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La difesa de «li ministri nostri»: il principe e il cancelliere

I CANCELLIERI DEI NOVE

I.4 La difesa de «li ministri nostri»: il principe e il cancelliere

L'appropriazione, da parte di Cosimo I, della nomina dei nuovi funzionari, denota, come abbiamo visto, una volontà di partecipazione attiva del principe al processo di introduzione di queste figure sul territorio.

L'iniziativa dei Nove, approvata con entusiasmo dal duca, diviene così, a distanza di pochi mesi dalla sua diffusione, uno strumento che il principe intende controllare e gestire di propria mano, lasciando percepire, anche in questo settore, una volontà di governare secondo un sistema, tipico dei poteri politici di ancien régime, diretto e personale.

E' chiaro che, da subito, il duca abbia intuito le potenzialità insite nel passaggio, dimostrando, in questo modo, di assegnare all'ufficio un certo peso politico. Ma, oltre a questo, l'intervento ducale sembrava presupporre un'altra volontà: quella di porre un freno e un limite alla capacità di iniziativa del nuovo magistrato centrale, il quale già nei suoi primi anni di vita stava dimostrando un notevole dinamismo. La vivacità con cui i Nove avevano introdotto il meccanismo, se in un primo momento era stata incoraggiata da

Cosimo, subito dopo veniva quindi frenata e controllata tramite l'appropriazione, da parte del principe, della nomina dei funzionari.

Parallelamente, il duca continuava a porsi, attraverso il rescritto che chiudeva «gli affari», come autorità suprema il cui giudizio, al di sopra delle parti, risultava incontestabile e inappellabile. Attraverso un'analisi dei rescritti è evidente quanto da questa volontà di porsi inter partes discendesse la propensione, così tipicamente principesca, ad intervenire in maniera oculata e accorta, a tutela di quel bene pubblico di cui il duca stesso si proclamava depositario e garante. E' in nome del bene pubblico che vengono sedati i conflitti interni alle realtà locali, ed è sempre in nome di questo bene che la decisione finale, il giudizio del principe viene imposto nonostante il diverso parere del magistrato dei Nove. I contrasti tra le due autorità – il duca ed i Nove -, infatti, se da un lato denotano, ancora una volta, una certa vitalità del neo nato magistrato, dall'altro lato confermano la volontà cosimiana di contenerla e controllarla.

I memoriali del Buonaccorsi riflettono la concorrenza di tutti questi fattori, ed offrono un quadro mosso e vivo del processo in corso. Sopra questa dialettica si dispiega, così, la volontà suprema del duca, il cui giudizio, tramite il rescritto, chiude, in maniera definitiva, ogni contrasto.

Allo stesso tempo, i rescritti denotano l'attenzione particolare che il principe dedica alle richieste dei sudditi; qui, infatti, le suppliche inoltrate da cancellieri o da coloro che aspiravano ad avere l'incarico venivano spesso soddisfatte, mostrando ancora una volta quanto l'autorità del duca potesse scavalcare le norme vigenti per concedere al singolo un particolare favore, accordato in via eccezionale e solo in quell'occasione dall'unico potere in grado di farlo.

Un esempio lo possiamo incontrare nei memoriali del cancelliere dei Nove, in riferimento alla cancelleria di Castrocaro; tra gli aspiranti all'ufficio il duca sceglieva, nel marzo del 1566, ser Marchiorre Bianchi, «il quale», come scriveva il Buonaccorsi, «ha supplicato per havere questa cancelleria»113.

La concessione che il principe accorda al supplicante crea, in qualche modo, i presupposti per il consolidarsi di un legame tra i due soggetti in questione; le aspettative che il duca ripone sul funzionario risentono, con tutta probabilità, di questa iniziale concessione, ed allo stesso tempo appare verosimile che lo stesso cancelliere elabori una forma di riconoscimento nei confronti dell'autorità che gli ha accordato il favore, contribuendo così a creare una sorta di «patto» reciproco che potrà permettere all'ufficio di essere più stabile e meno soggetto a condizionamenti esterni.

Dall'esame dei rescritti ai memoriali risulta evidente anche la difesa, da parte del principe, dei nuovi cancellieri fermi istituiti dal potere centrale. Difesa che, ancor prima di dettare la posizione del duca in relazione ai singoli casi, sembra rappresentare un'esplicita affermazione del governo centrale in loco. Il sostegno accordato dal duca ai funzionari, allorquando il conflitto nato in seno alle comunità frappone questi alle forze politiche locali si scontra, molto spesso, con il giudizio del magistrato dei Nove, rispetto al quale sembra imporre con più vigore una sorta di protezione nei confronti del nuovo ufficio periferico, quasi a garantirne, in questo modo, la legittimità, così frequentemente messa in discussione, in questi primissimi anni, dai governi locali.

Così, appare del tutto naturale che il cancelliere di Fucecchio, avendo usato «modi troppo insolenti et di parole et di fatti» contro i rappresentanti

locali «che li erano in quel caso superiori», venga punito, nell'ottobre del 1569, dal granduca con una semplice ammonizione, laddove invece i Nove avevano previsto di «privarlo» della cancelleria:

Faccisi a ser Aschanio una buona amonitione che attenda a far l'uffitio suo senza intromettersi più oltre di quello che se li appartiene, [...] et quello basterà a corregger lui et non dar an[imo] agli altri comuni di insorgere per ogni piccola cosa contra i cancellieri forestieri dati da Sua Eccellentia, cosa che non possono tollerare114.

In questo caso ciò che premeva al principe, ancor più che al magistrato dei Nove, era garantire stabilità all'ufficio evitando di creare precedenti a favore della comunità su cui poi il magistrato locale avrebbe potuto rivalersi nel rapporto con il cancelliere. Interessante il riferimento, nel rescritto, al legame tra il nuovo ufficio e il duca («i cancellieri forestieri dati da Sua Eccellentia») e l'allusione al limite oltre il quale l'autorità avrebbe risposto con maggior severità, se le comunità avessero continuato a «insorgere [...] contra i cancellieri» («cosa che non possono tollerare»).

L'obiettivo di garantire stabilità all'ufficio è evidente anche in un altro rescritto relativo al cancelliere di Borgo San Lorenzo; in questo caso, però, è il cancelliere che subisce delle offese da parte di un abitante del luogo. La difesa del funzionario, quindi, si esplica in una dura condanna emanata dal duca nei confronti del colpevole, che viene confinato per quattro mesi fuori dalla città115, laddove i Nove, invece, avevano proposto una punizione più

leggera, dal momento che il soggetto appariva «vecchio et poverissimo et

114 ASFI, Nove Conservatori, 942, cc. 227r-227v, 13 ottobre 1569.

115 Così nel rescritto: «Confinisi per 4 mesi fuori della città di Borgo», ASFI, Nove

ammalato»116. La motivazione data dal principe in risposta alla proposta dei

Nove svela la volontà di inquadrare l'ufficio come una struttura del governo centrale:

questo disegno non piace a Sua Altezza per non dar animo agli huomini di usare insolentia contra i ministri nostri117.

La dura condanna del duca è quindi volta all'affermazione del potere centrale, rappresentato qui dai «ministri nostri» - i cancellieri appunto - all'interno delle strutture politiche comunitative, e alla vigilanza affinchè i conflitti locali non molestino lo svolgimento dell'azione amministrativa che l'ufficiale è chiamato a svolgere.

Questa forma di protezione che il duca sembra accordare ai funzionari rispecchia altresì una tendenza tipica del governo mediceo a porre, all'interno delle realtà locali del dominio fiorentino, figure legate al potere centrale; questi personaggi, che spesso appartenevano alla nobiltà di provincia e che trovavano nel funzionariato la possibilità di fare carriera e di ascendere socialmente, andarono a formare quella burocrazia118 fedele al

principe che ebbe larghissimo peso nel tradurre le scelte politiche centrali in realtà di governo e che fornì un contributo notevole alla formazione di quell'apparato amministrativo che iniziava allora a compiere i primi passi119.

Il rapporto tra questi funzionari e il duca sembrava svilupparsi, così, su un canale privilegiato e diretto, che aveva trovato la sua prima

116 ASFI, Nove Conservatori, 942, c. 290r, 14 novembre 1571. 117 ASFI, Nove Conservatori, 942, c. 290r, 10 novembre 1571.

118 Cfr. R. Burr Litchfield, Ufficiali ed uffici..., op. cit.; ID., Emergence of a bureaucracy..., op. cit.

manifestazione nell'appropriazione stessa, da parte del duca, della nomina del funzionario, sottratta al magistrato dei Nove.

Le Recordanze del cancelliere di Prato Francesco Taglieschi risultano, a questo proposito, esemplificative, e dimostrano come questo legame divenisse, alle volte, intimo e personale; il funzionario, infatti, annotava di essere tanto in confidenza con Ferdinando de Medici, al punto da trattenersi più volte con lui e la granduchessa a Firenze:

Adì 14 di gennaio 1606.

Recordo a perpetua memoria de tutti [...] come questo dì detto fui mandato a chiamare da Sua Altezza Serenissima a Fiorenza per trattare cose d'importanza, sì come giornalmente ero chiamato in camera, dove stavo per spatio di tre o quattro hore ogni giorno con il Serenissimo granduca Ferdinando, con Madama Serenissima et con l'Eccellentissimo Don Virginio [...], et dopo lunghi [...] discorsi, et ragionamenti atenenti il buon governo dello Stato [...], la prefata Altezza Serenissima comandò che mi fusse fatta una patente di Commissario e Sopraintendente generale di tutte l'entrate di detto Serenissimo con autorità suprema [...]120.

Questo filo diretto che legava il cancelliere al principe si traduceva, nella pratica, in un carteggio tra il funzionario e l'autorità centrale, di cui abbiamo testimonianze nell'Archivio Mediceo del Principato121. Carteggio

che, tuttavia, era ben diverso dalla corrispondenza ufficiale del funzionario con il magistrato dei Nove, di cui il cancelliere doveva lasciare memoria copiando la missiva nei pubblici registri della comunità in cui operava; della corrispondenza ufficiosa, infatti, non resta traccia negli archivi comunali, ma riscontriamo invece qualcosa nel già citato Archivio Mediceo, oppure negli archivi privati dei cancellieri stessi – qualora esistano ancora -, segnalata,

120 ASA, Recordanze di Francesco Taglieschi d'Anghiari, 1626, c. 81r, 14 gennaio 1606 (s.f.). 121 Cfr. ASFI, Mediceo del principato.

come abbiamo visto, tendenzialmente nei diari.

Il differente modo di considerare la corrispondenza col principe, più diretta e, paradossalmente, meno «ufficiale» - in quanto non registrata nelle pubbliche carte – rispetto alla corrispondenza col magistrato centrale è, per un verso, tipica di un processo ancora in formazione, che deve quindi ancora in parte delinearsi e strutturarsi, mentre, per l'altro verso, indica una precisa volontà del potere ducale di sovrapporre, al canale di governo poggiante sul rapporto cancelliere–magistrato dei Nove, un altro canale attraverso il quale il duca può governare il suo Stato in modo più diretto e immediato, scavalcando così l'autorità del magistrato stesso ed istituendo una relazione privilegiata col cancelliere, che viene resa salda dal legame fiduciario che unisce i due soggetti. L'intenzione del principe di muoversi in questa direzione appare chiara fin da subito, fino cioè dal momento in cui il duca decide di subentrare al magistrato nelle nomine, e induce a riflettere anche su un'altra volontà: quella di porre sotto un controllo più ferreo il lavoro del magistrato dei Nove.

Il cancelliere, in tutto questo, acquisisce un ruolo di vero e proprio controllore delle istanze delle periferie in nome del potere centrale, potere che è rappresentato in via ufficiale dal magistrato dei Nove, su cui tuttavia si sovrappone un'altra manifestazione del governo centrale più intima ed immediata, che scavalca l'autorità dei Nove e arriva diretta al funzionario periferico: quella che ha come protagonista il principe stesso.