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1.6 Ecosistemi vulnerabili

1.6.3 Stati insulari in via di sviluppo

Il cambiamento climatico rappresenta una sfida enorme per tutti i piccoli stati insulari comunemente riconosciuti come Small Island Developing States (SIDS). Il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite attualmente conta 52 stati che si trovano sparsi in tre regione geografiche: nei Caraibi, nel Pacifico e nei paesi AIMS (Africa, Oceano Indiano e Mediterraneo).

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Djoghlaf A., Climate change and biodiversity los: The great New Threats to Peace,

Security and Development, Earthscan, London, 2009, p.111.

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UNESCO, United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, The United

Nations World Water Development II. Water: A shared responsibility, UNESCO and

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Per alcune di queste isole non si tratta di una mera questione economica derivante da possibili danni ambientali, ma di una vera minaccia alla propria sopravvivenza. L’innalzamento del livello di mare, anche se di pochi centimetri, rischia di far scomparire quelle isole che non superano un metro di altitudine. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’IPCC nel 2013, con l’attuale stato delle emissioni, si prevede un aumento dei livelli dei mari di 52- 98 cm, entro il 2100. Anche qualora si registrasse una diminuzione delle emissioni, attraverso politiche di mitigazione, il processo di innalzamento delle acque non si arresterebbe; infatti anche con tali politiche sarebbe comunque previsto un incremento di 28-61 cm. Tale aumento avrebbe per le zone costiere gravi ripercussioni, provocando erosioni di suolo e un aumento del numero e della gravità delle inondazioni.

I SIDS sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici per motivi demografici, ambientali ed economici. Una buona parte delle popolazioni vive vicino alle coste e la loro economia dipendono fortemente dall’agricoltura e la pesca. L’innalzamento del livello del mare comporterà uno spostamento verso l’interno della popolazione con forte disagio sia per quelli che sono stati costretti a spostarsi, che per le comunità che le riceveranno. Le inondazioni e l’erosione della costa distruggono le infrastrutture, essenziali per spostamento e il commercio. L’intrusione dell’acqua salata nelle riserve d’acqua potabile e nei terreni coltivati costituisce una minaccia per la sicurezza alimentare e spinge tanti agricoltori a coltivare colture resistenti al sale. Per molti di loro queste conseguenze sono già una realtà. Gli abitanti delle isole di Carteret in Papa Guinea sono stati i primi rifugiati ambientali a doversi spostare dalle loro case dopo che le inondazioni hanno distrutto i loro raccolti e reso l’isola inabitabile.34 Fra gli ambienti più a rischio troviamo gli atolli, presenti nell’oceano indiano e pacifico, caratterizzati da una particolare e suggestiva formazione di terre emerse e lagune. Gli atolli derivano da eruzioni

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Beck S. and Dorsey M., At the water 's edge: Climate Justice, small islands and

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particolarmente violente di isole di origine vulcanica. L’esplosione ha fatto si che al posto del cono vulcanico, completamente distrutto si crei una laguna; è possibile che parte della parete del vulcano rimanga emersa. Intorno all’isola si creano le barriere coralline che consentano la formazione di bassi fondali sabbiosi. E’ facilmente intuibile come la straordinarietà e il fascino di questi ambienti siano connessi ad una fragilità che li sta rendendo le prime vittime del cambiamento climatico. Le isole Fiji, Kiribati, Tuvalu sono alcuni luoghi che si trovano ad affrontare tali problematiche.

1.6.3.1 L’arcipelago di Tuvalu.

Tuvalu è un piccolo stato insulare composto da quattro isole coralline e cinque atolli nel Sud Pacifico. E’ il più piccolo stato facente parti delle Nazioni Unite, ha una superficie di 25,8 km quadrati con una popolazione di circa 9.800 abitanti. Trattandosi di isole formate da atolli corallini la massima altezza sul livello del mare di queste isole è di 4,5 metri, mentre l’altezza media si aggira attorno a 1,5 metri.35 Il sistema socio-economico è un sistema

di comunità tradizionale in cui ogni famiglia ha il suo compito da svolgere per la comunità, come la pesca, costruzione delle abitazioni, difesa. La sussistenza delle famiglie risulta particolarmente vincolata alla fornitura delle risorse naturali. Diversi fattori, quali la sovrappopolazione, la costruzione insensibile (di strade, edifici, banchine lungo le coste) o estrazione di sabbia, stanno degradando gravemente l’ambiente di Tuvalu.36Tuttavia, il riscaldamento

globale sta portando l'ennesima pressione ambientale e contribuisce alla scarsità delle risorse naturali, in particolare dell'acqua potabile. Questo piccolo stato sta già affrontando gli effetti del cambiamento climatico. L’innalzamento

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Barker, A., Climate change migrants: A case study analysis, Asian Development Bank, 2008, p. 16.

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Bogardi, J. et al., Control, Adapt or Flee. How to Face Environmental Migration? Interdisciplinary Security ConnecTions Publication Series of UNU–EHS, No. 5, Bonn, United Nations University Institute for Environment and Human Security (UNU– EHS),2007, pp. 1 – 42.

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dell’oceano sta lentamente rendendo inabitabili zone sempre più ampie dell’arcipelago; inoltre le zone delle isole che resteranno sopra il livello dell’acqua saranno sempre più soggette ai danni causati dai fenomeni dell’alta marea e delle tempeste; secondo alcuni studi se le acque saliranno anche solo di un metro, i danni provocati saranno così gravi da rendere le isole totalmente inabitabili.37 Il governo di Tuvalu ha già avviato dei negoziati con il governo

australiano e con quello neozelandese, visto la negazione della possibilità di vedere riconosciuto il loro status di rifugiati climatici. Tuttavia, la Nuova Zelanda ha avviato un programma immigratorio, il Pacific Access Category che permette l’entrata di 75 persone da Tuvalu, 75 da Kiribati e 250 da Tonga, usando come criterio l’ammissione lavorativa con le suddette quote annuali, senza riconoscere a loro lo status di rifugiati climatici.38