3. Modelli di rischio
3.2 Direttiva Alluvioni 2007/60 come modello di rischio
La Direttiva 2007/60 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23
Ottobre 2007, recepita in Italia con D. Lgs 49/2010 è già stata introdotta nel
capitolo II, nel presente paragrafo si affronteranno solo alcuni aspetti, per sottolineare come tale Direttiva possa essere considerata un modello di rischio da mettere a confronto con quello indicato nella ISO, di cui al paragrafo precedente e con il modello dei beni culturali, per verificarne l’adattabilità ad altri e diversi contesti di rischio.
Il modello delineato da questa direttiva, rispetto agli altri due, è caratterizzato da un fondamento normativo maggiormente vincolante. L’Unione Europea è costruita su una struttura legislativa che assoggetta gli Stati membri più di qualsiasi altra convenzione o accordo transnazionale, alle regole fissate dalle istituzioni comunitarie. Infatti, tra le più importanti caratteristiche distintive dell’UE, rispetto ad altri strutture sovranazionali rientra quella di aver creato una consistente ossatura normativa ed operativa anche per la gestione dei rischi, compresa nella ben più ampia politica ambientale, che rappresenta uno dei pilastri fondanti dell’intera Unione. Uno degli esempi più importanti, e che ha spinto molti parlamenti nazionali degli Stati membri ad adeguarsi in tempi ragionevolmente accettabili, è rappresentato proprio dalla Direttiva Alluvioni, a emanata con la finalità di introdurre un sistema per la valutazione e la gestione delle alluvioni e le esondazioni per evitare danni e impatti negativi sulla salute umana, l’ambiente, il patrimonio cultuale e le attività economiche nei Paesi membri. Per raggiungere tale fine la Direttiva prevede importanti disposizioni a cui gli Stati dovrebbe adeguarsi, inserendo nelle politiche nazionali meccanismi di protezione contro le alluvioni, tracciando alcuni elementi essenziali che di seguito si espongono.
Nella creazione di un modello di rischio assume importanza convergere su una comune definizione dei beni da proteggere e sull’individuazione di quello che deve essere ritenuto come rischio, pertanto, le “Disposizioni generali” partone dalla definizione dei termini “alluvione” e “rischio alluvione”, il primo si riferisce all’allagamento di aree abitualmente non coperte dall’acqua causate
103 da un fonte come fiumi, corsi d’acqua, torrenti o dal mare nelle inondazioni marine; mentre è considerato rischio la combinazione fra il probabile verificarsi dell’evento alluvionale e le conseguenze negative su quelli che sono stati introdotti dalla Direttiva come i beni principali da salvaguardare, nello specifico: salute umana, ambiente, beni culturali e attività economiche74.
L’inserimento di questi quattro elementi definibili come punti chiave delle attività e della messa in atto di procedure di gestione dei rischi da alluvione, li identifica come i fattori di vulnerabilità che di conseguenza influenzano le attività di valutazione e dei gestione dei rischi, dal processo di valutazione preliminare, alla mappatura dei pericoli e dei rischi, fino alla redazione del piano di gestione dei rischi e all’individuazione delle autorità responsabili. Successivamente agli articoli dedicati alle definizioni, nelle “Disposizioni generali” sono stabiliti due punti basilari nell’attuare la Direttiva a livello nazionale: la nomina delle autorità competenti e l’identificazione dei bacini idrografici e delle zone costiere, in Italia il riferimento nazionale sono le Autorità di Bacino nazionali e territoriali ed i relativi bacini idrografici, individuati come i principali riferimenti delle prescrizioni della Direttiva, dalle autorità di gestione alla redazione dei Piani di Gestione Rischio Alluvioni. I punti fondamentali sono indicati nei successivi Capi della Direttiva, partendo dalla valutazione preliminare del rischio alluvione (art. 4 Capo II) che richiede l’identificazione dell’area, cioè del bacino idrografico con la necessaria mappatura identificativa; la descrizione storica delle alluvioni verificatesi in passato, della loro portata e frequenza, degli effetti sulla salute umana, ambiente, beni culturali ed attività economiche, che rappresentano anche i parametri sui quali effettuare una stima preventiva delle potenziali future alluvioni.
Il passaggio consequenziale è la mappatura, la predisposizione di mappe della pericolosità e di mappe del rischio. Le prime perimetrano le aree geografiche potenzialmente esposte ad alluvioni, redatte tenendo conto degli scenari di rischio, cioè della probabilità o meno che quella determinata area possa essere coperta da un’alluvione. Le seconde, invece, contengono le informazioni sulle conseguenze potenzialmente negative sull’area stessa, determinate utilizzando come parametri il numero delle persone potenzialmente colpite, le attività economiche che insistono nell’area, la presenza di impianti o strutture pericolose che potrebbero provocare ulteriori danni o fonti di inquinamento che potrebbero avere negative ripercussioni sull’area stessa. Lo scopo ultimo delle
104 azioni di mappatura è l’identificazione delle zone esposte al rischio alluvione, nell’ambito del bacino idrografico o dell’unità di gestione.
L’attività di mappatura confluisce nella predisposizione del piano di gestione del rischio di alluvione per le aree individuate come a rischio, oltre alle mappe, elementi del piano sono la relazione sulla valutazione preliminare dei rischi, la definizione degli obiettivi gestionali, le misure da intraprendere, l’analisi dei costi benefici e l’elenco delle autorità competente.
I principi di base che dominano tutti i sistemi e meccanismi di controllo e gestione dei rischi si basano sulla prevenzione, protezione e risposta all’alluvione, quindi i quesiti sono su come prevenire le alluvioni, quali possano essere le misure per far si che non si rimanga sorpresi dalle alluvioni come proteggersi e come reagire nel caso si verifichi l’evento.
Il piano di gestione contiene sia misure strutturali che non strutturali, basate sulla compresa l’adozione di meccanismi di early warning, oltre a prevedere interventi più incisivi e di più ampia estensione rispetto all’area individuata, quali il ragionevole e sostenibile uso della terra e dei sistemi di ritenzione e regimazione delle acque e zone come le pianure alluvionali per l’espansione delle acque, l’inondazione controllata.