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Nomi propri e geografici, termini istituzionali e cultural

Commento traduttologico 1 Premessa

1.1. Nomi propri e geografici, termini istituzionali e cultural

Di fronte a un testo che presenta nomi propri e geografici nonché termini culturali e istituzionali tipici della cultura di partenza è fondamentale trovare delle strategie adatte per ovviare alle difficoltà che potrebbero porre a un lettore italiano. Considerata la relativa vicinanza fra le due lingue, ho scelto di non appesantire la lettura con l'introduzione di note o di glossari, preferendo inserire di volta in volta all'interno del testo brevi informazioni integrative, che non risultassero appariscenti o fuori luogo. L'uso di una nota è stato necessario una sola volta, in quanto il termine era fondamentale per la piena comprensione del discorso, e nessuno dei metodi alternativi risultava abbastanza valido.

È fondamentale tenere presente che i nomi propri hanno dei referenti individuali, e sono delle entità “esterne” al dizionario della lingua, da collocare piuttosto in una sfera enciclopedica. Quando mi sono trovata di fronte a nomi propri di personaggi storici famosi o nomi di personaggi biblici, ho preferito adottare la traduzione italiana degli stessi, per rendere il più scorrevole possibile il testo. Quando, invece, i nomi propri designavano dei personaggi conosciuti nella cultura di partenza, ma non altrettanto in quella di arrivo, ho preferito adottare dei metodi improntati a facilitarne la comprensione e l'importanza, pur mantenendo la loro forma originale. Anche per quanto riguarda i nomi geografici ho adottato delle soluzioni simili a quelle adottate per i nomi propri. Quando ho incontrato

8 Cfr. B. Osimo, Manuale del traduttore: guida pratica con glossario, Milano, Hoepli, 1998, p. 125.

nomi di città o fiumi importanti, con una traduzione accettata in italiano, ho adottato quella. Quando, invece, ci si riferiva a nomi geografici che, con tutta probabilità, erano sconosciuti al lettore italiano, ho aggiunto il nome generico appropriato, secondo le indicazioni di Newmark.9 Nel caso in cui i nomi

designassero giornali, riviste, opere d'arte o opere letterarie, ho scelto di trascriverli, salvo quei casi in cui i loro titoli tradotti fossero noti e accettati, oppure (nel caso delle opere letterarie) avessero un titolo autorizzato. Per quanto riguarda gli allocutivi ho scelto di tradurre quelli per i quali esistesse un equivalente riconosciuto, mentre in altri casi li ho tralasciati, aggiungendo una eventuale qualifica dove l'ho ritenuto necessario.

Per quanto riguarda i termini istituzionali nazionali, ovvero quei termini politici, finanziari, amministrativi e sociali relativi alla cultura di partenza, ho scelto di adottare di volta in volta il metodo traduttivo che mi è sembrato più consono, inserendo delle informazioni aggiuntive nel corso del testo, laddove si è reso necessario e possibile, come, ad esempio, nel caso di alcuni acronimi.

Per i termini culturali ho scelto di essere più flessibile e anche sbilanciarmi di più, portandomi anche a usare a volte qualche equivalente culturale, nei punti in cui questo poteva permettere una migliore fruizione del testo al lettore italiano.

Seguiranno a quanto detto alcuni esempi tratti direttamente dal testo, utili a presentare più dettagliatamente il lavoro svolto.

Il primo esempio è quello della frase «Pe când noi aveam scrisoarea lui Neacșu din Câmpulung,englezii se pregăteau să-l aibă pe Shakespeare» (p.10) che letteralmente si potrebbe tradurre con “Mentre noi avevamo la lettera di Neacșu da Câmpulung, gli inglesi si preparavano ad avere Shakespeare”. Si fa riferimento a un documento, del 1521, che rappresenta la prima testimonianza scritta della lingua romena, quindi, nella cultura di partenza ha una notevole importanza, oltre a essere conosciuto dalla maggior parte dei potenziali lettori. È una lettera in cui un nobiluomo (il boiaro Neacșu) originario di Câmpulung, città storica della Romania, dà delle informazioni militari riguardo agli spostamenti degli ottomani sul territorio romeno. All'interno del romanzo questa lettera viene confrontata con gli scritti di Shakespeare, connotandola negativamente come 9 Cfr. P. Newmark, op. cit., p.133.

inferiore, all'interno di una cornice di critica, in quanto si paragona un testo semplice a delle opere letterarie di notevole valore. In più c'è da aggiungere che Neacșu è anche il nome di uno dei personaggi che invadono l'appartamento del protagonista, lo stesso che poi parlerà al telefono con il presunto capo della polizia segreta. C'è quindi anche un rimando concettuale all'interno del testo (Neacșu come messaggero) che non potevo certo ignorare. Ho scelto così di tradurre “Mentre noi avevamo come prima testimonianza scritta una semplice missiva, la Lettera di Neacșu da Câmpulung, gli inglesi si preparavano alla nascita di

Shakespeare”. Volevo mantenere assolutamente inalterato il nome proprio Neacșu, quindi ho deciso di utilizzare una traduzione letterale della denominazione originale della lettera che lo conteneva, mettendolo in corsivo per evidenziarne la natura di testo scritto. In seguito ho deciso di inserire nel testo una breve spiegazione sulla sua natura, “come prima testimonianza scritta”. Ho scelto poi la formula “semplice missiva” per cercare di sottolineare il tono leggermente dispregiativo usato per riferirsi a tale lettera nel testo originale e, allo stesso tempo, anticiparne la natura. Infine, per quanto riguarda il nome geografico presente, non essendo particolarmente rilevante in questo caso, ho scelto semplicemente di trascriverlo. Infine ho deciso di mantenere la metonimia presente anche nella LP del termine “Shakespeare”, usato in questo caso per designare le opere del grande drammaturgo.

Un altro nome proprio che ha necessitato di una spiegazione è stato quello di «Mihai Ralea» (p. 68). Anche se per il lettore italiano questo nome non evoca niente, questo personaggio è stato un importante esponente della vita culturale e politica romena della prima metà del '900. Negli anni '20 completa i suoi studi in Francia, dove entra a far parte anche di una loggia massonica. Tornato in patria, appoggerà la scalata al potere del Partito comunista, per poi diventare ministro dei beni culturali e successivamente ambasciatore negli Stati Uniti. È sempre stato percepito come una figura ambigua in quanto da una parte è stato apprezzato per i suoi studi sociologici e di critica ma dall'altro aspramente criticato per le sue scelte politiche, per il nepotismo e per i suoi compromessi letterari. Detto questo, risulta palese che senza una informazione aggiuntiva la traduzione sarebbe risultata poco chiara. Ho scelto dunque di tradurre con “Il "compagno di strada"

Mihai Ralea, diventato un uomo politico molto esperto […]”. Per trasporre nella LA queste informazioni, ho deciso di adottare la locuzione sostantivale italiana “compagno di viaggio”, usata per designare gli un intellettuale che sosteneva dall'esterno il partito comunista, mettendola però fra virgolette al fine di darle una sfumatura ironica, improntata a sottolineare implicitamente il sentimento che un lettore dell'originale avrebbe potuto provare. In italiano esiste anche la locuzione “compagno di viaggio”, meno usata, che è sinonima di “compagno di strada”. La mia scelta è ricaduta su quest'ultima poiché, fra le due, risulta essere la locuzione più usata nella lingua italiana, essendo di comprensione più immediata per un lettore italiano. Inoltre ho anche aggiunto “diventato un uomo politico”, riuscendo così a incastonare all'interno del testo un'ulteriore specificazione riguardo a questo personaggio.

Un altro esempio interessante è quello di tre acronimi che designano delle marche di oggetti, rispettivamente «Tesla», «Unitra» (p. 33) e «Oltcit» (p. 46). «Tesla» e «Unitra» erano entrambe compagnie statali che producevano materiale elettronico, la prima cecoslovacca e la seconda polacca. I loro prodotti (specialmente l'apparecchiatura radiofonica) erano talmente conosciuti nella Romania comunista, che non c'era più bisogno di specificare la loro funzione. Lo stesso discorso vale anche per «Oltcit», che era un'automobile di produzione romena. Agli occhi del lettore italiano, però, il significato di questi termini sarebbe risultato oscuro senza una minima spiegazione. Ho deciso, quindi, di inserire nella traduzione “marca Tesla e Unitra”, aggiungendo il termine abbastanza generico “marca” per riferirmi agli apparecchi elettronici, senza dare troppi dettagli, in quanto si sarebbe persa la suspense del dialogo nel quale erano presenti. Ho tradotto invece con “un'auto Oltcit” nell'altro caso in quanto c'era bisogno, a mio avviso, di specificare l'esatta categoria di oggetti ai quali si riferiva il termine.

Un esempio nel quale c'è stata purtroppo una perdita di significato è stato il passo «Puteau să-mi spună că sunt de la Salubritate, sau de la ICRAL, sau de la ICAB, sau de la IDEB, oricum nu știu ce semnificație au toateaceste înșiruiri de inițiale, ce altă semnificație în afară aceleia de a avea drepturi asupra mea». (p.35). La parola «Salubritate» non ha presentato particolari problemi, in quanto

l'ho potuta tradurre con l'equivalente culturale “Nettezza Urbana”. Ho dovuto tradurre, però, anche tre acronimi che designavano delle aziende statali, ovvero «ICRAL», «ICAB» e «IDEB» (p. 35). «ICRAL» sta per “Întreprinderea de Construcții, Reparații și Administrare Locativă” ovvero “Azienda di costruzione, manutenzione e amministrazione immobiliare”; «ICAB» sta per “Întreprinderea de canal-apă Bucureşti”, cioè “Azienda fognatura-servizio idrico Bucarest”; «IDEB», invece, sta per “Întreprinderea de Distribuție a Energiei Electrice București” cioè “Azienda per la distribuzione dell'energia elettrica Bucarest”, ma, in realtà ha una doppia valenza, in quanto tale sigla veniva usata come abbreviazione nel linguaggio della polizia politica, la Securitate, per indicare “Interceptarea Discuţiilor prin Intermediul Emiţătorilor Alimentaţi la Baterie”, ovvero “l'intercettazione delle comunicazioni tramite i trasmettitori alimentati a batteria”. In questo ultimo caso mi è stato quindi impossibile rendere questa sfumatura ambivalente. La traduzione proposta per l'intero passo è stata dunque “Potevano dirmi che lavoravano alla Nettezza Urbana, o per qualche azienda, forse per l'ICRAL, o per l'ICAB o per l'IDEB, tanto ai miei occhi quelle sigle non avevano nessun particolare significato, tranne quello di esercitare diritti sulla mia persona”. Ho scelto di trascrivere quindi le sigle originali, dando una spiegazione della loro natura con l'inserimento della parola “azienda”. Per quanto riguarda però l'ambivalenza dell'ultima, analizzata poc'anzi, ho preferito eluderla sperando nella parziale compensazione della perdita di significato grazie alla frase successiva, presente anche nel testo originale, tradotta con “[...] non avevano nessun particolare significato, tranne quello di esercitare diritti sulla mia persona”. Come ultimo esempio vorrei presentare il passo che ho trovato più problematico, ossia quello contenente due parole che hanno richiesto un accurato ragionamento, ovvero «strigoi» e «Döppelgänger». Il passo in questione è:

«— A, nu! Cel mult alter-ego-ul, dublul, sau, cum ar zice nemții, strigoiul. — Nu înțeleg.

— În germană, strigoi se spune Döppelgänger, ceea ce înseamnă Dublul.»

(p. 400)

“— Ah, no! Al massimo l'alter ego, il doppione, o, come direbbero i sassoni, lo

«strigoi», il lemure. — Non capisco.

— In tedesco si dice anche «Döppelgänger», cioè a dire il Doppio.”

Per prima cosa vorrei spiegare i due termini singoli per poi passare a una spiegazione delle scelte che ho fatto all'interno del passo.

Lo “Strigoi” è una figura mitologica del folklore romeno, presa in prestito dalla più antica mitologia dacica. In origine i daci consideravano queste entità l'incarnazione del male, gli spiriti di coloro che in vita avevano compiuto azioni che li avevano resi indegni di entrare nel regno del Dio Zalmoxis, il loro dio supremo. Per i romeni, invece, sono gli spiriti dei morti che in vita hanno fatto molte nefandezze e che la notte escono dalle tombe, trasformandosi in animali o in fantasmi e andando a fare del male ai parenti rimasti in vita. La natura dello “strigoi” è dunque ambigua, essendo questo mezzo uomo e mezzo demone, che ritorna dalla sua famiglia, comportandosi come quando era in vita, ma in realtà nutrendosi della linfa vitale dei suoi cari e provocando, alla fine, la loro morte. Questa sfumatura di significato è molto importante, poiché nel testo originale questa figura è un'allegoria dell'intera situazione sociale della Romania.

Il «Döppelgänger», nel folklore, è una figura che rappresenta il doppio o il sosia di una persona, solitamente con connotazioni negative. Si presume che questo possa fornire alla persona di cui ha le sembianze consigli maliziosi e fuorvianti, provocando sempre confusione. Anche in psicoanalisi il fenomeno del “Döppelgänger”, ovvero di vedere il proprio doppio è associato a un carattere perturbato dell' Io e del suo sviluppo. Questo fenomeno si può sviluppare altresì quando più versioni dello stesso individuo convergono da differenti flussi temporali al medesimo momento del loro futuro.

Detto ciò, risulta palese l'importanza dei due termini all'interno del testo. Proprio per questo motivo ho deciso di mantenere entrambi nella mia proposta di traduzione, cercando di trovare delle soluzioni traduttive adeguate. Per quanto riguarda la parola «strigoi» (che nell'originale era usata come una spiegazione ulteriore per chiarire il concetto del doppio), ho deciso di trascriverlo,

aggiungendo per il lettore italiano la mia spiegazione, ovvero quella di “lemure” figura che nelle credenze degli antichi Romani incarnava lo spirito di un morto, che vagava nella notte per tormentare i viventi.

Anche nel caso di «Döppelgänger», ho deciso di trascrivere la parola, mettendola però fra caporali per indicare che era in realtà un prestito dal tedesco anche nella versione originale del testo. Anche se in altri casi di prestiti da altre lingue ho adoperato il corsivo, in questo caso i caporali si sono resi necessari in quanto il flusso di testo in cui è inserita la parola è quello scritto intenzionalmente in corsivo anche nella versione originale. Ho poi deciso di non aggiungere ulteriori informazioni aggiuntive, ma di tradurre letteralmente la parola «Dublul» (che nell'originale era usata appunto come spiegazione di «Döppelgänger»), con quella italiana “Doppio” (articolandola e mantenendo la maiuscola come in originale), poiché questa racchiude in sé il concetto dell'aspetto opposto e complementare di una persona o di un personaggio.

Come si può osservare, nella versione romena, la parola «dublul» appare però due volte, una con la minuscola e una con la maiuscola. Questo perché, in questo caso, ci troviamo di fronte a due omonimi. Purtroppo in italiano mi è stato impossibile mantenere tale omonimia, traducendo infatti la prima volta con “il doppione”, per riferirmi a una delle accezioni della parola romena, ovvero quella che designa la parte assegnata a un attore che nella stessa rappresentazione interpreta già un altro personaggio.

In chiusura mi vorrei soffermare sull'unico caso in cui non ho potuto fare a meno dell'inserimento di una nota. Si tratta del termine «protocronică» (p. 55), che fa parte dei realia della lingua romena. In questo caso, pur decidendo di tradurre con il termine naturalizzato “protocronica” usando il corsivo per sottolineare la sua particolarità, ho ritenuto necessario aggiungere una nota esplicativa, in quanto non sarebbe stato possibile aggiungere una breve spiegazione all'interno del testo. La nota si è resa necessaria anche per la completa comprensione di un concetto importante del romanzo, ovvero quello del “Protocronismo”.

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