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Il dialogo fra la contadina Paraschiva e l'agente della Securitate

Commento traduttologico 1 Premessa

1.2. Il dialogo fra la contadina Paraschiva e l'agente della Securitate

Una parte interessante del percorso di traduzione è stata indubbiamente quella del dialogo fra la contadina semianalfabeta Paraschiva e l'agente della Securitate che la interroga circa la vita dei coniugi Romulus e Ana, suoi vicini (pp. 85-92). La donna usa un linguaggio incolto, molto vicino all'oralità, mentre l'uomo usa un linguaggio formale funzionale, da un lato, a marcare la differenza sociale fra lui e la donna, e dall'altro a lusingarla al fine di ricevere le informazioni sperate.

Quello della contadina è, dunque, un linguaggio intriso di ripetizioni, di storpiature lessicali e errori grammaticali, specialmente per quanto riguarda la flessione verbale, composto da frasi abbastanza lunghe caratterizzate però da discontinuità. L'agente invece usa un linguaggio che si avvicina molto al linguaggio standard, fatto di domande concise e brevi. La mia scelta è stata quella di attingere all'italiano parlato per contaminare la lingua scritta, marcando così la differenza rispetto alla norma. Ho optato, dunque, per l'uso di un numero maggiore di espressioni comuni e frasi colloquiali, del che polivalente, dello stile nominale, come anche per l'uso di dislocazioni (a destra e a sinistra) e dei verbi pronominali. Inoltre, per sottolineare ulteriormente il basso grado di istruzione della donna, non ho fatto uso del congiuntivo neanche nei casi in cui sarebbe stato corretto usarlo. Inoltre, in alcuni casi, ho anche sfruttato il troncamento e l'elisione, per dare più scorrevolezza al discorso. Ho scelto anche di usare l'articolo davanti ai nomi propri, tratto italiano tipico dell'italiano parlato regionale, specialmente settentrionale, che indica un certo grado di familiarità e confidenza. Questa scelta è stata dettata dall'intenzione di far capire implicitamente che il villaggio viene percepito come una famiglia, dove tutti sanno i fatti degli altri.

Un passaggio delicato è stato quello della parola romena “pix” che significa “penna” e che Paraschiva storpia, chiamandolo erroneamente «bix» (p. 87), in quanto, non conoscendo la parola originale, ed essendo un tantino sorda, ne cambia la pronuncia adattandola a quella che pensa di aver sentito dalla bocca dei suoi vicini. Questo succede perché in Romania la penna a sfera non era uno strumento molto diffuso, specie negli ambienti rurali, dove chi scriveva usava

solitamente un'asta con all'estremità un pennino, chiamata “condei”. In italiano, però, la penna è un oggetto diffuso e conosciuto anche da chi non ha un grado di istruzione superiore. Ho optato quindi per tradurre il termine con “biro”, parola che in italiano viene usata di meno e quindi ha più probabilità di essere fraintesa. Comunque, ho scelto anche di scriverla in corsivo per sottolineare la sua particolarità in bocca alla contadina.

Un altro termine complesso è stato «pazgula» (p. 87). Anche stavolta si tratta di una parola inesistente, storpiatura del romeno “basculă”, la “bascula” in italiano, ovvero una bilancia per merci molto pesanti con un ampio piano di carico e una sbarra graduata. Per la traduzione ho deciso di usare una variante della parola italiana, ovvero “basculla”, ritenendo che non ci fosse bisogno di rimaneggiarla per trasporre un'eventuale parola errata, in quanto il termine di per sé mi è sembrato abbastanza tecnico, quindi probabilmente di difficile comprensione per un contadino. Anche in questo caso, però, ho optato per l'uso del corsivo per evidenziare il fatto che Paraschiva ne ignorasse il significato reale.

Come già detto, la contadina, pur sostenendo di non essere sorda, in realtà lo è, e questa cosa si deduce da un passo ironico in cui l'agente pronuncia una parola, mentre lei ne sente un'altra. Si crea così un gioco di parole grazie all'assonanza fra «pricepuți» (parola detta dall'agente) e «pricopsiți» (p. 87). La prima parola significa “abile”, “esperto”, mentre la seconda “arricchito”, “benestante”. All'interno del discorso questo gioco di parole è importante da un lato per sottolineare la sordità della donna (e implicitamente l'inattendibilità delle informazioni che fornisce), e dall'altro per enfatizzare il suo attaccamento ai soldi e ai beni materiali, che sono il metro di paragone delle sue considerazioni. Ho deciso in questo caso che mantenere l'assonanza fosse la priorità e quindi ho tradotto le parole con “competenti” e “possidenti”, due sinonimi lessicali italiani.

Infine, vorrei esporre le scelte adottate nel caso dei pronomi allocutivi di cortesia. L'agente, infatti, si rivolge per la prima volta alla contadina usando «dumneata» (p. 86). In romeno però esiste anche il pronome di cortesia “dumneavoastră”. Entrambe sono parole composte, rispettivamente da domnia+ta e da domnia+voastră, che in italiano corrispondono più o meno alle formule “sua signoria” e “vossignoria”. Negli ambienti colti romeni, pragmaticamente,

“dumneata” è dunque percepito come una forma più bassa di “dumneavoastră”. Per contro questa dicotomia si annulla negli ambienti meno colti, nei quali le persone usano principalmente “dumneata” per rivolgersi ai loro interlocutori con status più alto. L'agente, quindi, nonostante non dia del tu alla donna, mantiene comunque in maniera implicita il suo status di superiorità, facendo però forse percepire alla contadina un'altra cosa, ovvero il fatto di metterla sul suo stesso piano. In italiano, però, è impossibile rendere linguisticamente questa sfumatura, per cui ho optato per tradurre «dumneata» con il pronome allocutivo “tu”, considerando che se avessi usato il pronome allocutivo “lei” avrei cancellato la discrepanza fra lo stato sociale dei due personaggi, collocandoli comunque sullo stesso piano. Per quanto riguarda Paraschiva, invece, ho optato non per il “lei”, ma per il “voi”, formula attualmente usata solo dal registro popolaresco, sopratutto meridionale, e comunque percepita come antiquata. Ho fatto questa scelta per cercare di informare il lettore italiano circa il fatto che il registro della donna, oltre a essere basso, è anche, comunque, antiquato e poco aggiornato.

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