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La Direttiva n 91/308/CEE

2.2 Le Direttive comunitarie antiriciclaggio

2.2.2 La Direttiva n 91/308/CEE

La prima Direttiva n. 91/308/CEE relativa alla prevenzione dell’uso del sistema bancario e finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, abrogata interamente dall’art. 44 della successiva Direttiva n. 2005/60/CE, può essere definita

26 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia. Aggiornato alla delibera della Banca d’Italia

10 marzo 2011, Torino, 2011, pag. 38.

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come la disposizione giuridica europea più importante nella lotta al riciclaggio di denaro sporco. Tale provvedimento si proponeva di tutelare e preservare gli enti creditizi e finanziari dal rischio di essere coinvolti in operazioni dirette a riciclare i flussi finanziari derivanti da attività criminali, senza però limitare o incidere negativamente sulla libera circolazione dei capitali nel mercato monetario28

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Il campo di applicazione della normativa in questione risultava ben definito; i soggetti destinatari erano individuabili negli istituti bancari, creditizi e finanziari. Tuttavia la Direttiva disponeva che tale disciplina potesse essere estesa anche a tutte quelle attività professionali suscettibili di essere utilizzate a scopo di riciclaggio29

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Questo provvedimento ha costituito la pietra miliare dell’intero iter normativo di contrasto al reimpiego di proventi di attività illecite30

e, unitamente alle Convenzioni adottate a livello internazionale, è considerato uno dei maggiori strumenti giuridici esistenti in questa materia.

La Direttiva in esame è ritenuta di fondamentale importanza per diversi motivi; innanzitutto perché contiene all’art. 1 la nozione del reato di riciclaggio, in secondo luogo perché ha recepito le indicazioni contenute nelle Raccomandazioni del GAFI, prevedendo una serie di obblighi antiriciclaggio in capo ai soggetti destinatari. Precisamente, la Direttiva n. 91/308/CEE istituzionalizza il ruolo attivo di tali soggetti nella funzione di controllo finanziario del riciclaggio. Infine, l’importanza attribuita a questa disposizione discende anche dal fatto che essa traccia in modo generale, senza definirli e disciplinarli, gli elementi caratteristici delle funzioni delle autorità preposte alla prevenzione e al contrasto del riciclaggio, imponendo un flusso continuo d’informazioni tra le autorità preposte alla vigilanza e i soggetti destinatari degli obblighi; quest’ultimi sono, inoltre, tenuti a segnalare le operazioni ritenute sospette sulla base degli indici di anomalia indicati dalla normativa comunitaria31.

28 Cenci P., La nuova normativa antiriciclaggio - Direttive comunitarie e normativa nazionale, Padova,

2010, pag. 9.

29 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia. Aggiornato alla delibera della Banca d’Italia

10 marzo 2011, Torino, 2011, pag. 38.

30 Fuggetti C., Dagli impulsi dell’Unione Europea alla normativa antiriciclaggio, in Riciclaggio e obblighi

dei professionisti a cura di Bernasconi C. e Giunta F., Milano, 2011, pag. 37.

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Fisicaro E., Antiriciclaggio e terza direttiva Ue - Obblighi a carico dei professionisti intermediari finanziari e operatori non finanziari alla luce del D. Lgs. 231/2007, Milano, 2008, pagg. 16 - 17- Fuggetti C., Dagli impulsi dell’Unione Europea alla normativa antiriciclaggio, in Riciclaggio e obblighi dei professionisti a cura di Bernasconi C. e Giunta F., Milano, 2011, pagg. 38 - 39.

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Il testo della prima Direttiva antiriciclaggio si è ispirato alla Dichiarazione di Basilea del 1988 e alle Convenzioni di Vienna e Strasburgo.

Infatti il significato del termine “riciclaggio”, contenuto nell’art. 1 della suddetta Direttiva, è stato in gran parte ripreso dalla definizione fornita nella Convenzione di Vienna del 1988 contro il traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope, allargandone però la portata. Secondo tale articolo costituiscono reato di riciclaggio “le seguente

azioni commesse intenzionalmente:

la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza del fatto che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;

l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza del fatto che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

la partecipazione ad uno degli atti di cui ai punti precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno di commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.”

Nell’individuare e definire tali condotte, il legislatore comunitario, aveva specificato sempre all’art. 1, che il concetto di attività criminosa fonte del riciclaggio coincidesse con quanto riportato all’art. 3 della Convenzione di Vienna. In sostanza, il novero dei reati presupposto era stato limitato alle condotte delittuose connesse al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, prevedendo, però, la possibilità di estendere gli effetti della direttiva anche ai proventi di altre attività criminali32.

La caratteristica peculiare della Direttiva era costituita, proprio, dall’individuazione di una specifica area di reati presupposto del riciclaggio, in presenza dei quali sarebbero scattati i relativi obblighi antiriciclaggio, consistenti in:

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• obbligo di collaborazione passiva, mediante l’identificazione e la registrazione della clientela e delle relative operazioni compiute di importo superiore a 15.000€ (allora Ecu), anche se effettuate con più operazioni (operazioni frazionate);

• obbligo di conservazione della documentazione relativa alle operazioni per almeno cinque anni;

• obbligo di collaborazione attiva, ovvero di collaborare con le autorità competenti, comunicando o segnalando a quest’ultime le operazioni anomale o sospette e fornendo tutte le informazioni necessarie per porre in essere le procedure stabilite dalla seguente normativa;

• obbligo di astenersi dall’esecuzione di operazioni anomale o sospette;

• obbligo di istituire delle procedure di controllo interno e di formazione del personale negli enti destinatari.

Gli obiettivi perseguiti attraverso l’imposizione di tutti questi obblighi consistevano nell’incrementare la trasparenza del mercato e favorire l’individuazione di operazioni sospette di riciclaggio.

In conclusione, lo scopo di questa Direttiva è stato quello di fornire una serie dettagliata di misure, recepite obbligatoriamente mediante opportuni provvedimenti legislativi nazionali da ciascun Stato membro, che costituissero una disciplina europea di base, omogenea a tutti i Paesi della Comunità Europea, al fine di prevenire l’utilizzo del sistema finanziario in attività di reimpiego di capitali illeciti nell’economia legale33

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