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Il distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di serviz

Il distacco di lavoratori costituisce un istituto particolare204, trattandosi di una prestazione di manodopera fornita dietro retribuzione per la quale il lavoratore distaccato rimane alle dipendenze dell'impresa prestatrice, senza che alcun contratto di lavoro sia stipulato con l'utilizzatore.

La Corte di giustizia, che per prima ha interpretato l'istituto (§ 1), e poi in seguito il legislatore comunitario, che ne ha disciplinato la regolazione tramite una specifica direttiva (§ 2), hanno fatto rientrare la cessione e l'utilizzo di manodopera in senso transfrontaliero nell'ambito dell'applicazione delle norme comunitarie relative alla libera prestazione dei servizi205.

L'adozione di una apposita direttiva in materia costituisce, come vedremo, la risposta del legislatore ad una giurisprudenza creativa, al fine di circoscrivere ed armonizzare le ipotesi di applicazione all'operatore economico transfrontaliero della normativa del Paese ospitante. Coinvolgendo il fenomeno del distacco materie e discipline diverse, analizzeremo altresì le modalità di coesistenza della direttiva 96/71 con la direttiva servizi e l'approccio del diritto internazionale privato alla questione della legislazione applicabile all'istituto (§ 3). In tale contesto risulta infine necessario analizzare come le Corti europee abbiano applicato le condizioni minimali di tutela previste dalla direttiva sul distacco (§ 4).

qualità dei servizi ed in via generale sulla tutela del consumatore, sottolinea come ”la corretta interpretazione e

applicazione di detto articolo rappresentano l’indispensabile presupposto per fornire una prestazione di servizi di qualità, specie nel settore delle professioni regolamentate, trattandosi di un settore in cui è più evidente l’asimmetria informativa che esiste tra il prestatore e il destinatario di un servizio” (p. 33 delle conclusioni). Si è

altrove sottolineata la scarsa influenza sulla qualità dei servizi di previsioni in materia di divieti pubblicitari per le professioni regolamentate (in questo senso BARNARD C., Unravelling the Services Directive, in Common Market

Law Review, 2008 (45), p. 376, ove si evidenzia come il capo V della direttiva ”contains a ragbag of provisions, most having little to do with quality directly”).

204 In questo senso v. Conclusioni dell'Avvocato generale Bolt del 9 settembre 2010, cause riunite da C-307/09 a C-

309/09, Vicoplus, punto 32, ove si sottolinea che “bisogna riconoscere che la fornitura di manodopera costituisce

un’attività particolarmente delicata dal punto di vista professionale e sociale” e che “a causa delle peculiari caratteristiche del rapporto di lavoro sottostante ad una siffatta attività, l’esercizio di questa incide direttamente sia sui rapporti esistenti sul mercato del lavoro, sia sui legittimi interessi dei lavoratori di cui trattasi”.

205 Recentemente v. CGUE, 10 febbraio 2011, cause riunite da C-307/09 a C-309/09, Vicoplus, p. 51 ove si afferma:

"l’attività consistente, per un’impresa, nel fornire, contro corrispettivo, manodopera che rimane dipendente di detta

impresa, senza che nessun contratto di lavoro sia stipulato con l’utilizzatore, costituisce un’attività professionale avente le caratteristiche indicate dall’articolo 57, primo comma, TFUE, e deve pertanto essere qualificata come servizio ai sensi di detta disposizione"

§ 1. L'utilizzo transfrontaliero di manodopera dipendente nell'ambito di una prestazione di servizi

L'ambiziosa evoluzione del mercato interno e l'espansivo dinamismo delle libertà economiche hanno certamente incoraggiato le imprese a sviluppare in senso transfrontaliero le proprie attività di servizi, permettendo loro di offrire prestazioni sull'intero territorio comunitario. In tale contesto l'operatore economico, che a livello di impresa, usufruendo della libera prestazione, dislocava i propri lavoratori dipendenti in un altro Stato membro e manteneva allo stesso tempo un legame giuridico con la manodopera distaccata per l'esecuzione del servizio, ha posto un notevole problema giuridico in merito alla legislazione applicabile al rapporto di impiego ed ai relativi obblighi contrattuali.

La Corte di giustizia, in un obiter dictum, aveva riconosciuto che il diritto comunitario non ostava in via di principio alla possibilità che gli Stati membri estendessero l'applicazione delle proprie leggi o contratti collettivi a chiunque svolga nel loro territorio un lavoro subordinato, anche temporaneo, nel quadro di una prestazione di servizi, indipendentemente dal Paese ove è stabilito il datore di lavoro206. Era stata in tal modo, perlomeno astrattamente, avallata l'applicazione della legge dello Stato ospitante nei confronti della manodopera distaccata, in base al presupposto che la tutela dei diritti dei lavoratori costituisce una ragione imperativa di interesse generale che può giustificare una compressione della libera prestazione dei servizi, con conseguente applicazione della tutela giuslavoristica prevista dal Paese di destinazione. La Corte di giustizia con tale presa di posizione aveva manifestato la volontà di proteggere la sovranità nazionale in materia di tutela dal lavoro dagli effetti espansivi e potenzialmente demolitori dell'esplicarsi delle libertà fondamentali207, creando una sorta di potenziale immunità alla regolazione sostanziale del rapporto contrattuale di lavoro rispetto alle esigenze del mercato interno.

La portata effettiva della giurisprudenza sembrava dunque consentire agli Stati membri di applicare il principio della parità di trattamento tra lavoratori nazionali e stranieri, lasciando alle stesse autorità nazionali ampia discrezionalità nello stabilire il quantum di tutela da accordare alla manodopera distaccata208.

Un'integrale applicazione negli ordinamenti giuridici nazionali della succitata decisione avrebbe

206 CGUE, 27 marzo 1990, Rush Portuguesa, C-113/90, nell'ambito della quale si era stabilita l'illegittimità

dell'obbligo imposto dalla Repubblica francese nei confronti di prestatori di servizi provenienti dal Portogallo, di assumere lavoratori locali e di ottenere un permesso di lavoro per il personale temporaneamente distaccato. Tale giurisprudenza, pur enunciando astrattamente il principio della facoltà di estensione da parte dello Stato ospitante del proprio diritto del lavoro, aveva di fatto ritenuto contrario al diritto comunitario l'applicazione di condizioni restrittive al prestatore transfrontaliero di servizi.

207 Il giudice comunitario ha infatti riconosciuto che il distacco di lavoratori subordinati nell'ambito della libera

prestazione di servizi ”può avere un impatto sul mercato del lavoro dello Stato membro del destinatario della

prestazione” (CGUE, 10 febbraio 2011, Vicoplus, cit., p. 51). Più ampiamente v infra.

legittimato l'integrale estensione nei confronti dei lavoratori distaccati dell'intero complesso normativo e contrattuale previsto per la manodopera nazionale nello Stato membro ospitante, senza che la Corte di giustizia avesse tra l'altro contribuito a specificare le fonti legislative o i contratti collettivi destinati a disciplinare in via generale il rapporto di lavoro.

Per evitare lo scenario d'eccessiva incertezza giuridica circa la regolazione dei rapporti di lavoro derivante dalla disparità tra le legislazioni interne dei Paesi membri si è preferito definire a livello comunitario un nucleo di norme vincolanti di protezione minima cui deve attenersi nel Paese ospitante il datore di lavoro che distacchi dipendenti per svolgere un'attività di servizi a carattere temporaneo.

§ 2. La direttiva 96/71: un instabile equilibrio tra libera concorrenza e protezione dei lavoratori

La direttiva 96/71209 attribuisce agli Stati membri di destinazione il potere di determinare i termini e le condizioni di impiego della manodopera trasferita nell'ambito di una prestazione di servizi nel rispettivo mercato interno del lavoro.

Tale misura normativa, non armonizzando il contenuto sostanziale delle norme vincolanti di protezione minima, ha conferito alle autorità nazionali il compito di fissare gli standard inderogabili di tutela nel rispetto dei Trattati e dei principi generali del diritto comunitario, con il duplice scopo di garantire, da un lato, la libera prestazione dei servizi in un regime di leale concorrenza tra imprese nazionali e transfrontaliere e di evitare, dall’altro, il dumping sociale nei differenziali del costo del lavoro tra la manodopera dello Stato ospitante e quella distaccata da un altro Paese membro210.

In virtù delle differenze che continuano a sussistere nel livello di protezione dei diritti sociali assicurato dai diversi modelli statali esistenti all'interno del territorio comunitario, le rispettive legislazioni nazionali necessitano di essere coordinate per definire un nucleo di norme vincolanti ai fini della protezione minima nel Paese ospitante. La finalità “sociale”211 perseguita dal legislatore

209 Per un approfondimento in merito al complesso iter di approvazione dell'atto, adottato in base alla procedura di

coodecisione nell'ambito del processo di ravvicinamento delle legislazioni nazionali in seno al mercato interno, si faccia riferimento al contributo di BALANDI G.G., La direttiva comunitaria sul distacco dei lavoratori: un passo in

avanti verso il diritto comunitario del lavoro, in Quaderni di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, 1998

n° 20, p. 115 ss.

210 In questo senso ZILIO GRANDI G., Il dumping sociale intracomunitario alla luce della piu recente giurisprudenza

CGE. Quando la libertà economica prevale sui diritti sociali, in Atti del Convegno Nazionale Nuovi assetti delle Fonti del diritto del lavoro, 2011, CASPUR-CIBER Publishing, p. 47: “La ratio evidente della Direttiva era quella di evitare una competizione tra ordinamenti nazionali falsata da dislivelli nella tutela accordata mediante i c.d. standard sociali, ed in particolare con la disciplina lavoristica presente – ancora in quantità e qualità ovviamente differente – nei diversi Paesi membri, specie dopo l’allargamento verso Est dell’Unione.”.

211 Così esplicitamente, e non senza sorpresa, Comunicazione della Commissione Orientamenti relativi al distacco dei

lavoratori nell'ambito della prestazione di servizi, 4/4/2006, Com (2006) 159 def., p. 2. Si rammenti che, nonostante

comunitario non derivava dalla volontà di armonizzare il contenuto materiale delle disposizioni imperative, né tanto meno di modificare la legge applicabile al contratto di lavoro, ma piuttosto di rafforzare la certezza giuridica, definendo una disciplina vincolante ed applicabile “qualunque sia

la legislazione applicabile al rapporto di lavoro”. In tal senso si intendeva rimuovere, o perlomeno

limitare, possibili restrizioni alla libera circolazione dei servizi nel mercato interno, assicurando al contempo un dignitoso livello di tutela dei diritti sociali.

Tale ambizioso obbiettivo viene perseguito definendo un quadro di regole minimali obbligatorie in materia di condizioni di lavoro e di occupazione che le imprese stabilite in uno Stato membro sono tenute a garantire ai lavoratori da esse distaccati nel territorio di un altro Stato membro.

Analizzeremo quindi di seguito il campo di applicazione della direttiva sul distacco (a), le modalità di definizione del nucleo minimo di tutele applicabili ai lavoratori distaccati e le possibilità di derogare all'applicazione della legge del Paese ospitante (b). Si farà infine brevemente menzione degli strumenti previsti per assicurare la cooperazione tra autorità nazionali competenti nell'applicazione della direttiva e per garantire ai lavoratori distaccati l'effettività delle tutele del Paese di destinazione del servizio (c).

a) Campo di applicazione e destinatari delle disposizioni obbligatorie.

I soggetti destinatari della direttiva sono le “imprese stabilite in uno Stato membro che, nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale, distacchino lavoratori nel territorio di un altro Stato membro212. Le suddette imprese rientrano nel campo di applicazione della direttiva, a condizione di conservare un rapporto giuridico costante, durante l'esecuzione della prestazione transfrontaliera, con il lavoratore distaccato, che per un periodo limitato svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello dove opera abitualmente.

Nello specifico la direttiva prevede tre autonome ipotesi di applicazione che si differenziano in virtù del diverso rapporto che si instaura tra imprese “comunitarie”213 distaccanti ed utilizzatori del servizio, a seconda che si tratti di un contratto di servizi tra impresa e destinatario della prestazione, di relazioni interne ad una singola impresa od a un gruppo o infine di un rapporto tra agenzie di lavoro temporaneo o che effettuano la cessione temporanea di lavoratori ed i loro clienti214.

la base giuridica della direttiva non sia tuttavia individuabile nelle disposizioni del diritto primario dedicate alla politica sociale, mentre invece vada ricercata nell'ambito delle previsioni relative al mercato interno che hanno come finalità il pieno realizzarsi della libera prestazione di servizi e della libertà di stabilimento. Tale impostazione riflette l'approccio classico del legislatore comunitario sospinto dalla convinzione che lo sviluppo delle libertà del mercato interno possa indirettamente favorire gli standard di protezione sociale.

212 Articolo 1 della direttiva.

213 Infatti ai sensi dell'articolo 1.4 della direttiva “le imprese stabilite in uno Stato non membro non possono beneficiare

di un trattamento più favorevole di quello riservato alle imprese stabilite in uno Stato membro”, restando dunque gli

operatori economici non comunitari del tutto estranei dal campo di applicazione della direttiva.

Tali tre diverse situazioni di distacco possono rispettivamente essere ravvisate nelle ipotesi di: appalto di opere o servizi che comporti lo spostamento del prestatore sul territorio dello Stato membro del committente per eseguire un'attività di servizi da effettuarsi per conto e sotto la direzione dell'impresa distaccante; prestazione di un servizio transnazionale presso uno stabilimento della stessa impresa situato in altro Stato membro o presso un'impresa “consociata” appartenente allo stesso gruppo dell'impresa distaccata, ma operante in altro Paese dell'Unione europea; utilizzazione da parte di un'impresa avente sede o centro di attività in uno Stato membro di un lavoratore temporaneo distaccato da un'agenzia di lavoro o da un'impresa che effettua la cessione temporanea di lavoratori, aventi entrambe sede in uno Stato membro diverso da quello dell'impresa utilizzatrice215.

b) Le norme inderogabili in caso di distacco: individuazione delle fonti ed ipotesi di deroga.

Al fine di disciplinare l'attività economica transfrontaliera del prestatore che distacca la propria manodopera “nell'interesse delle parti è necessario definire le condizioni di lavoro e di

occupazione216”. Il problema della normativa applicabile al distacco (la disciplina del Paese di origine o quella del Paese ospitante) deriva dall'esigenza “di coordinare le legislazioni degli Stati

membri per definire un nucleo di norme vincolanti ai fini della protezione minima che dovranno essere rispettate nello Stato ospitante a prescindere dalla durata del distacco dei lavoratori217”.

Qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro va garantito ai lavoratori distaccati218 il rispetto delle condizioni di lavoro e di occupazione fissate dallo Stato membro ospitante relativamente ad un elenco di materie prefissate219. In merito a tali ambiti regolativi deve essere

215 In merito a tale ultima ipotesi la Corte ha recentemente avuto modo di precisare che “il distacco di lavoratori ai

sensi dell’articolo 1, n. 3, lett. c), della direttiva 96/71 è una prestazione di servizi fornita dietro retribuzione per la quale il lavoratore distaccato rimane alle dipendenze dell’impresa prestatrice, senza che alcun contratto di lavoro sia stipulato con l’impresa utilizzatrice. Esso è caratterizzato dal fatto che il trasferimento del lavoratore nello Stato membro ospitante costituisce l’oggetto stesso della prestazione di servizi effettuata dall’impresa prestatrice e che detto lavoratore svolge i suoi compiti sotto il controllo e la direzione dell’impresa utilizzatrice“ (CGUE, 10 febbraio

2011, cause riunite da C-307/09 a C-309/09, Vicoplus, p. 51).

216 Sesto considerando della direttiva.

217 Conclusioni dell'Avvocato generale Villalòn del 5 maggio 2010, Santos Palhota, cit., punto 40.

218 Ai sensi dell'articolo 2 della direttiva per lavoratore distaccato deve intendersi il soggetto che per un periodo di

tempo limitato svolge, nell'ambito di una prestazione di servizi, il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea diverso dal Paese ove è solito lavorare.

219 Più precisamente le materie in merito alle quali deve prevedersi il rispetto di determinate condizioni da parte dello

Stato membro ospitante sono: periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo; durata minima delle ferie annuali retribuite; tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario (esclusi i regimi pensionistici integrativi di categoria); condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, in particolare la cessione temporanea di lavoratori da parte di imprese di lavoro temporaneo; sicurezza, salute e igiene sul lavoro; provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani; parità di trattamento fra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione (così l'articolo 3.1 della direttiva). Si è rimarcato come l'elenco delle materie per cui è prevista la garanzia di un'insieme di prescrizioni minimali rispecchi sostanzialmente le competenze delegate dagli Stati membri nei confronti delle istituzioni comunitarie nel settore della politica sociale, con la notevole eccezioni delle tariffe salariali (per tale contributo ORLANDINI G., La libertà di circolazione dei lavoratori subordinati, op. cit., p. 560).

prevista la garanzia di un nucleo essenziale di norme imperative che assicurino nello Stato membro ove si svolge la prestazione un trattamento analogo tra manodopera locale e lavoratori distaccati. Tale “nocciolo duro” di norme vincolanti può essere disciplinato tramite disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, oppure ancora, limitatamente al settore edile, per mezzo di contratti collettivi o di arbitrati, purché di applicazione generale.

Sono tuttavia previste una serie di deroghe a tale regime di portata generale per garantire agli Stati membri maggiore flessibilità nell'applicazione del diritto nazionale220. Ai sensi della direttiva è concessa inoltre agli Stati membri, nel rispetto della parità di trattamento tra imprese nazionali e comunitarie, la facoltà di estendere la disciplina giuslavoristica nazionale anche rispetto a materie diverse da quelle tassativamente previste dalla direttiva, purché si tratti di disposizioni di ordine pubblico221. Anche in tal caso, come confermato successivamente dalla direttiva servizi, sembrano ridursi le possibilità di deroga alla libera prestazione dei servizi concesse agli Stati membri ospitanti stante il mero richiamo alla nozione di ordine pubblico e non alle esigenze imperative di interesse generale che avrebbero notevolmente ampliato le ipotesi di applicazione della normativa nazionale dello Stato ospitante nei confronti delle imprese straniere che distacchino manodopera sul proprio territorio. Le autorità nazionale possono altresì riservarsi d'imporre condizioni di lavoro e di occupazione stabilite in contratti collettivi o arbitrati di applicazione generale anche rispetto ad attività diverse dal mero settore edile.

La stessa direttiva chiarendo il rapporto tra normativa dello Stato di origine e normativa dello Stato ospitante, accoglie il principio generale di favore per il lavoratore, e non osta all'applicazione di ulteriori condizioni previste dallo Stato membro di provenienza che siano più favorevoli ai lavoratori, sempre che non superino gli standard minimi di tutela che si impongono di per sé in virtù

220 A riguardo si prevede la non applicabilità della direttiva limitatamente alla materia delle ferie e delle tariffe salariali

minime per le ipotesi di brevi distacchi di durata non superiore agli otto giorni (salvo il settore edilizio) per l'installazione di un bene nel quadro di un contratto di fornitura di beni (art 3.2) ed in caso di scarsa entità dei lavori da effettuare in base all'apprezzamento delle autorità nazionali (articolo 3.5). Si configurano inoltre ulteriori ipotesi di eccezione concesse agli Stati membri in materia di tariffe minime salariali per i distacchi di durata non superiore ad un mese tramite la previa consultazione delle parti sociali (articolo 3.3) o nel quadro dell'esercizio dell'autonomia collettiva, tramite l'attribuzione del potere di deroga ai contratti collettivi (articolo 3.4).

221 In merito all'apprezzamento della nozione di ordine pubblico di cui all'articolo 3.10 della normativa comunitaria, si

rileva la discordanza di opinioni tra Commissione e Parlamento, essendosi dichiarato quest'ultimo contrario ad un'interpretazione restrittiva, da parte dell'esecutivo comunitario del concetto di “disposizioni di ordine pubblico” (cfr. Risoluzione del Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva 96/71 CE relativa al distacco dei

lavoratori, 2006/2038 (INI)). La posizione garantista nei confronti dei lavoratori, soggetti deboli nel bilanciamento

tra libertà economiche e diritti sociali, è stata poi ulteriormente ribadita dal Parlamento europeo che ha finanche proposto di estendere la base giuridica della direttiva sul distacco al fine di includere un riferimento alla libera circolazione dei lavoratori (Résolution non législative, PE T6-0513/2008, 22/10/2008). L'interpretazione restrittiva della Commissione appare tuttavia perfettamente in linea con la giurisprudenza comunitaria in materia che ha specificato come la portata di tale nozione, pur esistendo un certo margine discrezionale in capo alle autorità nazionali, non possa essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro e debba essere comunque giustificata da gravi ragioni di interesse generale, quale l'esistenza di una minaccia effettiva a uno degli interessi fondamentali della collettività, non potendo in ogni caso legittimare l'obbligo di osservanza dell'intero diritto del