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La dinastia Zhou

Nel documento 0a_prime pagine.indd 1 11/04/13 15.22 (pagine 111-169)

La dinastia Zhou è stata la piú longeva e – stando a molte testimonian-ze di epoche diverse – la piú gloriosa di tutta la storia cinese. Al potere per ben otto secoli (1045-256 a.C.), i Zhou dominarono la scena politica nel periodo compreso tra i regni dei re Wen (r. 1099/1056-1050 a.C.) e Wu (r. 1049/1045-1043 a.C.), del duca di Zhou (r. 1042-1036 a.C.) e del duca di Shao (m. 979 a.C.) – considerati non solo i fondatori della dinastia, ma anche i piú importanti modelli di riferimento per i sovrani successivi – e la nascita di Ying Zheng (259-210 a.C.), colui che sareb-be divenuto l’ultimo re di Qin (r. 246-221 a.C.) e, dopo la conquista dell’ultimo degli stati in lotta per la supremazia, Primo Imperatore (r. 221-210 a.C.) della breve dinastia Qin (221-206 a.C.). Questo periodo fu caratterizzato da profondi cambiamenti, destinati a lasciare un’im-pronta indelebile sulla civiltà cinese in tutti gli ambiti dell’attività uma-na, dall’organizzazione della società e del governo all’ambiente, alla cul-tura materiale, alla religione e al pensiero filosofico.

Sebbene la corte Zhou detenesse ufficialmente il controllo di gran par-te della regione che costituisce l’attuale Cina centro-setpar-tentrionale (dalla provincia occidentale dello Shaanxi, madrepatria della stirpe reale, allo Shandong lungo la costa orientale, e dallo Shanxi e lo Hebei a nord fino a inglobare gran parte dello Henan a sud), durante la prima fase della di-nastia il territorio risultava scarsamente popolato. Le aree della capitale, nella vallata del fiume Wei e lungo il corso centrale del Fiume Giallo, costituivano gli unici due insediamenti importanti intorno ai quali erano disseminate colonie piú o meno isolate, amministrate da membri della famiglia reale. Alla vigilia dell’unificazione avvenuta per mano dei Qin otto secoli dopo, questo nucleo centrale appariva ormai organizzato in sette unità territoriali distinte, relativamente popolate e comprendenti, in molti casi, città di diverse centinaia di migliaia di abitanti. I gover-ni dei re Wen e Wu, e quelli immediatamente successivi, erano formati principalmente da esponenti di spicco della famiglia reale, incaricati dei piú svariati compiti, a seconda delle necessità. Ciò nonostante, nell’arco

di un secolo furono gettate le basi di una burocrazia stabile, destinata a svilupparsi ulteriormente nei secoli successivi. All’epoca della fonda-zione della dinastia Qin la struttura amministrativa che avrebbe retto la Cina nei secoli a venire era già stata saldamente organizzata.

Inoltre, i re Zhou modificarono la struttura del mondo naturale in cui vivevano. All’inizio del loro dominio l’attuale Cina settentrionale era costituita da lunghe catene di colline e montagne boscose e da bas-sopiani paludosi; al tramonto della dinastia gran parte delle montagne erano state disboscate per permettere la costruzione di città (il legno era allora il materiale principale dell’edilizia) e il territorio paludoso era stato bonificato e reso coltivabile. Si procedette alla suddivisione della terra in appezzamenti regolari, ancora visibili nel Nord della Cina, e alla promozione di opere di ingegneria idraulica di varia natura, destinate a favorire l’irrigazione e il trasporto dei raccolti verso i mercati. Anche se l’agricoltura continuava a essere l’attività principale della popolazione, in quel periodo vennero ampiamente sfruttate altre risorse della terra, come i minerali, in particolar modo il rame, lo stagno e il piombo (ele-menti chiave della cultura del bronzo che i Zhou avevano ereditato dalla precedente dinastia Shang, c. 1600-1045 a.C.) e, dal vii-vi secolo a.C. e per tutto il periodo successivo, il ferro, che una volta fuso venne impie-gato per la produzione di armi e utensili che tanta importanza avrebbe-ro avuto per lo sviluppo della società dell’epoca. Il bavrebbe-ronzo rimase essen-ziale per la fabbricazione di vasi rituali destinati alle bevande alcoliche e ai cibi, e anche per il conio delle monete, diffusosi in tutti gli stati a partire dal vi secolo a.C.

La seconda metà di quel secolo fu anche l’epoca di Kongzi (Confu-cio, 551-479 a.C.), il primo e piú illustre dei filosofi che animarono il panorama intellettuale del periodo Zhou. Confucio s’ispirò apertamen-te ai fondatori della dinastia, elogiando le loro virtú, ma la sua conce-zione di condotta etica portò all’affermaconce-zione di modelli d’interaconce-zione sociale radicalmente nuovi. Grazie ai suoi insegnamenti, il ricordo dei Zhou rimase indelebilmente impresso nella memoria dei Cinesi di ogni periodo storico successivo. Ancor oggi, con l’inaugurazione di ogni nuo-vo Istituto di Confucio nel mondo, l’eredità dei Zhou continua a dif-fondersi ovunque.

I cambiamenti che segnarono il corso di questa dinastia furono cosí vari e profondi da non poter essere qui descritti in dettaglio. Per questo motivo ho deciso di concentrare la mia trattazione sulla sua storia poli-tica, suddividendo la narrazione nei tre periodi tradizionali: Zhou Oc-cidentale (1045-771 a.C.), Primavere e Autunni (770-453 a.C.) e Stati Combattenti (453-221 a.C.). Prima di procedere, però, vorrei passare in

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rassegna le diverse tipologie di fonti alle quali è possibile attingere per ricostruire la storia del periodo. Infine, dopo aver ripercorso gli avveni-menti storici, mi soffermerò sui cambiaavveni-menti che caratterizzarono due importanti istituzioni dell’epoca: l’apparato rituale e l’organizzazione militare. Mi auguro in questo modo di riuscire a fornire una descrizione accurata, per quanto parziale, della dinastia.

i. le fonti.

La fonte principale cui si è ispirata la maggior parte dei resoconti po-litici sulla dinastia Zhou è lo Shiji (Memorie di uno storico) di Sima Qian (c. 145-86 a.C.; Watson 1958; Loewe 1993, pp. 405-14; Hardy 1999). Sima Qian poté consultare gran parte delle fonti tradizionali che sono giunte fino a noi e si presume avesse accesso anche ad altre fonti, anda-te perduanda-te nel corso dei secoli. A lui dobbiamo un elaborato resoconto di quel periodo, suddiviso in «Annali fondamentali» (benji), che riper-corrono gli avvenimenti storici principali dell’epoca, «Tavole cronologi-che» (biao), che posizionano tali avvenimenti in quadri cronologici asso-luti o relativi, «Trattati» (shu), che descrivono l’evoluzione di pratiche e istituzioni quali i riti, la musica, il diritto, l’astronomia, i progetti di ingegneria idraulica, ecc., «Casati ereditari» (shijia), che ripercorrono le vicissitudini politiche delle grandi famiglie aristocratiche – e, in se-guito, degli stati indipendenti – del periodo Zhou, e infine «Biografie» (liezhuan), che narrano la vita di personaggi illustri di diversa estrazione sociale. Sima Qian è da sempre considerato il padre della storiografia cinese e si è guadagnato a giusto titolo l’incondizionato rispetto degli storici moderni piú esigenti, anche se talvolta gli è capitato di imbattersi in fonti inesatte, spesso contraddittorie, che non è sempre stato in gra-do di comprendere appieno. La sua cronologia degli eventi politici del passato risulta in alcuni casi imprecisa. Lo Shiji costituisce, pertanto, un ottimo punto di partenza, ma è fondamentale consultare sempre anche le fonti cui attinse Sima Qian e, quando possibile, fare riferimento alle nuove testimonianze riportate alla luce nel corso dei secoli.

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1. Fonti tradizionali. 1.1. Il Chunqiu.

Stando al calendario attuale, la cronologia politica riportata da Si-ma Qian ha inizio nell’842 a.C., anno in cui il sovrano Li di Zhou (r. 857/853 - 842/828 a.C.) fu cacciato dalla capitale e costretto all’esilio. Sima Qian si dichiarò insoddisfatto dalla natura contraddittoria delle fonti relative al periodo precedente e dovette accontentarsi di elaborare genealogie approssimative. A partire dall’842 a.C., invece, fu in grado di fornire una datazione precisa degli avvenimenti. Gran parte delle in-formazioni furono sicuramente estratte dagli annali storici dei vari stati indipendenti dell’epoca, il piú noto dei quali fu senza dubbio il Chunqiu (Primavere e Autunni), presumibilmente redatto dallo stesso Confucio (Legge 1872). Il Chunqiu presenta un resoconto annuale dettagliato de-gli avvenimenti che caratterizzarono il regno orientale di Lu, dal primo anno di governo del duca Yin (r. 722-712 a.C.) al quattordicesimo an-no del duca Ai (r. 494-477 a.C.). L’espressione «Primavere e Autunni» identificherà da quel momento in poi i due secoli e mezzo compresi tra queste due date. Per dare un’idea dei contenuti dell’opera, prendiamo ad esempio la voce relativa al primo anno di governo del duca Zhao (r. 541-510 a.C.):

Primo anno, primavera, primo mese di regno: il duca assume la carica. Shusun Bao ha convocato Zhao Wu di Jin, Gongzi Wei di Chu, Guo Ruo di Qi, Xiang Xu di Song, Qi E di Wei, Gongzi Zhao di Chen, Gongsun Guisheng di Cai, Han Hu di Zheng, gente di Xu e gente di Cao a Guo.

Terzo mese: abbiamo conquistato Jun.

Estate: Zhen, fratello cadetto del primogenito di Qin, è stato inviato in esilio a Jin. Sesto mese, Dingsi: morte del principe Hua di Zhu. Xun Wu di Jin ha guidato le truppe, sconfiggendo i Di a Dayan.

Autunno: Qu Ji di Ju, proveniente da Qi, è entrato a Ju; Zhan Yu di Ju è stato inviato in esilio a Wu. Shu Gong ha disposto le truppe per difendere i confini del territorio di Jun. È stata data sepoltura al duca Dao di Zhu.

Inverno, undicesimo mese, Jiyou: morte del principe Jun di Chu. Bi, figlio del duca di Chu, è stato inviato in esilio a Jin.

I resoconti dell’anno racchiudono diversi tipi di informazioni, pre-senti anche in altri passi dell’opera: la salita al potere dei nuovi sovrani, gli incontri dei nobili che governavano i vari stati (zhuhou), le campagne militari – in particolare quelle di Lu (il «noi» [wo] presente nel testo), ma anche quelle di altri stati, seppure in modo meno sistematico –, l’esilio degli esponenti della nobiltà, il decesso e la sepoltura dei sovrani.

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nostante le vicissitudini di Lu rivestano un ruolo centrale negli annali, esse vengono spesso collegate ad avvenimenti verificatisi in altri stati, perlopiú limitrofi o in rapporto diretto con Lu. Numerose testimonianze sembrano suggerire che anche in altri stati venissero compilate crona-che simili: le Cronacrona-che di Chu (denominate Taowu) e di Jin (denominate Sheng), per esempio, vengono entrambe menzionate nel Mengzi (Maestro Meng), mentre un passo del Mozi (Maestro Mo) ricorda «le Primavere e Autunni dei cento stati».

1.2. Lo Zuozhuan.

Non è da escludere che alcune sezioni di questi annali siano soprav-vissute grazie alle citazioni riportate, senza venir attribuite a una fonte precisa, nello Zuozhuan (Commentario di Zuo [alle «Primavere e Au-tunni»]), un commentario di enormi dimensioni associato al Chunqiu (quest’ultimo comprende circa 1700 caratteri, mentre lo Zuozhuan è composto da quasi 180 000 caratteri; supponendo che ogni listarella di bambú – il principale supporto scrittorio dell’epoca – contenesse una quarantina di caratteri, sarebbero state necessarie circa 4500 listarelle per racchiudere l’intero testo). Si presume che il nome Zuo, contenuto nel titolo dell’opera, faccia riferimento a Zuo Qiuming, di poco piú gio-vane di Confucio. Numerose testimonianze, però, suggeriscono che lo Zuozhuan debba essere fatto risalire – perlomeno nella sua forma attua-le – a un periodo successivo alla metà del iv secolo a.C., piú di un seco-lo dopo gli ultimi avvenimenti in esso registrati. Si è dibattuto a lungo sull’attendibilità storica dello Zuozhuan: alcuni studiosi sostengono si basi in larga misura sulle testimonianze scritte dell’epoca (Pines 2002), mentre altri ritengono si tratti di un racconto confuciano a sfondo mo-ralistico redatto da uno o piú autori intorno alla metà del iv secolo a.C. (Schaberg 2001; ricordiamo, inoltre, l’ipotesi – ormai ritenuta infonda-ta – di Kang Youwei [1858-1927], che attribuisce l’opera a Liu Xin [46 a.C. - 23 d.C.]). Esistono prove a sostegno di entrambe le ipotesi, essen-do il testo una raccolta di materiali eterogenei (Blakeley 2004). Non v’è dubbio che l’arco temporale preso in esame nello Zuozhuan costituisca il periodo meglio documentato della storia cinese antica.

1.3. Gli annali di Qin.

Oltre che sul Chunqiu, per il periodo degli Stati Combattenti Sima Qian poté basarsi anche sugli annali di Qin. L’accesso a questi docu-menti si rivelò di fondamentale importanza, poiché gli annali degli altri

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stati indipendenti andarono distrutti (o per mano degli stessi Qin dopo la vittoria sui loro rivali, o nel corso dell’incendio che devastò la capita-le, quando i Qin furono a loro volta sconfitti). Anche gli annali di Qin andarono perduti dopo la dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.): è difficile, pertanto, stabilire fino a che punto Sima Qian abbia potuto basarsi su questa fonte. Comunque sia, ci sono fondate conferme non solo dell’ac-curatezza storica della sua cronologia per quanto riguarda i Qin, ma an-che delle informazioni relative agli stati an-che all’epoca avevano relazioni dirette con loro. Per contro, esistono altrettante evidenze di gravi im-precisioni per quanto concerne la cronologia di alcuni degli altri impor-tanti stati dell’epoca.

1.4. Il Zhushu jinian.

Parte di queste evidenze è ricavata da altre fonti annalistiche dell’epo-ca, riportate alla luce nei secoli successivi al periodo in cui Sima Qian fu attivo. Il contributo piú importante è senza dubbio costituito dagli annali dello stato di Wei, che per gran parte del iv secolo a.C. dominò la scena politica. L’opera, scritta su listarelle di bambú – da cui il nome con cui spesso viene identificata, Zhushu jinian (Annali su bambú) –, fu sepolta in una tomba intorno al 299 a.C. (l’ultima voce descrive il ventesimo an-no di regan-no del sovraan-no Xiang’ai di Wei [r. 318-296 a.C.], fatto risalire, per l’appunto, al 299 a.C.) e fu riportata alla luce da alcuni profanatori di tombe nel 279 d.C. (Loewe 1993, pp. 39-47). Nei due decenni successi-vi vennero compilate due edizioni distinte, e per molti aspetti differenti, dell’opera. L’unico dato certo è che il testo presenta un resoconto detta-gliato, regno dopo regno, della storia del passato, partendo dal leggenda-rio imperatore Yao (che, stando alla cronologia dell’opera, salí al trono nel 2145 a.C.), passando in rassegna le dinastie Xia (c. xxi-xvii secolo a.C.), Shang e Zhou Occidentale, per poi concentrarsi sullo stato di Jin e, infine, su Wei, uno dei tre stati in cui Jin venne suddiviso. Questi annali destaro-no fin dalla loro scoperta grande interesse, soprattutto perché permisero agli storici di correggere numerosi errori contenuti nello Shiji. Tuttavia, a causa delle circostanze del ritrovamento e della complessa e problematica ricostruzione dei testi, l’attendibilità di quest’opera è per certi versi discu-tibile. Non solo mancherebbero alcune parti del testo originario (pare che i profanatori avessero usato alcune listarelle di bambú come torce per farsi strada all’interno della tomba), ma le edizioni successive avrebbero anche introdotto numerosi errori, attraverso la trasposizione di alcune listarelle e, forse, persino la compilazione e/o sostituzione arbitraria di alcune por-zioni di testo (che sarebbero state in aperto contrasto con la sensibilità

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politica dell’epoca). Si ritiene, inoltre, che entrambe le edizioni fossero il risultato della fusione di due diversi annali, originariamente presenti nel-la tomba: gli annali principali dello stato di Wei e gli annali contenenti i resoconti storici di altri stati. Un’edizione del Zhushu jinian è giunta fino a noi. Le discrepanze con citazioni rinvenute in altre opere (nonché alcu-ne contraddizioni interalcu-ne, risultato evidente dei diversi tentativi di rico-struzione del testo rinvenuto nella tomba) hanno spinto molti storici negli ultimi due secoli a considerare l’edizione ricevuta il frutto di una rielabo-razione successiva. Ciò nonostante, appare chiaro come il Zhushu jinian si basi in larga misura su un’edizione originale, seppur compromessa, del testo e contenga una quantità considerevole di informazioni preziose, in alcuni casi uniche, sulla storia antica. Va aggiunto, inoltre, che il Zhushu jinian riveste un ruolo importante in quanto testimonianza dell’esistenza e della natura del genere letterario rappresentato dagli annali nel periodo degli Stati Combattenti (se non addirittura in epoche precedenti).

1.5. Il Biannian ji di Shuihudi e il Nianbiao di Fuyang. L’istituzionalizzazione di un’archeologia promossa dallo stato nel corso del xx secolo ha portato all’apertura di numerose sepolture anti-che, molte delle quali contenenti testi scritti su listarelle di bambú. Tra questi, almeno due sono opere annalistiche, anche se di diversa natura. La tomba del iii secolo a.C. di un magistrato locale di Qin, il cui nome era Xi (262-217 a.C.), aperta nel 1975 a Shuihudi, nella provincia del-lo Hubei, custodiva, oltre a numerosi testi di grande interesse relativi al codice legale Qin, anche sezioni degli annali di Qin, a partire dal re-gno di Zhaoxiang (r. 306-251 a.C.). L’opera, comunemente denomina-ta Biannian ji (Cronache), è un esempio pressoché unico di fusione di resoconti relativi a questioni di stato e vicende concernenti la vita di Xi (dall’anno della sua nascita). Analisi dettagliate (soprattutto calligrafi-che) delle 53 listarelle su cui fu redatto il testo suggeriscono la possibi-lità che il corpo centrale sia stato trascritto nel 231 a.C., o poco dopo, copiandolo da annali «ufficiali», e che a esso sia stata aggiunta, per ma-no di altri autori, la cronaca degli avvenimenti familiari di Xi. Le an-notazioni relative ai periodi successivi sarebbero state compilate, anno dopo anno, probabilmente a opera dello stesso defunto (Mittag 2003, p. 546). Un secondo ritrovamento di opere annalistiche di diversa na-tura, il Nianbiao (Tavole cronologiche), avvenne a distanza di soli due anni, nel 1977, a Fuyang (Anhui), nella tomba di Xiahou Zao (m. 165 a.C.), signore di Ruyin durante la prima parte della dinastia Han. Sfor-tunatamente le listarelle di bambú rinvenute nella sepoltura sono molto

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frammentarie, a causa di una prima profanazione della tomba avvenu-ta verso la fine della dinastia Han Occidenavvenu-tale (206 a.C. - 9 d.C.) e dei danneggiamenti subiti in seguito, nel corso di scavi difficoltosi eseguiti frettolosamente. Per questo motivo è possibile ricomporre il testo solo a grandi linee (Hu Pingsheng 1989). Tuttavia, vi sono elementi sufficien-ti per stabilire una somiglianza tra l’opera in quessufficien-tione e le «Tavole» contenute nello Shiji, che riportano i resoconti annuali di avvenimenti verificatisi simultaneamente nei diversi stati. Alcuni indizi, per quanto frammentari, suggeriscono che questi annali ripercorressero l’intera sto-ria della dinastia Zhou, dal suo inizio in epoca Zhou Occidentale fino almeno alla sua fine. Per questa ragione si ritiene derivino dalla fusio-ne di diversi registri precedenti, il che fusio-ne rende ancor piú incresciosa la perdita. La loro esistenza e la struttura che li caratterizza costituiscono comunque un’ulteriore prova della diffusione che ebbero in epoca Zhou, perlomeno nell’ultima fase della dinastia.

2. Altri tipi di resoconti tradizionali.

L’importanza che attribuisco agli annali è legata non solo alle infor-mazioni relative alla storia della dinastia Zhou in essi contenute, ma so-prattutto a quanto ci dicono sugli orientamenti storiografici di quel pe-riodo. Non vi è alcun dubbio che i governi dell’epoca si preoccupassero di registrare sistematicamente gli avvenimenti che avevano avuto luogo entro i confini dei propri dominî e che alcune di queste opere circolas-sero tra i diversi stati. Come vedremo piú in dettaglio nel paragrafo 3.2 dedicato alle iscrizioni su bronzo come fonti storiche, si ritiene che già durante il periodo Zhou Occidentale la corte reale avesse istituito ap-positi uffici e archivi per gestire e conservare quantomeno i testi delle direttive di corte indirizzate ai funzionari governativi. È pertanto ve-rosimile, a mio avviso, se non addirittura probabile, che gli archivi con-tenessero anche altri tipi di documenti scritti.

2.1. Lo Shujing.

Alcuni di questi documenti costituiscono il fulcro di uno dei Classici cinesi: lo Shu (Documenti), meglio noto come Shujing (Classico dei docu-menti) o Shangshu (Venerabili documenti; Loewe 1993, pp. 376-89). Si ritiene che l’opera originaria contenesse cento capitoli – che intendeva-no ripercorrere l’arco temporale che va dall’epoca dei mitici imperatori Yao e Shun alla metà dell’viii secolo a.C. –, selezionati da Confucio tra

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i numerosi materiali esistenti (quelli non inseriti nell’opera furono rac-colti in un altro testo, denominato Yi Zhoushu [Documenti perduti dei Zhou], vedi infra). L’opera sarebbe stata distrutta nel «rogo dei libri» del 213 a.C. e solo una parte (28 o 29 capitoli) sarebbe stata ricostituita all’inizio della dinastia Han, per essere poi copiata nel nuovo stile cal-ligrafico dell’epoca (lishu), motivo per il quale viene in genere identifi-cata con il nome di «Testo Nuovo» (jinwen). Alcuni decenni piú tardi, nel corso di alcuni lavori di ampliamento della casa di Confucio, celata dietro una finta parete, sarebbe stata trovata un’altra copia dell’opera, in 58 capitoli. Diversamente da quelli del Testo Nuovo, questi sareb-bero stati redatti nello stile calligrafico arcaico in uso durante il

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