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Capitolo I

BREVE STORIA DEL DIRITTO D’AUTORE IN FRANCIA

Come già precedentemente accennato il diritto d’autore francese nasce e inizia la propria evoluzione con le innovative leggi rivoluzionarie del 1791 e del 1793.

Tali testi normativi costituiscono un punto di partenza formidabile dell’intera storia dei sistemi di protezione delle opere d’ingegno in tutta l’Europa continentale.

In effetti, però, già sotto l’Ancien Régime era stato compiuto un passo molto importante verso l’emancipazione e, quindi, lo sviluppo della figura dell’autore.

Il 15 maggio 1777 una “déclaration royale”234 aveva, infatti, proclamato la completa libertà dell’arte e degli artisti, finalmente svincolati dal giogo delle corporazioni.235

Il terreno era divenuto quindi fertile per un intervento legislativo che ridefinisse il ruolo dell’autore.

Fu però necessario un avvenimento di rottura totale a livello storico e ideologico, come la Rivoluzione francese, perché si completasse quel cammino che avrebbe portato al riconoscimento definitivo dei diritti dell’autore.

Dopo il 1789, infatti, abrogati i privilegi librari di autori ed editori, vennero disciplinati il diritto di rappresentazione e il diritto di riproduzione.

234 Che fu poi registrata in Parlamento il 2 settembre 1777.

235 L’unica condizione che era posta per l’autore alla libera diffusione delle proprie opere era costituita dall’iscrizione alla Académie Royale. Questa “communauté”, nata durante il regno di Luigi XIV, si caratterizzava, d’altro canto, per la sua piena accessibilità, priva di alcuna limitazione discriminante.

Il 19 gennaio 1791 un decreto legge emanato dall’Assemblea Costituente236 sancì, infatti, la prerogativa, propria dell’autore, di autorizzare la rappresentazione delle sue opere teatrali e solo due anni dopo un altro decreto legge, del 19-24 luglio 1793,237 disciplinerà il diritto esclusivo dell’autore di riprodurre la propria opera d’arte.238

Queste legislazioni,239 che, come detto, costituiscono la base ideologica del diritto d’autore dell’Europa continentale, sposarono due principi fondamentali: le prerogative del creatore sulla propria opera discendono direttamente e sono giustificate dal concetto di creazione intellettuale; il diritto sull’opera non può non avere natura temporanea per esigenze legate alla libera diffusione dell’arte e, più in generale, della cultura.

Poiché la disciplina delle leggi rivoluzionarie permarrà quasi inalterata fino alla legge 11 marzo 1957, attualmente in vigore, e quindi per più di centocinquanta anni (!), é sicuramente opportuno approfondirne l’analisi.

Sia la legge del 1791240 che quella del 1793 sono composte da pochi articoli con contenuto generale.

236 É in questa occasione che Le Chapelier, relatore dell’atto normativo, dopo aver definito l’opera d’ingegno (riprendendo, in realtà, un’espressione utilizzata in una arringa dall’allora celebre avvocato Cochu) come “la plus sacreé et la plus personnelle de toutes les proprietés” aggiunse che, poiché é estremamente giusto che gli uomini che coltivano il dominio del pensiero traggano qualche frutto dal loro lavoro, é necessario che durante tutta la vita e per qualche anno dopo la loro morte nessuno possa disporre senza il loro consenso del prodotto del loro ingegno. Era così nato il diritto d’autore.

237 Relatore di tale legge fu Lakanal, il quale affermò che non vi era proprietà meno suscettibile di contestazione di quella dell’autore relativamente alle proprie opere d’ingegno.

238 É curioso rilevare che il Tribunal de Commerce di Parigi, con sentenza 21 ottobre 1830, dichiarò che la “Marsigliese” poiché stampata e pubblicata nel 1792 (e quindi un anno prima della legge), era caduta in pubblico dominio e poteva, perciò, da chiunque essere riprodotta.

239 Definite da Marcel Plaisant “sobres comme d’une inscription dans le marbre”.

240 Che fu integrata dai decreti legge del 15 gennaio e del 13 luglio 1792 per ciò che concerneva la rappresentazione delle opere drammatiche e musicali.

Il diritto di rappresentazione venne affermato dall’art.2 (d.l. 1791) per cui “les ouvrages des auteurs vivants ne pourront être représentés sur aucun théâtre public dans toute l’étendue de la France sans le consentement formel et par écrit des auteurs, sous peine de confiscation du produit total des représentations au profit des auteurs”.

La disciplina generale veniva poi integrata dall’art.5 della stessa legge, in cui veniva fissato il limite temporale di tale prerogativa in cinque anni dopo la morte dell’autore a favore di eredi o concessionari.

La normativa del 1793 riguardò invece il diritto di riproduzione ed ebbe anch’essa una disciplina riducibile in due articoli chiave.

Infatti se l’art.1 chiarisce il contenuto del diritto che riguarda “les auteurs d’écrits en tous genres, les compositeurs, les peintres et les dessinateurs qui font graver les tableaux et dessins” affermando la loro facoltà esclusiva di “vendre, faire vendre, distribuer leurs ouvrages dans tout le territoire de la Répubblique et d’en céder la propriété en tout et en partie”, é, poi, stabilito dall’art.2 che gli eredi o gli eventuali concessionari dell’autore “jouiront du même droit durant l’espace de dix ans aprés la mort des auteurs”.

Queste due leggi affermarono in maniera perentoria, quindi, l’esistenza di un diritto naturale per ciascun autore rispetto alla propria opera, principio questo che costituisce la base teorica di tutta la normativa tutelativa delle prerogative del creatore dell’opera d’ingegno. Ciò non significa che si debba trascurare l’importante compito pratico assolto da tali legislazioni per l’intero periodo in cui esse rimasero vigenti.

In effetti le leggi rivoluzionarie sono rimaste a sancire i principi fondamentali del

diritto d’autore, costituendo quell’alveo entro il quale la giurisprudenza ha potuto colmare le numerose lacune che si sono moltiplicate con il sopraggiungere della società multimediale, fino alla legge del 1957.

D’altro canto già in questo periodo cominciò a sorgere anche in Francia lo spinoso problema della natura del diritto d’autore.

Per quasi tutto il diciannovesimo secolo i giureconsulti francesi non misero in dubbio, a cominciare dalla scelta terminologica,241 l’esistenza di una vera e propria propriété litteraire et artistique.242

A sostegno di tale ipotesi intervennero anche importanti letterati, dopo che già Diderot nel secolo precedente aveva affermato che “l’auteur est propriétaire de son oeuvre ou alors personne n’est maître de son bien”.243 É bene ricordare a questo proposito soprattutto Lamartine, il quale arrivò a sostenere che il diritto dello scrittore é “la plus sainte des propriétés”.244

Anche la giurisprudenza ottocentesca non si allontanò dalle tesi dottrinali, affermando ripetutamente la partecipazione del diritto sulle opere d’ingegno all’area delle proprietà.245

I dubbi che accompagnavano tale concezione delle prerogative dell’autore

241 C’é da rilevare, però, che il legislatore per le leggi del 5 luglio 1844 e del 14 luglio 1866 non utilizzò il termine “propriété”.

242 La convinzione che il diritto d’autore era una particolare forma di proprietà aveva portato un autorevole autore come Gérard de Nerval a sostenere la perpetuità del diritto d’autore, poiché “fixer un terme à la propriété litteraire et artistique, c’est frapper d’un impôt spécial les ouvrages qui, pour recevoir un honorable salaire, ont besoin de temps et de durée”.(in “Oevres complémentaires”)

243 Denis Diderot(1713-1784), inventore della critica d’arte, fu filosofo, poeta, drammaturgo, scrittore ma soprattutto direttore dell’Encyclopédie.

244 Alphonse de Lamartine (1790-1869) scrittore e poeta, divenne famoso con il suo capolavoro “La Vigne et la Maison”.

245 Ricordiamo la sentenza della Cour de Cassation 16 agosto 1880 in cui si affermò che: “la propriété littéraire et artistique essentiellement mobiliére, a le même caractére et doit avoir le même sort que tout autre genre de propriété moins la limitation que l’intérêt public a fait apporter a sa durée”. (in Colombet, “Propriété littéraire et artistique)

cominciarono, però, a manifestarsi esplicitamente già verso la fine del secolo.

I motivi di tale inversione di tendenza (che, però, non fu mai totale) furono essenzialmente due.

Innanzitutto non appariva compatibile questo tipo di proprietà incorporale con la concezione moderna che legava indissolubilmente il diritto di proprietà al bene materiale (senza alcun limite temporale).246

In secondo luogo, tra gli anni 1880-1928,247 comincia ad affermarsi, soprattutto a livello giurisprudenziale, il concetto del “diritto morale dell’autore”, secondo la formula coniata da Morillot nel 1873.248 Il movimento dottrinale che seguì questa tendenza contribuì in modo decisivo ai successivi interventi legislativi, in materia di diritto d’autore, di natura derogatoria al diritto comune, permettendo la nascita di un vero e proprio diritto speciale.249

Tutto ciò non permise però, in Francia, una omologazione delle teorie ontologiche, che, anzi, si moltiplicarono, nel periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Le nuove idee, contrarie al concetto di proprietà,250 infatti, sollecitarono ulteriori approfondimenti, che condussero alla elaborazione delle tesi più svariate sulla

246 A questa obiezione sollevata da Renouard (in “Traité des droits d’auteur dans la littérature, les sciences et les beaux arts”) rispose però Pouillet (in “Traité de la propriété littéraire et artistique”) sostenendo che la limitazione temporale é il sacrificio che il legislatore impone al proprietario di questo tipo di “propriété spécifique” a causa del fatto che “la société a un droit à la jouissance intellectuelle de l’oeuvre”. Sull’intera questione vedi Candian, in Candian-Gambero-Pozzo

“Property-Propriété-Eigentum”, 1992.

247 Nel 1928, nella Conferenza di Ginevra, viene consacrato, a livello internazionale, il diritto morale dell’autore (art.6bis).

248 Morillot, “De la personalité du droit de copie”.

249 Huguet (in “L’ordre public”) affermò, però, negli stessi anni, che “on ne peut rendre compte d’une législation sur le droit d’auteur sans se référer constamment au droit commun”.

250 Si riteneva che fosse più opportuno parlare di “monopolio”.

natura del diritto d’autore. Di queste occorre ricordare le più interessanti.251

Inanzitutto occorre ricordare la teoria di un giurista tedesco, che ebbe, però, molto seguito in Francia: Kohler.

Egli ritenne che non trovasse limiti di incompatibilità l’idea di un diritto di proprietà unita a un oggetto privo di materialità.

Quindi era giustificata l’inclusione delle prerogative (che Kohler considerava esclusivamente di natura patrimoniale) dell’autore sulla propria opera nella categoria delle proprietà.

Molto seguito ebbe anche la teoria dei “diritti di clientela”.252

Secondo la concezione propugnata dai suoi fautori il diritto d’autore non é un bene stabile e definito, bensì é coinvolto in una dinamica giuridica nella ricerca di una “clientèle”, che costituisce un valore e un obiettivo (“la fortune en formation”

dice Roubier).

Escarra, Rault et Hepp furono invece i sostenitori della teoria dei diritti intellettuali.253

Questi diritti erano considerati facenti parte di una terza categoria distinta sia da quella relativa ai diritti materiali sia da quella relativa ai diritti personali.

A parte i dubbi legittimi che ha fatto sorgere anche quest’ultima teoria, essa ha però avuto il merito di individuare la reale natura delle opere d’ingegno, soggette sia a un diritto di proprietà (limitato nel tempo), che implica tutta una serie di

251 Un ampio studio sulla evoluzione delle concezioni sulla natura del diritto d’autore é stato svolto da M. Pierre Recht in “Le droit d’auteur, une nouvelle forme de propriété”.

252 Ricordiamo l’adesione a tale tesi sia di Desbois (in “Le droit d’auteur”), sia di Roubier (in “Droits intellectuelles et droits de clientéle”).

253 Escarra, Rault et Hepp, “La doctrine française du droit d’auteur”.

conseguenze patrimoniali, sia a una serie di prerogative morali attinenti alla personalità dell’autore, che non possono sopportare alcun tipo di “proprietà”.

Queste considerazioni permisero l’accoglimento anche in Francia254 della c.d.

teoria dualistica, che pur non rigettando una concezione lato sensu unitaria del diritto d’autore, sposa l’idea secondo la quale occorre tenere distinti i due ambiti (morale e patrimoniale) di cui si compone.255

Mentre il diritto morale rientra tra le prerogative personali dell’autore, il diritto patrimoniale é soggetto a una proprietà, seppure temporanea e su un bene immateriale.256

La giurisprudenza si pose su questa posizione già all’inizio del secolo con diverse sentenze che confermavano il carattere ibrido del diritto d’autore,257 mentre in dottrina é fisiologica l’assenza di omogeneità, che, in effetti é perdurata,258 nonostante si sia formata una netta maggioranza a favore di tale tesi.

Gli interventi del legislatore durante tutto il periodo che va dalle leggi

254 Come in Italia.

255 Tale concezione ha informato anche la legge 11 marzo 1957, nonostante l’art.1 affermi che l’autore goda sulla propria opera di un diritto di proprietà incorporale che determina privilegi tanto di ordine intellettuale e morale, quanto di ordine patrimoniale. L’ambiguità di tale disposizione infatti non é riscontrabile nel resto della disciplina in cui si pone una netta distinzione tra diritto morale e diritto patrimoniale.

256 In effetti, questo deriva dal fatto che i francesi non hanno mai del tutto abbandonato la c.d.

“propriétà germanica”.

257 Ricordiamo la sentenza della Cour de Cassation del 25 giugno 1902 (in DP, 1903) e inoltre la sentenza della Cour de Paris del 6 marzo 1931 (in Recueil Sirey, 1932) che fu la conclusione di una curiosa vicenda che ebbe come protagonista il pittore Camoin, il quale nel 1914 distrusse e gettò nella pattumiera talune sue opere delle quali non era soddisfatto; uno straccivendolo aveva però ricuperato quei quadri e dopo averli restaurati li vendette a tale Francis Carco. Quest’ultimo nel 1925 decise di venderli nell’ambito di un’offerta pubblica, ma a questo punto intervenne Camoin a rivendicare il proprio diritto di distruzione sulle opere. La Cour de Paris diede ragione al pittore sostenendo che il diritto morale “attaché à la personnalité même de l’auteur ou de l’artiste, lui permet, sa vie durant de ne livrer son oeuvre au public que dans la maniére et dans les conditions qu’il juge convenables”.

258 Esistono tuttora autori che si pongono a favore di tesi contrarie all’idea di un diritto d’autore con un’anima dualistica (vedi per es. Weill “Droit civil introd. générale”, Coulombel “Introduction à l’étude du droit et du droit civil”, Lindon “Les droits de la personnalité”).

rivoluzionarie alla legge del 1957, sono stati invece, come detto, rari e di natura marginale.

Nel 1866 la legge del 14 luglio assegnò l’usufrutto dei diritti d’autore all’eventuale coniuge superstite, motivando tale normativa con il fatto che “la compagne de l’homme de génie lui prête l’assistance de son coeur droit et de son esprit élevé. Par ses grâces, par ses vertus, elle rend plus facile l’oeuvre de celui dont elle partage les déceptions et les triomphes”.259

Con la stessa normativa fu prolungata la durata dell’esclusività dei diritti dell’autore a favore dei suoi aventi causa a cinquant’anni dopo la sua morte.

La legge dell’11 marzo 1902 estese invece la protezione “aux sculpteurs et dessinateurs d’ornements, quels que soient le mérite et la destination de l’oeuvre”, introducendo, quindi il principio per cui il giudice doveva prescindere dal valore estetico dell’opera nella determinazione della sua tutela.

La distinzione fondamentale tra proprietà di un’opera d’arte e diritto di riproduzione della stessa opera fu introdotta invece con la legge del 9 aprile 1910, la quale appunto affermava che “l’aliénation d’une oeuvre d’art n’entraîne pas, à moins de convention contraire, l’aliénation du droit de reproduction”.

Poi venne promulgata la loi 20 maggio 1920, la quale introdusse il c.d. “droit de suite”, cioé la prerogativa, propria dell’autore di opere dell’arte figurativa, di ottenere un canone sul prezzo delle sue opere vendute in una pubblica offerta da parte di colui il quale abbia acquistato tale diritto dallo stesso autore.

É evidente l’intento che voleva perseguire il legislatore, il quale aveva

259 É curioso rilevare come si presuma che l’autore debba essere in ogni caso il marito.

considerato la possibilità concreta che un artista esordiente, o comunque inesperto, non conoscesse il suo reale valore e quindi potesse vendere a prezzo irrisorio opere che poi avrebbero fruttato all’acquirente grandi vantaggi economici; quindi l’autore (cui occorre aggiungere i suoi aventi causa, fino a cinquant’anni post mortem auctoris) venne gratificato di un diritto che permise di ristabilire un giusto equilibrio.

Infine occorre ricordare la legge 29 maggio 1925 che introdusse un principio portante l’attuale concezione del diritto d’autore, poiché fu affermata l’esistenza di prerogative esclusive di ogni creatore sulla propria opera a prescindere da qualsiasi formalità di deposito e, quindi per il fatto stesso della sua creazione.260 A queste cinque leggi occorre aggiungere altri due testi normativi (le leggi 3 febbraio 1919 e 22 luglio 1941), i quali però sono di marginale importanza perché, promulgati in periodo di guerra, ebbero lo scopo di organizzare un regime temporaneo a favore degli autori per ovviare alle problematiche contingenze che comporta ogni situazione bellica.

Nonostante la pluralità di legislazioni che, come abbiamo visto, si succedettero nel periodo antecedente il 1957, numerose e ampie rimasero le lacune normative, dal momento che il legislatore francese aveva del tutto trascurato tutti i nuovi mezzi di comunicazione e di riproduzione e non aveva per nulla preso in considerazione le nuove tipologie di opere, che pure erano nel frattempo sorte.

260 Dal 1793 la disciplina normativa stabiliva l’obbligo del deposito di due esemplari dell’opera d’ingegno presso La Bibliothéque Nationale, perché potesse esistere una tutela giudiziaria dell’autore rispetto all’opera stessa.

L’attività giurisprudenziale,261 sebbene ebbe un merito enorme nel consentire la sopravvivenza del sistema legislativo sorto dopo la Rivoluzione francese,262 non poté ovviamente colmare tutti quei vuoti legislativi che rendevano necessaria una riforma globale del diritto d’autore.

Questa ebbe luogo, finalmente, con la legge 11 marzo 1957, n.57-298.

Tale disciplina fu però preceduta da alcuni tentativi e da una serie di lavori preparatori, che non sembra utile tralasciare.

Dopo il fallimento del progetto di legge del 1936,263 gli studi per la nuova legislazione sul diritto d’autore ripresero nel 1940 presso la Commission du droit d’auteur della Société d’Études Législatives, presieduta da Paul Lerebours-Pigeonnière.

Fu elaborata una relazione che venne trasmessa alla Commission de la propriété intellectuelle,264 presieduta da Jean Escarra, nella quale fu discusso un nuovo progetto, che finalmente vide l’approvazione del Parlamento nel 1957.

L’intento palese del legislatore fu quello di codificare la giurisprudenza che si era formata nel secolo e mezzo precedente e di fissare i principi dottrinali dominanti cercando di contemperare le esigenze della allora incipiente società tecnologica e multimediale con i giusti principi già stabiliti nelle legislazioni rivoluzionarie.

A tal riguardo il più autorevole interprete del diritto d’autore in Francia, Henry

261 Per esempio fu creato dalla giurisprudenza, in questo periodo, il diritto dell’autore di rivendicare la paternità della sua opera (Lyon, 10 agosto 1858, Ann.prop.ind. 1858; ma anche Paris, 17 dicembre 1838, sentenza nella quale si riconobbe all’autore il diritto di non farsi indicare dall’editore con una perifrasi, nella fattispecie “l’auteur de l’Histoire de France”).

262 Con una attività prolifica e puntuale nelle aree di latitanza della copertura normativa.

263 Cfr. “Historique” di Jean Vilbois, in R.I.D.A., t. XIX, 1958.

264 Tale Commissione era stata creata con decreto del 28 agosto 1944.

Desbois, ha sostenuto che la legge 11 marzo 1957 “respectait et développait les principes traditionnels de la conception française du droit d’auteur”.265

Occorre rilevare, poi, che la disciplina sul diritto d’autore ha, recentemente, subìto delle modificazioni ad opera della legge del 3 luglio 1985, n.85-660 266 e ad opera della legge del 10 maggio 1994, n.94-361; quest’ultima normativa é stata inserita nel nuovo impianto sistematico legislativo sorto con la nascita del “code de la propriété intellectuelle” avvenuta nel 1992.267

265 H. Desbois, “Commentaire précité”.

266 È la c.d. “loi Lang”, la cui elaborazione fu propugnata dall’allora ministro della cultura e della comunicazione Jack Lang, che ebbe come base d’appoggio il testo del rapporto “Pour une politique nouvelle du livre et de la lecture” preparato dalla Commission Pingaud-Barreau nel 1982; rapporto nel quale si poneva il problema della revisione del diritto d’autore resa necessaria dall’apparizione dei nuovi mezzi di comunicazione audiovisivi e informatici.

267 Con la legge n.92-597 del 1 luglio 1992.

Capitolo II

LE OPERE PROTETTE

par. 1 - Caratteristiche generali.

Il legislatore francese del 1957 ha definito solo alcune delle caratteristiche che devono essere valutate per individuare un’opera d’ingegno che meriti la protezione del diritto d’autore.

In effetti, se il diritto positivo stabilisce una tutela automatica del prodotto artistico senza che sia necessario l’adempimento di formalità pregresse268 e senza che risultino discriminanti il genere, la forma d’espressione, il valore estetico (“le mérite”) o la destinazione dell’opera,269 é grazie al compito integrativo svolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza che é stato possibile risalire agli altri criteri

In effetti, se il diritto positivo stabilisce una tutela automatica del prodotto artistico senza che sia necessario l’adempimento di formalità pregresse268 e senza che risultino discriminanti il genere, la forma d’espressione, il valore estetico (“le mérite”) o la destinazione dell’opera,269 é grazie al compito integrativo svolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza che é stato possibile risalire agli altri criteri

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