L’intento di costruire una collaborazione con partner regionali per una maggiore sicurezza dei confini, protezione dei diritti umani, salvaguardia della libertà e della dignità umana è sterile quando si conclude con un partner che versa in una condizione di precarietà dei diritti umani.
Infatti, tante sono le denunce da parte delle associazioni di diritti umani che operano in Marocco a testimonianza delle condizioni precarie dei diritti fondamentali dell’uomo nel paese.
L’associazione marocchina per la difesa dei diritti umani (AMDH), a Rabat, presenta nel 2011 il suo rapporto sui diritti dell'Uomo in Marocco. Questa associazione pubblica regolarmente dei rapporti sulla situazione dei diritti umani nel Marocco dal 1995, per evidenziare le violazioni degli impegni internazionali assunti dallo Stato Marocchino in materia di diritti umani e le sue omissioni in merito alla realizzazione effettiva degli impegni, a livello pratico e legislativo. Secondo, Khadija Ryadi, presidente AMDH:
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"Il Marocco ancora tergiversa riguardo alla ratifica di numerose carte internazionali e convenzioni sui diritti umani."
In particolare, il rapporto definisce inquietante e catastrofica la condizione dei detenuti, per via di "mancanza di condizioni igieniche adeguate, cattiva alimentazione e medicinali insufficienti".
L'AMDH ha denunciato, inoltre, il divieto d'esercizio imposto ad alcune associazioni, aggressioni contro giornalisti e “numerosi processi ingiusti, contro un rapper, un gruppo di salafiti o ancora contro sahariani indipendentisti, e la pena di morte non è ancora stata abolita”.
Sono evidenziate le violazioni al codice del lavoro in tutti i settori, l'aumento della disoccupazione, “un terribile deficit di risorse umane” riguardo la sanità pubblica, con un medico ogni 1630 abitanti e la situazione dei migranti espulsi, vittime di razzismo e violenze da parte della polizia.
Le violazioni rilevate in questo rapporto sono sufficienti per evidenziare l’orientamento generale della politica pubblica in questo ambito e dimostrare che, a dispetto degli impegni nazionali ed internazionali, lo stato Marocchino manchi di volontà politica effettiva riguardo alla realizzazione ed al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, mentre intraprende misure per controllare i flussi migratori. Data la definizione concordata nel capitolo II, sugli ecoprofughi come persone che fuggono da situazioni difficili, il tipo di risposta che offrono i paesi destinatari di questi flussi migratori, soprattutto i paesi di transito, diventa una questione cruciale in vista degli effetti ottenuti.
Nessuna norma giuridica o convenzione ONU, allo stato attuale, contempla e tratta esplicitamente la questione dei diritti umani, dell’assistenza umanitaria, degli impatti ambientali connessi ai profughi climatici. Questa lacuna legislativa aggrava lo status di tali soggetti, i quali sono così esposti a politiche repressive arbitrarie, sia negli stati di transito che quelli di destinazione.
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Conclusioni
È stato accuratamente osservato che in numerosi casi erigere un muro o una barriera segna il passaggio da una società che è dinamica e stimolante a una società che è sulla difensiva, ansiosa di difendere i proprio vantaggi dal mondo esterno che improvvisamente appare incompressibile e ostile.180
In altre parole la costruzione delle barriere e di misure di sicurezza come quelle sopra descritte possono essere la risposta immediata ad una crisi contingente ma in nessun caso rappresentare la risposta definitiva, la soluzione del problema.
Il consolidamento delle barriere attorno a Ceuta e Melilla ha ridotto il tasso di immigrazione clandestina nel breve periodo; tuttavia il circuito di transito dei clandestini ha scelto altre strade meno vigilate e spesso più precisole con dei risolti spesso tragici.
Davanti a delle circostanze di questo tipo serve domandarsi sull’efficacia di misure di sicurezza che ignorano le libertà e diritti fondamentali dell’uomo ma soprattutto chiedersi a chi servono queste misure di sicurezza.
I flussi migratori come quelli che apprendono alle porte dell’Europa sono quasi del tutto frutto di un acuto disagio nei paesi d’origine dei migranti. Il forte richiamo a discorsi centrati sulla sicurezza non fa che preservare l’ordine attuale senza domandarsi delle sua appropriatezza. L’atteggiamento futuro verso altri tipi di migrazione forzate come quella del profugo climatico/ecoprofughi sarà la stessa come quelli sopra esaminati non fa altro che consolidare un approccio militare verso fenomeni che hanno bisogno di approfondimento. La letteratura in merito ai cambiamenti climatici si focalizzata meno sui tipi di minacce che questi cambianti possono portare all’uomo e non allo stato assumendo anche una risposta proprietà verso la sicurezza invece che sull’impegno prevenirla attaccando il discorso dalla
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Rinella A., Walls and fences. Muri e barriere tra sicurezza nazionale e libertà; profili di
diritto costituzionale comparato, Nuovi studi di diritto estero e comparato, Collana del
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cause che la fanno scaturire. Per ciò nel caso del profugo climatico/ecoprofugho l’attenzione deve essere rivolta meno sulla sicurezza e più verso due tipi di approcci che nel futuro devono essere predominanti. Una è la sviluppare una governance globale sul tema del cambiamento climatico e l’altro approfondire lo studio sul nesso tra sviluppo e clima. La prima comprende rafforzare la politica e i contesti istituzionali, amministrativi e giuridici. Il secondo approccio esprime invece la necessità di adottare politiche lungimiranti. Nuove istituzioni sono necessaire ma i principi istitutivi di queste nuove istituzioni deve essere basato sullo sviluppo sostenibile che rispetti gli uomini di oggi e le generazioni future.
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CAPITOLO IV
ALTERNATIVE ALLE MISURE DI SICUREZZA; ALCUNE RISPOSTE AL FENOMENO DEI PROFUGHI CLIMATICI
Il cambiamento climatico sta avvenendo con una velocità e intensità maggiore di quanto predetto. L’alta concertazione di gas serra nell’atmosfera dimostra che gli sforzi per mitigare le emissioni globali sono stati lenti e poco incisivi. Pertanto, le sfide future, la politica di adattamento e quelle di mitigazione devono arrivare al centro dei dibattiti politici. Una delle più importanti questioni da affrontare è come il cambiamento climatico andrà a influenzare la migrazione e gli spostamenti delle persone e che tipo di politica dobbiamo implementare nel merito.
In secondo luogo, bisogna continuare le ricerche per comprendere le cause e le conseguenze della migrazione per monitore il numero delle persone che sono costrette a fuggire. Questo si può raggiungere migliorando le relazioni e le comunicazioni tra i diversi attori che si occupano di diritti umani, ambiente e migrazione.
In terzo luogo, promuovere delle politiche inclusive, trasparenti e responsabili. Le proposte di politica che vengo avanzate da parte dagli stati più vulnerabili aiutano a comprendere meglio le dinamiche del fenomeno e la sua gravità. I benefici possono essere massimizzati e i rischi minimizzato se le popolazioni vulnerabili sono significativamente coinvolte nella progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle risposte ai cambiamenti ambientali.
Pertanto si propone:
Per quanto riguarda l’assistenza e la protezione delle persone che cercano rifugio fuori dei propri confini nazionali, l’adozione di un accordo multilaterale legalmente vincolante. È possibile approvare una specifica
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Convenzione internazionale per i profughi causati dai cambiamenti climatici valutando bene tempi e scadenze.
È possibile anche definire un Protocollo o un meccanismo, o una serie di accordi regionali o di cooperazione interregionale corollari del nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici come l’UNFCCC. Altre strutture del sistema ONU (UNU, UNHCR, IASAC) e organizzazioni internazionali come IOM e NRC hanno sollecitato l’UNFCCC ad occuparsi di migrazioni forzate.
Un’altra opzine sarebbe quella di definire un meccanismo o un vero e proprio Protocollo attuativo di un’altra convenzione globale come quella contro la siccità e la desertificazione, l’UNCCD o come anche la Convezione del 1951.
Altrettanto importanti sono gli accordi regionali, intese fra due o più stati limitrofi, intese fra unioni regionali come l’Europa e l’Africa in modo da risolvere anche in maniera più dignitosa la questione dei profughi nei confini del Vecchio Continente.
Dal punto di vista di politiche preventive, pare opportuno adottare prima un sistema di elary warnings per monitorare il degrado ambientale e prevenire catastrofi, conflitti e crisi umanitarie.