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5.1.2: Dichiarazione del Cairo dei diritti dell’uomo nell’Islām e le altre Dichiarazion

Nel documento APOSTASIA 2.0: TANTE VOCI, NESSUNA IDENTITÁ (pagine 107-111)

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (D.U.D.U) è il primo codice etico, ed è il più importante documento universale dei diritti fondamentali di ogni essere umano. È stato adottato dall’ONU: la Dichiarazione fa parte dei documenti di base delle Nazioni Unite assieme al suo stesso Statuto. Venne firmata nel 1948, affinchè non venissero più perpetrati i crimini della Seconda Guerra Mondiale.

I diritti e le libertà riconosciuti nella Dichiarazione, assieme a tutti gli altri, sono ormai riconosciuti dalla gran parte delle nazioni civili.

Gli articoli 18 e 21 riguardano le libertà fondamentali (libertà di pensiero, di opinione, di fede religiosa e di coscienza, di parola e di associazione pacifica).

Accettare il diritto alla libertà religiosa è stato uno dei problemi principali per gli stati musulmani. Infatti l’art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo recita:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.”

I paesi musulmani allora aderenti all’ONU era ancora pochi. La Dichiarazione venne ratificata con 48 voti favorevoli, 8 astensioni e 2 assenze. All’interno dell’assemblea che approvò la D.U.D.U i paesi islamici erano scarsamente rappresentati: ancora pochi stati a maggioranza musulmana facevano parte dell’ONU.

Mancavano di rappresentanza 16 dei 22 stati appartenenti alla Lega Araba e 42 dei 52 attualmente facenti parte della Conferenza Islāmica.186

Chiaramente alcuni articoli della D.U.D.U contrastavano con i principi islamici perché non ne riconoscevano la superiorità sulle altre fedi. Il primo obiettivo della Sharī’a è quello di proteggere la religione e garantire la sua pratica, essa è irremovibile sul reato di apostasia.

186 A. LIGUORI, “Islam e Diritti Umani”, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” Roma, Giugno 2007,

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La grande discrepanza tra diritto occidentale e quello islamico è che nell’Islām il diritto naturale e quello divino sono inscindibili, non può esistere un diritto altro da quello religioso.

187 Da questa identificazione deriva la difficoltà dei paesi musulmani ad accettare la

D.U.D.U.

Essendo alcuni principi della Dichiarazione in contrasto con la Sharī’a,l’Arabia Saudita stilò il Memorandum, un insieme di leggi di “conguaglio”che dimostrassero come la legge divina contenesse tutti i principi garanti dei diritti umani.

Ad esempio, all’articolo 6 (b) il Memorandum dice che:

b) è vietato discriminare un altro essere umano per ciò che riguarda la dignità e i diritti fondamentali. Tali diritti, riconosciuti a tutti gli uomini senza alcuna distinzione di razza, sesso, stirpe o censo, sono garantiti nell’Islām in virtù di una prescrizione del Profeta Muḥammad: -Nessun arabo -egli dice- ha diritto di vantare dei meriti rispetto a chi non è arabo e così nessun bianco rispetto a chi è nero se non in base alla devozione.188

L’art. 8 del Memorandum dice che è proibito cambiare religione.

Un’altra dichiarazione è quella della Lega Araba del 1994, la Carta Araba dei Diritti dell’Uomo. Sulla libertà religiosa si esprime così:

- art 27: “Ogni individuo, qualunque sia la religione a cui appartiene, ha il diritto di

praticare i propri riti religiosi; inoltre ha il diritto di esprimere il proprio pensiero con la parola, con la pratica o con l’insegnamento senza pregiudizio dei diritti umani; non potranno essere poste restrizioni alla libertà di credo, di pensiero e di opinione se non sono previste dalla legge. ”189

La dichiarazione che più si avvicina alla D.U.D.U è la Dichiarazione del Cairo dei Diritti

dell’Uomo nell’Islām del 1990. Viene adottata dall’Organizzazione della Conferenza islamica

in 57 paesi. Il documento fa riferimento ai diritti e alle libertà fondamentali in armonia con l’Islām. Non parla della libertà di religione ma riconosce che non ci dovrebbero essere

187 C. CHEHATA, La religione et les fondaments du droit en Islam, in Archive de philosophie du droit, 18,

Sirey, Parigi 1973, p.17

188 Memorandum dell’Arabia Saudita, art.6

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discriminazioni su base religiosa. La libertà di espressione è permessa a patto che non violi i principi della Sharī’a: anche in questa dichiarazione si considera sempre la superiorità della Sharī’a sulla Dichiarazione:

-art. 24: Tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente Dichiarazione sono soggette alla

Sharī’a Islāmica

-art. 25: La Sharī’a Islāmica è la sola fonte di riferimento per l’interpretazione di qualsiasi

articolo della presente Dichiarazione”190

Le dichiarazioni sono riconosciute da poche cerchie di intellettuali attivisti musulmani. Tutte le dichiarazioni esaminate mostrano che la maggior parte dei paesi musulmani ritiene che i diritti umani siano già stati sanciti da Dio e contenuti nel Corano, tutti quelli di cui l’uomo ha bisogno. Stando a ciò, la Sharī’a mancherebbe della possibilità di modernizzarsi ed evolversi.

I riformisti sostengono che la Sharī’a debba invece evolversi: il Corano condanna il reato di apostasia e punisce con la pena di morte ma oggi non viene applicata in pratica da molti stati islamici. Inoltre il prevalere delle istanze laiche e razionali comparse negli ultimi tempi anche all’interno del contesto islamico favorisce la garanzia della libertà religiosa anche su motivazioni prettamente Islāmiche.

Nelle dichiarazioni occidentali il diritto racchiude norme stabilite dagli uomini e deriva dalle conquiste sociali e politiche ottenute attraverso i secoli. Il diritto musulmano si fonda su Dio che ha stabilito le leggi per gli uomini in base alla Sua volontà, superiore a quella dell’uomo. L’uomo ha degli specifici doveri verso Dio e Dio stesso stabilisce come gestire i rapporti umani. Il diritto musulmano identifica tre tipi di disuguaglianza, tra cui quella tra musulmano e miscredente.191

Inoltre i musulmani non possono ignorare la fonte di autorità a loro primaria, ovvero Dio. La parola di Dio è la fonte normativa più importante vista la sua sacralità e superiorità. La mente umana è limitata.

190 Ibidem

191 Le altre due sono uomo-donna e libero-schiavo. Sebbene la disuguaglianza libero-schiavo sia stata eliminata,

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Il Corano prevede che l’applicazione delle norme sia prerogativa di ogni uomo, guidato dai capi della comunità. I capi della comunità devono consultare il popolo, come nella democrazia, a cui partecipano solo i musulmani.

La shūrā, l’antica "consultazione" viene usata dai musulmani come fondamento della democrazia nell'Islām già delle origini, suggerendo che essa potesse servire ad avviare un processo "islamico" di democratizzazione delle società musulmane.

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Nel documento APOSTASIA 2.0: TANTE VOCI, NESSUNA IDENTITÁ (pagine 107-111)