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TRATTAMENTO DEL PROLASSO DELLA GHIANDOLA DELLA TERZA PALPEBRA

TERAPIA MEDICA

La terapia medica è contemplata, soprattutto, in casi recenti di prolasso della ghiandola della terza palpebra, e consiste nella somministrazione di corticosteroidi e antibiotici col fine di ottenere una riduzione della congestione ghiandolare secondaria allo stato infiammatorio e ad evitare l’insorgenza di infezioni batteriche secondarie, per facilitare un eventuale riposizionamento manuale (Magrane, 1971; Bistner et al.,1977; Startup, 1996).

CONSIDERAZIONI GENERALI SUL TRATTAMENTO CHIRURGICO Preparazione chirurgica

La preparazione chirurgica e del campo operatorio viene effettuata immediatamente prima dell'intervento in modo tale da assicurare una buona asepsi del campo operatorio. L’antibioticoprofilassi pre- e post-chirurgica riduce ulteriormente la possibilità di sviluppo di infezioni secondarie alla procedura. Non è necessario tosare l'area perioculare, se non in minima parte nel versante del canto mediale. Il sacco congiuntivale viene preparato tramite irrigazione con soluzione a base di iodiopovidone diluito in fisiologica o Ringer lattato allo 0,5% effettuando lavaggi ripetuti, e utilizzando swabs per facilitare la rimozione di muco e detriti cellulari. La cute palpebrale viene preparata attraverso l'utilizzo di un disinfettante a base di clorexidina.

Strumenti chirurgici

Gli strumenti chirurgici utilizzati nei trattamenti oftalmologici, oltre al kit chirurgico di base, prevedono strumenti creati appositamente

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per soddisfare le esigenze anatomiche oculari, e quindi in grado di essere applicati in spazi ristretti e di mantenere un'alta precisione, in quanto gli esiti di un intervento oculistico sono attribuibili a procedure microchirurgiche estetiche. Gli strumenti utilizzati sono: -porta-aghi Castroviejo, utilizzato spesso nella chirurgia extra- oculare, poiché assicura la massima precisione e una buona prensione, è in grado di massimizzare la precisione nella giustapposizione dei tessuti recisi col fine di ottenere ottimi risultati estetici. La punta del porta-aghi misura circa 9 mm e può essere dritta o leggermente ricurva per un migliore approccio anatomico. -bisturi con lame #11 (a punta) e #15 non sono concepite come strumenti di microchirurgia. Il loro utilizzo è riservato ad interventi chirurgici palpebrali e orbitali sia nei grossi che nei piccoli animali. Una lama da bisturi #15 è l’ideale per effettuare incisioni precise in tessuti di piccole dimensioni (Fossum, 2013);

-emostasi: nella chirurgia extra-oculare è sconsigliabile l'utilizzo di termocauterizzatori perchè possono ledere il tessuto perioculare originando cicatrici fibrose che potrebbero influenzare l'esito chirurgico. Il sanguinamento per recisione di piccoli vasi, nella maggior parte dei casi, può prontamente essere risolto tramite il tamponamento con garze di cotone sterili; può essere utile un mini cauterizzatore portatile a batteria a bassa temperatura che innalzando poco la temperatura locale, non crea lesioni tissutali. Per contrastare il sanguinamento in sede intraoperatoria, può essere d'ausilio l'istillazione preventiva di una goccia di adrenalina in modo da vasocostringere localmente i vasi più superficiali (Gelatt et al., 2013);

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-pinze oftalmiche di Bishop Herman, pinze utilizzate per la manipolazione della congiuntiva palpebrale (e bulbare) e generalmente sono provviste di piccoli denti. Le punte piccole a 1 o 2 denti sono più efficienti nella prensione dei tessuti durante la maggior parte delle procedure chirurgiche;

-forbici da tenotomia di Stevens, sono forbici delicate che si utilizzano spesso nelle procedure oftalmiche per eseguire dieresi sottili e precise;

-forbici Mayo, robuste, utilizzate per recidere tessuti spessi e resistenti;

-forbici Metzenbaum, sono più delicate rispetto alle Mayo, e pertanto vengono utilizzare per tagliare i tessuti più sottili o per la dissezione smussa e acuta;

-divaricatore autostatico, serve a mantenere aperte le palpebre in modo da agevolare la visione del campo operatorio e le manipolazioni chirurgiche;

-backhaus, strumenti per fissare il drappeggio alla cute;

-filo da sutura: (polidiossanone) PDS 2 5-0, filo riassorbibile monofilamento sintetico, con un’ alta sicurezza relativa del nodo, scarsa reazione tissutale come tutti i fili sintetici, completo riassorbimento in 180gg ed è consigliato per la sutura delle mucose, compresa la congiuntiva (Fossum, 2013).

Postoperatorio

Nel postoperatorio è sufficiente prescrivere antibiotici sia topici sia sistemici, rispettivamente un collirio a base di tobramicina e amoxicillina e acido clavulanico per via orale al fine di garantire una buona profilassi antibatterica. Inoltre la somministrazione di anti-

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infiammatori non steroidei per via orale può essere utile al fine di ridurre la flogosi locale e il disagio conseguente all’intervento.

Si consiglia di monitorare il soggetto per apprezzare precocemente eventuali recidive e la normale mobilità o distorsioni della terza palpebra. In caso di recidiva, spesso collegata ad una cronicità della protrusione prima della riduzione, può essere riprogrammato un ulteriore intervento a distanza di alcune settimane.

Risulta utile applicare un collare rigido tipo Elisabetta dalle proporzioni adatte sin dal risveglio del paziente, in modo tale da evitare possibili complicazioni dovute allo sfregamento dell'occhio. TECNICHE CHIRURGICHE NEL PROLASSO DELLA GHIANDOLA

DELLA TERZA PALPEBRA

Negli anni passati a causa della mancata conoscenza dell’importanza della ghiandola della terza palpebra e del suo contributo nella produzione lacrimale, si prediligeva la sua escissione chirurgica (Gelatt et al., 2013). L’intervento di escissione chirurgica della ghiandola nittitante prolassata è abbastanza semplice e consiste, sotto anestesia generale, nella sua totale asportazione con lama da bisturi o delle forbici, dopo averla afferrata alla sua base con delle pinze emostatiche. Per scongiurare un eccessivo sanguinamento viene instillata una soluzione di epinefrina prima di effettuare l’exeresi chirurgica. L’incisione effettuata , di solito, non viene suturata a meno che dopo aver eseguito uno zaffamento non si abbia un eccessivo sanguinamento (Bistner et al., 1971; Magrane, 1971). In letteratura sono state descritte altre due tecniche di escissione, una delle quali prevede l’asportazione totale della terza palpebra, scelta da effettuare solo

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in concomitanza con neoplasie aggressive, altrimenti considerata un grave errore professionale (Magrane, 1971; Stades et al., 2000). La seconda tecnica descritta prevede, invece, l’asportazione del solo tessuto ghiandolare utilizzando una pinza di Allis e un cappio per tonsille, e rispetto ai precedenti metodi, offre un notevole vantaggio in quanto si riduce il rischio di emorragia (Magrane, 1971).

Tecniche di riposizionamento

Attualmente diversi studi hanno dimostrato l’importanza della ghiandola della terza palpebra e il suo contributo dal 30% fino al 57% alla produzione totale di lacrime, determinando così una revisione nella terapia chirurgica col fine di preservare la ghiandola onde evitare conseguenze legate a una diminuzione dell’apporto lacrimale. È stato dimostrato che la produzione lacrimale è attribuibile principalmente alla ghiandola lacrimale dorsale, ma in alcuni soggetti sono state riscontrate produzioni maggiori del circa il 63% da parte della ghiandola lacrimale dorsale, e quindi l’importanza di queste due ghiandole varia considerevolmente da soggetto a soggetto (Dugan, 1993; Helper, 1996; Saito, 2001). L’impossibilità di conoscere il ruolo effettivo, ovvero l’apporto lacrimale della ghiandola nittitante, soprattutto nelle razze predisposte allo sviluppo di KCS, ha modificato notevolmente l’approccio chirurgico che è, oramai, volto ad essere di tipo conservativo (Dugan et al., 1993; Morgan et al., 1993). Morgan (1993), nel corso della sperimentazione della sua tecnica di riposizionamento mediante la creazione di una tasca congiuntivale, dimostrò che le tecniche conservative sono nettamente da

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preferire a quelle escissionali. L’autore, nel suo studio, monitorò la produzione lacrimale di 33 cani, diversamente trattati per il prolasso della ghiandola della terza palpebra, per un periodo che andava da un minimo di 2 anni ad un massimo di 10. Delle 48 ghiandole trattate, 27 furono asportate, 14 riposizionate mentre 7 non vennero operate. Durante il follow-up di tali soggetti, riscontrò lo sviluppo di cherato-congiuntivite secca nel 37,5% degli occhi affetti dal prolasso della ghiandola nittitante e rispettivamente una prevalenza del 72,2% nei soggetti a cui è stata asportata la ghiandola, l’11,1% nei soggetti in cui è stata riposizionata la ghiandola e il 16,6% nei soggetti non operati. Morgan, dunque, arrivò alla conclusione che in seguito ad un approccio chirurgico di tipo conservativo si aveva una frequenza minore di sviluppo di KCS rispetto ai casi in cui la ghiandola nittitante fu asportata.

Dal 1980 in poi, sono state descritte e perfezionate numerose tecniche chirurgiche per il riposizionamento della ghiandola nittitante prolassata, tanto da poterle dividere tra quelle che la retraggono o la ancorano ventralmente al globo oculare e quelle che la rivestono con la mucosa congiuntivale bulbare nella sua posizione fisiologica.

In base all’approccio utilizzato, le procedure possono dividersi in tre gruppi principali:

-1°gruppo: l’approccio chirurgico avviene dal versante posteriore o bulbare della terza palpebra, al fine di ancorare la ghiandola alla fascia epibulbare ventrale, alla sclera equatoriale ventrale o al muscolo obliquo. Di questo gruppo fanno parte la tecnica di Blogg (Blogg, 1980; Gelatt, 1999; Stades et al., 2000), la tecnica di Gross

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(Gross, 1983; Gelatt, 1999; Stades et al., 2000) e la tecnica di Albert (Albert et al., 1982; Gelatt, 1999, Stades et al., 2000). Queste tecniche hanno lo svantaggio di limitare notevolmente la mobilità della terza palpebra, e inoltre, prevedendo l’esecuzione della sutura sul versante congiuntivale bulbare si rischia di danneggiare la cornea a causa dello sfregamento, durante il fisiologico ammiccamento palpebrale, della sutura col margine corneale. Tecnica d Blogg

La tecnica di Blogg prevede l’ancoraggio della ghiandola prolassata al tessuto episclerale inferiore (Blogg, 1980). Blogg fu il primo a descrivere una tecnica in grado di assicurare, tramite un approccio conservativo, il mantenimento funzionale della ghiandola nittitante prolassata. L’intervento consiste, dopo aver esteriorizzato la terza palpebra tramite delle pinze chirurgiche, nell’effettuare un’incisione a partire dalla porzione posteriore della ghiandola fino al fornice medio-ventrale congiuntivale per poi terminare nel limbo corneale. Si separa la ghiandola e la cartilagine dai tessuti circostanti per via smussa tramite l’ausilio di forbici.

Si procede effettuando una sutura con filo non riassorbibile 3-0 per effettuare l’ancoraggio della ghiandola prolassata al tessuto episclerale oculare nella porzione infero-mediale del globo oculare. (Blogg, 1980; Gelatt, 1999; Stades et al., 2000).

Tecnica di Gross

La tecnica di Gross modifica la tecnica di Blogg, ancorando la ghiandola prolassata inferiormente alla sclera, piuttosto che al tessuto episclerale (Gross, 1983). L’intervento inizialmente, procede come descritto nella tecnica di Blogg, ma nel passaggio

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finale si ha una modifica, in quanto l’ancoraggio della ghiandola prolassata avviene nel margine sclerale(Gross, 1983; Gelatt, 1999; Stades et al., 2000). Gross modificò la tecnica di Blogg soprattutto per far fronte alle correzioni dei prolassi ghiandolari più gravi.

Tecnica di Albert

Questa tecnica fu, per prima, utilizzata su due gatti Burmesi di 4 mesi e 6 anni che presentavano prolasso della ghiandola della terza palpebra, e successivamente fu sperimentata con successo anche nel cane (Albert et al., 1982).

L’intervento prevede l’esecuzione di una dieresi chirurgica della congiuntiva bulbare, approssimativamente alla distanza di 4 mm dal limbo corneale infero-mediale e parallela ad esso. Successivamente si procede dissecando il tessuto episclerale fino ad arrivare ad esporre il muscolo ventrale obliquo. Segue l’esecuzione di una seconda incisone, perpendicolare alla prima, nel versante della congiuntiva bulbare col fine di esteriorizzare la ghiandola prolassata. L’intervento si conclude effettuando una sutura per ancorare la porzione ghiandolare ventrale all’origine tendinea del muscolo ventrale obliquo, il più possibile in vicinanza alla parete orbitale. Le incisioni effettuale a livello congiuntivale vengono poi suturate con suture continue con filo riassorbibile 6/0. Durante la procedura di ancoraggio al muscolo ventrale obliquo bisogna porre estrema attenzione a non perforare la branca muscolare dell’arteria malare che entra nel muscolo proprio a quel livello(Albert et al., 1982). Albert nel descrivere gli interventi effettuati sui due gatti, prevede una incisione sulla ghiandola nittitante, in modo da essere sicuri di ancorare la sutura alla

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cartilagine, ma questo passaggio non è da preferire poiché si potrebbe danneggiare ulteriormente il parenchima ghiandolare (Albert et al., 1982; Gelatt, 1999).

-2° gruppo: l’approccio chirurgico avviene nel versante anteriore o palpebrale della terza palpebra, al fine di ancorare la ghiandola al periostio della periorbita ossea, preservando il globo oculare da eventuali complicanze legate al posizionamento delle suture. Di questo gruppo fanno parte la Tecnica di Kaswan & Martin (Kaswan et al., 1984; Martin et al., 1988) e la Tecnica di Stanley & Kaswan (Stanley & Kaswan, 1994).

Tecnica di Kaswan & Martin

La tecnica di Kaswan & Martin prevede l'ancoraggio della ghiandola prolassata al periostio ventrale della rima orbitale con un approccio anteriore(Gelatt et al., 2013). La sperimentazione di tale tecnica fu fatta inizialmente su 8 cani, con un risultato estetico eccezionale, ad eccezione di un Basset Hound in cui si ebbe un’accentuazione dell’ectropion fisiologico. L’intervento inizia esponendo la superficie anteriore della terza palpebra e il fornice congiuntivale attraverso l’ausilio di pinze atraumatiche. Dopo aver esteriorizzato il versante congiuntivale palpebrale della terza palpebra, si procede incidendo quest’ultima a livello ventrale. Successivamente, si ancora un filo da sutura monofilamento non riassorbibile 3-0 al periostio dell’orbita ossea e poi diretto dorsalmente, attraverso l’intero parenchima ghiandolare, fino ad emergere nel versante dorso-bulbare congiuntivale della ghiandola prolassata. A questo punto, si ribalta la terza palpebra al fine di esporre il versante bulbare congiuntivale affinché si possa reintrodurre l’ago nel foro

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di uscita per attraversare orizzontalmente la porzione dorsale della ghiandola prolassata e uscire dal lato opposto. In ultimo, viene fatto passare il filo dall’ultimo foro di uscita dirigendosi ventralmente alla ghiandola per ritornare, così, all’incisione nel fornice ventrale della congiuntiva. Ponendo trazione al filo, si crea gradualmente il ritorno in posizione fisiologica della ghiandola prolassata. L’intervento si conclude con l’apposizione di una sutura continua con filo riassorbibile per chiudere l’incisione congiuntivale. Dai due autori di questa tecnica è stata descritta, inoltre, una seconda tecnica che prevede la fissazione della ghiandola al canto mediale. Il riposizionamento avviene per mezzo di una sutura a tre fasi che parte dal canto mediale, trapassa il corpo ghiandolare per ritornare al canto mediale vicino alla caruncola dove viene annodata utilizzando un filo non riassorbibile 4-0 (Stades et al., 2000).

Tecnica di Stanley & Kaswan

Tale tecnica modifica la precedente, per facilitare il passaggio dell’ago nel periostio, passaggio che risulta fondamentale per il buon esito dell’intervento. L’intervento inizia con l’esecuzione di una prima incisione cutanea parallela e subito sotto la periorbita ossea, approssimativamente di 5 mm, e una seconda incisione, parallela alla prima, al centro del fornice congiuntivale. Per tale procedura, si utilizza un filo da sutura 4-0 in nylon, doppio armato, che viene ancorato, tramite l’incisione cutanea, al periostio dell’orbita per poi uscire attraverso l’incisione precedentemente eseguita nel fornice congiuntivale. La stessa cosa viene fatta con il secondo ago situato al polo opposto del filo, così da avere

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entrambi i capi del filo che escono dall’incisione nel fornice. Si procede, poi, allo stesso modo descritto nella tecnica precedente da Kaswan e Martin, ma in questo caso le due incisioni effettuate non si suturano. Il risultato della procedura è volto ad ottenere una legatura sottocongiuntivale permanente della cartilagine e del corpo ghiandolare, che saranno, così, assicurate dall’ancoraggio nel periostio della periorbita e al muscolo periorbitale. Nelle razze che presentano un marcato esoftalmo fisiologico, si può riscontrare difficoltà nell’esteriorizzazione del fornice congiuntivale, ed è in questi casi che Kaswan e Stanley consigliano di saltare completamente l’esecuzione dell’incisione a questo livello. Si preferisce, piuttosto, effettuare una lunga incisione cutanea a livello della periorbita ossea, di circa 2 cm, e inserendo l’ago parallelamente alla rima ossea si ancora il filo da sutura al periostio e successivamente si fa passare attraverso il muscolo orbicolare ventrale, inferiormente al fornice congiuntivale senza perforare, comunque, la congiuntiva. Si afferra la ghiandola nittitante prolassata con delle pinze e si trapassa con l’ago, come a fare una collana, uscendo nella porzione dorso-bulbare. A questo punto, si termina l’intervento come descritto precedentemente chiudendo però l’incisione cutanea con filo riassorbibile tramite una sutura a punti staccati semplici, per coprire il nodo.

- 3° gruppo: l’approccio chirurgico consiste in un parziale o completo rivestimento della ghiandola prolassata con la mucosa congiuntivale adiacente. Di questo gruppo fanno parte la Tecnica di Twitchell (Twitchell, 1984), la Tecnica di Moore (Moore, 1983;

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Gelatt, 1999) e la Tecnica della tasca di Morgan (Morgan et al., 1993).

Tecnica di Twitchell

L’intervento inizia esteriorizzando il margine libero della terza palpebra attraverso l’ausilio delle pinze di Allis ed effettuando, così, un’incisione perpendicolare al margine libero nel terzo inferiore della superficie palpebrale a metà distanza tra il margine e il fornice congiuntivale. Si procede effettuando una dissezione per via smussa creando una tasca sottocongiuntivale intorno all’incisione col fine di riposizionare la ghiandola nittitante prolassata. Vengono applicate diverse suture, con filo 5-0, nello stroma ghiandolare per ancorarlo e retrarlo all’interno della tasca creata. Al termine dell’intervento chirurgico si richiude l’incisione congiuntivale attraverso una sutura con punti semplici staccati includendo, oltre alla mucosa congiuntivale, il parenchima ghiandolare.

Tecnica di Moore

Tale tecnica prevede un approccio chirurgico dal versante bulbare congiuntivale dove, tramite lama da bisturi, si scarifica leggermente la mucosa al di sopra della ghiandola prolassata, per poi applicare dei punti di sutura con filo riassorbibile 7-0 (Gelatt et al., 2013) lateralmente alla ghiandola in maniera da ottenere un’introflessione della congiuntiva sopra la ghiandola prolassata. Più la scarificazione è estesa e maggiori saranno le aderenze che si istaureranno, nel postoperatorio, tra i tessuti congiuntivali e la ghiandola.

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Tecnica della tasca di Morgan

La tecnica di Morgan o più comunemente chiamata “tasca di Morgan”, attualmente è la più usata, in quanto assicura il riposizionamento della ghiandola prolassata all'interno di una tasca congiuntivale, mantenendo la mobilità di quest'ultima e preservando il tessuto ghiandolare e i suoi dotti(Gelatt et al., 2013). Nello specifico, l’intervento con la tecnica della tasca di Morgan, iniziaafferrando e stirando la terza palpebra con delle pinze Bishop Herman, per poi eseguire due incisioni parallele di 1 cm nella congiuntiva bulbare, dorsalmente e ventralmente al margine libero della ghiandola prolassata. Successivamente si crea una tasca congiuntivale, attraverso dissezione per via smussa, della mucosa e sottomucosa sottostante l'incisione; si procede con il riposizionamento della ghiandola nella tasca congiuntivale creata e con l’esecuzione di una sutura continua semplice tra le due incisioni con fili da sutura PDS II 5-0, facendo in modo di effettuare i nodi chirurgici nel versante palpebrale della terza palpebra, onde evitare lesioni alla cornea secondarie a sfregamento dei fili da sutura su di essa. Se la tensione sulla sutura è eccessiva, a causa di un tessuto ghiandolare ipertrofico, è consigliabile l’applicazione di una sutura a punti staccati semplici con filo riassorbibile 4-0 o 5-0. Tecnica VRM

Recentemente (2014), John S. Sapienza ha descritto in uno studio retrospettivo effettuato su 100 cani una nuova tecnica di riposizionamento della ghiandola della terza palpebra che non è né una tasca né una tecnica tipica di ancoraggio, ma prevede l’ancoraggio della ghiandola prolassata all’inserzione del muscolo

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retto ventrale (VRM).

Lo scopo di tale studio retrospettivo è quello di presentare una rapida ed efficace alternativa chirurgica al fine di ottenere il minor numero di complicazioni e recidive legate al riposizionamento, effettuando, con filo non riassorbibile, una sutura intorno al muscolo retto ventrale.

Tale tecnica, è stata concepita in quanto, soprattutto in caso di cronicità, il chirurgo ha ritenuto che sarebbe stato rischioso effettuare il riposizionamento solo tramite la tasca di Morgan. Dopo aver posizionato il paziente in decubito sternale e aver applicato tutte le procedure per garantire che l’intervento sia svolto in asepsi, l’intervento ha inizio con il posizionamento dello speculum palpebrale per avere una migliore visualizzazione delle strutture; e così, la terza palpebra viene afferrata con una pinza Harmon ed esposta tramite due forcipi Mosquito ad entrambi i lati della membrana. A questo punto viene eseguita un’incisione lineare della congiuntiva, dal limbo fino alla parte più distale della ghiandola prolassata nel margine congiuntivale bulbare con lama da bisturi n°15. Si procede ampliando l’incisione tramite forbici da tenotomia di Steven. Si espone, inoltre, la cartilagine della terza palpebra della quale verrà asportata una porzione di 1-2 mm alla base della ghiandola prolassata, migliorandone la mobilità e permettendone un facile riposizionamento nel fornice congiuntivale ventrale. Con delle pinze atraumatiche viene afferrato il globo dal limbo e ruotato dorsalmente, evidenziando così l’inserzione del muscolo retto dietro la quale viene fatto passare un uncino muscolare di Gass. Attraverso l’occhiello

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dell’uncino viene fatto passare un filo di nylon 5-0 che successivamente viene fatto scorrere dietro l’inserzione del muscolo retto ventrale. Il filo viene fatto passare, inoltre, attraverso il corpo della ghiandola. Quando il filo sarà annodato, la ghiandola si collocherà ventralmente al globo oculare rimanendo

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