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2 Cina-Africa: gli investimenti diretti

2.3 Gli investimenti cinesi in Africa

2.3.2 Determinanti FDI

La maggior parte dei paesi dell’Africa non ha accesso al mercato di capitali internazionale, e al contrario della Cina il suo tasso di risparmio è molto basso: dal 1990 al 2000 il tasso di risparmio varia leggermente tra il 15 e il 20% del Pil, dopo il 2002 sta sempre sopra la soglia del 20% ma al di sotto del 25%; gli investimenti pubblici lordi dal 1990 ad oggi sono

23 La voce “Amministrazione e servizi” include le strutture che forniscono servizi di riparazione ai clienti, uffici che rappresentano l’azienda madre e supportano le operazioni con questa, hotels e ristoranti 693 548 465 407 309 97 47 36 23 13 4 Amministrazione e servizi Manifattura Vendite e marketing Edilizia Attivita` mineraria Agricolura Beni immobili Investmenti Ricerca&Sviluppo Trasporti e depositi Altro Finanza

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pressoché costanti, sempre tra il 5 e il 10% del Pil (World Bank African Development Indicators, 2015). Vi è quindi il bisogno di finanziarsi, tramite i prestiti ufficiali (da organizzazioni multilaterali come la Banca Mondiale), o gli FDI, che forniscono il capitale necessario per gli investimenti, oltre che portano occupazione, capacità imprenditoriali e tecnologia (Asiedu, 2002).

Gli FDI facilitano l’integrazione dell’ “host” country (paese ricevente) nell’economia globale; grazie al learning by doing migliorano le tecniche di lavoro e aumentano la produttività. L’accesso a nuove skills e tecnologie avvia la concorrenza nel mercato globale. Gli FDI possono essere un motore di crescita e sviluppo per il paese che li riceve, ma richiedono un impegno di lungo termine nel paese, e involvono costi iniziali alti. Per questo motivo la decisione di intraprenderli è frutto di una considerazione su diverse variabili determinanti, alle quali alcuni studiosi dedicano la loro attenzione. Tra queste Asiedu, nel 2002, quindi prima del boom degli FDI in Africa, e Lederman et al. (2010) valutano quali fattori influenzano gli investimenti esteri in Africa.

Che siano market-seeking o non lo siano, gli FDI sono sempre diretti dove è più elevato il rendimento del capitale. Essendo problematico misurare questo rendimento nel caso dei paesi in via di sviluppo, Asiedu (2002) assume che il prodotto marginale del capitale sia uguale al rendimento del capitale, così che gli investimenti in paesi con scarsità di capitale saranno più redditizi. Poiché i paesi con capitale scarso tendono ad essere poveri, l’inverso del Pil reale pro-capite viene utilizzato per misurare il rendimento di capitale. Pertanto, a parità di condizioni, gli FDI dovrebbero essere inversamente correlati al Pil reale pro capite24.

In generale nei paesi in via di sviluppo infrastrutture migliori (comunicazioni, trasporti, elettricità e acqua) riducono i costi di transazioni, incrementano la produttività degli investimenti e li stimolano; lo stesso vale per il commercio.

L’apertura dei mercati (calcolata come rapporto tra importazioni più esportazioni, e Pil) determina gli FDI positivamente quando questi sono non market-seeking. Secondo l’ipotesi “tariff jumping”, per servire i mercati locali a cui sono rese difficili le importazioni, le grandi aziende costruiscono succursali nel paese destinatario, dove poi vendono. Invece le multinazionali, impegnate in investimenti orientati alle esportazioni, preferiscono stabilizzarsi in economie più aperte. Nell’Africa sub-sahariana quindi la relazione tra FDI e apertura dei mercati è positiva (Asiedu, 2002).

Incerto è quanto incide il rischio politico (interventi militari, conflitti religiosi ed etnici), poiché vi sono vari studi che provano gli opposti. Rogoff e Reinhart (2003) trovano una

24Questo non vale per gli FDI market-seeking, positivamente correlati al Pil reale (Schneider, Frey, 1985; Tsai, 1994)

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correlazione negativa tra FDI e conflitti in Africa; Sachs e Sievers (1998) affermano che la stabilità politica è una delle determinanti più importanti che attraggono gli FDI (Dupasquier & Osakwe, 2006). Guo J. et al provano che la Cina dal 2007 al 2011 ha ridotto gli FDI in paesi del mondo ad alto rischio politico25, rispetto ai precedenti anni in cui sembrava prediligere proprio i paesi rischiosi (Guo, Wang, & Tung, 2014). L’Angola tra il 1998 e il 1999 era molto instabile ma il primo destinatario degli FDI, poiché il rendimento dal petrolio valeva più del rischio.

Lo spessore finanziario (misurato come rapporto tra attività liquide e Pil), una ridotta inflazione (indice di stabilità economica), governi più piccoli (misurati attraverso il rapporto tra consumi governativi e Pil) e la crescita del Pil importante incoraggiano gli investimenti. La mancata trasparenza sulle policies può aumentare i costi delle transazioni, riducendo l’attrattività degli FDI.

Asiedu (2002) conclude essenzialmente che il rapporto FDI/Pil cresce con l’apertura dei mercati, lo sviluppo delle infrastrutture e il rendimento degli investimenti.

Se alcuni studi (Youssef, Palini, & Noorbakhsh, 2001) provano che il capitale umano sia una determinante importante e positiva nell’attrarre FDI nei paesi in via di sviluppo, non si ritrova una evidenza di questo nel caso africano.

Anche in Africa, come in Cina, si è riconosciuta la necessità di privatizzare imprese statali inefficienti, per ridurre deficit fiscali; alcuni paesi hanno istituito programmi di privatizzazione: questo è un altro fattore che attrae gli FDI.

Lederman et al. (2010) studiano gli FDI pro capite come una funzione della dimensione del mercato, infrastrutture, istruzione, tasso di cambio, crescita economica26 e istituzioni, nei paesi SADC27 (South African Development Community) rispetto ad altri paesi in via di sviluppo. Controllando per gli aspetti specifici del SADC (capitale umano, reddito medio, struttura demografica, istituzioni e crescita economica), trovano che il coefficiente SADC non è significativo. Questi risultati non sono in contraddizioni con quelli di Asiedu (2002) poiché lo studio antecedente considerava i paesi dell’Africa Sub-sahariana, mentre Lederman et al. analizzano appunto i SADC, che attraggono relativamente piu` FDI (Basu e Srinivasan, 2002); e poiché Asiedu non controllava per la performance economica dei paesi. Inoltre,

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Rischio politico come espropriazione (perdite causate da policies dell’host country che limitano la proprietà o il controllo degli investitori sui propri investimenti), rischio di insurrezioni, violenze politiche e terrorismo (perdite da danni o distruzione di assets tangibili).

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Crescita economica come crescita media degli ultimi 5 anni e sua varianza

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I paesi membri SADC sono i seguenti: Angola, Botswana, Repubblica Democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sudafrica, Swaiziland, Tanzania, Zambia, Zimbabwe.

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secondo Lederman et al. (2010) le leggi e la corruzione dell’host country non risultano influire sugli FDI, così come l’istruzione non è una determinante significativa; la forza lavoro nella popolazione adulta, invece, è molto significativa, e influisce positivamente.

L’apertura dell’economia resta la variabile più importante, con un coefficiente doppio rispetto al resto del mondo, per cui vi è una forte complementarità tra apertura (che facilita le esportazioni) e FDI nei SADC. (Lederman, Mengistae, & Xu, 2010).

Ciò che emerge è che nei SADC minori flussi dipendono dalle fondamenta economiche (crescita precedente, reddito, densità dei telefoni, percentuale di adulti sulla popolazione), ma che in questi conta più l’apertura dei mercati che la dimensione del mercato e le infrastrutture, rispetto agli altri paesi in via di sviluppo. Questo prova che gli FDI nei paesi piccoli sono orientati alle esportazioni.