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Le difficoltà delle leggi a metter radic

Nel documento Violenza domestica in Italia - tesi (pagine 79-81)

RESPONSABILITA’ STATALE NEL SILENZIO DELLE DONNE

2. Le difficoltà delle leggi a metter radic

Da che mondo è mondo, in ogni dove e in ogni quando, le leggi sono sempre esistite. Ammonimenti funzionali per il quieto vivere, le leggi servono per farsi un’idea della società, di cosa sia giusto o sbagliato. Tuttavia, che queste vengano trascritte in un corpus o che siano trasmesse oralmente, che siano imposte dallo Stato , da supposte divinità o da qualsivoglia autorità locale, la loro esistenza non garantisce di per sé il rispetto. Dopotutto anche i comandamenti più semplici e diffusi(non uccidere, non rubare) risultano quotidianamente infranti. Ma la trasgressione nei casi di precetti per così dire elementari, è compiuta da una parte minore della società: il divieto è incorporato sin dalla più tenera età, e pertanto agisce come freno per azioni improprie.

Altro discorso è invece da farsi per quelle regole che mutano nel tempo, nonché per le

infinitesimali sfumature che ogni legge porta con sé. La società non è statica, pertanto l’idea della legittimità di determinate azioni cambia: in passato la donna adultera era condannata, se scoperta, a dodici mesi di prigione, uccidere invece, da sempre illegale, era considerato un tempo meno grave se il soggetto colpito era una donna che aveva macchiato il cosiddetto onore del criminale. Si può dire che cambi di corrente di questo tipo, proprio perché repentini rispetto a ciò che si considera

109 Se oggi i provvedimenti circa la violenza sulle donne sono più adatti che in passato ,non si può comunque affermare

che siano perfetti. Il lato positivo è che sono stati creati strumenti giuridici atti a contrastare i problemi delle donne, ma comunque, fatta eccezione per la legge sul femminicidio del 2013, i riferimenti specifici alle donne rimangono saltuari. Per questo e per altri motivi come vedremo, dalla perfezione si è ben lontani.

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In primis da poliziotti, magistrati e avvocati, nonché coloro che si dovrebbero occupare di assicurare un giusto decorso della legge. Ci tengo a ribadire che atteggiamenti simili non sono scomparsi nemmeno con la promulgazione di leggi per così dire più vicine alle esigenze delle donne.

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un’abitudine tradizionale, non sono percepiti sin da subito o meglio, non c’è un allineamento istantaneo della morale comune alla legge. Appunto per questo si avrà una massa di persone che continuerà ad agire secondo il vecchio codice comportamentale, contribuendo a legittimare con le proprie azioni una vecchia norma. Dalla difficile acquisizione del cambiamento nel breve termine deriva una scarsa connessione tra l’entrata in vigore di una legge e il suo rispetto effettivo, per il quale possono volerci anni, quando non decenni.

L’evidenza di quanto detto è più che palese se si prende in considerazione il caso indiano: con l’entrata in vigore del dowry prohibition act nel maggio del 1961111

il pagamento della dote al futuro sposo di qualsiasi donna d’India venne messo al bando. Ma nonostante ciò l’usanza non è venuta meno: la legge non impedì agli uomini di continuare ad esigere un pagamento per il proprio “onore”, né tantomeno riuscì a contrastare i crimini correlati, spesso tristemente noti per l’uccisione della malcapitata con relativo incendio della salma per nascondere eventuali prove di colpevolezza. Quanto la legge abbia stentato ad imporsi lo denuncia Maria Mies nel 1986, sostenendo, in linea con le femministe locali, che la regolamentazione di vent’anni prima sia solo un altro pezzo di carta, non rispettato nemmeno dai politici( Mies, 1986, p. 150). La situazione purtroppo non migliora con il tempo se si considera che l’ufficio deputato all’archiviazione dei dati riguardati i crimini in India, l’ India's National Crime Records Bureau, conta nel solo 2012 8'233 vittime in qualche modo correlate al regime di doni e denaro richiesti al matrimonio112. Insomma l’esistenza di una legge non implica la risoluzione di un problema, nemmeno a cinquant’anni di distanza.

Un quadro così delineato, sebbene a livello astratto risulti lineare e scontato, è spesso difficile da concepire a livello concreto, soprattutto da applicare alle situazioni a noi più vicine. Siamo tutti pronti a sdegnarci quando si tratta di altri paesi, pronti a gridare allo scandalo, all’arretratezza culturale, alla primitività. La verità è che in Italia come in India le leggi contro la violenza sulle donne stentano ad imporsi a livello comunitario: è bene specificare che l’emendamento di alcuna legge sulla violenza domestica è di per sé una svolta. La svolta non la fanno le leggi, o almeno non solo: sono le persone, i magistrati, gli avvocati, i comuni cittadini a doversi impegnare. Le donne secondo la legge hanno già vinto: la legge anti-stalking del 2009 è per l’ex ministro alle pari opportunità Mara Carfagna una “vittoria per il paese”113, una “vittoria delle donne per le donne” secondo l’allora senatrice Vittoria Franco. Ancora nel 2013, la ratifica della convenzione di Istanbul viene definita dall’esponente del Partito Democratico Roberta Agostini come “una grande vittoria del Parlamento più femminile della storia della Repubblica italiana e delle tante donne che dentro e fuori le istituzioni hanno combattuto per veder realizzato questo risultato”. Ma che vittoria è una che dal 2005 al 2013 ha mietuto 1036 vittime di femminicidio? L’uccisione di più di 100 donne l’anno, nello specifico stimata essere in media una ogni due o tre giorni secondo i dati riportati da Stop femminicidio, sembra essere piuttosto una drammatica perdita. Di risorse umane, di madri, sorelle, figlie, lavoratrici, menti. O se si vuole continuare a chiamarla vittoria, bisognerebbe chiedersi di chi. Quel che è certo è che per le donne, al massimo si può parlare di battaglia aperta.

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The dowry proibition act, http://wcd.nic.in/dowryprohibitionact.htm

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Woman killed over dowry ‘every hour’ in India, The telegraph

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/asia/india/10280802/Woman-killed-over-dowry-every-hour-in- India.html

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Stalking, la Camera approva, Repubblica,

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Nel documento Violenza domestica in Italia - tesi (pagine 79-81)