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Analisi comparata del diritto d'autore in Italia e in Francia. Di Andrea Formica

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Analisi comparata del diritto d'autore in Italia e in Francia

Di Andrea Formica

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PREMESSA PARTE I

IL DIRITTO D’AUTORE IN ITALIA CAPITOLO I

BREVE STORIA DEL DIRITTO D’AUTORE IN ITALIA CAPITOLO II

LE OPERE PROTETTE

par. 1 - Considerazioni introduttive

par. 2 - Le opere protette, in particolare: le opere originarie par. 3 - In particolare: le opere derivate

par. 4 - Il pubblico dominio CAPITOLO III

I SOGGETTI E IL CONTENUTO DEL DIRITTO D’AUTORE par. 1 - I soggetti del diritto d’autore

par. 2 - I diritti dell’autore, in particolare: i diritti morali par. 3 - In particolare: i diritti patrimoniali

par. 4 - La durata dei diritti par. 5 - Le utilizzazioni libere CAPITOLO IV

DIRITTI CONNESSI, TRASMISSIONE DEI DIRITTI D’AUTORE, VIOLAZIONE DELLA LEGGE

par. 1 - I diritti connessi

par. 2 - La trasmissione dei diritti d’autore par. 3 - Violazione della legge

CAPITOLO V

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DEL DIRITTO D’AUTORE PARTE II

IL DIRITTO D’AUTORE IN FRANCIA CAPITOLO I

BREVE STORIA DEL DIRITTO D’AUTORE IN FRANCIA CAPITOLO II

LE OPERE PROTETTE par. 1 - Caratteristiche generali

par. 2 - Opere particolari e opere derivate CAPITOLO III

I SOGGETTI E IL CONTENUTO DEL DIRITTO D’AUTORE par. 1 - I soggetti del diritto d’autore

par. 2 - I diritti morali

par. 3 - I diritti patrimoniali e i loro limiti par. 4 - La durata dei diritti

CAPITOLO IV

DIRITTI CONNESSI,TRASMISSIONE DEI DIRITTI D’AUTORE, VIOLAZIONE DELLA LEGGE

par. 1 - I diritti connessi

par. 2 - La trasmissione dei diritti d’autore par. 3 - La violazione della legge CAPITOLO V

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DEL DIRITTO D’AUTORE PARTE III

CONVENZIONI INTERNAZIONALI E DIRITTO COMUNITARIO IN MATERIA DI DIRITTO D’AUTORE

PARTE IV

ANALISI COMPARATA TRA IL DIRITTO ITALIANO E IL DIRITTO FRANCESE

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PREMESSA

Il diritto d’autore, pur avendo storia relativamente breve, può considerarsi sicuramente un settore giuridico assai importante e delicato della società moderna.

Lo sviluppo irrefrenabile dei mezzi tecnici di comunicazione sociale, che ha avuto luogo nell’ultimo secolo, ha infatti moltiplicato l’importanza di una tutela morale e patrimoniale delle opere letterarie e artistiche, il che si traduce poi nell’articolazione di una precisa disciplina di tale area.1

La protezione assicurata all’opera di ingegno (definita anche “la più sacra e preziosa” delle proprietà),2 d’altra parte, è divenuta progressivamente sempre più importante, tanto che la stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 aveva espressamente previsto che “chacun a droit à la protection des intérets moraux et matériels decoulant de toute production scientifique, littéraire ou artistique dont il est l’auteur”.3

In Italia, d’altro canto, il rilievo acquisito dalla protezione dell’autore, é stato anche autorevolmente confermato da una celebre sentenza della Corte di Cassazione in cui si affermava che: “la tutela della creazione dell’opera intellettuale é diretta a difendere il patrimonio culturale e generale e rientra quindi nei fini pubblici e d’interesse generale di una collettività come lo Stato moderno”.4

1 I nuovi tipi di opera (cinematografica, radiofonica, televisiva), i nuovi mezzi di diffusione (radio, televisione, ecc.) e di riproduzione dell’opera (videoregistratori, fotocopiatrici, ecc.) hanno reso obbligatoria sia una rivisitazione dei principi tradizionali, sia un’estensione dell’area dei diritti connessi al diritto d’autore.

2 Da Le Chapelier, relatore della legge “rivoluzionaria” del 19 gennaio 1791, istitutiva del diritto di rappresentazione dell’autore in Francia.

3 art. 27, paragrafo 2.

4 Cass. Sez. Un. 27 giugno 1966 n.2663.

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In sintesi il diritto d’autore può considerarsi un settore del diritto di grande rilevanza per tutti i sistemi.

Nonostante ciò la sua nascita ha una datazione piuttosto recente.

Infatti la prima legislazione risale al 1709, anno in cui la regina Anna d’Inghilterra emanò l’ Atto 8 con cui veniva riconosciuto agli autori un diritto di stampa delle proprie opere (21 anni per quelle già pubblicate e 14 per quelle inedite).

Già nell’antica Roma, però, possono riscontrarsi delle tracce di una concezione embrionale del diritto d’autore.

Se può escludersi l’esistenza di una specifica disposizione normativa nel diritto romano,5 significativi sono i richiami di natura etica, compiuti da celebri letterati della latinità, sulle prerogative dello scrittore in ordine alla propria opera.

Sia Virgilio,6 sia Marziale7 sia lo stesso Cicerone8 affermarono più volte la necessità di assicurare una tutela contro il plagio dei propri scritti sostenendo di fatto le ragioni del diritto morale dell’autore.

Ma sarà soltanto con la spinta economica dell’industria libraria, dopo la nascita della stampa a caratteri mobili, che sorgerà la necessità di una vera tutela per i creatori di opere.

É, infatti, nella seconda metà del secolo decimoquinto che vengono concessi nella Repubblica di Venezia i primi privilegi ad autori e librai. Concessi dal principe, i

5 Una dottrina autorevole (Jhering, V. Scialoia) ha però sostenuto l’esistenza della possibilità, riconosciuta anche nell’antica Roma, di una tutela morale dell’autore attraverso l’interpretazione estensiva dell’“actio iniuriarum aestimatoria”.

6 Nel suo celebre “Sic vos non vobis” con cui Virgilio denunciava il plagio di un suo distico apposto senza firma sulla porta dell’imperatore Augusto.

7 Nei suoi famosi epigrammi.

8 Nella lettera ad Attico.

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privilegi librari erano veri e propri monopoli che garantivano soprattutto agli editori (molto più di rado agli autori) l’esclusiva di stampare e di vendere.

Il sistema dei privilegi si diffuse ben presto negli altri Stati Italiani, nonché in molti paesi stranieri (Francia, Spagna, Inghilterra, Germania ecc.) segnando così la definitiva uscita degli artisti dall’anonimato dei chiostri o delle corporazioni.

Occorrerà attendere però circa tre secoli per un riconoscimento legislativo del diritto d’autore grazie, come detto, allo Statuto della regina Anna d’Inghilterra,9 con il quale venne riconosciuto il “copyright” o diritto di copia.

A questa prima normativa ne seguirono altre in Francia (le leggi “rivoluzionarie” del 1791 e del 1793) e negli Stati Uniti (la legge federale del 1790) affermando in tutto il mondo l’esigenza di una tutela dei creatori di opere.

Il diritto d’autore si é quindi delineato nei tre diversi sistemi che lo hanno caratterizzato negli ultimi due secoli: il sistema anglosassone, il sistema socialista e il sistema latino-germanico.

Il primo si é diffuso ben presto in Inghilterra e negli USA con l’intento dichiarato di promuovere “the progress of science and useful arts”10 e con una conformazione tutta mirata a intenti di natura economica, tanto da escludere una protezione morale dei detentori del copyright.

Il sistema che si é definito nei paesi del socialismo reale ha avuto invece una funzione legata alla necessità di consentire una fruizione delle opere di ingegno da parte della società, nel quadro della generale pianificazione economica,

9 Anna Stuart d’Inghilterra promosse questo Statuto nel 1709, nel quadro degli ideali preilluministici del c.d. “costituzionalismo inglese” successivo alla “Dichiarazione dei diritti” del 1689.

10 Così l’art. 1 § 1 Cl. 8 della costituzione federale statunitense.

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determinando una conseguente frustrazione del ruolo dell’autore.

Solo nel sistema latino-germanico (diffuso nell’Europa continentale) la personalità dell’artista ha trovato una collocazione importante, con il riconoscimento di diritti morali e patrimoniali.

In effetti é verso questo sistema che si é verificato un avvicinamento poderoso delle legislazioni sia anglosassoni, sia dell’Europa orientale, grazie soprattutto alle numerose convenzioni internazionali concluse in materia nell’ultimo secolo.11

Proprio il diffondersi del diritto d’autore in una veste sempre più internazionalistica e uniforme ha rivelato l’aspirazione naturale di questa branca del diritto industriale a una collocazione universale, non più stretta da confini nazionali, ma proiettata a una sempre maggiore estensione (sia in senso giuridico che in senso geografico) della protezione assicurata ai creatori di opere di ingegno.

D’altro canto non può essere disconosciuta l’attitudine peculiare delle opere letterarie e artistiche a essere diffuse e utilizzate al di fuori del paese di origine, anche nel quadro di uno scambio culturale internazionale, che deve essere senz’altro incentivato e regolamentato.

É in questo senso che acquisisce un ruolo rilevante l’analisi comparata tra due diritti d’autore, quello italiano e quello francese, che, seppure presentino notevoli punti in comune (per la medesima radice storica e per la compartecipazione dei due paesi in vari accordi internazionali e di natura comunitaria) costituiscono purtuttavia due parametri legislativi differenti i cui rapporti sono ineludibilmente destinati ad

11 Tra le quali ricordiamo soprattutto la convenzione di Berna del 1886, riveduta e corretta più volte, di cui sono membri oltre all’Italia e alla Francia anche l’Inghilterra e numerosi paesi ex-socialisti, e la Convenzione universale di Ginevra del 1952.

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intensificarsi.

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PARTE I

IL DIRITTO D’AUTORE IN ITALIA

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Capitolo I

BREVE STORIA DEL DIRITTO D’AUTORE IN ITALIA

Collocato, sicuramente, nel quadro dei sistemi latino-germanici, il diritto d’autore italiano trae le sue radici dal movimento delle costituzioni “giacobine”

sviluppatosi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo in seguito alla campagna d’Italia napoleonica.

Infatti, é in questo periodo che, sulla spinta ideologica della rivoluzione francese, si compose nei diversi Stati Italiani un nutrito gruppo di intellettuali progressisti, i quali dopo aver appoggiato le riforme illuministiche, si volgevano ora con speranza alla Francia e all’avanzata militare di un esercito comandato da un giovane generale: Napoleone Bonaparte.

Questo sostegno culturale, che mirava al superamento della vecchia Italia spagnolesca, si dimostrò determinante per consentire l’introduzione negli Stati Italiani conquistati o influenzati dalla Francia, di un serie di costituzioni modellate su quella francese dell’anno III (1795).12

In questo quadro fu emanato il 12 gennaio 1799 dal temporaneo governo rivoluzionario piemontese il primo decreto disciplinativo della materia del diritto d’autore, il quale, seppure improntato alla massima semplicità, già esprimeva principi della legislazione moderna.

12 Non é più sostenibile la tesi, secondo la quale vi fu una traduzione sic et simpliciter della costituzione francese in italiano e questo, secondo la storiografia più recente, é dimostrato dal testo della prima carta costituzionale approvata a Bologna in S.Petronio il 4 dicembre 1796 che denota l’originale e autonomo apporto del costituente italiano.

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Due anni dopo nella Repubblica Cisalpina13 venne poi promulgata finalmente una legge organica e completa.

Anch’essa ampiamente ispirata alle leggi rivoluzionarie francesi entrò in vigore il 19 fiorile dell’anno IX (9 maggio 1801)14 introducendo un diritto esclusivo di vendita e di cessione dell’opera per gli scrittori, i musicisti e gli artisti.

Essa stabiliva che “gli autori di scritture d’ogni maniera, i compositori di musica, i pittori, i disegnatori che faranno incidere quadri o disegni, godranno per l’intero decorso della loro vita il diritto esclusivo di vendere, far vendere, distribuire le opere loro nel Territorio Cisalpino, e di cederne la proprietà in tutto o in parte”. Questo diritto durava vita natural durante per l’autore e 10 anni post mortem auctoris per gli eredi (periodo quest’ultimo che un decreto del 1810 allungò a 20 anni).

Nel Regno delle due Sicilie venne per la prima volta riconosciuto un diritto di rappresentazione delle opere teatrali e musicali con una legge del 7 novembre 1811, modificata da un decreto del 1828. Quest’ultimo atto normativo, dovuto a Francesco I, ampliava notevolmente l’area dei diritti spettanti agli autori su tutte le loro opere e estendeva a 30 anni la durata di tali diritti in capo agli eredi dopo la morte dell’autore.

In tutti gli Stati pre-unitari si cominciarono a diffondere normative sul diritto d’autore (anche con spunti innovativi rispetto alla legislazione francese).

Nello Stato Pontificio una prima tutela degli autori si ebbe con un Editto che nel 1826 assicurò loro la proprietà sulle opere letterarie e scientifiche pubblicate.

13 La Repubblica Cisalpina fu costituita nel 1797 per iniziativa della Francia, e comprendeva i territori della Transpadana e Cispadana, quelli già veneziani tra Adda e Mincio e la Valtellina.

14 Questa legge é evidenziata in: Franchi, “Leggi sui diritti d’autore” p. 72-73.

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Nello stesso anno anche negli Stati Sardi fu disciplinato con una Regia Patente (di Carlo Felice) un diritto esclusivo di pubblicazione e vendita per 15 anni. Il Codice albertino del 1837 introdurrà poi (art. 440) il concetto molto importante di proprietà letteraria e artistica che, seppure abbia trovato riscontro nel codice civile italiano del 1865, verrà poi abbandonato dalla legislazione successiva.

Infine occorre ricordare la legge austriaca del 19 ottobre 1846 (di Ferdinando I) introdotta nel Lombardo-Veneto, il Decreto Sovrano 22 dicembre 1840 emesso da Maria Luigia nel ducato di Parma e Piacenza e le leggi del 1840 e del 1841 che hanno disciplinato il diritto d’autore nel Granducato di Toscana e nel ducato di Lucca.

Il diffondersi di provvedimenti legislativi su questa materia negli Stati citati, se andava incontro alle esigenze che già da tempo si erano manifestate a tutela delle opere artistiche, trovava però un suo forte limite nelle numerose frontiere che dividevano gli Stati Italiani.

In effetti risultava molto facile, per l’ambito ristretto dell’efficacia di tali legislazioni, contravvenire di fatto ai diritti di esclusiva spostandosi solo di alcuni chilometri oltre il confine.

Questo problema indusse nel 1840 gli Stati Sardi e l’Austria a stipulare una convenzione15 (che segnalò già allora lo spirito sovranazionale del diritto d’autore) per coordinare la disciplina legislativa dei diversi stati, e che, come trattato italo-austriaco, rimase in vigore fino al 1890.

15 A tale trattato aderiranno, poi, anche il Granducato di Toscana, il Ducato di Parma, il Ducato di Modena, il Ducato di Lucca e lo Stato Pontificio.

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La disciplina ivi contenuta16 consentiva la tutela “(del)le opere o produzioni dell’ingegno o dell’arte, ma anche delle opere teatrali, delle traduzioni, delle incisioni litografiche e delle medaglie”, e risolveva il problema delle opere anonime o pseudonime la cui titolarità fu attribuita agli editori finché gli autori o i loro aventi causa non avessero fatto constare dei loro diritti; venne assolutamente vietata la contraffazione intesa come “l’azione per cui si riproduce con mezzi meccanici un’opera, in tutto o in parte, senza il consenso dell’autore o dei suoi aventi causa”, e si aggiungeva che “v’ha contraffazione non solo quando v’ha una somiglianza perfetta fra l’opera originale e l’opera riprodotta, ma eziandio quando sotto ad un medesimo titolo, o sotto un titolo diverso, vi ha identità di oggetto nelle due opere, e vi si trova lo stesso ordine di idee e la stessa distribuzione di parti”. Il diritto, dopo la morte dell’autore, veniva trasferito “agli eredi legittimi e testamentari” e perdurava per 30 anni (nel caso di opere postume la durata veniva estesa a quarant’anni). Dura era la convenzione contro i contraffattori, obbligati al risarcimento dei danni sofferti dall’autore e soggetti a una serie di misure esecutive quali “il sequestro e la distruzione degli esemplari e degli oggetti contraffatti, e così pure delle forme , stampe, dei rami, delle pietre, e degli altri oggetti adoperati per eseguire la contraffazione” (a meno che la parte lesa non avesse chiesto “che siffatti oggetti le venissero aggiudicati in tutto o in parte in deduzione dell’indennità che le era dovuta”).

Proprio a questo trattato (che divenne ben presto una sorta di diritto comune in materia di proprietà letteraria) si ispirò Alessandro Manzoni quando decise nel

16 Anche il testo di questa legge é contenuto in Franchi, “Leggi sui diritti d’autore”.

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1846 di citare in giudizio il celebre editore Le Monnier reo di aver riprodotto senza la sua autorizzazione “I promessi sposi” nella stesura del 1827.

Il fatto fu veramente curioso perché il Manzoni con quell’azione giudiziaria non volle solo tutelarsi economicamente ma soprattutto cercò di difendere le proprie prerogative morali di autore dal momento che la versione definitiva de “I promessi sposi” (pubblicata tra il 1840 e il 1842) presentava delle variazioni notevoli rispetto all’opera riprodotta da Le Monnier.

É interessante a tal riguardo rileggere alcuni passi di una famosa lettera indirizzata dallo stesso Manzoni al professor Girolamo Boccardo in cui l’autore illustra le sue idee in tema di diritto d’autore.17

Infatti il Manzoni già nel 1861 rigettava l’ipotesi di un diritto d’autore paragonabile a una proprietà però poi affermava:”...la contraffazione non solo può privare (l’autore) di un giusto vantaggio, ma anche cagionargli un danno positivo... L’uomo che, dopo aver impiegato più o meno tempo, studio e, se occorre, anche spese a comporre un libro, si risolve a pubblicarlo, s’espone a un doppio rischio. L’opera che a lui pareva dover essere gradita e forse avidamente cercata dal Pubblico, il Pubblico che, a ragione o a torto, sarà d’un gusto diverso, gliela può lasciare... Ma a questo risico, nato dalla cosa medesima, se ne può aggiungere un altro, cagionato dalla volontà arbitraria d’altri uomini, e da un motivo di speculazione privata; cioé che l’opera sia, senza il consenso dell’autore, ristampata da un terzo che, non ci avendo messo né tempo, né studio, né spese, trovi cosa comoda il profittare, a danno dell’autore medesimo, de’ molti vantaggi

17 La lettera é riprodotta sulla rivista “il diritto d’autore”,1962, 58.

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della sua diversa condizione. Primo vantaggio é il non esporsi a quel risico, a cui l’autore non si può sottrarre...”.

In questo passo é rappresentata molto efficacemente la posizione morale dell’autore rispetto alla sua opera e in questo Manzoni si rivelò una volta di più un acuto e puntuale osservatore18, tanto più che, patrocinato dall’avvocato Panattoni vinse la causa con Le Monnier e ottenne una discreta somma per la rifusione dei danni.

La prima legge italiana unitaria (che ebbe tra i suoi relatori Antonio Scialoja) seguì di poco l’unificazione politica e fu adottata con il r.d. 25 giugno 1865, n.2358 all. G, esteso poi alle province di Venezia e Mantova (nel 1867) ed a Roma (nel 1871).

Intervennero poi delle modificazioni minori che diedero luogo, una volta fuse con la legislazione previgente, al testo unico del 19 settembre 1882 n.1012, rimasto in vigore sino al 1926.

Si trattava di una legge assai soddisfacente, per i tempi, in quanto che prevedeva una piena esclusiva per gli autori, limitata però solo per 10 anni (dalla prima pubblicazione dell’opera) per quel che riguardava il diritto di traduzione.

I diritti degli eredi (post mortem auctoris) erano salvaguardati per ciò che concerneva il diritto di rappresentazione per 80 anni (dalla prima rappresentazione), mentre il diritto di riproduzione e spaccio si estingueva come jus excludendi alios: gli eredi, infatti, potevano pretendere soltanto, per altri 40 anni dopo la morte del de cuius, un compenso pari al 5% del prezzo lordo di

18 In effetti il diritto morale dell’autore verrà riconosciuto nella sua pienezza solamente nel nostro secolo e dopo, un non breve e facile iter ideologico.

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vendita di ogni esemplare riprodotto.

La legislazione speciale sul diritto d’autore del 1865 costituiva l’applicazione dell’art. 437 del codice civile entrato in vigore nello stesso anno. Esso stabiliva che l’appartenenza delle produzioni dell’ingegno fosse da attribuirsi “ai loro autori secondo le norme stabilite dalle leggi speciali”.

Ma l’aspetto più rilevante della previsione codicistica si poteva trarre dalla posizione sistematica in cui era stato collocato il diritto d’autore, e cioé sotto il titolo della proprietà.

In effetti in Italia si affermò (a dispetto delle sopra ricordate tesi manzoniane) un concetto che incardinava senz’altro la figura del diritto d’autore nell’ambito dell’istituto della proprietà, facendo della legge speciale uno strumento derogatorio ed evitando totalmente una indicazione specifica nel codice sulla tutela della personalità dell’autore.

Appare evidente a tal riguardo lo sforzo compiuto, nei decenni successivi, dal legislatore (sollecitato dalla dottrina e incalzato dalla giurisprudenza), il quale ha progressivamente spostato il diritto d’autore dall’area della proprietà e dei principi codicistici verso una legislazione speciale che consegnasse la tutela dei creatori d’opere a un ambito specifico e particolare, come la materia richiedeva.

Nonostante ciò la prima disciplina italiana adottò la teoria che voleva il diritto degli autori come un diritto di proprietà su beni immateriali, distinguendosi così dal sistema francese che già nella sua fase embrionale si caratterizzò per la sua specialità (“un droit sui generis non prévu par le code et au quel on ne peut

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appliquer les régles du code civil”19).

É evidente che i maggiori danni per questa situazione furono a discapito degli interessi morali degli autori, che invece erano destinati a trovare sempre maggiore spazio nelle normative moderne.

In realtà, già all’inizio del nostro secolo, si cominciò a diffondere anche in Italia la consapevolezza che “il carattere personale ... forma(va) ormai il caposaldo di ogni riforma legislativa nella materia e rappresenta(va) il diritto che (l’autore) ha alla sua personalità di scrittore e di artista”.20

Ciò condusse alla redazione di una nuova legge sul diritto d’autore adottata con il r.d. 7 novembre 1925, n.1950, convertito in legge 18 marzo 1926, n.562.

Questa normativa, oltre a indicare, per la prima volta, come unico fatto costitutivo del diritto d’autore il puro e semplice fatto della creazione dell’opera e della sua estrinsecazione (senza quindi la necessità di particolari formalità costitutive21), enfatizza gli interessi di natura morale dell’autore (art.16) e li equipara ai diritti patrimoniali.

Il passo fondamentale compiuto dal legislatore italiano ebbe poi una importantissima conferma a livello internazionale con la conferenza di Ginevra del 1928, la quale sancì (art.6-bis) il definitivo superamento dell’utilizzo di tecniche di tutela proprie di una sorta di diritto comune al fine di difendere prerogative di natura extrapatrimoniale e rappresentò anche il momento del

19 Recht, “(Le) droit d’auteur”, Paris, 1969.

20 V.N. Stolfi, “Proprietà intellettuale”, Torino, 1915, pag.261.

21 Il sistema introdotto dalle leggi 25-6-1865 n.2337 e successive fino al t.u. pubblicato con r.d. 19-9- 1882 n.1012 prevedeva una serie di formalità che richiedevano, assieme alle dichiarazioni di riserva, il deposito di alcune copie dell’opera, la custodia e l’esibizione al pubblico del materiale depositato e la pubblicazione delle stesse dichiarazioni di riserva sulla Gazzetta Ufficiale del Regno.

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decisivo allontanamento dei sistemi di diritto d’autore di civil law dai sistemi anglosassoni di common law (in cui mancò la penetrazione della dottrina del diritto morale).

É in questi anni che comincia a sorgere soprattutto in Italia un dibattito strettamente legato al problema delle prerogative extrapatrimoniali, dibattito che si porrà come base ideologica prodromica della riforma del 1941.

La questione che interessò i giureconsulti dell’epoca (anche alla luce del rapido e incessante sviluppo dei mezzi di riproduzione e di diffusione delle opere d’ingegno, intercorso tra le due guerre mondiali) fu quella della natura del diritto d’autore.

Posto che il diritto d’autore era un diritto soggettivo, il problema che sorgeva era quello della costruzione dogmatica di tale qualifica sulla base della determinazione del genere di tale diritto soggettivo e della specie alla quale, entro il rispettivo genere, si dovesse ascrivere lo stesso diritto soggettivo.22

Per quanto concerne il genere, le differenze tra i vari autori vertevano essenzialmente sul tipo di rapporto esistente tra diritto patrimoniale dell’autore e diritto morale, rapporto valutato o secondo un criterio esclusivistico, o secondo un criterio eclettico.

Due erano le teorie dei sostenitori del criterio esclusivistico: la prima riferiva al diritto d’autore solo il diritto morale, in quanto che si riteneva che l’opera d’ingegno non potesse mai svincolarsi dal suo creatore, costituendo anzi un suo

22 Un ampio approfondimento del quadro generale del dibattito sul diritto d’autore dal punto di vista della dogmatica giuridica italiana si può trovare in Greco, Vercellone, “I diritti sulle opere di ingegno”, pagg. 175-190.

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attributo, una sua qualità che doveva essere tutelata come un diritto della personalità, senza che questo risultasse incompatibile con gli interessi economici che pure l’autore può avere23; la seconda, invece, identificava i diritti dell’autore con le sole prerogative patrimoniali, riconoscendo l’esistenza di interessi morali che però venivano ricondotti all’area dei diritti comuni della personalità.24

A queste teorie, dette anche “monistiche unilaterali”, si contrappongono le c.d.

teorie eclettiche: la prima delle quali é quella del “monismo integrale”.

Secondo i fautori di questa concezione del diritto d’autore esiste un unico diritto soggettivo in capo al creatore di un’opera d’ingegno, un diritto sui generis che consta della combinazione di due poteri inscindibili: quello patrimoniale e quello morale.

Questa posizione deriva da talune premesse indispensabili: intanto, si suole ritenere che le prerogative dell’autore (sia morali che patrimoniali) si esercitino sempre e solo rispetto ad un unico oggetto, l’opera d’ingegno, insieme creatura spirituale dell’autore e bene immateriale economico, quindi si aggiunge che le due specie di interessi morali esistenti (l’amor di sé dell’autore rispetto alla propria arte e le esigenze legate alla preoccupazione di conservare l’opera nella sua consistenza e nella sua efficienza) siano sempre necessariamente incorporate, in atto o in potenza, in qualsiasi forma di utilizzazione economica dell’opera. Da tutto ciò si trae l’esistenza di un unico diritto (ovviamente con un’unica

23 Autorevoli furono i propugnatori di tale teoria ( anche di recente in Italia: Candian, “Il diritto d’autore nel sistema giuridico”, Milano,1953), teoria che ebbe il merito di influire notevolmente a livello legislativo elevando la considerazione degli interessi morali dell’autore, anche se, sul piano filosofico dogmatico, ebbe scarso seguito.

24 Anche questa teoria non ebbe larga diffusione dottrinaria nei paesi di civil law pur essendo stata sostenuta da insigni autori (in Italia ricordiamo: Ascarelli, “Teoria”, p.753 segg.). È purtuttavia la concezione che ha conformato i sistemi anglosassoni di diritto d’autore.

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disciplina) che determina conseguenze sia sul piano morale, sia sul piano economico.

Questa teoria, che da noi non é mai stata presa in considerazione seriamente, ha avuto invece molto successo in taluni paesi come l’Austria e la Germania federale, dove lo stesso sistema di diritto d’autore é stato informato a questi principi.

Se invece dobbiamo individuare la concezione che é stata la stella polare del legislatore italiano del 1941, non é in dubbio a tal riguardo che ci si debba riferire alla seconda teoria eclettica: quella dualistica.25

Questa dottrina, che ha caratterizzato anche il sistema francese26, si fonda sul concetto per cui, seppure il diritto morale e il diritto economico hanno nature diverse e discipline distinte (ad esempio per quanto riguarda la durata) ciò non toglie che debbano presentare delle intersecazioni e dei collegamenti che hanno come obbligatorio centro comune di riferimento l’opera dell’ingegno; i due gruppi di diritti si trovano perciò ad essere come due parti distinte e separate dello stesso sistema di tutela del diritto d’autore.

Tutto ciò richiede evidentemente che l’ordinamento giuridico (come, d’altro canto, fa quello italiano) ponga in un ambito nettamente circoscritto quei diritti personali che il legislatore considera legati all’opera d’ingegno, separandoli dalla categoria restante degli interessi patrimoniali.

25 Costituisce un tentativo di superamento su un piano superiore di questa concezione la teoria secondo la quale la protezione dell’autore si definirebbe come una posizione giuridica, detta di signoria sull’opera (Werkherrschaft), in base alla quale si attribuirebbe al creatore d’opera un numero considerevole di diversi diritti soggettivi e poteri.

26 Nonostante il parere discorde di taluni autori (segnatamente Santini), i quali hanno sostenuto che la legge francese del 1957 fosse improntata a un sistema monistico, ma tale tesi é senz’altro confutata dal più autorevole interprete della legge francese: Desbois.

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É in quest’ottica che nasce la legge 22 aprile 1941 n.633, tuttora in vigore.

Essa rappresenta senz’altro una risposta (necessaria) alla crescente complessità dei processi creativi delle opere intellettuali e soprattutto delle tecnologie riproduttive e diffusive delle stesse che é esplosa nel periodo tra le due guerre mondiali, dando luogo a quella che é stata considerata (dopo l’invenzione della stampa) una sorta di seconda era nella storia del diritto d’autore.

Come risulta chiaramente anche dalla stessa relazione Piola Caselli27, due erano le priorità del legislatore del 1941, entrambe legate da un’unica e tipica istanza di modernizzazione.

Da un lato c’era la necessità di ridefinire la dinamica dei rapporti tra “autori, editori e impresari” sulla base dell’ideologia del tempo e dall’altra si voleva creare “un sistema più completo e più moderno delle sanzioni civili”.

Inoltre, si voleva rendere la materia coerente “con i recenti sviluppi dei nuovi strumenti di riproduzione, di esecuzione, di rappresentazione e di diffusione delle opere dell’ingegno, costituite dal disco, dal fonografo e dalla radio” senza per questo trascurare una indispensabile estensione della tutela a rapporti giuridici che erano stati trascurati dalla legge Rocco del 1926.

Tutti questi intenti non ottennero però quei risultati che si auspicavano, soprattutto per la difficoltà di rendere compatibile il tradizionale diritto d’autore con la consapevolezza dei nuovi fenomeni di riproduzione, disagio, questo, che é ben rappresentato dalla collocazione di tali materie nel titolo dei “diritti connessi”.

27 In “Codice del diritto d’autore”,1943.

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A titolo di merito si può però segnalare un’innovazione importante prodotta dalla legge del 1941 (rispetto alla disciplina previgente) e cioé il ritorno al criterio di tipicità delle opere protette col diritto d’autore in quanto si richiede il requisito della “creatività”(art.1), quale argine atto ad evitare che “si continuino a proteggere oggetti di triviale uso e valore, per i quali la concessione di un diritto di privativa di così larga, elevata e duratura portata, non presenta alcuna giustificazione sociale”.28

La legge 22 aprile 1941, n.633 ha subìto poi recentemente delle lievi modificazioni per opera del d.p.r. 8 gennaio 1979, n.19 (pubblicato nella G.U.

n.29 del 30 gennaio 1979) e del decreto legislativo 16 novembre 1994, n.685 (G.U. n.293 del 16 dicembre 1994).

Al termine di questo excursus sulla storia del diritto d’autore italiano appare significativo notare che la nostra Costituzione del 1948 a differenza di quanto avviene in altri stati (ad esempio gli Stati Uniti) non fa alcun riferimento diretto alla protezione delle opere d’ingegno.

Nonostante ciò (e nonostante anche l’inconsueta staticità della Consulta in materia29) c’é da segnalare il tentativo dottrinale (segnatamente: Ubertazzi) di ricondurre il diritto morale d’autore alle garanzie individuate dagli artt. 2,4,9,33 (Cost.) e di individuare, sia pure latamente una tutela del diritto patrimoniale di pubblicazione negli artt. 21 e 33 (Cost.).

28 Relazione Piola Caselli n.4, pag.13.

29 Chiola ha addirittura sostenuto di scorgere nell’atteggiamento della Corte Costituzionale “la volontà di disimpegnarsi dai problemi di fondo” relativi al fondamento costituzionale del diritto d’autore.

(22)

Capitolo II

LE OPERE PROTETTE

par. 1 - Considerazioni introduttive.

Il capo I (titolo I) della legge 22 aprile 1941, n.633 delimita con una serie di disposizioni, non scevre di ambiguità, l’area delle c.d. opere protette, per le quali é applicabile la legislazione a tutela del diritto d’autore.

Il tentativo compiuto dal legislatore é stato quello, da un lato, di individuare, dalla massa informe dei prodotti artistici, quelle creazioni che sono da ritenersi meritevoli di tutela, e dall’altro, di distinguere queste ultime (attraverso l’indicazione di caratteristiche discriminanti) dall’ambito di operatività degli altri istituti della “proprietà industriale”.

Lo sforzo prodotto nella redazione della legge non é stato però foriero di quella chiarezza che si richiedeva a un aspetto così importante della materia e la conseguenza é il forte dibattito che é tuttora aperto, sia a livello dottrinale, sia a livello giurisprudenziale, sull’intero problema.

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par. 2 - Le opere protette, in particolare: le opere originarie.

L’articolo 1 della legge speciale (ripreso dall’articolo 2575 del Codice Civile30) indica nel carattere creativo appartenente “alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia” l’aspetto essenziale perché un’opera (“qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”31) sia soggetta alla disciplina del diritto d’autore.

Quindi la protezione di un’opera d’ingegno necessita l’esistenza in essa di elementi di un’organica originalità di creazione, dalla presenza cioé di un atto creativo, anche se minimo, espresso in forma concreta, suscettibile di estrinsecazione nel mondo esterno.32 Occorre, perciò, che l’elaborato dell’“artista” susciti reazioni emotive, tali appunto perché dalla comunicazione ciò che si trae non é informazione tout court, bensì una utilità edonistica legata alla percezione dell’opera.33

Ciò significa che ogni singolo prodotto artistico, come minimo comune requisito di tutelabilità, deve presentare il valore, sia pure modesto, della novità (non intesa in senso assoluto, però, poiché la giurisprudenza ha ammesso, sin dall’imminenza dell’entrata in vigore della legge, la protezione di opere in cui l’autore avesse saputo organizzare in modo originale elementi preesistenti, attinti al patrimonio

30 Che, però, si differenzia dalla disposizione della legge speciale in quanto contempla le opere scientifiche, che però sono poi indicate nell’elencazione dell’articolo 2 della stessa legge del 1941, facendo sorgere un dubbio sulla tutelabilità degli atti di “scienza pura” (cfr. Fabiani, “La protezione internazionale delle scoperte scientifiche”, in Dir. Aut. 1979).

31 Torneremo in seguito su questo inciso dell’art.1, che ha un’importanza notevole.

32 Cass.23 gennaio 1969, n.175. In Dir. Aut. 1969.

33 La possibilità che un’opera d’ingegno sia anche fonte di informazioni non deve essere esclusa, purché l’opera presenti una “ridondanza” rispetto al grezzo dato informativo. Il concetto di

“ridondanza” noto alla teoria dell’informazione, pone l’accento sulla possibilità che una comunicazione informativa abbia caratteristiche inutili allo scopo strettamente ragguagliativo, e aventi la funzione di dare al percipiente una sensazione, un piacere diverso da quello che può derivare dall’apprendimento in sé.

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comune34).

Il criterio della creatività é stato utilizzato dagli interpreti sia per definire il campo di operatività del diritto d’autore, sia, come detto, per separare tale ambito da quello della legge sui modelli industriali.

Per quanto attiene al primo aspetto, la c.d. clausola del carattere creativo é stata oggetto di una esegesi estensiva da parte di numerosi autori, che hanno cercato di trarre dall’idea di creatività tutte le sue implicazioni (originalità, valore artistico, attitudine alla comunicazione), consentendo la copertura legislativa di situazioni

“tipologicamente nuove”35, pur persistendo la difficoltà di rendere compatibili i fenomeni nuovi con un’immagine di creatività dell’opera che ci é stata tramandata dalla cultura umanistica.

Proprio su questo terreno é stata misurata l’elasticità del concetto di opera d’ingegno in relazione alla necessaria “plasmabilità” del sistema del diritto d’autore nell’impatto con le nuove tecnologie e con le nuove forme di comunicazione.

Il risultato può essere efficacemente rappresentato dalla casistica giurisprudenziale, che ha di volta in volta ammesso la tutela: di un personaggio di un film36, di un prontuario di calcolo37, di riprese televisive di avvenimenti di

34 Cass. 16 aprile 1943, in Giur. Ital. 1943.

35 La vicenda del software (antecedente al recente decreto legislativo del ‘92, che ha disciplinato questa materia) é emblematica: cfr. Trib. Torino, 17 ottobre 1983, in Rass. dir. civ. 1985.

36 Pret. Roma 2 maggio 1966, in Dir. Aut. 1966.

37 Cass. Pen. 8 marzo 1952, in Dir. Aut. 1952.

(25)

attualità38, degli esercizi didattici contenuti in un manuale scolastico39, di un personaggio di cartoni animati40 o di fumetti41 e addirittura di un bozzetto di carro carnevalesco.42

Abbiamo già notato come la programmata indeterminatezza43 della estensione del concetto di carattere creativo ha permesso, non solo, la definizione dei limiti tendenziali dell’area dell’opera d’ingegno ma, come detto, anche la distinzione di questa da quella relativa ai modelli industriali.

In effetti assai fondata é la tesi secondo la quale i modelli industriali trarrebbero tale qualifica dal concetto di “effetto utile”, distinto dal concetto, proprio delle opere d’ingegno, di “valore artistico”(che nella relazione alla legge presenta interferenze con la nozione di merito o dignità del risultato creativo44).

É però la stessa legge del 1941 che, nell’art. 2, n.4 indica la possibilità che anche le opere coperte dalla tutela del diritto d’autore (nella fattispecie le opere di scenografia) possano essere applicate all’industria (nel quadro della concezione

“funzionalistica” dell’arte), con la condizione che “il loro valore artistico sia scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale sono associate”. Ed ecco che a questo riguardo ritorna l’importanza del parametro della “creatività”, che

38 Con i limiti indicati dalla sentenza della Cass. pen. 18 ottobre 1978, in Dir. Aut. 1979, e esplicitati nell’ordinanza del pretore di Roma (12 ottobre 1979, in Foro it., 1980) la quale ha negato la tutela d’autore (ex art.2) della registrazione televisiva integrale del dibattimento giudiziario relativo ai fatti di piazza Fontana, motivando la sua presa di posizione con la necessità di contemperare gli interessi del diritto d’autore con gli altri interessi (informazione, cronaca, ricerca e libertà di documentazione storica).

39 Trib. Milano 30 luglio 1956, in Dir. Aut. 1956.

40 Pret. Roma 11 settembre 1992, in Dir. Aut. 1992.

41 Cass. 20 febbraio 1978, n.810, in Dir. Aut. 1978. Pret. Roma 11 maggio 1979 e trib. Milano, 22 giugno 1981, in Dir. Aut., rispettivamente, 1980, 1982.

42 Trib. Lucca 31 dicembre 1960, in Dir. Aut. 1961.

43 Così la definisce Santilli.

44 Come rileva autorevolmente l’Ascarelli (in “Teoria della concorrenza e dei beni immateriali”).

(26)

ovviamente dovrà essere utilizzato in modo molto più rigoroso per le opere associate ai prodotti, rispetto al settore dell’arte pura. Il carattere di scindibilità del valore artistico di un’opera sarà tanto più evidente quanto più visibile risulterà l’aspetto creativo.45

Già si é visto che l’art.1 si conclude con una indicazione di assoluta libertà per quanto concerne “il modo e la forma di espressione” dell’opera d’ingegno. Questa determinazione di notevole importanza apre un problema assai complesso:

l’esteriorizzazione del prodotto artistico.

Infatti, se la creatività é l’elemento essenziale che definisce un’opera protetta, non é certo la rappresentazione interna dell’opera che é oggetto di tutela, bensì la sua estrinsecazione.

Le questioni che sorgono a tal proposito sono due: innanzitutto che cosa si intenda per esteriorizzazione dell’opera, e in secondo luogo se sia o meno necessaria la sua pubblicazione.

Quando si sostiene che un prodotto d’arte debba essere concretizzato é evidente che si intende escludere la protezione per tutte quelle idee, che rimangano a livello di pensiero, racchiuse nella mente del loro artefice. É perciò necessario che sia utilizzata una delle vie di comunicazione esistenti a seconda dei diversi tipi di opere (senza alcun vincolo di forma).

Quindi per estrinsecare un’opera letteraria risulterà sufficiente la comunicazione orale, così come l’esecuzione costituirà una possibilità di concretizzazione delle

45 Questo si rivela soprattutto nella materia dell’“industrial design”, in cui, per operare una distinzione tra opere d’ingegno e modelli industriali viene posta l’enfasi sull’attitudine dell’idea creativa a fungere da modello non confondibile con il singolo supporto materiale del prodotto industriale.

(27)

opere musicali.

Questa interpretazione, pacifica in dottrina e in giurisprudenza, trova un riscontro anche nel diritto positivo con l’art.14 della legge n.633/41, il quale stabilisce che esiste un “diritto esclusivo di trascrivere” che “ha per oggetto l’uso dei mezzi atti a trasformare l’opera orale in opera scritta o riprodotta” con i mezzi indicati dall’art. 13.46 É evidente che la nascita di questo diritto possa collocarsi in un momento anteriore rispetto a tale “fissazione” e, che anzi, ne prescinda totalmente.

Più perplesso é il problema inerente alla necessità della pubblicazione dell’opera d’ingegno.

Infatti, se in linea generale sembra di doversi affermare l’assenza di qualsiasi obbligo di pubblicazione47, con l’approfondimento dell’analisi notiamo che la questione non può dirsi così rapidamente risolta.

Infatti, se affermiamo che una concretizzazione percepibile é necessaria ai fini della tutela, perché da tale momento si può considerare “aperta una comunicazione tra il soggetto autore e altri soggetti” e contemporaneamente riteniamo (con ragionevolezza), nel caso delle onde sonore, che l’esteriorizzazione si intende realizzata unicamente se almeno una volta vi é stata percezione da soggetto diverso dall’autore48, ecco che arriviamo alla conclusione che in determinate circostanze la pubblicazione (intesa come comunicazione a un

46 “La copiatura a mano, la stampa, la litografia, la incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione”.

47 Esiste, però, un’opinione discorde in dottrina (Voltaggio Lucchesi “I beni immateriali”,1962; nonché Messinetti “Oggettività giuridica delle cose incorporali”,1970), la quale si fonda sull’idea secondo la quale la pubblicazione é “l’ultimo evento indispensabile al fine del completamento della fattispecie costitutiva del bene e acquisitiva del diritto”.

48 In questo senso: Greco Vercellone “I diritti sulle opere d’ingegno”.

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pubblico indifferenziato) é necessaria al fine della nascita di un oggetto di tutela.

Questa conclusione, però, non mina il principio generale (che vuole l’indifferenza del diritto alla pubblicazione)49; infatti sono semplicemente dei fatti (l’effettiva esistenza dell’atto creativo e l’assenza di ostacoli pratici alla immediata tutela) che richiedono in taluni casi la pubblicazione dell’opera e non delle norme giuridiche.

A differenza dell’articolo 1, che ha (come abbiamo visto) contenuto generale, l’articolo successivo dà un elenco più analitico delle opere tutelate.

A tal riguardo é opportuno subito mettere in risalto che tale elencazione non é tassativa, ma ha un valore meramente esemplificativo, il che ha permesso un’interpretazione estensiva delle categorie indicate (senza che ciò abbia eliminato i problemi legati alla specificità dei nuovi fenomeni da regolare).

L’art. 2 considera: 1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose (tanto se in forma scritta quanto se orale); 2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale; 3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti50; 4) le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione, e delle arti figurative similari, compresa la scenografia (...); 5) i disegni e le opere dell’architettura; 6) le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora, sempreché

49 Esiste anche un dato normativo a suffragare tale ipotesi: l’art.12 stabilisce la facoltà dell’autore di pubblicare l’opera, e ciò sta ad indicare che il diritto é già sorto prima della pubblicazione.

50 Tale disposizione non confuta il principio generale della libertà delle forme di estrinsecazione, poiché é giustificata dalla particolare natura di tali lavori che si caratterizzano per l’ampia facoltà di variazioni e che, quindi, non sono diversamente identificabili con sicurezza.

(29)

non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II51; 7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II;52 8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi e purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore. Restano esclusi dalla tutela della presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento del programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso”.53

par. 3 - In particolare: le opere derivate.

Tutte le opere elencate dall’art.2 (l.dir.aut.) sono definite “originarie”, ma la legge non esclude una tutela anche per alcune categorie delle c.d. opere “derivate”, che o sono il composto di opere originarie raccolte e coordinate per un determinato fine (“enciclopedie, dizionari, antologie, riviste e giornali”54), o sono il frutto di elaborazioni creative delle stesse opere originarie (artt.3 e 4 della legge speciale).

Per ciò che concerne la prima categoria di opere derivate, si suole parlare di

“opere collettive”, mentre per le altre opere (traduzioni, trasformazioni ecc.) l’espressione utilizzata é “opere di elaborazione”.

51 Il riferimento é ai diritti relativi alle fotografie.

52 Questo paragrafo é stato aggiunto con D.P.R. 8 gennaio 1979 n.19 (G.U. n.29 del 30 gennaio 1979).

53 Quest’ultimo paragrafo é stato aggiunto con il decreto legislativo n.518 del 29 dicembre 1992, che ha recepito la direttiva della Comunità Europea del 14 maggio 1991, ponendo fine all’annosa questione di una tutela dei sistemi softwares nell’ambito del diritto d’autore.

54 Così nell’elencazione non tassativa dell’articolo 3 (l. dir. aut.).

(30)

Le opere collettive sono “costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso politico od artistico...”; esse “sono protette come opere originali, indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono composte”.(art.3 l. dir. aut.).

La particolarità di questo tipo di produzioni artistiche é riscontrabile nella totale assenza di compenetrazione reciproca delle singole parti, le quali rimangono distinte e autonome (come i vari articoli di un giornale o i diversi brani di un’antologia), pur mirando a una prestazione d’insieme per il perseguimento di quel fine unitario, che abbiamo visto essere un requisito indicato dalla definizione legislativa.

L’aspetto di creatività, che deve permeare anche l’opera collettiva, si estrinseca sul piano dell’attività di scelta e di coordinamento svolta dall’autore rispetto alle diverse opere o parti di esse, denotando, in questo modo, l’originalità del prodotto artistico.

La giurisprudenza (in linea con la dottrina) ha definito questo tipo di opera derivata come “una creazione autonoma in cui sono prevalenti gli elementi dell’impostazione tecnica e dell’intonazione culturale o artistica che viene attuata mediante la scelta ed il coordinamento effettuato ed estrinsecato in base ad uno scopo letterario, scientifico, didattico, religioso, politico”; e ha poi rimarcato l’esclusione della protezione di un’opera collettiva nella quale “l’impostazione tecnica, l’intonazione culturale e il grado di valorizzazione delle fonti siano

(31)

identici a quelli di altra opera collettiva preesistente”.55

Le opere collettive debbono essere tenute distinte dalle c.d. opere composte, che pur non avendo una definizione normativa, trovano nella legge la disciplina specifica per le loro due tipologie principali: le composizioni musicali con parole (art.33 segg.) e le opere cinematografiche (art.44 segg.).

Quello che costituisce il maggiore discrimine tra le opere composte e quelle collettive consiste nell’unità funzionale tra i vari contributi artistici, che caratterizza le prime.

In effetti le opere composte sono una riunione coordinata di prodotti di diverse forme di arte, i quali pur conservando la propria autonomia ontologica, si fondono reciprocamente in un tutto organico, costituendo una nuova opera.

Pur non essendo esclusa la possibilità di utilizzo separato dei diversi prodotti artistici (basti pensare alla commercializzazione delle colonne sonore dei film), ciò che lega inscindibilmente un’opera composta é la percezione necessariamente unitaria della stessa (cui concorre la funzionalità reciproca e simultanea delle diverse parti componenti).

Accanto alle opere collettive, nell’area delle opere derivate, devono trovare una collocazione rilevante le c.d. elaborazioni.

Queste ultime sono alterazioni di carattere creativo di opere originarie “quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazione da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscano un rifacimento sostanziale dell’opera orginaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non

55 Cass. 29 settembre 1954, in Dir. Aut. 1955.

(32)

costituenti opera originale”(art.4 l.dir.aut.).

Il problema maggiore che investe tali opere di elaborazione é dato dalla possibilità o meno di indicare l’autore del prodotto originario come coautore dell’opera derivata.

Ciò che appare evidente sul piano della logica (e cioé una risposta affermativa, basti pensare alle traduzioni) non trova però riscontro sul piano normativo, quando si dispone che sul diritto sull’opera derivata non possano produrre pregiudizio i diritti esistenti sull’opera originaria.56

Ciononostante la Cassazione57 ha affermato (con sentenza che si può condividere) che si possa escludere che l’articolo 4 della l.633/41 neghi all’autore dell’opera originaria la qualità di coautore, ritenendo necessaria di volta in volta un’indagine di fatto, diretta a stabilire se ed entro quali limiti le caratteristiche dell’opera originaria si ritrovino in quella derivata.

É evidente come questa decisione porti a ridiscutere e a ridefinire l’intera materia delle elaborazioni.

Sempre in relazione ai rapporti tra autore di opera derivata (sia collettiva che elaborata) e autore di opera originaria esiste un ulteriore tema da affrontare.

Abbiamo visto come il legislatore abbia escluso che possa esistere in relazione alle prerogative su un’opera derivata un rapporto di dipendenza oppure una conseguenza di pregiudizio nei confronti dei diritti d’autore sulle opere o sulle parti di opere di cui é composta un’opera collettiva, oppure sul prodotto artistico sul quale siano state praticate delle elaborazioni; ciò comporta due rilevanti

56 Art.4 (l.dir.aut.).

57 Cass. 24 febbraio 1977, n.826, in Diritto d’autore, 1977.

(33)

conseguenze: la prima é data dall’irrilevanza (ai fini della tutelabilità dell’opera derivata) del regime (di protezione o di pubblico dominio) sotto il quale si trovano le opere preesistenti; la seconda é relativa all’eventualità che le opere preesistenti siano ancora tutelate, esistendo in questo caso l’obbligo per l’autore dell’opera derivata di chiedere l’autorizzazione all’autore dell’opera originaria ai fini dell’utilizzazione economica dell’opera stessa.

par. 4 - Il pubblico dominio.

Dall’intera area delle opere protette, della quale abbiamo provato a tracciare la linea perimetrale (perlomeno a livello tendenziale), occorre distinguere quelle produzioni artistiche cui il legislatore non ha accordato la tutela del diritto d’autore.

Oltre “ai testi degli atti ufficiali dello Stato e delle Amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere”(art.5 l.dir.aut.)58, la categoria che ci interessa a tal riguardo é quella generale delle opere di pubblico dominio.

Tre sono le situazioni che conducono un’opera (che pure presenterebbe le caratteristiche richieste per la tutelabilità) nell’alveo del pubblico dominio59: a) la scadenza del termine, generale o speciale, di protezione, previsto dalla legge o dagli accordi internazionali; b) l’assenza di una normativa di tutela di diritto interno o relativa a un trattato internazionale, per le opere straniere; c) la rinuncia (piena, assoluta, irrevocabile e incondizionata) dell’autore all’esercizio dei suoi

58 Tutte le leggi, i decreti, i regolamenti, le decisioni giudiziarie sono di dominio pubblico e quindi risultano utilizzabili, riproducibili, diffondibili da chiunque.

59 Una quarta situazione, pur esistente, é in netta fase recessiva, poiché concerne solo le opere create e pubblicate sotto l’impero delle leggi del 1882, quando erano ancora necessarie una serie di formalità costitutive per l’applicazione della normativa tutelativa del diritto dell’autore: é evidente che tali opere, in mancanza degli adempimenti suddetti sono di pubblico dominio.

(34)

diritti patrimoniali.

É rilevante sottolineare che non possa considerarsi invece causa della non tutelabilità dell’opera il fatto che essa sia illecita, e cioé contraria al buon costume o all’ordine pubblico o politico, esistendo in questo caso un diritto d’autore pieno, ma condizionato dall’accertamento della illiceità (la quale minerebbe l’esercizio del diritto e non il diritto in sé).60

Per quanto riguarda la disciplina prevista per le opere dell’ingegno soggette al pubblico dominio61 l’art.175 (l.dir.aut.) prevede che “per ogni rappresentazione, esecuzione o radiodiffusione di una opera adatta a pubblico spettacolo o di un’opera musicale, quando, per qualsiasi motivo, essa sia di pubblico dominio, deve essere corrisposto allo Stato, da chi rappresenta, esegue o radiodiffonde l’opera, con le norme stabilite dal regolamento, un diritto demaniale sugli incassi lordi e sulle quote degli incassi corrispondenti alla parte che l’opera occupa nella rappresentazione, esecuzione o radiodiffusione complessiva”.

Tale diritto demaniale, il cui ammontare é stato determinato dall’art.5 della legge 6 febbraio 1942, n.95 nella misura del 5% deve essere considerato un vero e proprio tributo fiscale (ridotto alla metà se si tratta di elaborazioni tutelate di opere già cadute in pubblico dominio62).

É da rilevare invece la recente soppressione operata con la legge 22 maggio 1993, n.159 del c.d. diritto “quasi demaniale”63 sulle opere letterarie, scientifiche,

60 In tema di pubblicazione di un inno di cui é vietata la pubblica esecuzione per motivi di ordine pubblico vedasi la sentenza 10 ottobre 1957 della Corte d’Appello di Roma (in Dir. Aut. 1958).

61 Salvi restando i diritti morali dell’autore, che possono sempre essere fatti valere dai soggetti indicati nell’art.23 (l.dir.aut.).

62 Art.176 (l.dir.aut.)

63 L’espressione é di Galtieri.

(35)

didattiche e musicali di pubblico dominio (artt.177,178,179 e ultimo comma dell’art.172 l.dir.aut.).

Il diritto demaniale é riscosso dalla Società Italiana degli Autori ed Editori64 in base ad apposita convenzione stipulata con il ministero delle finanze.

64 Di essa e della sua importanza ci occuperemo compiutamente nel capitolo dedicato all’organizzazione amministrativa del diritto d’autore.

(36)

Capitolo III

I SOGGETTI E IL CONTENUTO DEL DIRITTO D’AUTORE

par. 1 - I soggetti del diritto d’autore.

La natura strettamente personale del diritto d’autore (salve talune, rare, eccezioni) non può non avere come rappresentazione centrale l’inscindibilità che caratterizza la relazione esistente tra ogni opera d’ingegno e il suo creatore.

In effetti, come stabilisce l’art.2580 c.c., “il diritto d’autore spetta all’autore ed ai suoi aventi causa nei limiti e per gli effetti fissati dalle leggi speciali”.

Ciò sta a significare che, fintanto che l’autore di un’opera resta in vita, i suoi diritti sulla stessa rientrano pienamente nella sua titolarità a meno che non decida (é una sua facoltà ) la loro cessione.65

É la “creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”(art.6 l.dir.aut.), quindi, che stabilisce l’acquisto a titolo originario dei diritti morali e patrimoniali a favore della persona fisica dell’autore. La legge, tuttavia, individua due eccezioni (non inficianti, però, il principio generale), quando prevede che “alle Amministrazioni dello Stato, alle Province ed ai Comuni spetta il diritto d’autore, sulle opere create e pubblicate sotto il loro nome ed a loro conto e spese”,66 e che “lo stesso diritto spetta agli enti privati che non

65 Che può essere relativa esclusivamente ai diritti di utilizzazione e ai diritti connessi aventi carattere patrimoniale, essendo i diritti morali legati indissolubilmente all’autore.

66 Si ritiene, ragionevolmente, che lo stesso diritto spetti, ora, anche alle regioni.

(37)

perseguano scopi di lucro, salvo diverso accordo con gli autori delle opere pubblicate, nonché alle Accademie e agli altri enti pubblici culturali sulla raccolta dei loro atti e sulle loro pubblicazioni”.67

Come è stato evidenziato è il semplice fatto che un soggetto abbia prodotto un’opera d’ingegno che fa sorgere la tutela del diritto d’autore, e ciò a prescindere dal soggetto stesso, il quale può anche essere incapace o addirittura “essere privo di un minimo di maturità mentale o di discernimento”68 (d’altro canto sono ben noti casi di opere “create in momenti di totale demenza o allucinazione”69).

Questo discorso, relativo alla capacità giuridica dell’autore non é però, evidentemente, applicabile all’altra questione che si pone sulla qualifica giuridica dell’autore e cioé la sua capacità di agire.

La capacità di porre in essere atti giuridici inerenti all’opera creata, nonché di esercitare le azioni giudiziarie che ne derivano, infatti, viene riconosciuta dall’art.

108 (l.dir.aut.) a coloro i quali abbiano compiuto sedici anni.70

É opportuno subito aggiungere che questa deroga al principio generale (art. 2 c.c., che assegna la capacità di agire solamente al compimento del diciottesimo anno di età) vale unicamente per l’autore del prodotto artistico e non per tutti gli altri soggetti che possono avere interessi relativamente a un opera tutelata.

Per quanto riguarda invece gli autori con meno di sedici anni sono applicabili le

67 Per ciò che concerne tali “enti privati” il De Sanctis sostiene che, in questo caso, l’acquisto del diritto non può considerarsi a titolo originario ma derivativo, “configurandosi come una cessio juris che può essere paralizzata da un diverso accordo con gli autori”.

68 Greco Vercellone “I diritti sulle opere d’ingegno”.

69 Ancora Greco Vercellone “I diritti sulle opere d’ingegno”.

70 Tale limite é stato introdotto dall’art. 13 della l.18 marzo 1975, n.39 ed é la conseguenza dell’opinione affermatasi in dottrina (Greco) per cui il creatore di un’opera dell’ingegno é sufficientemente maturo per amministrarla e disporne anche se non é ancora maggiorenne.

(38)

norme relative alla rappresentanza legale dei minori (artt. 320 e segg. c.c.), con la particolarità, concernente i diritti morali, del principio della doppia conforme volontà71, per cui le decisioni del legale rappresentante devono ottenere l’integrazione del consenso dell’autore.

Affinché un soggetto possa presumersi autore di un’opera d’ingegno occorre (art.

8) che in essa sia indicato come tale nelle forme d’uso (e cioé sul frontespizio del libro, nei titoli di testa del film ecc.), oppure che sia annunciato come tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione, o radiodiffusione dell’opera stessa . L’art. 8 si conclude con la spiegazione di che cosa si intenda per nome dell’autore, valendo come tale “lo pseudonimo, il nome d’arte, la sigla o il segno convenzionale, che siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero”.

Lo “pseudonimo”72 che viene citato in questo articolo deve essere distinto dal c.d.

“pseudonimo-maschera”, che ha l’intento di celare l’identità dell’autore e che l’art. 9 disciplina alla stessa stregua dell’opera anonima.

In effetti, quando un’opera ha indicato come nome di riferimento dell’autore una denominazione che impedisce volontariamente il disvelamento della sua paternità é evidente che ci si trovi in una situazione del tutto simile a quella che si viene a creare quando un’opera rimane priva di qualsiasi indicazione sulla fonte.

In tutti questi casi viene riconosciuto una sorta di mandato ex lege per la tutela dei diritti d’autore a colui il quale ha rappresentato, eseguito o comunque pubblicato

71 In questo senso Greco Vercellone “I diritti sulle opere d’ingegno”. Pur esistendo l’auspicio di taluni in dottrina (segnatamente il Giannini) per una prevalenza, in caso di disaccordo, della volontà dell’autore.

72 Detto “pseudonimo-nome d’arte” (Ubertazzi).

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