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1. Introduzione

1.1 Interferenti Endocrini

1.1.8 Descrizione degli IE oggetto del presente lavoro di tesi

1.1.8.5 Diclofenac

Il Diclofenac viene spesso riconosciuto come il più popolare antidolorifico al mondo, e risulta il farmaco anti infiammatorio non steroideo (NSAIDs, Non- Steroidal Anti-Inflammatory Drugs) più comunemente usato. Il nome "Diclofenac" deriva proprio dalla sua dicitura chimica: acido 2-(2-(2,6-diclorofenilammino)- fenil)-etanoico (Figura 1.10). Il farmaco è stato formulato da Ciba-Geigy, la compagnia farmaceutica Swiss, nel 1973 (ora unita alla Novartis), e da allora viene comunemente usato per ridurre le infiammazioni e come anti dolorifico, ad esempio nel caso di artriti o di lesioni acute. Può essere sia applicato sulla pelle che assunto oralmente. Il Diclofenac è contenuto in una grande varietà di farmaci sotto forma di vari nomi commerciali. In Canada e in Italia viene venduto come Voltaren Emulgel, in Spagna come Diclofenaco Normon, in Germania come Diclo-Denk e come Voltaren in molti altri Paesi.

Risulta abbastanza impossibile calcolare l'esatto consumo globale di Diclofenac, tuttavia uno studio ha stimato che ammonta a circa 940 tonnellate su base annuale (Zhang et al., 2008). Circa 877 tonnellate di Diclofenac sono state vendute nel 2007 in 76 principali Paesi, e le vendite totali dello stesso nel 2011 sono state stimate a $1,61 milioni di dollari (Palmer, 2012). In Europa, il consumo totale di Diclofenac è stato stimato essere di 179,8 tonnellate all'anno, ed il più grande uso lo detiene la Germania con 86 tonnellate utilizzate nel 2011 (Henry, 2013). Nonostante lo scopo delle sostanze farmaceutiche sia quello di avere un effetto positivo sia per la salute umana che animale, spesso queste si ritrovano ad avere degli effetti avversi per l'ambiente. Quando questi farmaci entrano infatti in ambiente, questi possono influenzare allo stesso modo anche gli animali, prendendo di mira organi, tessuti, cellule o biomolecole (Fent, et al., 2006). Vari studi hanno dimostrato il potenziale effetto avverso del Diclofenac in ambiente (Cleuvers, 2004) la cui fonte sono le industrie farmaceutiche e, successivamente alla somministrazione umana o animale, questo farmaco finisce negli impianti di trattamento delle acque reflue e nelle discariche. I processi di trattamento convenzionali delle acque reflue risultano spesso inefficaci per composti come il

Figura 1.10 Struttura

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Diclofenac, che può finire così nei corpi d'acqua superficiali e successivamente nelle acque potabili (Figura 1.11).

Il potenziale effetto dannoso del Diclofenac in ambiente acquatico è stato rilevato da vari studi, tutti a scala di laboratorio (Cleuvers, 2003). Nei corpi d'acqua superficiale, il Diclofenac è stato rilevato in concentrazioni di ng/L, mentre nelle acque reflue la concentrazione è risultata superiore ai μg/L. La concentrazione decrementa tramite l'aiuto di processi naturali, come la ritenzione nel suolo, la biodegradazione e processi di foto-trasformazione, ma anche tramite processi fisico-chimici negli impianti di trattamento delle acque reflue (Buser et al., 1998). Uno studio ha affermato che la più elevata concentrazione di Diclofenac è stata rilevata nei fiumi del Pakistan con 4900 ng/L (Scheurell et al., 2009) e una delle potenziali ragioni potrebbe essere dovuta all'assenza di impianti di trattamento delle acque reflue nei Paesi asiatici. Nel frattempo, un recente report del Canada, mostra che gli effluenti degli impianti di trattamento delle acque reflue contengono un'elevata concentrazione di Diclofenac, pari a 16 μg/L (Lonappan et al., 2016). I corpi d'acqua tedeschi, fortemente contaminati dal Diclofenac, detengono una concentrazione massima di 1030 ng/L nelle acque di fiume (Heberer, 2002). Residui di Diclofenac sono comunque rilevati in quasi tutti i Paesi dell'UE (Hernando et al., 2006).

Figura 1.11 Modalità attraverso le quali il Diclofenac entra in ambiente (Lonappan et al.,

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Vari studi di tossicità sono stati condotti globalmente per valutare la tossicità del Diclofenac negli organismi acquatici. Uno studio sull'ecotossicità effettuato sulle alghe e su crostacei come Daphnia magna, ha rivelato come il Diclofenac sia potenzialmente dannoso per gli organismi acquatici. Nello stesso studio è stato anche mostrato che sotto le concentrazioni ambientali gli effetti avversi erano minori o trascurabili e un mix di farmaci può essere considerato tossico anche ad una più bassa concentrazione. Nella Daphnia magna a concentrazioni acute come i mg/L, il Diclofenac può indurre un elevato tasso di mortalità (Cleuvers, 2004).

Il Diclofenac si è visto esercitare un effetto mortale in molti vertebrati, come nei pesci, provocando danni ai reni e ai tessuti gastrointestinali. Nei pesci Oryzias

Iatipes è stato visto che il Diclofenac ha effetti avversi sulla crescita delle uova,

con ritardi significativi della loro schiusa. I medesimi risultati sono stati riportati anche in uno studio condotto sugli Zebra fish (Lee et al., 2011). In Salmo trutta è stato osservato che il Diclofenac non viene completamente espulso dal metabolismo, ma una parte significativa riesce ad entrare nella circolazione enteroepatica. Il risultato consiste in una prolungata disponibilità di Diclofenac nell'organismo, che ne promuove l'accumulo. Per le stesse specie, gravi danni a branchie, fegato e reni sono stati osservati a concentrazioni di 50 μg/L (Hoeger et al., 2008). Per quanto riguarda le trote arcobaleno, a concentrazioni ambientali il Diclofenac pare sia in grado di interferire con le funzioni biochimiche, conducendo a danni ai tessuti. Il Diclofenac si può successivamente accumulare nel fegato, nei reni, nelle branchie e nei tessuti muscolari, causando alterazioni citologiche anche a 1 μg/L (Schwaiger et al., 2004).

Anche i mitili possono subire danni derivanti da concentrazioni di Diclofenac spesso presenti in ambiente. A concentrazioni di ng/L, il Diclofenac è significativamente in grado di indurre nei mitili la perossidazione lipidica, provocandone dei danni ai tessuti (Schmidt et al., 2011).

Ad eccezione dei mitili, concentrazioni ambientali rilevanti appaiono essere meno tossiche per gli animali acquatici. Molti studi suggeriscono che la continua esposizione al Diclofenac, anche a basse concentrazioni, può portare diversi effetti avversi negli animali acquatici. La concentrazione di non effetto è stata stimata a 0,1 mg/L (Lee et al., 2011), che è veramente alta se comparata con quelle osservate nei sistemi acquatici e nelle reali condizioni ambientali.

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Oltre ai corpi d'acqua, il Diclofenac può raggiungere i terreni colturali tramite irrigazione con acque contaminate. La tossicità di questo composto nel suolo, verso le piante ed i microorganismi, è ancora poco conosciuta ma può essere affermato che il Diclofenac esibisce una bassa tossicità e una moderata persistenza. Nei suoli aventi un'elevata percentuale di materia organica, però, il Diclofenac può essere assorbito nel suolo, esibendo un'elevata resistenza verso la degradazione aerobica ed anaerobica, percolando successivamente nelle acque sotterranee e conducendo ad effetti tossici dovuti all'accumulo (Al-Rajab et al., 2010).

Il Diclofenac è inserito nell'elenco di controllo delle sostanze da sottoporre a monitoraggio a livello dell'UE (Watch List), di cui alla Decisione 2015/495/UE. Il limite massimo ammissibile del metodo di rilevazione per questo composto è riportato in Tabella 1.5.

Denominazione della sostanza o del gruppo di

sostanze

Metodi di analisi indicativi (1)

Limite massimo ammissibile del metodo di

rilevazione (ng/L)

Diclofenac SPE-LC-MS-MS 10

Tabella 1.5 Metodi di analisi indicativi e limite massimo ammissibile del metodo di

rilevazione (ng/L) relativi al Diclofenac, stabiliti dalla Decisione 2015/495/UE.

(1) SPE-estrazione in fase solida, LC-MS-MS-cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa tandem