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Il diritto derivato: alla ricerca di un compromesso tra Principio del Paese di origine e disciplina del Paese di destinazione, tra

codificazione, coordinamento e tentativi di armonizzazione

L'ambizioso programma di soppressione delle restrizioni formulato nei Trattati, sebbene solo parzialmente completato, prevedeva la garanzia per il prestatore comunitario di poter circolare liberamente, offrendo i propri servizi in base all'autorizzazione ottenuta nel Paese di stabilimento, cui competeva controllare l'assolvimento dei requisiti necessari per l'esercizio dell'attività. Nello stesso senso si poneva il complesso strumento di normative di diritto derivato che avrebbe dovuto accompagnare la clausola della libera prestazione, tramite l'adozione di direttive, di fatto spesso disattesa, che contribuissero alla liberalizzazione di determinati settori professionali e soprattutto alla normalizzazione delle qualifiche professionali e dei titoli di studio in modo da coordinare, e nel lungo periodo, armonizzare le disposizioni nazionali relative all'accesso alle attività autonome ed al loro esercizio.

L’intervento della Corte di giustizia ha parzialmente supplito all’inerzia del legislatore nel disciplinare la materia della libera prestazione, contribuendo in modo essenziale all’affermazione di detta libertà economica ed alla liberalizzazione del mercato interno, tramite però un'opera di armonizzazione puramente negativa indirizzata ad eradicare le normative nazionali suscettibili di costituire un ostacolo alla circolazione delle attività di servizi. Dal momento infatti che la Corte ha enunciato la diretta applicabilità dell'obbligo di estirpare ogni forma di ostacolo alla libera circolazione dei servizi dagli ordinamenti nazionali, i programmi comunitari di liberalizzazione hanno subito un netto rallentamento, diventando le direttive “uno strumento per agevolare la libera

circolazione, non una condizione per quest'ultima”133.

In tale contesto il successivo intervento del legislatore comunitario ha permesso di procedere ad una reale armonizzazione di natura positiva tramite l'adozione, conformemente all'articolo 53 TFUE134, di una serie di direttive ad hoc, inizialmente dedicate alla disciplina di settori specifici di talune professioni indipendenti, il cui esercizio in taluni Stati membri è subordinato al possesso di una formale qualifica professionale. Il sistema elaborato si fondava sul principio che lo Stato ospitante poteva limitarsi a richiedere una attestazione del legittimo svolgimento dell'attività per un periodo

133 In questo senso BERARDIS G., La direttiva generale in materia di servizi, in BESTAGNO F., RADICATI DI

BROZOLO L. G, op. cit., p.28.

134 Nonostante la giurisprudenza creativa della Corte di giustizia, risultava, infatti, necessaria l'adozione di un quadro

normativo composto di “direttive intese al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli e al

coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri” (articolo 53 TFUE)

di tempo determinato nel Paese di origine, escludendosi al contrario la previsione di ulteriori condizioni di accesso o di altri requisiti.

La maggioranza di tali direttive settoriali è stata successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva 2005/36 che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche professionali135. Tale direttiva, rafforzando l'automaticità nel riconoscimento delle qualifiche, ha codificato le precedenti direttive settoriali in un unica normativa applicabile a tutti i cittadini comunitari che intendano esercitare come lavoratori, subordinati od autonomi, una professione regolamentata in un Paese membro diverso da quello di acquisizione del titolo professionale. In sostanza il criterio fondamentale fissato dalla direttiva consiste nel riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante, consentendo in tal modo al beneficiario di accedere nel Paese di destinazione alla stessa professione per cui ha ottenuto una qualifica nello Stato membro di origine e di esercitarla alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato membro ospitante136.

All'approccio settoriale tuttora sussistente per determinate attività137 fa quindi da riscontro la tendenza recente ad una disciplina generale ed unitaria fondata sul riconoscimento delle qualifiche professionali e dei diplomi limitatamente alle professioni regolamentate il cui esercizio è stato subordinato al possesso di un diploma di studi post-secondario.

Il superamento di un approccio meramente settoriale ha permesso al legislatore di codificare e spesso anche correggere la giurisprudenza comunitaria tramite il ricorso a due strumenti orizzontali (la direttiva servizi e la direttiva sul distacco) che disciplinano in senso generale accesso ed esercizio delle attività di servizi. Concentreremo quindi la nostra attenzione su tali normative orizzontali, tralasciando un'analisi specifica della normativa settoriale e del sistema di riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche, in quanto la direttiva servizi e quella sul distacco ci permettono di comprendere il compromesso ricercato dal legislatore nella definizione del regime giuridico applicabile e più generalmente nella tensione tra mercato e solidarietà.

Gli ostacoli che continuano tuttavia a persistere all’effettivo godimento della libera circolazione dei servizi ed al completamento delle lacune presenti nel mercato interno con riferimento alle attività autonome hanno convinto le istituzioni comunitarie, anche in risposta all’incessante progresso tecnologico ed alla globalizzazione delle economie138, ad adottare un'apposita iniziativa legislativa di

135 Direttiva 2005/36 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle

qualifiche professionali (in GU n. L 255/22 del 30/09/2005). Tale direttiva è stata recentemente modificata dalla direttiva 2013/55 recante modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (in GU n. L 354 del 28/12/2014).

136 In questo senso TESAURO G., op. cit., p. 57l.

137 L'opera di armonizzazione è proseguita in modo settoriale in materia di trasporti, di servizi finanziari, di attività

legate alla società dell'informazione, di servizi audiovisivi, di avvocati, di telecomunicazioni e di commercio elettronico.

138 Relativamente all’individuazione degli ostacoli ed alla necessità di elaborare una strategia diretta ad eliminare le

restrizioni residue alla libera circolazione dei servizi, si veda la Relazione della Commissione del 30 luglio 2002 al Consiglio e al Parlamento europeo, Lo stato del mercato interno dei servizi, COM(2002) 441 def. La Commissione

carattere unitario che prevedesse una disciplina comune in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (Sezione I). Nello stesso senso si pone la trattazione di un ulteriore strumento orizzontale, la direttiva sul distacco, volta a disciplinare l'attività di quei prestatori transfrontalieri che per esercitare la propria attività spostano temporaneamente la propria manodopera subordinata nello Stato membro di destinazione del servizio (Sezione II). Tale legislazione di diritto derivato, sulla scia dell'interpretazione dei principi del diritto primario effettuata dalla Corte, non ha potuto esimersi dall'affrontare la questione della legislazione applicabile ai prestatori transfrontalieri. Tenteremo dunque infine di chiarire come la direttiva servizi e la direttiva sul distacco, intervenendo nuovamente sul contrasto tra espansione del diritto comunitario e prerogative degli stati membri, abbiano affrontato l'alternativa tra norma del Paese di origine e del Paese di destinazione del servizio (Sezione III).

ha preso in esame non soltanto i divieti, le discriminazioni palesi e le condizioni impossibili da soddisfare, ma anche tutte quelle prescrizioni nazionali che seppur apparentemente neutre, siano comunque in grado di ostacolare o rendere meno attraente l'accesso ad un attività di servizi o ancora l'esercizio della stessa.

Sezione I. Una normativa comune per tutte le attività di servizi: libera