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RECIDIVA

OCCHI OPERATI CON SUCCESSO

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DISCUSSIONI

Il prolasso della ghiandola della terza palpebra, come si osserva nel grafico n°1 e nella tabella n°3, rappresenta una problematica non così comune come si possa pensare, in quanto si osservano frequenze molto basse d’insorgenza del prolasso della ghiandola della terza palpebra nelle diverse razze canine nella popolazione da noi osservata.

Molti cani del nostro studio, affetti da prolasso della ghiandola della terza palpebra, appartengono alle razze predisposte descritte in letteratura (Dugan et al., 1993; Morgan et al., 1993; Gelatt, 1999; Stades et al., 2000; Schoofs, 1999; Puddu et al., 2002; Mazzucchelli et al., 2012), tranne che per l’Alano, il Bassotto tedesco, il Bichon Avanese, il Terranova, il Setter irlandese, il Rottweiler, il Golden Retriver e il Labrador. La razza maggiormente rappresentata nel nostro studio è il Cane Corso con 8 casi, tutti con età inferiore all’anno di vita; seguono il Bulldog inglese con 5 casi e il Beagle con 4, razze in cui è stata osservata una maggiore predisposizione anche nello studio eseguito da Multari et al. (2015).

Di tutti i 35 soggetti da noi visitati, 17 erano maschi e 18 le femmine, questo dato conferma quanto già riportato in letteratura inerente l’assenza di una predisposizione legata al sesso all’insorgenza di questa patologia oculare (Edelman et al., 2013).

Anche l’età media d’insorgenza della patologia dei cani da noi visitati corrisponde con quanto è stato già riportato in bibliografia (Dugan et al., 1993; Morgan et al., 1993). La maggior parte dei casi ha presentato il problema entro i 2 anni di vita, tranne il caso n°10 dove il prolasso si è manifestato a 96 mesi.

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Dalla tabella n° 4 risulta facile comparare i diversi fattori riguardanti i cani che hanno presentato prolasso della ghiandola della terza palpebra nel periodo di riferimento dello studio retrospettivo, in particolar modo, si osserva un’alta percentuale di frequenza della patologia nelle razze Beagle, Boxer, Bulldog inglese, Bulldog francese, Cane Corso e Rottweiler. Tale frequenza può essere facilmente comparata con i risultati del test di Fisher in cui si osserva, nonostante gli elevati tassi di frequenza, una reale predisposizione alla patologia solo nelle razze Beagle, Bulldog inglese e Cane Corso.

La tecnica della tasca congiuntivale di Morgan, come trattamento chirurgico del prolasso della ghiandola della terza palpebra, si è dimostrata molto efficace nei cani da noi operati, permettendo di ottenere il riposizionamento della ghiandola dislocata, con una bassissima percentuale di recidiva e un ottimo risultato estetico anche nei prolassi ghiandolari meno recenti e nelle razze di taglia maggiore, nelle quali alcuni autori riportano il solo intervento di Morgan non sempre risolutivo (Sapienza et al., 2014).

I dati epidemiologici sono stati ottenuti dal gruppo dei 35 cani che hanno presentato prolasso della ghiandola della terza palpebre nel periodo di riferimento dello studio, quelli chirurgici, invece, da un gruppo più ristretto di cani, ovvero dai casi in cui è stato eseguito un intervento presso la nostra struttura. Dei 20 casi operati sono state eseguite 2 escissioni ghiandolari per l’estrema cronicità della patologia e ai rimanenti 18 è stato eseguito il riposizionamento ghiandolare secondo la tecnica della tasca congiuntivale di Morgan. Le cause di un ristretto numero dei casi chirurgici in

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relazione al numero totale dei cani che hanno presentato prolasso della ghiandola della terza palpebra è da attribuire a due fattori. Il primo è legato a una risoluzione della patologia con la sola terapia medica e riposizionamento manuale della ghiandola prolassata che ha consentito un risultato stabile nel tempo in assenza di intervento. Il secondo è da attribuire alla mancata accettazione del preventivo da parte dei proprietari.

La rimozione ghiandolare, nei due casi in cui è stata eseguita, ha permesso di risolvere senza complicanze e con un risultato estetico ottimale, l’estrema cronicità della patologia. L’intervento di escissione ghiandolare dovrebbe essere preso in considerazione solo come ultima risorsa e nei soggetti in cui il prolasso si presenta estremamente cronicizzato con fibrosi ghiandolare (come i nostri casi) e nei casi di recidiva multipla post-chirurgia. Negli anni ‘80 il metodo di scelta per il trattamento del prolasso della ghiandola della terza palpebra era proprio la completa o parziale escissione del tessuto prolassato. Successivamente, quando si è iniziata a capire quale fosse la reale importanza della ghiandola della terza palpebra nel produrre una parte del film lacrimale precorneale, sono state proposte diverse tecniche chirurgiche mirate a riposizionare e preservare la suddetta ghiandola.

Tra tutte le tecniche descritte in letteratura per il trattamento chirurgico del prolasso della ghiandola nittitante, è stata eseguita quella della tasca di Morgan, poiché a differenza delle altre, presenta numerosi vantaggi funzionali rispettando sia dal punto di vista anatomico che fisiologico le diverse strutture oculari; inoltre,

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le modalità di esecuzione di tale tecnica riducono al minimo le lesioni iatrogene oculari.

Nei 18 casi da noi trattati non si sono avute complicazioni chirurgiche, tranne che nel caso n° 24, dove in uno dei due occhi operati il cane ha presentato recidiva per complicanze infettive a carico della sutura. La ghiandola è stata nuovamente riposizionata chirurgicamente con successo.

Morgan (1993), durante la sperimentazione della sua nuova tecnica su 18 cani che presentavano prolasso della ghiandola della terza palpebra, ottenne risultati notevolmente incoraggianti con solo una recidiva.

Puddu et al (2002), dopo Morgan, descrisse in un suo studio i risultati ottenuti sul riposizionamento ghiandolare con tecnica di Morgan su 22 cani, in cui è stata osservata recidiva solo su 3 casi dopo un periodo compreso tra i 124 e i 176 giorni post-chirurgia. In uno studio retrospettivo effettuato da Barsotti et al (2004), sull’esecuzione della tecnica di Morgan come approccio chirurgico del prolasso della ghiandola della terza palpebra su 13 casi, di questi solo in 2 cani è stata osservata recidiva, a distanza rispettivamente di 2 settimane e di 1 mese.

Nel nostro studio retrospettivo è stato osservato un solo caso di recidiva. Questo dato risulta essere identico a quello ottenuto da Morgan e migliore di circa un 10% degli ultimi due studi sopraelencati con una percentuale di successo pari a 96,3%.

L’approccio chirurgico con tecnica VRM descritto da Sapienza et al. (2014) sul prolasso della ghiandola della terza palpebra su 100 cani non ha prodotto alcuna recidiva della patologia, tasso di recidiva

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inferiore a qualsiasi altra procedura chirurgica riportata in letteratura.

Multari et al. (2015) in un loro studio sull’approccio chirurgico del prolasso della ghiandola della terza palpebra su 353 cani per un totale di 420 occhi affetti, descrivono due tecniche diverse. La prima ha previsto il riposizionamento delle ghiandole con tecnica di Morgan (234 occhi trattati) mentre la seconda (186 occhi trattati) consisteva in una tecnica combinata ovvero tasca di Morgan associata ad ancoraggio ghiandolare alla periorbita ossea. Tali autori riferiscono che il tasso di recidiva degli occhi trattati con la tecnica combinata (3,2%) è 4 volte inferiore rispetto ai risultati ottenuti con la sola tecnica di Morgan (11,9%).

La tecnica VRM (Sapienza et al., 2014) e la tecnica combinata (Multari et al., 2015) sembrano essere quindi il trattamento chirurgico del prolasso della ghiandola della terza palpebra con tasso di recidiva più basso. La tecnica della tasca di Morgan comunque rimane, per la sua percentuale di successo e la facilità di esecuzione, una validissima scelta terapeutica da utilizzare nell’approccio chirurgico di primo livello del prolasso della ghiandola della terza palpebra. Inoltre, a differenza delle tecniche descritte più recentemente in letteratura (Sapienza et al., 2014; Multari et al., 2015) è la sola che non prevede possibili danni iatrogeni sia alla ghiandola sia al globo oculare in quanto, da un lato prevede solamente l’incisione della congiuntiva bulbare della terza palpebra nelle zone limitrofe alla ghiandola senza coinvolgere l’area dove sboccano i dotti escretori, dall’altro non coinvolge in alcun modo il globo oculare nella procedura.

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CONCLUSIONI

La tecnica chirurgica della tasca congiuntivale di Morgan, per la sua facilità di esecuzione e la sua efficacia, dovrebbe rappresentare per il veterinario una delle prime opzioni da prendere in considerazione nel trattamento di quei soggetti a cui viene diagnosticato il prolasso della ghiandola della terza palpebra.

Attualmente, molti veterinari hanno ancora un errato approccio alla patologia, poiché l’intervento di escissione ghiandolare viene eseguito con estrema facilità senza effetti collaterali a breve termine ma spesso con gravi complicanze a lungo termine.

Purtroppo non c’è ancora in letteratura veterinaria uno studio che dimostri una sicura correlazione tra l’escissione della ghiandola della terza palpebra e l’insorgenza di cherato-congiuntivite secca a lungo termine; questo probabilmente influenza la scelta di molti veterinari non oftalmologi su un approccio chirurgico non conservativo, ovvero l’escissione ghiandolare.

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