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La gravidanza come crisi fisiologica e identitaria

2. IL METODO OSSERVATIVO E NARRATIVO IN GRAVIDANZA

3.3 La gravidanza come crisi fisiologica e identitaria

“La mia famiglia, i miei genitori e le mie sorelle, sono proprio un riferimento importante, i miei genitori, nonostante siamo grandi sono

sempre i Genitori con la G maiuscola. Ora che vivo questa cosa, può sembrare strano ma mi sento ancora più figlia.”

La maternità, come l’adolescenza, è un momento di crisi per la donna, momento che rappresenta una fase del suo sviluppo psicoaffettivo. Possiamo definire la maternità una “crisi fisiologia”, in quanto la stessa parola crisi, che deriva dal verbo greco “, non ha una valenza necessariamente negativa, anzi potremmo dire che ha una valenza anche positiva. Infatti il verbo significa separare, con crisi quindi facciamo riferimento a una separazione tra un momento precedente e un momento futuro.

La gravidanza è quindi una crisi che porta a una separazione tra un periodo precedente (l'essere donna) a un periodo futuro (l'essere madre). Per Margaret Mahler (1975) infatti la gravidanza rappresenta dopo l’adolescenza, il terzo processo di separazione-individuazione per la donna che le permette di raggiungere una maggiore differenziazione nei confronti della propria madre (successivamente vedremo come ci sia durante la gravidanza un processo identificatorio con la propria madre per passare a diventare madre a propria volta).

La gravidanza rappresenta una crisi anche per l'ignoto che porta con sé, come dice Sophie Marinopoulos (2008) “quando si diventa madre, è sempre per la

prima volta, per la donna che vive questa esperienza ciò che è davanti a lei e che deve avvenire è terra sconosciuta, e lo resterà a dispetto di ogni tecnologia e sapere scientifico” (p. 9). Spesso le donne riportano vissuti di angoscia dovuti a questa

sensazione di ignoto che incombe e che non aspetta, nove mesi sono uguali per tutti. Quando la donna ha delle risorse sia interne che esterne utilizza questo momento per avere nuova energia e affrontare la gravidanza, non a caso infatti spesso durante i nove mesi la famiglia affronta un trasloco o un cambio di lavoro o altri cambiamenti importanti.

Anna ha 27 anni ed è alla sua prima gravidanza. Nelle sue parole si vive l'esperienza dell'ignoto, dovuta anche al fatto che la famiglia ha dovuto trasferirsi per la specializzazione del marito e lei si è trovata in un posto nuovo (un altro cambiamento importante) dopo pochi mesi che aveva scoperto di essere incinta : “Quando abbiamo

scoperto della gravidanza quindi eravamo felici ma sono arrivate anche subito le preoccupazioni perchè lui non era ancora entrato nella specialistica e dopo un mese ci hanno dato la notizia che l'avevano preso, però era davvero un salto nel buio, perchè dovevamo trasferirci...un salto nel buio come la gravidanza!”.

Questo senso di "buio" è presente in tutte le mamme quando scoprono di essere incinta ma lo è ancora di più quando è una gravidanza inaspettata. La gravidanza immerge la donna nei misteriosi processi femminili del concepimento, della gestazione, del parto e dell'allattamento. Come abbiamo ricordato anche in apertura del primo capitolo, nonostante i progressi scientifici e le straordinarie innovazioni tecnologiche abbiamo ancora un'idea di processo enigmatico e fondamentalmente magico che avvolge il "come si fanno i bambini". Ciò potrebbe derivare dal pensiero infantile che rimane sopito in noi e che viene risvegliato nel momento del concepimento (Raphael- Leff, 2014).

Per questo tema porterò le parole di Valentina, è alla prima gravidanza che non è stata cercata ma è arrivata in un momento che era già di transizione a causa della fine degli studi e della prossima convivenza con il suo compagno. Mi racconta così del primo mese dopo che ha saputo di essere incinta : "...era proprio il momento meno

adatto perchè era un momento di transizione. Sì volevamo andare a vivere insieme, però con calma. È arrivata ora, non è che non sia ben voluta, però l'abbiamo accettata, soprattutto io. Il primo mese l'ho passato proprio male, piangevo costantemente, pensavo che non ce l'avrei mia fatta a fare tutto. Non sapevo come fare. Poi mi sono messa a pensare realmente a cosa potesse significare e mi sono detta che non è niente di tragico. Si supera tutto con l'impegno e così l'ho accettato. Ora sono felice di averlo fatto ma se penso al primo mese...è stato un momento di perdizione per me. Poi quando ho riacquisito le fila delle cose. Ho pensato che non sarei stata l'unica e c'è anche chi può essere messo peggio di me, ad esempio senza un compagno che ti sostiene come invece fa lui con me..avevo considerato solo gli aspetti negativi all'inizio , ho cercato poi di vedere anche quelli positivi". La gravidanza di Valentina l'ha portata a un livello

evolutivo più elevato che implica una ristrutturazione della propria identità.

Quindi, come tutte le fasi che mettono fortemente in discussione la propria identità anche gestazione e maternità non sono esenti da conflitti e nodi problematici in cui la donna dovrà far fronte a nuove richieste psicologiche e sociali rispolverando e integrando, in un continuum evolutivo, il passato ruolo di figlia alla luce di quello nuovo di madre.

L’intera personalità della futura madre viene messa in gioco e si espone a continui aggiustamenti e adattamenti, in un incessante processo di valutazione e

trasformazione delle componenti psichiche che si sono sviluppate durante le esperienze precedenti. In questa fase intermedia la donna comprende che per raggiungere un’immagine più definita di sé deve necessariamente integrare queste due componenti; per cui se da un punto di vista fisico è chiamata ad affrontare cambiamenti repentini, psicologicamente deve metabolizzare la nuova situazione. Il lavoro psichico fatto da Valentina è stato profondo e ha richiesto molte energie da parte sua e anche da parte del compagno; di nuovo ritorna l'importanza del ruolo paterno in una fase delicata della gravidanza. Vediamo quindi in che modo il ruolo del padre interviene durante la gravidanza.