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0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 1982 1990 2000 2010 100 ettari e più 50-99,99 ettari 30-49,99 ettari 20-29,99 ettari 10-19,99 ettari 5-9,99 ettari 3-4,99 ettari 2-2,99 ettari 1-1,99 ettari 0,01-0,99 ettari 0 ettari 5,01 9,22 8,86 7,62 6,36 5,87 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 ante 1970 1970-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2009 2010-2017

 la forte frammentazione della proprietà fondiaria nel contesto varesino acuisce certamente le naturali difficoltà di accesso alla proprietà / disponibilità dei terreni (soprattutto per le aziende di nuova formazione), infatti le aziende che conducono terreni con titolo di possesso solo in proprietà è diminuito negli anni dal 69% del 1982 ad 39% del 2010 (stabile dal 2000), contro il 43% regionale ed il 73% nazionale, questa diminuzione è andata a favore delle aziende che conducono esclusivamente terreni ad uso gratuito (che rappresentano il 6% provinciale) o che combinano i terreni in proprietà e/o in affitto con quelli ad uso gratuito (rispettivamente il 16% e l’11%, per una quota totale di aziende che conducono terreni esclusivamente o parzialmente secondo un titolo di possesso ad uso gratuito pari al 36%, nettamente superiore al 16% regionale ed al 12% nazionale), l’analisi del titolo di possesso dei terreni evidenzia, inoltre, la limitata quota di terreni disponibili per l’affitto sia per le aziende che lo utilizzano come risorsa esclusiva (il 7% rispetto al 12% regionale), sia per le aziende che lo integrano con la proprietà (il 19% rispetto al 29% regionale); inoltre, un’ulteriore elemento di criticità per gli operatori del settore si è avuto con l’inasprimento della normativa relativa all’obbligo di registrazione per tutti i contratti di locazione ed affitto di beni immobili esistenti nel territorio nazionale, compresi i terreni ad uso agricolo, per effetto della Legge inanziaria per l’anno 2005, ove è sancita, la nullità dei contratti di locazione, comunque stipulati, se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati;

Titolo di possesso dei terreni Italia Lombardia Varese

1982 1990 2000 2010 1982 1990 2000 2010 1982 1990 2000 2010

solo proprietà 85% 88% 86% 73% 65% 67% 59% 43% 69% 53% 39% 39%

solo affitto 4% 3% 2% 5% 11% 9% 8% 12% 11% 13% 9% 7%

solo uso gratuito 0% 0% 1% 4% 0% 0% 2% 3% 0% 0% 5% 6%

proprietà e affitto 10% 9% 6% 10% 23% 24% 25% 29% 20% 34% 21% 19%

proprietà e uso gratuito 0% 0% 3% 6% 0% 0% 5% 6% 0% 0% 15% 16%

affitto e uso gratuito 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 1% 0% 0% 2% 2%

proprietà, affitto e uso

gratuito 0% 0% 1% 2% 0% 0% 2% 6% 0% 0% 9% 11%

uso gratuito esclusivo e non 0% 0% 5% 12% 0% 0% 9% 16% 0% 0% 31% 36%

Tabella 6. Aziende per titolo di possesso dei terreni

 la perdita di superficie agricola utilizzata (diminuita tra il 2000 e il 2010 del 7%), anche se il confronto tra i differenti utilizzi della superficie agricola totale (diminuita in proporzioni minori, ovvero solo del 2%) rileva un aumento della superficie agricola non utilizzata, più che raddoppiata negli ultimi anni

passando dallo 0.8% della SAT nel 2000 al 3.12% nel 2010, escludendo, quindi che l’aumento del numero di aziende sia conseguenza di una disponibilità di terreni inutilizzati, o che, all’opposto la ridotta dimensione di impresa dipenda dalla mancata disponibilità di suolo (per lo meno in termini assoluti, come visto al punto precedente, infatti, vi possono essere ostacoli formali alla possibilità di condurre suoli, pur disponibili);

 il differente orientamento tecnico-economico delle aziende comporta un diverso tasso di sfruttamento del suolo: settori quali l’ortofloricoltura, le colture permanenti e l’allevamento di ovini, caprini e altri erbivori hanno una ridotta SAU aziendale sia se si guarda alla media regionale (rispettivamente 5,6 - 4,7 e 8,6 ha/azienda contro i 18,5 in media nelle aziende specializzate ed i 35,5 e 37,5 ha ad azienda negli allevamenti di bovini da latte e granivori) sia guardando allo specifico contesto provinciale, dove l’ortofloricoltura ha una media di 1,7 ha/azienda e le colture permanenti di 1,4, più alto, invece, ma comunque inferiore rispetto alla media regionale, il dato relativo alle aziende di allevamento ovino/caprino con 5,4 ha/azienda. Se si analizza la produttività del suolo in termini di produzione standard risaltano le aziende specializzate in granivori (con più di 47.000 euro/ha) e l’ortofloricoltura, che in provincia ha una resa superiore alla media regionale (28.380 euro/ha rispetto ai 25.166 medi a scala regionale).

Orientamento Tecnico Economico Lombardia Varese SAU / azienda PS / azienda PS / SAU PS / giornate di lavoro SAU / azienda PS / azienda PS / SAU PS / giornate di lavoro aziende specializzate 18,48 140.397 7.599 399,25 7,08 34.032 4.806 87,61 seminativi 20,91 43.170 2.064 232,95 8,96 14.218 1.586 67,55 ortofloricoltura 5,63 141.795 25.166 182,79 1,72 48.695 28.380 61,46 colture permanenti 4,67 44.229 9.474 183,23 1,40 7.191 5.128 34,81 erbivori 21,89 141.782 6.478 277,89 8,53 33.772 3.958 95,08 bovini - latte 35,52 252.349 7.104 336,76 25,85 155.475 6.015 203,34 bovini - ingrasso 12,00 97.208 8.102 279,45 5,92 12.393 2.091 44,71 ovini, caprini ed altri 8,66 17.738 2.048 66,25 5,43 14.342 2.641 50,26

granivori 37,51 1.789.496 47.704 1.918,3 7,82 367.623 47.010 559,32

aziende miste 14,87 89.430 6.014 232,53 6,81 20.175 2.964 50,52

policoltura 9,81 52.667 5.366 158,88 4,77 21.455 4.496 61,12

poliallevamento 30,64 419.924 13.705 552,91 7,08 31.041 4.383 48,20

miste 16,83 68.166 4.050 177,04 7,25 18.563 2.559 50,92

Tabella 7. Caratteristiche strutturali aziendali per Orientamento Tecnico Economico

Quindi, se da un lato è fisiologico che le aziende di nuova formazione abbiano minori dimensioni, soprattutto in termini di superficie condotta registrata (considerando i fattori di criticità sopra riportati come il difficile accesso alla proprietà della terra, la

difficoltà nel formalizzare contratti di conduzione e la generale ridotta disponibilità di suoli agricoli nel contesto provinciale), anche alla luce degli altri fattori specifici analizzati, dall’altro la crescita ‘relativa’, ad oggi, della dimensione aziendale anche delle aziende registrate dopo gli anni 2000 e la perdita numerica di aziende nelle classi dimensionali superiori ai 5 ha (tra il 2000 e il 2010) sembra confermare una traiettoria specifica di sviluppo del settore, ovvero una inversione rispetto al tendenziale avvicinamento che si è avuto negli anni precedenti al modello regionale (e nazionale) di concentrazione del settore (e della superficie utilizzata) in imprese medio/grandi64 alla ricerca di crescenti economie di scala65, sostenute da aiuti comunitari.

Ma, secondo diversi autori, la crisi ha colpito (e colpisce) soprattutto questo modello agro-industriale, esito della rivoluzione verde, che, come visto nel capitolo 3.1, “ha proiettato l’azienda agricola fuori scala, svincolandola dal proprio contesto territoriale e dall’ancoraggio ai circui locali e alle ci à, rendendola un dispositivo sempre più fragile” (Poli, 2013b), perché l’azienda agraria, “da un lato, risulta fortemente dipendete dai mercati che forniscono, a prezzi crescenti, i mezzi di produzione necessari a mantenere elevate le rese; dall’altro, non riesce a collocare facilmente sui mercati i propri prodotti, in modo da ottenere sempre una quota di guadagno significativamente superiore al totale dei costi sostenuti. Oggi, in molte situazioni, all’agricoltore è destinata una quota piuttosto limitata del valore di mercato del bene alimentare; di quanto il consumatore spende, solo il 15-20% è destinato al produttore. Una prospettiva di aumento delle rese non sembra realizzabile nel breve periodo, come emerge dalle statistiche su scala locale e mondiale. I trend di crescita produttiva, sia unitaria sia globale, registrati dagli anni 60 agli anni 80 sono ormai un lontano ricordo. In sostanza, l’azienda agraria si trova, da una parte, ad avere problemi di carattere economico e, dall’altra, a essere considerata soggetto attivo di inquinamento” (Bocchi, 2015).

A questo modello viene contrapposta l’azienda familiare o ‘contadina’ (Ploeg, 2009) che, abbiamo visto, si differenzia da quello ‘imprenditoriale’ o ‘industriale’ anche per il

64 Il Censimento del 2010 certifica l’accelerazione dei cambiamenti a cominciare dalla concentrazione della Sau nelle aziende di dimensioni maggiori, e dall’affermazione dell’affitto, che affiancando la terra in proprietà, consente un ampliamento e un rinnovamento delle imprese agricole, impensabile nei decenni precedenti. (Fanfani & Spinelli, 2012)

65 La dimensione aziendale lombarda (18 ha), pur facendo registrare un dato superiore a quello medio nazionale (7,9 ha) e provinciale (7,04 ha) è distante dalle medie nazionali di Regno Unito (80 ha), Germania e Francia (circa 50), Spagna (circa 25), facendo emergere la connessa vulnerabilità italiana del settore. Ciò implica la necessità, da parte delle aziende stesse, di cercare processi e strutture di aggregazione allo scopo di affrontare in modo adeguato le dinamiche di mercato e ottenere migliori risultati economici. (Bocchi, Zolle, 2015)

processo di sviluppo dell’azienda66

: mentre i contadini puntano su una graduale intensificazione basata su quantità e qualità del lavoro (se l’ampliamento non influenza negativamente il valore aggiunto per oggetto di lavoro e può essere sostenuto, almeno in maggior parte, con i propri mezzi disponibili), gli imprenditori sono indirizzati ad un allargamento della scala come traiettoria dominante, mentre l’intensificazione è in funzione della tecnologia (come visto nella rivoluzione verde).

(3.3.2) La caratterizzazione tipologica della crescita aziendale

Dal punto di vista tipologico la crescita del numero delle aziende tra il 2000 e il 2010 ha riguardato per il 90% aziende con allevamento la cui incidenza sul totale provinciale passa dal 58% del 2000 al 63% del 2010 (anche se con una diminuzione maggiore rispetto al totale tra le aziende di grandi dimensioni, una diminuzione, a differenza delle aziende totali, costante per tutte le classi superiori ai 5 ettari e che quindi, verosimilmente, non può essere esclusivamente attribuita alla sola diminuzione della dimensione aziendale).