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RENDITA E FISCALITÀ DELL’AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL REGNO

I. FISCALITÀ 1 Fiscalità indiretta

I.1.3. I diritti di misurazione

Tra gli strumenti fiscali di cui il sovrano disponeva, i mesuratges erano l’insieme di imposte sulla misurazione delle merci e delle derrate alimentari riscosse al momento dell’acquisto. In quanto garante del regolare svolgimento delle compravendite, il re obbligava venditori ed acquirenti ad usare le misure pubbliche, quelle cioè controllate e garantite dagli stessi ufficiali regi. La misurazione era obbligatoria su quasi tutte le transazioni effettuate in ambito urbano, e pertanto il prelievo su di esse si traduceva in un’imposizione aggiunta a quella sulla compravendita360. A Cagliari, Sassari, Alghero e Iglesias le imposizioni sulla vendita e

sull’acquisto delle merci (imposicions) erano gestite dall’universitas mediante privilegio del sovrano. Diversi erano sistemi e strumenti di misurazione, che variavano di città in città, corrispondendo ad ogni diversa misura una diversa imposta. Nelle ville, invece, tali imposte venivano riscosse dal feudatario, e dunque gli introiti da esse derivanti non affluivano nelle casse regie.

Così come avveniva a Barcellona, anche nel Regno di Sardegna la misurazione seguiva un duplice sistema, essendo relazionata alla capacità e al peso. Nel primo caso erano compresi il vino, l’olio, i cereali e i legumi; nel secondo il formaggio, le carni ed altri alimenti soggetti a pesatura. Questa distinzione aveva un riflesso anche sulle imposte. Gli abitanti delle città del Regno, per via dei privilegi di cui godevano, erano esenti dal pagamento dei tributi sulla misurazione.

Relativamente alla villa di Bonaria, la compravendita dei beni alimentari, che doveva svolgersi obbligatoriamente nella piazza cittadina, era gravata da un duplice imposta: per l’acquisto si doveva corrispondere all’universitas la imposición, mentre per la misurazione si pagava una tassa specifica all’ufficiale regio preposto. Misurazione e relativa riscossione

360 Cfr. P. ORTÍ, Renda i fiscalitat en una ciutat medieval: Barcelona, segles XII-XIV, Barcelona, 2000, p. 433:

«el mesuratge era la taxa pagada per utilitzar la mesura pública. En general l’ús d’aquesta mesura era obligatori en tota transacció comercial; per això, cal considerar-lo com un impost més que gravava la compra-venda d’alguns productes»

venivano effettuate da un unico funzionario, che verificava la quantità dichiarata di beni alimentari quali grano, orzo, legumi, vino e olio361. La continuità tra il modello fiscale

municipale di Bonaria e quello di Cagliari autorizza a ritenere che anche la tassa di misurazione fosse la stessa. Per quanto riguarda i cereali, si pagavano 3 soldi ogni 100 starelli di frumento e di orzo misurati362. Il dato specifico (dedotto da documentazione relativa al

mercante Johan Benet a Cagliari tra 1332 e 1338)363 riguarda la tariffa pagata dagli acquirenti,

mentre non si hanno notizie su un possibile pagamento anche da parte dei venditori. Il peso della fiscalità regia sulla compravendita dei cereali era comunque contenuto, se si considera che l’imposición municipale su 100 starelli di grano e d’orzo era rispettivamente di 8 soldi e 4 denari e di 4 soldi e 2 denari364. Lo starello365, il cui valore a Cagliari era di 49,2 litri366, oltre

che per grano e orzo, veniva impiegato per misurare anche altri cereali, i legumi, la frutta secca etc. In ognuno di questi casi, grazie al privilegio del Coeterum, gli abitanti di Cagliari erano esenti dal versamento dell’imposta367.

Imposta sulla misurazione dei cereali a Cagliari

Cereali Tariffa

Grano 3 soldi ogni 100 starelli

Orzo 3 soldi ogni 100 starelli

Fonte: ACB, Libre de compres i vendes de Johan Benet. Cagliari, 1332-1338, ff. 86r-108r

361 La nomina del maiorchino Salvador d’Espanya a misuratore della villa di Bonaria si trova in: ACA,

Cancillería, reg. 398, ff. 54r-54v. La sua attività è attestata sino al 1327: ACA, RP, MR, reg. 2059, ff. 37r-37v.

362 Almeno inizialmente le tariffe, così come l’unità di misurazione, dovevano essere le stesse di quelle vigenti a

Barcellona, cfr. CONTU M. R., Bonaria roccaforte catalano-aragonese: quale natura giuridica?, in «Quaderni

Bolotanesi», XII, 12 (1986), p. 146: «l’unità di misura del grano e dell’orzo fissata nella quarteria barcellonese, era…onerosa, secondo le tariffe di Barcellona».

363 ACB, Extravagants. Comptes de companyies, comerciants, navegants, individuts etc. (1268-1864). Libre de

compres i vendes de Johan Benet. Cagliari, 1332-1338. Cfr. M. MARSÁ, Le relazioni commerciali tra Cagliari e

Barcellona nella prima metà del secolo XIV, in «Medioevo. Saggi e Rassegne», 5 (1980), pp. 65-103.

364 ACB, Extravagants. Comptes de companyies, comerciants, navegants, individuts etc. (1268-1864). Libre de

compres i vendes de Johan Benet. Cagliari, 1332-1338, ff. 86r-108r. La tariffa era di 1 denaro per ogni starello di grano e ½ denaro per l’orzo.

365 Cfr. J. ARMANGUÉ, Le prime ‘Ordinanze’ di Castello di Cagliari (1347), cit., p. 50, Capitolo 119: «Ítem, [que

neguna persona no gos levar s]tarell ne mig starell de fust de la plassa sens [voluntat dels culidors de la d]ita ajuda, sots pena de XX sous per cascun[a] vegada».

366 Cfr. C. MANCA, Aspetti dell’espansione economica catalano-aragonese nel Mediterraneo occidentale, cit, p.

334. Secondo i calcoli effettuati da Maria Marsá sul registro di Johan Benet il valore dello starello di Cagliari era di 52,7 litri; la stessa Marsá considera dunque il suo valore oscillante tra 50 e 52 litri, cfr. M. MARSÁ, Le

relazioni commerciali tra Cagliari e Barcellona nella prima metà del secolo XIV, in «Medioevo. Saggi e Rassegne», 5 (1980), pp. 65-103. F. BALDUCCI PEGOLOTTI, La pratica della mercatura, ediz. A. Evans, Cambridge,

The Medieval Academy of America 1970.

367 Cfr. R. DI TUCCI, Il libro verde della città di Cagliari, cit., p. 148: «Concedimus eciam vobis et vestris

perpetuo quod habeatis quarteriam cum qua frumentum ordeum et omnia blada intus dictum Castrum Callari et non alibi mensurentur, et sit una tantum ad formam siue mensuram quarterie ordei Barchinone. Que quidem quarteria sit francha quantum ad habitatores dictorum Castri et villarum ac popularum appendiciorum eiusdem presentes pariter et futuros prout est in Barchinona».

A Sassari e ad Alghero l’unità di misura dei cereali era il rasiere, corrispondente a 65 litri circa368. A Sassari con il rasiere si misuravano grano, orzo, fave, fagioli e ogni tipo di

legume369. Il diritto, già vigente nel periodo comunale370, era conosciuto con il nome di carra

o plaça del Rey e gravava sulla misurazione in ragione di un denaro per ogni rasiere. La stessa capacità veniva impiegata ad Alghero, oltre che per la misurazione del sale, per i cereali, per i legumi e per gli altri aridi371. La misurazione doveva avvenire nella piazza appositamente

predisposta per queste operazioni, e l’imposta gravava solo sul venditore, mentre l’acquirente ne era esentato, fermo restando l’obbligo di corrispondere il diritto di treta. Le tariffe introdotte da Pietro IV nel 1355 imposero il pagamento di 1 denaro per ogni rasiere. Gli abitanti di Alghero che immettevano in città il proprio grano godevano invece dell’esenzione.

Unità di misura per i cereali (Cagliari, Sassari, Alghero)

Città Unità di misura per i cereali Valore unità di misurain litri

Cagliari Starello 49,2 litri

Sassari Rasiere 64,9 litri

Alghero Rasiere 64,9 litri

Imposta sulla misurazione dei cereali (Cagliari, Sassari, Alghero) Città Unità di misura Valore (in litri) Tariffe

368 Cfr. C. MANCA, Aspetti dell’espansione economica catalano-aragonese nel Mediterraneo occidentale, cit, p.

334. Stando alle equivalenze effettuate dal Manca, sappiamo che il rapporto tra lo starello di Cagliari e il rasiere di Alghero era di 1:1,32; essendo il valore dello starello di Cagliari pari a 49,2 litri possiamo sostenere che il rasiere di Alghero era pari a 64,9 litri.

369 ACA, RP, MR, reg. 2075, ff. 43v-44r. La nomina del titolare dell’ufficium mensurandi frumentum et alie

bladum in civitate Sassari si trova in ACA, Cancillería, reg. 510, f. 178r.

370 Cfr. V. FINZI, Gli Statuti della Repubblica di Sassari, cit., p. 80: «LXXX. De sa carra et su derittu de cussa.

Est ordinatu qui qualunque aet vender tridicu, orgiu, fava, basolu over atteru legumen in ça platea pachet pro sa carra pro çaschatunu raseri denari I».

371 ACA, Cancillería, ff. 1025, f. 30r-v «ítem que negun no gos tenir raser o mesuras per vendre forment, ordi o

altres coses qui.s venen a mesura, sinó lo gabellot qui ven la sal, qui aquelles ha acostumades de tenir sots pena de C sols, e sia tengut cascù de pagar de dret per mesuratge I diner per ciascun raser, ço és aquell qui ven, aquell qui compra no res sinò la treta dessùs escrita en lo primer capitol. En açó no s’entena quel.s habitantes del loch de l’Alguer lo gra que han de llur cullita ho puguen vendre franch; ítem que negun sart o qualsevol estranger qui aport gra, ordi o qualsevol legums no ho gos vendre sinó a la plaça on estan les mesures de la quarra e que pach de dret al gabellot de la sal qui aquelles ha acostumades de tenir I diner per ciascun raser de mesurar».

Cagliari Starello 49,2 3 soldi (ogni cento unità)

Sassari Rasiere 64,9 1 denaro

(per unità)

Alghero Rasiere 64,9 (per unità)1 denaro

L’esistenza di ufficiali preposti alla misurazione di particolari prodotti, come il misuratore del vino a Cagliari, o quello dell’olio a Cagliari372 e Sassari373, riflette anche la presenza di una

specifica imposta, anche se talvolta questa era compresa nell’imposizione sulla vendita del prodotto.

Il vino, nel suo percorso dalla produzione all’arrivo nella piazza cittadina, veniva colpito per l’entrata in città (il dazio doganale), per la vendita (la imposición municipale374), e per la

misurazione375. In particolare a Cagliari, il vino venduto nelle cantine e nelle taverne, veniva

misurato attraverso la vegeta376 e tassato con 4 denari per botte377. L’imposta veniva riscossa

dal mostazaffo, ufficiale le cui competenze oscillavano tra l’ambito municipale e quello regio378. Il suo ruolo di garante della regolarità delle operazioni nel mercato cittadino era

infatti accompagnato alla riscossione delle imposte sulla misurazione379, come conferma

anche il contesto istituzionale di Sassari380. A partire dal 1338, a Cagliari, l’ufficio del

mostazaffo venne assorbito interamente dal municipio e dunque i diritti da lui riscossi, tra i

quali quelli sulla misurazione, non furono più controllati dal sovrano381.

372 ACA, Cancillería, reg. 510, f. 173v. 373 ACA, Cancillería, reg. 510, f. 178r.

374 Il regime fiscale del vino, non solo nel Regno di Sardegna e nell’area della Corona d’Aragona, era dato da una

serie di imposte che colpivano il prodotto nella suo percorso dalla campagna alla città, tanto che per Firenze si è parlato di “mosaico fiscale”, cfr. G. PINTO, Vino e fisco nelle città italiane dell’età comunale (secc. XIII-XIV), in

La vite e il vino. Storia e diritto (secoli XI-XIX), a cura di M. Da Passano, A. Mattone, F. Mele, P. F. Simbula, I- II, Roma 2000, I, p. 169: «A Firenze il vino era soggetto a un sistema complesso di imposte, un vero e proprio mosaico fiscale, che non presenta, per quanto riguarda la tipologia delle imposizioni, elementi di particolare originalità rispetto ad altre grandi realtà urbane italiane ed europee»; E. GESSA, La gabella del vino a Cagliari

(secc. XIV-XVIII), cit., pp. 64-73.

375 Cfr. E. GESSA, La gabella del vino a Cagliari (secc. XIV-XVIII), cit., 64-73.

376 Cfr. J. ARMANGUÉ, Le prime ‘Ordinanze’ di Castello di Cagliari (1347), cit., p. 36, capitolo 32: «De mercaders

de vin. Ítem, que alcuna persona qui engròs vena bóta de vin o bótes no·l gos liurar al comprador fins que aquells qui tenen la vergueta l.auran mesurat o midat, e que cascuna bóta de mena s.entena que aja a venir CV quarters de Càller. E si menys tendrà, que sia deduhit del preu per part d.açò que de cascuna bóta a la dita rahon falrà».

377 Cfr. E. GESSA, Istituzioni alimentari nella Cagliari aragonese: il mostazaffo, in «Quaderni bolotanesi», XVIII

(1992), p. 311.

378 Cfr. E. GESSA, Istituzioni alimentari nella Cagliari aragonese: il mostazaffo, cit., p. 307: «il magistratio

annonario, pur considerato per molti aspetti un ufficiale municipale, occupava un posto intermedio tra gli ufficiali municipali e quelli regi».

379 Cfr. E. GESSA, Istituzioni alimentari nella Cagliari aragonese: il mostazaffo, cit., p. 311. 380 Cfr. M. M. COSTA, Oficials de Pere el Cerimoniós a Sàsser (1336-1387), cit., p. 302. 381 Cfr. M. PINNA, Il magistrato civico di Cagliari, Cagliari 1914, pp. 38-39.

I.1.4. La pesatura

L’imposta sul peso (dret del pes) veniva applicata su tutte le merci soggette alla pesatura, dal formaggio, alla lana, al piombo etc.

Nella città di Cagliari il dret del pes rimane costantemente nelle mani del sovrano, il quale lo gestisce attraverso l’appalto382; questo fatto, unitamente alla vasta gamma di merci sottoposte

alla pesatura, lascia intendere quale fosse la sua importanza all’interno del gruppo dei

mesuratges. L’unità di misura era la libbra, pari a 400 grammi383, e le registrazioni utilizzano

spesso i suoi multipli, come il quintar (100 libbre) per il formaggio. Sempre nella pesatura del formaggio, oltre al versamento dell’imposta in moneta, è attestato un pagamento in natura, consistente in parti dello stesso prodotto384.

A Sassari le prime registrazioni di questo diritto sono relative agli anni Quaranta, e alternano periodi di gestione diretta dell’imposta385 a periodi in cui il sovrano ricorreva all’appalto386.

A Iglesias, nell’ambito della produzione mineraria, l’imposta sul peso colpiva il piombo e l’argento. La misurazione non avveniva al momento dell’estrazione del minerale, ma nel momento in cui il minatore lo avrebbe venduto al guelco. L’attività di misuratore ricadeva tra le funzioni del camerlengo, il quale nominava i mesuradors e pesadors de la vena che avrebbero operato alle sue dipendenze387. Era frequente l’appalto dell’ufficio del misuratore,

con il relativo diritto di riscossione388.

Il camerlengo era doppiamente interessato alla corretta pesatura del minerale: innanzitutto perché l’entità dell’introito del diritto dell’argento e del piombo era direttamente proporzionale alla quantità misurata, visto che il guelco doveva corrispondere una quota pari a un dodicesimo (1/12); in secondo luogo per verificare che tutto l’argento e il piombo confluissero nella zecca ed evitare ogni possibile tentativo da parte dei guelchi di vendita illegale. Quest’ultimo punto, osservato da una diversa angolazione, significava che attraverso

382 I registri dell’amministratore generale riportano le entrate dell’appalto del diritto del peso di Cagliari per il

periodo 1336-1349: ACA, RP, MR, reg. 2065, f. 17r; reg. 2066, f. 14r; reg. 2068, tomo IV, f. 41r; reg. 2068, tomo V, f. 4r; reg. 2069, tomo IV, f. 8r; reg. 2075, f. 6r.

383 Cfr. M. MARSÁ, Le relazioni commerciali tra Cagliari e Barcellona nella prima metà del secolo XIV, cit., p.

88.

384 ACA, RP, MR, reg. 2075, f. 43v: «Ítem reebì del dit Guillem Mas per lo dret del pes que li donà en los dits VI

meses ab VII peçes de formatges: II ss VIII».

385 ACA, RP, MR, reg. 2075, f. 43v. 386 ACA, RP, MR, reg. 2075, f. 44r. 387 ACA, RP, MR, reg. 2060, f. 86v.

388 Cfr. C. BAUDIDI VESME, Codex Diplomaticus, cit., p. CCXXXI-II: «in Villa di Chiesa l’officio di pesatore era

officio publico; talora si faceva esercitare dal Camerlengo a nome del Re; più spesso si vendeva a tempo per un prezzo determinato».

l’obbligo di misurazione il camerlengo poteva esercitare un controllo sull’argento e sul piombo, non solo in relazione alla loro produzione ma anche, per così dire retroattivamente, rispetto all’estrazione. Tutto l’argento estratto, come già detto, doveva essere venduto ai guelchi; tutto l’argento prodotto dai guelchi, doveva essere venduto allo stesso camerlengo. In questo senso, ci ripetiamo, la misurazione svolgeva un ruolo di controllo sul quale si innestava il prelievo fiscale.

I registri su cui venivano annotate le entrate recano la dicitura “dirictus stateratum et

corbellorum cum quibus mensuratur et ponderatur vena argentaria”. L’imposta colpiva

dunque la misurazione e la pesatura del minerale estratto: nel caso dell’argento, la misurazione avveniva con corbelli e bilance specifiche (corbells e staderas) e la relativa tassa prendeva il nome di dret dels corbells o dret de mesurar la vena.

Il tributo, che doveva essere versato il giorno seguente alla colatura, gravava non sulla quantità di argento pesato ma sul numero delle operazioni di pesatura389; entro certi parametri

stabiliti, il luogo in cui avveniva la misurazione determinava il valore della tariffa. A Iglesias, infatti, il guelco doveva pagare 6 denari per ogni operazione. La misurazione al di fuori della città comportava però un incremento tariffario, seguendo criteri molto precisi: il guelco avrebbe dovuto pagare 5 soldi, cioè un’imposta dieci volte maggiore rispetto a quella riscossa a Iglesias; se lo stesso guelco avesse poi richiesto una seconda misurazione fuori città, nel caso in cui la distanza dal luogo della precedente misurazione fosse stato superiore al mezzo miglio, avrebbe pagato altri 5 soldi; solamente 2 soldi per una distanza inferiore a quel limite.

Tariffe sull’imposta di misurazione della vena secondo quanto stabilito nel Breve di Villa di Chiesa

Luogo della pesatura Numero delle pesature (alfonsini minuti)Tariffa

Iglesias 1 6 denari

Meno di mezzo miglio fuori dalla città

(prima pesatura) 1 5 soldi

Meno di mezzo miglio fuori dalla città

(pesature seguenti alla prima) 1 2 soldi

Oltre mezzo miglio fuori dalla città 1 5 soldi

Fonte: C. Baudi di Vesme, Codex Diplomaticus

389 Cfr. C. BAUDIDI VESME, Codex Diplomaticus, cit., p. 136: «qualunque quantità fosse la vena»

Le registrazioni dei camerlenghi catalano-aragonesi riportano un sistema tariffario semplificato, con una netta e semplice distinzione tra le misurazioni effettuate ad Iglesias e quelle avvenute al di fuori della città. Come criterio per la determinazione della tariffa non venivano cioè tenute in considerazione né le distanze, né le misurazioni seguenti alla prima. Quelle che avevano luogo a Iglesias, erano state aumentate rispetto a quanto stabilito nel

Breve, passando da 6 denari a 18 denari (1 soldo 6 denari), con un incremento pari al 300%.

Per le misurazioni fuori città si sarebbero pagati sempre 2 soldi per ogni pesatura, senza che venisse più applicata la tariffa di 5 soldi per misurazione390.

Tariffe sull’imposta di misurazione della vena

secondo quanto previsto nei registri catalano-aragonesi dei camerlenghi Luogo della pesatura Numero delle

pesature

Tariffa (alfonsini minuti)

Iglesias 1 1 soldo 6 denari

Fuori dalla città 1 2 soldi

Fonte: ACA, RP, MR, reg. 2118, tomo VI, f. 1r.

Se sfuggono le motivazioni di questo cambiamento tariffario, è tuttavia possibile fare alcune osservazioni: la revisione del Breve di Iglesias è del 1327, e dunque in quel momento le tariffe confermate nel testo statutario erano quelle applicate. La presenza di questa informazione nel registro dei camerlenghi fornisce la certezza del cambiamento delle tariffe; d’altra parte, non possiamo essere sicuri del loro rispetto e della loro applicazione nei periodi successivi. Va peraltro notato che il cambio delle tariffe potrebbe aver coinciso con l’abbassamento delle entrate sulla misurazione proprio tra il 1327 e il 1328 e la contestuale decisione di appaltare le stesse imposte. Non sarebbe infatti da escludere che sulla modifica delle tariffe fossero intervenute le pressioni dei guelchi, che di quelle imposte erano i soggetti passivi, mentre la decisione del sovrano di appaltare le imposte sarebbe potuta essere un’ulteriore conseguenza.

Così come l’argento, anche il piombo doveva essere pesato dopo la colatura. La misurazione del piombo veniva effettuata tramite la statera grossa, e tale era il nome con cui nella

390 ACA, RP, MR, reg. 2118, tomo VI, f. 1r: «dret de mesuradura o de mesurar les dites venes, ço és II sous per

cascuna vegada que se mesuren fora la vila e I sou VI diners per cascuna vegada que se mesuren d’intra la vila».

documentazione veniva definita l’imposta391. La relativa tassa era calcolata in base all’unità

di misura per il peso (il cantaro). Anche in questo caso, il fatto che la misurazione avvenisse a Iglesias o all’esterno della città determinava il variare della tariffa: nel primo caso si pagava 1 soldo ogni cento cantari, nel secondo, a parità di peso, il valore dell’imposta si triplicava. Il tributo era normalmente a carico del guelco, a meno che la misurazione fosse avvenuta prima della vendita: in tal caso, questi avrebbe diviso il carico fiscale con l’acquirente. In sostanza, per la misurazione all’interno della città l’imposta veniva pagata nella quota di 6 denari ciascuno e per la misurazione all’esterno della città 1 soldo e 6 denari ciascuno.

La statera grossa, dietro specifica richiesta, veniva utilizzata anche per merci diverse dal piombo. L’esempio conosciuto a livello tariffario è quello della lana, per cui si pagava un alfonsino d’argento ogni 100 libbre. Anche in questo caso era prevista l’equa ripartizione dell’imposta tra compratore e venditore (½ alfonsino d’argento ciascuno).

Diritto fiscale sulla statera grossa (piombo e lana) Minerali e merci pesate Momento Quantità Tariffa

Piombo

(pesato all’interno della città)

Dopo la vendita

100

cantari 1 soldo di alfonsini minuti Piombo

(pesato all’interno della città) Prima della vendita 100 cantari 6 denari il guelco 6 denari l’acquirente Piombo

(pesato all’esterno della città)

Dopo la vendita

100

cantari 3 soldi di alfonsini minuti Piombo

(pesato all’esterno della città) Prima della vendita 100 cantari

1 soldo 6 denari il guelco 1 soldo 6 denari l’acquirente Lana Dopo la vendita 100 libbre

1 alfonsino d’argento (½ alfonsino il venditore e ½ alfonsino il compratore)

Fonte: C. Baudi di Vesme, Codex Diplomaticus

I.1.4. L’ancoraggio

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