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PESCIA E LA VALDINIEVOLE AL TEMPO DEI PRIMI GRANDUCH

II. 1 La Valdinievole nel Granducato mediceo

Nell'ottobre del 1768 il giovanissimo Pietro Leopoldo, divenuto da poco granduca di Toscana, visitò quella che era considerata una delle zone più fertili e ricche del Granducato, che presentava, allo stesso tempo, non pochi problemi dal punto di vista ambientale: la Valdinievole278; questo territorio

appariva, nella seconda metà del Settecento, suddiviso in due zone molto diverse l'una dall'altra: da una parte le colline intensamente coltivate ed abitate, dall'altra la zona palustre in cui l'insalubrità dell'aria279 mieteva, ogni

278 ASCB, Memorie e contratti, 616, cc. nn., 9 ottobre 1768: Memoria per il pubblico archivio della

comunità di Buggiano. Una seconda visita del granduca Pietro Leopoldo in Valdinievole

avvenne nel 1772; L. Rombai, La costruzione della Valdinievole «felix». Uno sguardo d'insieme, in Monsummano e la Valdinievole nei secoli XVIII-XIX: agricoltura, terme, comunità, a cura di G. C. Romby, L. Rombai, Ospedaletto (PI), Pacini, 1994, p. 14.

279 A. Zuccagni Orlandini, nella prima metà dell'Ottocento, riferisce che «i vasti paduli, non ancora essiccati, spandono tuttora in certe località un qualche effluvio di vapori morbosi. Serpeggiano infatti in quei bassi piani le intermittenti, i gastricismi e le verminazioni,

anno, un consistente numero di vittime. Il patrimonio idrico della vallata permetteva però al principe di poter raggiungere il centro di quella zona attraverso il complesso sistema di canali e torrenti che lo attraversavano: imbarcandosi a Firenze sulle rive dell'Arno giungeva al Capannone, in prossimità dell'odierno Ponte Buggianese, dopo aver passato il ponte a Cappiano280.

Di lì a pochi anni, tuttavia, l'aspetto della vallata avrebbe subìto profonde trasformazioni che avrebbero dato al territorio quell'immagine e quelle caratteristiche che oggi conosciamo; le relazioni281 che, a partire dagli

anni '70 del Settecento furono redatte in grande copia da specialisti del settore, testimoniano infatti la volontà del governo di porre fine al secolare problema che le acque «ferme» della zona palustre arrecavano alla pianura della Valdinievole. Furono così intraprese opere di bonifica idraulica tese a ridurre le zone umide e ad estendere gli spazi coltivabili, a cui si affiancarono molteplici interventi legislativi volti a favorire il popolamento e la viabilità della pianura282. In capo a pochi anni l'aspetto della Valdinievole mutò

specialmente per la universale scarsezza di acque potabili», in ID., Atlante geografico, fisico

e storico del Granducato di Toscana, Firenze, Stamperia Granducale, 1832.

280 R. Pazzagli , Buggiano. Un territorio e la sua gente nella Toscana moderna, Pisa, ETS, 2001, p. 142.

281 Si ricorda, tra le altre, la relazione stilata da R. Targioni Tozzetti, Ragionamento sopra le

cause e sopra i rimedi dell'insalubrità d'aria della Valdinievole, Firenze, Stamperia Imperiale,

1761, voll. 2.

282 Si ricordano i provvedimenti tecnico-idraulici quali l'abbattimento della pescaia di Ponte a Cappiano, il motuproprio del 4 settembre 1780 con cui venivano alienate le fattorie granducali al fine di diminuire la concentrazione fondiaria, l'istituzione nel 1781 della Deputazione del Padule di Fucecchio per una gestione più armonica del territorio pianeggiante convogliando gli interessi delle comunità con quelli dei proprietari fondiari, le misure adottate contro le privative, tra cui la liberalizzazione della navigazione nei canali, gli incentivi per l'edificazione ed il recupero edilizio, gli interventi per potenziare la viabilità stradale e le idrovie, «un complesso di provvedimenti tesi a liberare la struttura economica e il territorio da qualsiasi strozzatura dovuta ai vari residui feudali e

completamente, sia dal punto di vista fisico che economico-sociale: l'ampliarsi delle zone coltivabili ed il loro popolamento avevano infatti aperto la strada alla crescita economica della pianura che, a partire da questi anni, iniziò quel percorso che avrebbe visto nascere e svilupparsi numerosi nuovi centri che, in un secondo momento, avrebbero soppiantato le antiche comunità collinari283.

Due secoli prima della visita di Pietro Leopoldo, l'aspetto della vallata si presentava grosso modo tale e quale a quello che il granduca lorenese potè osservare nella sua visita: una piana aquitrinosa con numerosi canali navigabili, con pochissimi insediamenti sparsi e ricca di capanni costruiti come punti di appoggio per le attività del padule284, e un versante collinare

intensamente coltivato con olivi e vigne su cui si ergevano gli antichi castella

all'isolamento geografico, in un'ottica che può essere, a buon diritto, modernamento definita di 'bonifica integrale'», in L. Rombai, La costruzione della Valdinievole «felix». Uno

sguardo d'insieme, in Monsummano..., op.cit., p. 18; si vedano anche gli altri saggi contenuti

nel medesimo volume; e i lavori contenuti nei volumi Una politica per le terme: Montecatini

e la Val di Nievole nelle riforme di Pietro Leopoldo, Siena, Periccioli, 1985; La guerra delle acque in Toscana. Storia delle bonifiche da Medici alla riforma agraria, a cura di D. Barsanti, L.

Rombai, Firenze, Medicea, 1986; Il territorio pistoiese e i Lorena tra '700 e '800. Viabilità e

bonifiche, a cura di I. Tognarini, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1990; L'anima antica del Padule di Fucecchio. Le opere idrauliche dal 1780 ad oggi: un patrimonio da conservare, a cura

di G. Romby e L. Rombai, Firenze, Edifir, 2004.

283 A tal proposito si veda il caso di Buggiano: nel corso del Cinquecento vide nascere e svilupparsi la comunità del Borgo (detta Borgo a Buggiano), situata in direzione della valle, la quale, nel corso degli anni e soprattutto grazie alla fiera del bestiame tenuta ogni anno, acquistò sempre più importanza e spessore fino a soppiantare il castello di Buggiano. Al Borgo si affiancò infine la comunità di Ponte Buggianese che, grazie alle bonifiche pietroleopoldine, crebbe vistosamente a partire dalla fine del Settecento fino a divenire un comune autonomo nel 1883. Sull'argomento si veda R. Pazzagli, Buggiano. Un

territorio ..., op.cit., pp. 29-33.

284 R. Pazzagli riferisce che «Al XVIII secolo, e alla seconda metà in particolare, risale [...] il formarsi di un insediamento stabile di case e poderi nella pianura di Buggiano», in ID.,

intorno ai quali, a partire dall'alto Medioevo285, si erano sviluppate le

comunità rurali, ed in cui si concentrava la quasi totalità della popolazione della valle.

I due aspetti, quello palustre e quello collinare, che come abbiamo visto fino alla fine del XVIII secolo costituirono due aree distinte, erano intrinsecamente legati ed interdipendenti: i prodotti delle coltivazioni collinari, come olio e vino, erano facilmente commerciabili grazie alla rete di canali, che confluiva nell'Arno; inoltre la vicinanza delle due zone facilitava la scelta di ampliare, in estate, i territori coltivabili della pianura, che d'inverno risultavano difficilmente praticabili a causa delle continue esondazioni.

La dialettica tra il mondo collinare e quello palustre costituisce quindi una costante che caratterizza fin dalle origini il territorio valdinievolino e che ritroviamo fino alla fine del XVIII secolo; aver presente questi due mondi, uno dei quali, quello di pianura, definito «terra di contrasti, di grandi ricchezze e di grandi miserie»286 costituisce un primo e necessario punto di

partenza per comprendere quel territorio, le sue contraddizioni e le sue capacità.

Questa dualità nell'assetto fisico si riflette anche sulle vicende che, nei secoli, portarono alla costituzione del vicariato fiorentino; furono infatti i

285 Cfr. A. Torrigiani, Le castella della Val di Nievole, Bologna, Forni, 1975r; Atti del convegno su

I comuni rurali nella loro evoluzione storica con particolare riguardo alla Valdinievole, Buggiano Castello, giugno 1982, a cura dell'Associazione culturale Buggiano Castello, Buggiano,

Comune, 1983; Atti del convegno I castelli in Valdinievole, Buggiano Castello, giugno 1989, a cura dell'Associazione culturale Buggiano Castello, Buggiano, Comune, 1990; A. M. Onori, Organizzazione territoriale e assetto istituzionale della Valdinievole fino al passaggio sotto

Firenze, in Atti del convegno su L'identità geografico-storica..., op. cit., pp. 59-84.

286 E. Fasano Guarini, Il territorio della Valdinievole alla vigilia delle bonifiche leopoldine, in Una

castella della valle, ovvero i territori collinari, a costituirsi prima in comuni, a far parte poi di una vicaria dipendente dalla Repubblica di Lucca, ed infine, con la soggezione a Firenze nel corso del XIV secolo, a costituire quel vicariato che comprendeva i comuni di Pescia, Montecatini, Monsummano, Montevettolini, Buggiano, Uzzano, Massa e Cozzile, e tre comunità della zona montana, detta Valleriana – Castelvecchio, Sorana e Vellano -. La pianura, invece, restò in gran parte esclusa dalla vivacità politica, proprio perché in larga misura disabitata; il legame con la collina derivava quindi dalla ricchezza delle sue risorse, su cui gli abitanti dei castella continuamente si misuravano. Questo stato di cose perdurò almento fino a che gli interventi dei Lorena ne mutarono completamente l'assetto, rendendo abitabile e vivibile anche, e soprattutto, la zona palustre.

Il vicariato di Valdinievole era inserito all'interno di una compagine politica che, a partire dal XIV secolo, era andata via via definendosi e ingrandendosi sempre più, arrivando ad abbracciare un territorio vasto ed eterogeneo e a dare il via al processo di formazione dello Stato regionale287.

Da questo punto di vista, l'assetto determinatosi nella prima metà del XIV secolo non subì, nelle sue linee di fondo, cambiamenti di rilievo neanche durante l'età moderna. Certamente, alcuni passaggi mutarono in parte l'organizzazione ammministrativa, ma le istituzioni principali – il vicario che giudicava le cause penali, i podestà che avevano competenze sul civile – restarono sempre le stesse.

A questa struttura si aggiunsero, semmai, interventi peculiari in linea con quei processi di statualizzazione così evidenti durante il governo di Cosimo I, quali, come abbiamo visto, l'ingresso dei cancellieri fermi su tutto il

territorio toscano, la ridefinizione delle circoscrizioni podestarili, l'attribuzione di competenze sempre più definite a magistrature centrali, come il magistrato dei Nove Conservatori della giurisdizione e dominio fiorentino.

Questi interventi di carattere amministrativo-istituzionale si sposarono con una politica, fortemente voluta dai primi granduchi e specialmente da Cosimo I e Ferdinando I, di incremento delle capacità produttive della Valdinievole, incentrata ora sulla crescita della piscicoltura nel territorio del padule, ora sull'allargamento delle zone da destinare all'agricoltura288, e,

soprattutto sotto il terzo granduca, sull'introduzione della coltivazione del gelso e sull'allevamento dei bozzoli da seta.

E' proprio il settore della seta ad occupare, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, una grossa fetta dell'economia locale. La Valdinievole aveva conosciuto, fin dal XIV secolo, l'allevamento dei bachi da seta e la coltivazione delle foglie di gelso (gelsibachicoltura), introdotte in Toscana dai mercanti lucchesi. Nel corso del XV secolo da questa zona, assoggettata ora alla Repubblica fiorentina, si diffusero poi nel resto della Toscana289, grazie

288 Le scelte del governo mediceo non furono mai unidirezionali, ma oscillarono sempre tra l'esigenza di soddisfare le istanze avanzate dai pescatori, che chiedevano di incrementare le zone da destinare alla piscicoltura – facendo alzare quindi il livello delle acque palustri –, e quella di soddisfare le istanze avanzate dai coltivatori, che chiedevano un incremento dei terreni coltivabili – riducendo le acque attraverso le colmate. Cfr. L. Rombai, La

costruzione storica..., op. cit., p. 110.

289 F. Battistini, Gelsi, bozzoli e caldaie. L'industria della seta in Toscana tra città, borghi e

campagne (sec. XVI-XVIII), Firenze, Olschki, 1998, p. 23. Secondo Battistini la

gelsibachicoltura era stata introdotta nel XIV secolo in Valdinievole – per influsso di Lucca – e nella Romagna fiorentina – per influsso di Bologna -; da queste due zone si era diffusa, nel Quattrocento, nel resto della Toscana, ed è «verosimile che sia stata la Valdinievole a giocare un ruolo maggiore, rispetto alla Romagna toscana, nella conoscenza della gelsibachicoltura da parte dei fiorentini. La Valdinievole [...] aveva conosciuto, grazie alla vicinissima con Lucca, un notevole sviluppo della produzione della seta greggia. Secondo la tradizione, inoltre, un cittadino di Pescia (il capoluogo della Valdinievole), Francesco Buonvicino, vi avrebbe introdotto, nel 1434, e per la prima volta

anche a una politica di incremento di questo settore portata avanti dall'autorità fiorentina290; in questo modo a Firenze il peso dell'industria

serica crebbe notevolmente, fino a soppiantare, nel corso del Sei e del Settecento, il lanificio; nel processo un ruolo fondamentale ebbe, appunto, la «crescente, anche se lenta, diffusione della gelsibachicoltura nelle campagne dello Stato»291, iniziata, come abbiamo visto, a partire dal XV secolo. Con lo

sviluppo della tessitura serica a Firenze la Toscana divenne un centro serico di notevole rilievo, al pari di quello della vicina Repubblica lucchese; la Repubblica, tuttavia, conservò ancora il primato sui tessuti serici più pregiati, al punto che in molte occasioni i Medici tentarono di infiltrare loro collaboratori per cercare di scoprire i segreti di quella lavorazione292, che

rendeva la seta lucchese imbattibile su alcuni mercati internazionali, ad esempio quello tedesco.

Il governo di Cosimo I aveva quindi portato avanti con grande impegno, sulle orme del governo repubblicano, una politica di incoraggiamento dell'allevamento dei bachi da seta e della coltivazione delle

in Italia, la coltivazione del gelso bianco. Non è possibile valutare l'attendibilità di questa testimonianza. Si può dire, però, che un influsso lucchese, seppur indiretto, vi fu anche nelle origini delle fasi rurali del setificio fiorentino», in ID., Gelsi, bozzoli..., op.cit., p. 30.

290 A tal proposito, si ricordano gli interventi legislativi a carattere fiscale del 1408 e del 1423, il provvedimento del 1441 con cui i proprietari fiscali erano obbligati a piantare cinque gelsi l'anno per ogni pertica di terreno, i divieti del 1443, con cui si impediva l'estrazione della seta, dei bozzoli e delle foglie di gelso. Questi provvedimenti «benchè si rivolgessero all'intero dominio fiorentino, non furono poi sostenute da adeguati controlli, e non portarono quindi ad un rilevante incremento della produzione della seta greggia [...]», in F. Battistini, Gelsi, bozzoli..., op. cit., p. 51.

291 F. Battistini, Gelsi, bozzoli..., op. cit., p. 41; vedi anche J. C. Brown: «In questo processo industriale la funzione di centri urbani minori come Pescia consisteva nel fornire i materiali grezzi per la produzione», in ID., Pescia..., op. cit., p. 113.

foglie di gelso; in questa direzione si collocavano, infatti, gli interventi legislativi tesi a regolamentare la produzione della seta greggia e a implementare le piante di gelso che, rispetto a un secolo prima, furono estesi a tutto il Granducato e accompagnati da controlli serrati, configurandosi così come interventi organici facenti parte di una precisa scelta strategica del governo293. In una zona come la Valdinievole, dove le principali colture

necessitavano di manodopera prevalentemente maschile, la raccolta delle foglie di gelso, l'allevamento dei bachi da seta e la trattura294 stessa divennero

l'unico sistema, in molte famiglie, per far entrare un po' di denaro contante in casa, ed allo stesso tempo per poter utilizzare quelle braccia che, a parte alcuni momenti come durante la raccolta delle olive e durante la vendemmia, risultavano inoperanti in quel periodo dell'anno, la primavera, in cui venivano allevati i bachi da seta295; donne e minori divennero così i principali

allevatori di bachi e produttori di seta cruda, e allo stesso tempo le piante di gelso, che in base alle nuove direttive del governo erano state piantate in

293 A tal proposito si ricordano: la normativa degli anni 1546-47, che fissava un rigido sistema di controllo preventivo sulla produzione della seta greggia al fine di prevenire il contrabbando; la legge del 1575 con cui si vietava l'esportazione del filato – mentre l'esportazione della seta greggia fu definitivamente vietata soltanto alla fine del XVII secolo -; i bandi con cui si obbligava di piantare gelsi in numerose luoghi – nei terreni, lungo le strade maestre, lungo le mura di Firenze, lungo i corsi d'acqua -. Cfr. F. Battistini,

Gelsi, bozzoli..., op. cit., pp. 49-69.

294 La trattura è l'insieme delle operazioni con cui i bozzoli vengono trasformati in seta cruda.

295 «L'introduzione della coltivazione del gelso e dell'allevamento del baco da seta rappresentò una soluzione ideale al problema di come usare la manodopera potenzialmente produttiva. I bachi da seta richiedevano una vigilanza intensa, ma solo durante un breve periodo primaverile. Il contributo di donne, bambini e vecchi poteva ancora essere utilizzato per raccogliere l'uva ed aiutare nei lavori agricoli dalla metà dell'estate fino all'inizio della primavera. Si poteva aggiungere, perciò, al sericoltura all'economia agricola della regione senza sottrarre manodopera necessaria alla coltivazione degli altri prodotti», in J. C. Brown, Pescia..., op. cit., p. 118.

grande quantità sul territorio toscano, non vennero lasciate crescere «fino a raggiungere la sua piena altezza, affinchè le foglie potessero essere colte da terra senza l'aiuto di scale»296.

Ma furono soprattutto le donne le protagoniste di questo sistema economico: erano soprattutto loro ad occuparsi della lavorazione dei bozzoli fino a trasformarli in seta cruda, al punto che «A Pescia nel Cinquecento oltre un terzo delle caldaie adoperare per trattare la seta risultano di proprietà delle donne; e anche se non di loro proprietà, erano loro a maneggiarne la maggior parte»297; in molti casi utilizzavano i contanti che venivano

dall'allevamento dei bachi da seta o dalla trattura - contanti che divenivano spesso l'unico introito di denaro - per costituire le doti alle figlie, recandosi in determinati periodi dell'anno nelle zone dove più veniva incoraggiato questo settore.

La Valdinievole certamente esercitava questa attrattiva, e non mancava chi varcava i confini della Repubblica di Lucca per recarsi «a podere» dalle famiglie che si dedicavano a questa attività. A Uzzano, ad esempio, nell'autunno del 1607 una controversia sulla tassazione rivela che un buon numero di lucchesi risiedevano «a podere» e che le loro donne «incannavano [...] le sete»; pertanto, essendo venuti «ad habitare nel vicariato di Pescia per trarre o lui o la sua famiglia seta» godevano del privilegio di essere esenti «da ogni pagamento di testa»298.

Il ruolo della Valdinievole e di Pescia in particolare nella crescita del settore serico toscano divenne fondamentale, perché ebbe come conseguenza

296 J. C. Brown, Pescia..., op. cit., p. 118. 297 J. C. Brown, Pescia..., op. cit., p. 120.

l'ingresso di quel territorio in una rete economica internazionale; era soprattutto da questa zona che pervenivano a Firenze grandi quantità di seta greggia, che nella capitale veniva poi tessuta per essere successivamente immessa nel mercato internazionale; l'industria della seta era infatti quella che più alimentava gli scambi sulle lunghe distanze299.

A partire dalla fine del XVI secolo venne introdotta anche in Valdinievole la torcitura idraulica della seta, grazie all'ingresso, a Pescia, del primo filatoio idraulico, già diffuso a Lucca e a Bologna300; la zona, infatti,

grazie alla presenza di numerosi corsi d'acqua con una certa pendenza, ben si prestava alla diffusione del «mulino da seta»; è a partire da questo momento che Pescia divenne un centro serico di un certo rilievo, in cui, cioè, il prodotto grezzo poteva essere lavorato fino a divenire un filato pronto per la fase finale della tessitura301.

La presenza di corsi d'acqua è, al tempo stesso, all'origine dell'introduzione, sempre a Pescia, dell'industria della carta, già presente nel territorio lucchese302, ad opera della famiglia Turini; la cartiera del Turini,

introdotta nel 1481, «consisteva in una fabbrica di medie dimensioni con

299 J. C. Brown segnala che «nonostante la loro importanza, né il vino né l'olio di oliva ebbero un ruolo così importante nell'agricoltura pesciatina del Cinquecento e dei primi del Seicento quanto la sericoltura. Lo sviluppo di questa attività significò l'inserimento di Pescia in una rete economica internazionale, sia per l'importanza dei materiali grezzi sia per l'esportazione del prodotto finito», in ID., Pescia..., op. cit., p. 111.

300 Non è un caso se il primo filatoio idraulico introdotto a Pescia fu impiantato nel 1589 da un immigrato proveniente dal modenese, vicino a Bologna, Cristofano di Simone Cappelletti, in J. C. Brown, Pescia..., op. cit., p. 157.

301 Cfr. R. Pazzagli, Buggiano. Un territorio..., op. cit., pp. 128-129; J. C. Brown, Pescia..., op. cit., passim.

302 Cfr. R. Sabbatini, Tra passato e futuro. L'industria cartaria lucchese, Lucca, Pacini Fazzi, 1990,

cinque pilli per la macerazione e con circa 16 operai», e «venne affittata a ditte di fabbricanti esperti provenienti da Colle Valdelsa dove l'industria si tramandava da diverse centinaia di anni»303. Alla fine del Cinquecento

l'apertura di una seconda cartiera da parte della famiglia Turini induce a ritenere il settore in fase di crescita; l'ottima qualità della carta pesciatina, infatti, rendeva il prodotto facilmente esportabile al di fuori della Valdinievole304.

La crescita di settori quali quelli della seta e della carta, e l'esistenza, attestata fin dal Quattrocento, di attività come la produzione di tessuti, la