In tale sezione conclusiva della prima parte della trattazione ritorneremo sommariamente sulla direttiva servizi e sulla direttiva sul distacco al fine di comprendere se sia possibile stabilire anche per il diritto derivato un regime preferenziale di circolazione delle attività di servizi. L'approccio delle direttive orizzontali oggetto della nostra analisi al problema della legislazione applicabile assume, indubbiamente, contorni diversi in ragione delle peculiarità di ciascuna singola normativa. La direttiva servizi ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica la questione dei rischi connessi ad una applicazione integralista del principio del Paese di origine, evidenziando la difficoltà di conciliare nell'ambito della disciplina della libera circolazione dei servizi le diverse anime che convivono nell'economia sociale di mercato La direttiva sul distacco ha a sua volta comportato un vasto movimento di opinione in seguito ad una ampiamente dibattuta giurisprudenza che, tramite una dottrina sbilanciata in favore della libera prestazione dei servizi, ha limitato le prerogative degli Stati membri nella disciplina di taluni istituti fondamentali del diritto del lavoro del Paese ospitante.
Fondamentale punto di discussione nell'ambito della direttiva 2006/123 risulta essere la disciplina della libera prestazione dei servizi, in merito alla quale il legislatore comunitario, diversamente da quanto avvenuto nel caso della libertà di stabilimento, non si è limitato alla mera codificazione della pregressa giurisprudenza in materia. Il costante ricorso degli Stati membri ai motivi imperativi di interesse generale per ostacolare l'ingresso di prestatori transfrontalieri sul proprio mercato del lavoro, costringeva gli operatori economici ad affidarsi ad un faticoso riconoscimento dei propri diritti fondato su una analisi giurisprudenziale caso per caso.
Superato e soppresso il riferimento esplicito al principio del Paese di origine contenuto nella proposta di direttiva (§ 1), si è preferito optare per un approccio fondato su un generico obbligo di non ostacolare la libera prestazione dei servizi, riducendo tuttavia ex lege la capacità degli Stati membri ospitanti di opporre restrizioni a tale libertà fondamentale, tramite la circoscrizione delle ragioni di deroghe per le attività rientranti nel campo di applicazione della normativa (§ 2). In tale contesto risulta utile analizzare i primi casi sottoposti all'attenzione delle Corti europee relativamente all'applicazione della direttiva servizi, ed in particolare le conclusioni degli Avvocati generali che hanno proposto una creativa interpretazione della cristallizzazione dei motivi imperativi di interesse generale apparentemente ivi prevista in materia di libera prestazione (§ 3). Come la Corte di giustizia ha avuto modo di specificare, “a causa delle peculiari caratteristiche del
rapporto di lavoro sottostante alla fornitura di manodopera [nell'ambito di una prestazione di
servizi], l’esercizio di tale attività incide direttamente sia sui rapporti esistenti sul mercato del
lavoro sia sui legittimi interessi dei lavoratori interessati241”. L'impatto del distacco sul mercato del lavoro e sulla legislazione giuslavoristica del Paese destinatario della prestazione ha imposto al legislatore europeo di ricercare nella disciplina della materia un compromesso tra diritto dei prestatori alla circolazione secondo la legge del Paese di origine e tutela della manodopera distaccata in base alla normativa giuslavoristica del Paese di destinazione del servizio (§ 4).
§ 1. La versione integralista del Principio del Paese di origine nella proposta Bolkestein
La tensione tra mercato e solidarietà, rimasta parzialmente sopita nella complessa trama del lento processo di cristallizzazione giurisprudenziale della regola del Paese di origine, camuffata nel più asettico e meno partigiano principio del Mutuo riconoscimento, è palesemente riemersa all'indomani della presentazione della proposta originaria di direttiva servizi. La proposta Bolkestein, proseguendo nella consolidazione di un mercato unico dei servizi, prospettava un modello di home state control totale tramite l’affermazione, stavolta esplicita242, del tanto vituperato principio del Paese di origine.
Tale norma, come una clausola di diritto internazionale privato243 che stabilisce la legislazione applicabile, sottoponeva i prestatori transfrontalieri esclusivamente alla disciplina giuridica dello Stato membro di primo stabilimento, evitandogli l’onere di conformarsi alla normativa tecnico - regolamentare del singolo Paese membro ove avessero intenzione di esercitare la propria attività a titolo occasionale.
In base al principio del Paese d’origine, come originariamente enunciato nella proposta di direttiva , il prestatore di servizi sarebbe stato dunque unicamente sottoposto alla legislazione dello Stato membro in cui è stabilito per quanto concerne l'accesso ad un'attività di servizi ed il suo esercizio, ed al contempo alle autorità nazionali del Paese ospitante non sarebbe stato consentito imporre alcun genere di restrizione ai servizi forniti da un operatore economico stabilito in altro Stato membro244.
241 CGUE, 10 febbraio 2011, cause riunite da C-307/09 a C-309/09, Vicoplus, punto 29.
242 CHALMERS D., MONTI G., DAVIES, op. Cit., p. 803. Secondo gli autori “the original draf proclaimed its goals too
proudly” , scegliendo esplicitamente “a widely applicable country of origin principle as the foundation of the European services market, effectively abolishing the possibility of relying on mandatory requirements to impose restrictions”.
243 In merito alla questione dell'afferenza del principio “comunitario” del Paese di origine al diritto internazionale
privato, quale eventuale clausola per la soluzione di un conflitto tra leggi, si è rimarcato come la regola del Paese di origine abbia come obbiettivo di determinare quale legislazione applicare all'esercizio di un'attività autonoma, indipendentemente da una situazione di contrasto giuridico, avendo come vocazione “d'éviter le conflits et non pas
de les régler” (così PELLEGRINO P., Réflexion autour du principe du pays d'origine, in Revue du droit de l'Union
européenne, 2010, n. 3, novembre, p. 549-568).
244 Il principio del Paese di origine così formulato, contemplando l'applicazione integrale della normativa del Paese di
Mentre nel caso della classica declinazione del principio del mutuo riconoscimento l’applicazione del sistema giuridico del Paese di provenienza del prestatore di servizi era mitigata dalla previsione di motivi di deroga e di cause di giustificazione a favore della normativa dello Stato di esecuzione del servizio, la formulazione del principio contenuta nella proposta conduceva ad un’applicazione integralista del modello di home state control245. Il principio del Paese d’origine, quale enunciato nella proposta di direttiva, costituiva una regola avente efficacia automatica che non permetteva alcuna possibilità di ritorno al modello di host state control, indipendentemente da qualsiasi effetto ostativo e dall’esistenza di ragioni imperative di interesse generale o di motivi d'ordine pubblico che avrebbero potuto legittimare l’applicazione della legge nazionale dello Stato ospitante, come nel caso del mutuo riconoscimento.
L'innovazione contenuta nell'affermazione della regola del Paese di origine, rispetto al tradizionale principio del mutuo riconoscimento affermato dalla Corte di giustizia, non risiede dunque nell’assoggettare il prestatore di servizi alla normativa del suo Stato membro di origine246, opzione già confermata dalla stessa giurisprudenza tramite la dottrina degli ostacoli, ma piuttosto nell’escludere o ridimensionare fortemente il potere di valutazione, di controllo e di intervento dello Stato di destinazione del servizio, eliminando di fatto la possibilità per tale Paese membro di applicare al prestatore straniero le proprie misure nazionali.
Dunque mentre in un certo senso il principio del mutuo riconoscimento, quale sviluppato dalla Corte di giustizia, postulava già di per sé stesso un'applicazione particolare della legge del Paese d'origine sotto riserva delle normative nazionali costitutive di esigenze imperative di interesse generale, d'altro canto la proposta di direttiva servizi prevedeva un sistema di home state control automatico, adottando una concezione meramente negativa del mercato unico diretta alla sola armonizzati dal diritto comunitario, ed in particolare le norme che, tradizionalmente in base alle regole sul conflitto del diritto internazionale privato, disciplinano il comportamento del prestatore, la qualità o il contenuto del servizio, la pubblicità e soprattutto i contratti e la responsabilità del prestatore. Tale formulazione del principio sarebbe andata oltre la dimensione di strumento di mercato interno volto ad aprire le compartimentazioni nazionali che assolve in ambito comunitario e “avrebbe invece operato a pieno titolo come norma di diritto internazionale privato volta a
disciplinare in via generale il rapporto tra il prestatore del servizio ed il destinatario ed anche con terzi eventualmente coinvolti dall'attività di esercizio del servizio” (MALATESTA A., op. cit., p.166-167).
245 Si è suggerito come principio del mutuo riconoscimento e principio del Paese di origine abbiano in comune una
medesima genesi, riposando entrambi sulla necessità di fiducia reciproca tra autorità nazionali, lo stesso scopo d'assicurare un'integrazione crescente delle economie nazionali in vista della realizzazione di un mercato unico e l'utilizzo di un metodo similare caratterizzato dalla volontà di limitare all'essenzialità l'armonizzazione delle legislazioni nazionali (così PELLEGRINO, Réflexion autour du principe du pays d'origin, op. cit., p. 549-568). Si potrebbe aggiungere che nell’ambito del principio del mutuo riconoscimento l’approdo ad un modello di home state
control non è automatico, ma deriva dall’equivalenza funzionale tra le norme. Al contrario nella proposta la
preferenza per il Paese di origine è imposta da una valutazione legislative, in assenza d'ogni verifica comparativa di tipo discrezionale di competenza del giudice nazionale dello Stato ospitante (BANO F., op. cit., p. 79).
246 Diversamente taluni autori hanno posto l'accento sulla differenza tra mero riconoscimento da parte dello Stato
ospitante della legittimità del servizio offerto sul proprio territorio da parte di prestatori legalmente stabiliti in altro Stato membro ed applicazione della regolamentazione del Paese di origine, quale unica legislazione competente a disciplinare l'attività dell'operatore economico transfrontaliero (GRAHAM R., Mutual Recognition and Country of
Origin in the Case-law of the European Court of Justice, in BLANPAIN R., Freedom of Services in the European Union: Labour and Social Security Law, 2006, p. 42).
soppressione degli ostacoli all'accesso o all'esercizio di un'attività economica, piuttosto che alla creazione di uno spazio comune ove gli operatori sono sottoposti alle stesse regole di diritto247 . Tale soluzione parve troppo ardita ai governanti degli Stati membri proprio per la mancanza di tatto nella formulazione del principio che esplicitava senza troppe ritrosie quanto già consolidatesi nella meno esposta interpretazione giurisprudenziale. Il principio del Paese di origine subì dunque la disaffezione al simbolismo degli euroscettici, non ancora pronti a mettere nero su bianco, come dimostrerà poi il fallimento della Costituzione europea, il livello di integrazione raggiunta, quasi a lasciare uno spiraglio ad un'eventuale regressione a favore della sovranità nazionale.
§ 2. Il principio mascherato. Libera prestazione nella direttiva servizi
Le proteste di parte della società civile che paventava il rischio di una liberalizzazione economica incontrollata del mercato comune e la ferma opposizione, spesso demagogica e fagocitata dalle polemiche sulla Costituzione europea, di talune famiglie politiche europee, hanno costretto le istituzioni comunitarie a fare marcia indietro ed a presentare un'ulteriore e rettificata proposta, spogliata, solo formalmente, dal riferimento al principio del Paese di origine.
La versione definitiva della direttiva servizi accoglie anche nell'ambito del diritto derivato il sistema del mutuo riconoscimento tra le rispettive normative nazionali, privilegiando nuovamente la legislazione dello Stato di provenienza, pur in mancanza di un riferimento specifico al principio dello Stato di origine, sostituto dalla più neutra clausola della libera prestazione intracomunitaria dei servizi248. La soluzione adottata dalla direttiva costituisce tuttavia un mutuo riconoscimento rafforzato (o meglio ancora una forma attenuta di applicazione del principio del Paese di origine) in virtù della contestuale riduzione delle possibilità da parte dello Stato Membro di destinazione di giustificare l'applicazione di una misura nazionale restrittiva della libera prestazione. Si è infatti acutamente sottolineato come la circoscrizione delle ragioni imperative di interesse generale, limitando le ipotesi di applicazione del diritto nazionale dello Stato membro di accoglimento in materia di regolamentazione dell'accesso e dell'esercizio di un'attività di servizi, costituisca una, seppur parziale, affermazione del principio del Paese di origine, formalmente escluso dal testo della direttiva, ma che di fatto finisce per risultare rafforzato rispetto a come già moderatamente riflesso nell'ambito del mutuo riconoscimento tradizionale249.
La disposizione di cui all’articolo 16 della direttiva, prevedendo, in linea con quanto sancito
247 In questo senso DUBOS O., KAUFFMANN P., op. cit., p. 20.
248 In base a tale clausola sostanzialmente gli Stati membri non possono sottoporre l'accesso ad una attività di servizi od
il suo esercizio nei rispettivi territori a requisiti discriminatori o, seppur indistintamente applicabili, che non siano giustificati da ragioni di ordine pubblico, sicurezza e salute pubblica o di protezione dell'ambiente, sempre nel rispetto inoltre dei generali criteri di necessità e proporzionalità.
249 DAVIES G., The Services Directive: extending the country of origin principle and reforming public administration,
dall’articolo 56 TFUE, che lo Stato membro ospitante assicuri all’operatore economico il libero accesso e la prestazione del servizio250, riconferma quindi, anche nel diritto derivato, la predilezione, per un modello di home state control.
Dunque, in relazione esclusivamente alle attività di servizi che rientrano nel campo di applicazione della direttiva, gli Stati membri di destinazione, per giustificare la compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea di una misura nazionale non discriminatoria che possa ostacolare la libera circolazione dei servizi, dovrebbero poter invocare solo le quattro esigenze di tutela indicate251. Tale innovativa limitazione dello spazio di intervento dello Stato ospitante non trova invece operatività in merito alla libertà di stabilimento ove permane il diritto di invocare la classica categoria aperta delle esigenze di tutela e dei motivi di interesse generale252. La diversità di disciplina prevista dalla direttiva potrebbe trovare una spiegazione nelle caratteristiche precipue e nei diversi ruoli di ciascuna modalità di circolazione dei servizi (permanente e temporanea): nel caso della libertà di stabilimento infatti la possibilità di ricorrere a restrizioni in nome del "pubblico interesse" garantisce alle autorità nazionali di estendere le ipotesi, già ampie, in cui si applica la rispettiva normativa interna e di conseguenza assicura un controllo maggiormente rigido su chi intenda installarsi stabilmente sul territorio nazionale; mentre nel caso della libera prestazione dei servizi si è preferito limitare le ipotesi d’applicazione nei confronti dell’operatore transfrontaliero della normativa del Paese ove si reca per svolgere temporaneamente la propria attività al fine di favorire lo scambio intracomunitario di servizi con l’opzione di una clausola pro mercato253.
La preferenza per una riproposizione, seppur rivisitata e come detto rafforzata, del principio del mutuo riconoscimento, camuffando la parziale riaffermazione della dottrina del Paese di origine254
250 Si tratta sostanzialmente quindi della trasposizione dell’interpretazione giurisprudenziale dell’articolo 56 TFUE e
del relativo test di accesso al mercato, ai sensi del quale ogni misura nazionale suscettibile di ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio di una delle fondamentali libertà di circolazione ricade nell’alveo applicativo di tale previsione del diritto primario (in questo senso VAN DE GROENDEN J., DE WAELE H., op. cit., p. 406, ove si deduce da tale operazione di "copia & incolla" dal Trattato alla direttiva che anche lo stesso articolo 16 sia basato su un test di accesso al mercato, proibendo di conseguenza "all member state measures of a restrictive nature, irrespective of the fact whether they are discriminatory or not").
251 Si rammenti tuttavia come lo stesso diritto primario all’articolo 56 TFUE non preveda alcun riferimento alla
categoria aperta delle ragioni imperative di interesse generale, concetto totalmente elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, che potrebbe anche per quanto concerne la direttiva servizi attingere in modo creativo a tale classe di eccezioni. L’articolo 52 TFUE tuttavia quali ipotesi di deroga ai principi fondamentali del Trattato, da intendersi in senso limitativo, fa proprio riferimento alle nozioni di ordine, sicurezza e sanità pubblici. Resta invece estranea al diritto primario, ma non all’evolutiva giurisprudenza comunitaria la tutela dell’ambiente, salvo voler ricondurre tale ragione giustificativa in un concetto ampio di tutela dell’ordine pubblico.
252 Articolo 9 della direttiva.
253 Secondo questa impostazione anche BARNARD C., Unravelling the Services Directive, op. cit., p. 366: "the
directive reflects the long-established idea that the host State has more right to intervene in respect of establishment (hence the broad justifications) than it does in respect of services, where the principal regulator is the home State (hence the narrow justifications)". Nello stesso senso "Home state regulation, which is the philosophy of the cases and of the directive, entails that requirements imposed on services providers by their host state should be the exceptions, and so are subject to stricter limits. By contrast, the home state approach entails that the established person has in principle made choice to subject herself to the rules of her state of new establishment, and EU intervention should confine itself to rooting out discriminations against her, or particularly obstructive and disproportionate rules" CHALMERS D., MONTI G., DAVIES, op. cit., p. 868.
sotto le mentite spoglie dell’inattaccabile clausola di libera prestazione, ha il pregio particolare di essersi accompagnata ad un insieme articolato di disposizioni in materia di cooperazione
amministrativa..
La divisione di responsabilità tra Stato di provenienza e Stato di destinazione costituisce anche il riflesso del compromesso risultante dalla sostanziale affermazione del Paese di origine e per poter funzionare deve garantire una precisa ed equilibrata ripartizione di competenze tra le rispettive autorità nazionali. L'obbligo di cooperazione tra autorità nazionali, che ha come presupposto la fiducia reciproca tra Stati membri ed il riconoscimento delle rispettive regolamentazioni e controlli, ha la funzione di garantire la simmetria informativa tra le diverse parti contrattuali, con specifico riferimento ad un riequilibrio in favore dei diritti del consumatore255.
§ 3. L'armonizzazione delle ragioni imperative in concreto: le prime (timide) interpretazioni
Nella recente sentenza Société fiduciaire256 la Corte di giustizia è stata "chiamata per la prima volta a pronunciarsi sull’interpretazione257" della direttiva servizi al fine di specificare la portata della disposizione, ivi prevista, relativa alla soppressione di ogni divieto totale in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate.
Non costituiscono invece oggetto di trattazione nella decisione della Corte di giustizia, i punti più controversi della direttiva (principale argomento della nostra analisi), relativi al campo di applicazione della stessa ed all’armonizzazione dei motivi di interesse generale che possono giustificare un ostacolo alla libera prestazione dei servizi. In merito a quest’ultimo punto risulta tuttavia particolarmente interessante a livello dottrinale richiamare, tralasciando la soluzione del caso di specie che non rileva ai nostri fini, la posizione espressa dall’Avvocato Generale Mazàk il quale ha proposto un’originale soluzione alla questione delle deroghe concesse agli Stati membri dalla direttiva per limitare la circolazione transfrontaliera dei servizi.
A parte la diversa definizione della causa suggerita dall’Avvocato Generale può essere utile, da un prestazione di servizi “establishes a strong country of origin principle, with very limited exceptions, despite the
political fears this has always attracted and despite the fact the Court has never felt able to go quite so far”
255 La razionalità economica del principio del Paese di origine, che impone all'operatore economico transazionale di
conformarsi alla sola normativa dello Stato di stabilimento, comporta, infatti, un ulteriore indebolimento del destinatario di servizi, parte già di per sé svantaggiata del sinallagma contrattuale, cui viene del tutto addossato il “rischio dell'internazionalità” della prestazione, dipendendo la qualità della prestazione dai controlli effettuati da un Paese membro diverso da quello di sua appartenenza (così JIMÉNEZ GARCÍA F., Variaciones sobre el principio de
reconocimiento mutuo y la Directiva 2006/123/CE en el marco de la libre prestación de servicios, in Revista de Derecho Comunitario Europeo, 28 (2007), p. 777-817).
256 Sentenza della Corte di giustizia del 5 aprile 2011, Société fiduciaire nationale, cit. Il giudice comunitario in tale
pronuncia era chiamato a valutare la compatibilità con il diritto comunitario di una norma francese che vieta ai soggetti esercenti una professione regolamentata di pubblicizzare a terzi la propria attività, proponendo direttamente al mercato i propri servizi.
257 Conclusioni dell’Avvocato Generale Mazàk del 18 maggio 2010 in Société fiduciaire, cit., punto 1, di seguito "le