4 Sulla privazione della libertà personale e sui tentativi di negare l’evidenza
1.4 La detenzione amministrativa dei migranti alla prova dell’articolo 13 della Costituzione e le
Abbiamo visto che il diritto internazionale ammette la detenzione amministrativa dei migranti per molteplici scopi. Dobbiamo entrare nel merito del caso italiano, chiedendoci preliminarmente se il legislatore sia o meno autorizzato dalla Carta costituzionale a prevedere delle ipotesi di “trattenimento”. Questo, infatti, non è una zavorra necessaria dello Stato costituzionale, ma è una scelta politica, che, come tutte le altre, in uno Stato di diritto, deve essere vagliata nella sua legittimità rispetto alla Carta costituzionale.
La questione evoca decenni di discussioni tra i più eminenti costituzionalisti italiani sul c.d. “vuoto dei fini” in Costituzione. Il problema è il seguente: l’art. 13 della Costituzione pone al legislatore un vincolo sostanziale sui “casi” in cui una persona può essere privata della propria libertà, oppure esaurisce la sua funzione nella riserva assoluta di legge e di giurisdizione?
Una scuola di pensiero, di cui il principale fautore è Pace, sostiene che in Costituzione esista un “vuoto dei fini”84. Pace ritiene che la garanzia prevista dalla Costituzione contro
l’arbitrarietà risieda nella riserva assoluta di legge sulle ipotesi di restrizioni della libertà personale, mentre non vi sarebbe alcuna riserva rinforzata sui fini. Pertanto, il legislatore avrebbe ≪il potere generale di scegliere i motivi≫ delle restrizioni della libertà. Sarebbe però necessaria una differenziazione tra quei motivi che giustificano una privazione della libertà di carattere prolungato, dagli altri, per cui invece sono ammissibili soltanto ≪restrizioni limitate e temporanee≫. I primi casi ≪non dovrebbero eccedere quelli previsti dall’art. 5, comma 1, della Conv. europea dei diritti dell’uomo≫85.
Partendo dall’adesione alla tesi di Pace, Bonetti ritiene, in breve, che il legislatore sarebbe autorizzato dal combinato disposto degli artt. 10, co. 2 Cost. e 5, § 1, lett. f) Cedu a introdurre ipotesi di detenzione amministrativa rientranti nell’area tracciata da quest’ultima disposizione. Ciò in quanto l’art. 10, co. 2 Cost. prevede che ≪la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali≫86. Questo indirizzo è stato accolto dal legislatore, come si evince dalla
relazione di accompagnamento al d.d.l. n. 3240, in cui si legge: il trattenimento ≪trova […] un fondamento autorevolissimo - peraltro sorretto dall'art. 10, primo e secondo comma Cost. - nell'art. 5, comma 1, lettera f) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, e
84G.AMATO, Individuo e autorità nella disciplina della libertà personale, Milano, 1967, p. 359, la sintetizza così: ≪la legge non può più consentire limitazioni della libertà personale ad opera di chiunque, ma può consentire qualunque limitazione di tale libertà che sia da essa prevista e disposta in concreto dal giudice≫.
85A.PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Lezioni (Parte Speciale – I): la libertà personale, la libertà
domiciliare, la libertà di comunicazione, Padova, 1985, p. 172-173.
86P.BONETTI,Espulsione, accompagnamento e trattenimento dello straniero di fronte alla riserva di giurisdizione
24 delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva ai sensi della l. 4 agosto 1955, n. 848≫87.
Cerri riassume la diversa tesi di Elia, sostenuta poi da Amato, come ≪teoria della finalizzazione a tipi costituzionalmente previsti≫88. Secondo questa scuola di pensiero, nella
Costituzione vi sarebbe un argine di natura sostanziale al potere del legislatore di determinare i casi di restrizione della libertà. La Costituzione circoscriverebbe il campo della privazione della libertà personale a quei fini in cui l’intervento sulla libertà personale è espressamente o comunque evidentemente autorizzato: misure cautelari (art. 13); pene e misure di sicurezza (art. 25); trattamenti rieducativi (art. 30); trattamenti sanitari obbligatori (art. 32). Queste sarebbero le uniche misure accettabili costituzionalmente89. È in questo campo che il legislatore dovrebbe determinare i motivi
della privazione della libertà.
Aderire alla tesi di Elia non avrebbe nulla di sovversivo. La Costituzione, infatti, è sì rigida, ma non immutabile. Non è un testo sacro dato una volta per tutte. Così, sarebbe il legislatore costituzionale ad essere chiamato a saggiare l’accettabilità sociale di quello che è presentato come un “corollario indispensabile” dei poteri pubblici, ma che, alla prova dei fatti, soprattutto a fini espulsivi, si presenta – come vedremo – come uno strumento costoso e poco utile.
Nonostante la dubbia legittimità costituzionale dell’istituto in sé, il trattenimento c’è ed incide sulla pelle di migliaia di persone. Occorre quindi interrogarsi sulla sua disciplina allo stato degli atti, a partire dalle ipotesi in cui è previsto dal legislatore.
Per i migranti c.d. “economici” è l’art. 14, d.lgs. 286/1998 a definire i motivi che lo legittimano. Salvo le nuove previsioni di recente introduzione, è prodromico al trattenimento di un migrante irregolare in un CPR che questo sia destinatario di un provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera o di respingimento. Poi, il trattenimento potrà essere disposto laddove non sia possibile eseguire immediatamente il provvedimento ≪a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento≫, tra cui vi sono la necessità di prestare soccorso allo straniero, di effettuare accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, di acquisire i documenti per il viaggio, di assicurarsi la disponibilità di un mezzo di trasporto. A tali situazioni transitorie si aggiungono le quelle elencate al comma 4 bis dell’art. 13, al cui verificarsi il prefetto può ricollegare la sussistenza di un rischio di fuga. Analizzando la compatibilità del trattenimento con il principio di proporzionalità, emergerà che, ad un’interpretazione letterale del sistema delineato dal legislatore, la privazione della libertà personale è in tal caso la regola.
87Tale tesi si presta all’obiezione secondo cui l’art. 10 Cost. si limita ≪a stabilire una garanzia minima≫ a
favore dello straniero (E.CANNIZZARO –A. Caligiuri,Art. 10, in Commentario alla Costituzione, Vol. I, a cura
di R.BIFULCO -A.CELOTTO -M.OLIVETTI, vol. I, Torino, 2006, p. 251). Non opera come una sorta di calamita multidimensionale capace di attrarre nel diritto nazionale tutto quel che concerne la disciplina dello straniero.
88A.CERRI, Istituzioni di diritto pubblico. Casi e materiali, Milano, 2009, corsivo aggiunto. 89 Vedi L.ELIA, Libertà personale e misure di prevenzione, Milano, 1962, p. 8, 68.
25 Il richiedente asilo, ai sensi dell’art. 6, d.lgs. 142/2015, può essere trattenuto in un CPR se: ha commesso un crimine contro la pace, contro l’umanità, e altri crimini gravissimi; costituisce un pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica; sussiste un (serio) rischio di fuga; è già destinatario di un provvedimento di espulsione, si trovava in un CPR in esecuzione del provvedimento di rimpatrio e vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata strumentale ad evitare o ritardare il rimpatrio. In tal caso si può effettivamente parlare di predeterminazione normativa dei casi.
Il d.l. 17 febbraio 2017 n. 13, c.d. “decreto Minniti-Orlando”, convertito in l. 13 aprile 2017 n. 46, ha introdotto un ulteriore motivo di trattenimento in un CPR, ovvero il reiterato rifiuto al fotosegnalamento, che costituisce rischio di fuga rilevante ai fini dell’art. 14, d.lgs. 286/1998. In questa ipotesi, a monte, non vi deve necessariamente essere per l’irregolare un provvedimento di espulsione con accompagnamento coatto. Il d.l. 4 ottobre 2018 n. 113, c.d. “decreto Salvini”, convertito in L. 1° dicembre 2018 n. 132, introduce un nuovo motivo di trattenimento dei richiedenti asilo, inserendo il comma 3- bis nell’art. 6, d.lgs. 142/2015. Si tratta del trattenimento in Hotspot per le esigenze di identificazione e di accertamento della nazionalità. Lo stesso decreto prevede che, ove sia fallito il tentativo di identificare o accertare l’identità del richiedente asilo nell’Hotspot, questo può essere ulteriormente trattenuto in un CPR.
Le criticità di queste ultime ipotesi di detenzione amministrativa sono strettamente connesse alla storia dei centri di frontiera e all’”Hotspot approach”. Verranno pertanto ampiamente esaminate nella parte speciale di questo lavoro.