56).

Personalmente condivido il punto di vista dell'autrice e credo, avendo ascoltato le parole di alcune madri che hanno avuto difficoltà a rimanere incinta, che ci sia una sorta di “inganno” da parte dell'avanzamento tecnologico nel campo della fertilità. Mi spiego meglio. La situazione socio-culturale dei paesi, cosiddetti, occidentali, crea delle condizioni tali per cui la coppia decide, dopo un tempo più lungo rispetto al passato, di provare ad avere un figlio. Questa decisione di aspettare è supportata, oltre che da fattori socio-culturali, anche da un'incondizionata fiducia nelle nuove strumentazioni e tecniche in campo medico pubblicizzate dai media e confermate a volte dai professionisti del settore. In questo meccanismo si crea una credenza, non sempre corretta, sulla possibilità di rimandare a lungo la gravidanza.

In questa tesi non verranno però trattate però le tematiche inerenti all'infertilità bensì proverò, attraverso le parole delle madri intervistate a spiegare come la scoperta della fertilità della coppia, benché essa sia "naturale", faccia crescere nei futuri genitori soddisfazione e incredulità, e di come, quando il concepimento si fa attendere, possa creare un senso di colpa nei futuri genitori.

Il primo caso è di una mamma che, durante il corso di accompagnamento alla nascita, all'incontro della 25esima settimana, confida che "il timore di non essere più in grado di rimanere incinta si è accentuato dopo aver avuto due aborti spontanei".

In queste situazioni spesso la coppia comincia un iter diagnostico lungo, dove vengono

vagliate diverse possibilità e scartate eventuali ipotesi errate. Il fatto di essere considerata "un oggetto da studiare" aveva peggiorato la sua convinzione che "non meritava più un figlio, visto che l'aveva rimandato così tante volte", il suo stato mentale era quindi pervaso dal senso di colpa per non aver voluto un figlio in passato, e quindi, nel presente, il figlio non voleva lei come madre.

Il secondo caso riguarda invece Margherita (34 anni, 28esima settimana di gestazione) che ha fatto l'intervista con me; con suo marito avevano un tempo limitato per provare ad avere un figlio a causa di un altro problema medico del marito, se

avessero superato il tempo prestabilito senza riuscire a concepire un figlio avrebbero dovuto rimandare o, nel peggiore dei casi ventilati dai medici, rinunciarvi. "A noi hanno

dato un tempo di 3-4 mesi in cui provarci, se no poi mio marito si doveva o curare o comunque...quindi mi sono un po' forzata di pensare che tutto fosse naturale e ho cercato di fare una vita il più possibile normale...anche se è stato difficile perchè si sono susseguite cose che non sono proprio belle, poi il dopo è stato diverso....Probabilmente se non fosse stato per questo non so se me la sarei mai sentita di dire “vai, facciamolo, questo è il momento giusto”...per queste cose qui non c'è mai il momento giusto (sorride)...Quando l'abbiamo scoperto...beh direi principalmente incredulità, ce l'avevamo fatta e in così poco tempo...)". Dalle parole di Margherita

emerge il carico emotivo con cui ha dovuto affrontare la decisione di avere un figlio, l'evento della cura del marito ha condizionato sia la decisione stessa, sia, il vissuto di gravidanza.

Il desiderio di avere un figlio quindi può essere condizionato sia quando la coppia ha difficoltà a concepire, come nel primo caso, e questo può portare a scontrarsi con un senso di colpa per il tempo passato e per aver aspettato, sia quando ci sono circostanze altre che possono influire sulla decisione di concepire un figlio, come nel secondo caso. In entrambi però le componenti psicologiche sono di fondamentale importanza sia per la salute della donna e della coppia ma, soprattutto, per la salute del futuro bambino poiché queste prime circostanze possono incidere sul futuro instaurarsi della relazione madre-bambino.