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1. Introduzione

1.1 Interferenti Endocrini

1.1.8 Descrizione degli IE oggetto del presente lavoro di tesi

1.1.8.6 Ibuprofene

Nel 1961 i ricercatori stavano cercando di trovare un nuovo farmaco che potesse sostituire l'aspirina e che avesse meno effetti collaterali, arrivando ad una nuova combinazione nota come acido 2-(4-(2-metilpropil)fenil)propanoico), conosciuta successivamente come Ibuprofene (Figura 1.12). Questo farmaco, in grado di entrare nel flusso sanguigno legandosi a più del 90% delle sue proteine, viene metabolizzato nel fegato e successivamente eliminato attraverso l'urina mediante forme non modificate, come molecole in coniugazione con glucuronide (prodotto dalla seconda fase di detossificazione che può essere idrolizzata in ambiente) o come molecole modificate (metaboliti) (Zwiener et al., 2002). L'Ibuprofene viene comunque completamente eliminato dal corpo umano nel giro di 24 ore dall'assunzione (Katzung et al., 2012). Considerando il fatto che l'Ibuprofene

Figura 1.12 Struttura

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risulta disponibile in molti Paesi senza che serva una prescrizione da parte del medico, esso risulta il terzo farmaco più utilizzato al mondo, e ciò ha portato allo sviluppo di diversi studi e ricerche per quanto riguarda gli effetti collaterali dovuti alla sua assunzione. L'assunzione annuale di Ibuprofene risulta essere fino a 300 t in Germania, 162 t nel Regno Unito e 58 t in Polonia (Guzik et al., 2013). L'Ibuprofene viene comunemente usato per il controllo del dolore, specialmente nelle malattie reumatiche, in casi di febbre, mal di testa, mal di denti e dismenorrea. Come il Diclofenac, anche questo fa parte dei NSAID, ovvero dei farmaci anti infiammatori non steroidei, ampiamente utilizzati nella terapia umana e veterinaria per ridurre infiammazioni, stati febbrili e dolorosi. La preoccupazione globale sui rischi ambientali a lungo termine dei NSAID è stata sollevata a causa della comparsa di vari problemi sulla salute umana, come infarto miocardico, sanguinamento gastrointestinale e insufficienza renale, ed effetti tossici sulla riproduzione e sul sistema endocrino degli organismi acquatici, originati da tali farmaci (Marchlewicz et al., 2015).

L'Ibuprofene è anche uno dei farmaci dominanti nelle acque reflue, a causa della sua dose terapeutica relativamente alta (600-1200 mg/giorno) e del suo elevato tasso di espulsione dal corpo umano (70-80%) (Lockwood et al., 1983). Studi effettuati sugli impianti convenzionali di trattamento delle acque reflue hanno riportato una distruzione incompleta dei NSAID, la quale contribuisce per un 10- 70% all'immissione di questi farmaci non degradati in ambiente acquatico (Figura 1.13)(Schröder et al., 2016). Uno studio compiuto eseguendo il test di tossicità

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Microtox sull'organismo Photobacterium phosphoreum, ha evidenziato come i derivati dell'Ibuprofene, presenti anch'essi nelle acque superficiali e di scarico, siano più tossici del composto progenitore e possano accumularsi in ambiente, rappresentando un pericolo per gli ecosistemi anche se presente in basse concentrazioni (Marco-Urrea et al., 2009). Tuttavia, gli effetti a lungo termine dell'esposizione a questo farmaco non sono ancora completamente conosciuti. Sulla base delle leggi dell'UE, l'Ibuprofene non è stato classificato come tossico per gli organismi acquatici tuttavia, uno studio riguardante gli effetti tossici a breve termine ad alte dosi su un crostaceo come Daphnia magna e su alghe verdi ha dimostrato che l'Ibuprofene può risultare tossico, soprattutto in presenza di altri farmaci (Cleuvers, 2004). Dopo 14 giorni di esposizione all'Ibuprofene alla concentrazione di 20, 40 e 80 mg/L, il crostaceo Daphnia magna ha riportato infatti danni significativi alla riproduzione. Questa infatti ha subito una diminuzione all'aumentare della concentrazione del farmaco, ed è stata totalmente interrotta ad una concentrazione massima di 80 mg/L. Inoltre, ad una concentrazione pari a 40 mg/L è stato ritardato il momento della prima riproduzione (Brausch et al., 2012).

In realtà, la maggior parte dei dati esistenti sulla tossicità dell'Ibuprofene si basano su test di tossicità acuta e di tossicità cronica a breve termine. Nei test di tossicità acuta vengono solitamente utilizzate alte concentrazioni di sostanze che possono provocare effetti non realistici, in molti casi non prendendo nemmeno in considerazione i metaboliti dei farmaci. In ambiente, però, i prodotti farmaceutici non sono presenti in concentrazioni elevate, perciò risulta necessario dare maggiore enfasi a studi sulla tossicità cronica dei farmaci stessi. I livelli di concentrazione di residui di NSAID nelle acque superficiali e quelle ad uso potabile possono variare da μg/L a ng/L (Figura 1.14) (Pailler et al., 2009). Uno studio riguardante la presenza di farmaci come Diclofenac, Naproxene, Ketoprofene e Ibuprofene nei corsi d'acqua del bacino dell'Elba in Repubblica Ceca, ha riportato una concentrazione di quest'ultimo pari a 3200 ng/L, la più abbondante di tutti i composti analizzati (Marsik et al., 2017). Un ulteriore studio ha riportato che una concentrazione di Ibuprofene ricadente nell'intervallo di 1- 100 ng/L può causare una diminuzione dell'attività di una specie di crostaceo, il

Gammarus pulex, informazione molto importante in quanto questo intervallo di

concentrazione corrisponde a quella possibilmente osservata in ambiente (de Lange et al., 2006).

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Un altro studio ha osservato un ritardo nella schiusa delle uova nei pesci Oryzias

latipes, successivamente all'esposizione a concentrazioni di 0,1 μg/L di

Ibuprofene. Dopo 120 giorni di esposizione, invece, la sopravvivenza del pesce risultava significativamente inferiore rispetto alla popolazione di controllo (Han et al., 2010).

Uno studio eseguito sugli impianti di trattamento delle acque reflue in Germania ha riportato concentrazioni massime di Ibuprofene rilevate nei campioni d'acqua in entrata e in uscita dall'impianto, rispettivamente di 3,5 mg/L e 0,3 mg/L (Huppert et al., 1998). Un altro studio ha esaminato dei campioni di acque reflue e superficiali nel Regno Unito, a Nord di Londra, rilevando dieci prodotti farmaceutici, tra i quali l'Ibuprofene, con una frequenza di rilevazione dell'84% ad una concentrazione mediana di 3086 ng/L (Ashton et al., 2004). Un altro studio condotto sempre nel Regno Unito ha voluto rilevare dei farmaci, tra i quali l'Ibuprofene, nei campioni d'acqua superficiale prelevati dai fiumi Tyne, Tees, Mersey e Tamigi, rilevandolo a concentrazioni variabili tra 4 ng/L e 2370 ng/L (Thomas et al., 2004). Nel 1999 è stato condotto uno studio sulla presenza e sul comportamento dell'Ibuprofene in campioni di acque reflue e superficiali di laghi e fiumi in Svizzera e nel Mare del Nord, raccolti negli impianti di trattamento delle acque reflue in città a Nord della Svizzera. La concentrazione di Ibuprofene rilevata negli affluenti degli impianti di trattamento delle acque reflue è risultata fino ad un massimo di 3 mg/L, mentre nei fiumi e nei laghi fino a 8 ng/L (Buser et al., 1999). Infine, uno studio eseguito su campioni di acqua superficiale provenienti da Lettonia e Norvegia, ha rilevato la presenza di Ibuprofene in 7 campioni su 10 con concentrazioni che variavano tra 1,0 e 9,2 ng/L nei campioni

Figura 1.14 Concentrazioni (ng/L) di NSAID (tra i quali Ibuprofene e Diclofenac) nelle

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provenienti dalla Norvegia, e in 3 campioni su 14 con concentrazioni tra 3,9 e 17 ng/L nei campioni provenienti dalla Lettonia (Reinholds et. al., 2017).