• Non ci sono risultati.

Una normativa comune per tutte le attività di servizi: libera prestazione e libertà di stabilimento

La direttiva 2006/123139costituisce un perfetto esempio di strumento orizzontale di coordinamento dei sistemi giuridici nazionali, più che di armonizzazione140, scelto proprio in virtù della necessità di affrontare un insieme di restrizioni estremamente variegato che affliggono contemporaneamente un ampio ventaglio di attività di servizi incluse nel campo di applicazione della direttiva.

L'oggetto della direttiva “servizi” concerne, nonostante la denominazione, non solo la disciplina relativa alla libera prestazione dei servizi, ma più generalmente la circolazione delle attività autonome, includendo quindi anche la regolamentazione della libertà di stabilimento. Di conseguenza le nozioni di “servizi” ed “attività di servizi” accolte nella direttiva, indipendentemente dalle concrete modalità di esercizio, hanno un significato ampio e “vanno intese

perciò come meri sinonimi di attività di carattere autonomo e non come riferite ad un'attività svolta esclusivamente in regime di libera prestazione di servizi”141.

La Commissione europea ha individuato gli ostacoli, in termini di condizioni di accesso al mercato, ancora esistenti alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi, dividendoli sostanzialmente in tre categorie cui corrispondono rispettive forme di azione per arginare tali restrizioni. In primis sono considerati quegli ostacoli, di natura giuridica, che uno Stato dovrebbe

139 L'iter legislativo di tale atto di diritto derivato è risultato essere piuttosto complesso e tortuoso, trascinandosi a lungo

con notevoli modifiche nel corso dell'adozione, mentre l'Europa stessa, affrontando una crisi economica senza precedenti, ricercava una nuova identità di fronte al processo abortito di Trattato costituzionale ed in seguito all'allargamento ad est. Il dibattito istituzionale in merito alla versione definitiva dell'atto si è principalmente indirizzato attorno al campo d'applicazione della direttiva, al rapporto della stessa con la normativa settoriale preesistente (in particolare in materia di distacco dei lavoratori) ed al principio del Paese d'origine. Proprio quest'ultimo punto ha costituito il centro di un'aspra polemica innescata da sindacati, sinistra massimalista e destra nazionalista, per il presunto rischio di dumping sociale e di jurisdictional shopping che tale previsione avrebbe dovuto comportare, contemporaneamente ad un abbassamento della qualità dei servizi ed alla totale ed incontrollata liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale (per un approccio critico cfr. DE SCHUTTER O., FRANCQ S., La proposition de directive relative aux services dans le marché intérieur: reconnaissance mutuelle,

harmonisation et conflits de lois dans l’Europe élargie, in Cahiers de droit européen, 2005, pp. 604-659). Il numero

di emendamenti proposti alla versione originale da parte del Parlamento europeo in prima lettura ha costretto la Commissione a presentare una seconda proposta di direttiva, sostanzialmente in linea con le modifiche approvate dall'Assemblea, intorno alla quale si è finalmente creato il consenso necessario per giungere ad una rapida adozione dell'atto. In merito ai punti critici che hanno costituito il fulcro del dibattito in seno al Parlamento ed al Consiglio si rimanda nuovamente a BERARDIS G., op. cit., pp. 30-35.

140 VAN DE GROENDEN J., DE WAELE H., All’s Well That Bends Well? The Constitutional Dimension to the

Services Directive, European Constitutional Law Review, Vol. 6, Issue 3, October 2010, p. 402, ove si sottolinea

come ”in the Directive a harmonised set of regulatory rules is absent”, non prevedendo tale atto di diritto derivato l’implementazione da parte degli Stati membri di “specific standards for a wide range of services” .

141 TESAURO G., op. cit., p. 564 ove si evidenzia ulteriormente che “quando la direttiva parla di servizi, intende

riferirsi semplicemente alle attività di carattere autonomo, senza alludere in assenza di ulteriori specificazioni, alla modalità concreta con la quale le attività di carattere autonomo sono effettivamente fornite in uno Stato membro diverso da quello di origine”.

essere in grado di rimuovere da solo142, senza coordinamento europeo ed in assenza di misure comunitarie orizzontali. In tal caso è sufficiente la concreta e diretta applicazione degli obblighi già vigenti in materia di libera prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento tramite l'apertura ad

hoc di procedimenti d'infrazione143. Una seconda categoria di restrizioni ha invece natura prevalentemente non giuridica e può essere affrontata tramite l'ausilio di strumenti non normativi144 che hanno il compito di affiancare e completare le misure a carattere legislativo. Una terza forma di ostacoli riveste infine carattere residuale nel senso che comprende tutte quelle restrizioni alla circolazione transazionale di servizi che non possano essere eliminate tramite il ricorso agli strumenti precedentemente illustrati, richiedendo invece l'adozione di atti comunitari di diritto derivato.

In tale contesto, di fronte ad una categoria di ostacoli comuni e ripetitivi che interessano diverse professioni, il ricorso ad una serie di strumenti di intervento legislativo di tipo settoriale si sarebbe rivelato inutile o in ogni caso eccessivamente dispendioso e controproducente. La direttiva servizi non intende occuparsi invece di quelle materie già oggetto di disciplina settoriale, né precludere eventuali interventi in questo senso in futuro, quanto piuttosto tentare di ricomprendere all’interno del proprio campo di applicazione tutte le situazioni residuali della circolazione dei servizi nel mercato interno, evitando di affrontare ogni problematica connessa alle specificità di ogni singola professione in sé considerata. Si tratta dunque di uno strumento quadro di carattere orizzontale che non impone regole dettagliate, ma piuttosto un insieme di principi comuni e divieti generali, e che codifica una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, integrandosi in modo complementare alle disposizioni preesistenti in materia di servizi145.

142 Si tratta essenzialmente di tutte le misure nazionali aventi carattere palesemente (nella forma) o sostanzialmente (di

fatto) discriminatorio o che non siano giustificate da obbiettivi di interesse generale o ancora che risultino sproporzionate rispetto all'obbiettivo perseguito (l'esistenza di un monopolio pubblico o determinate esigenze in materia di diplomi o requisiti professionali o di residenza del prestatore o ancora la previsione di regimi di autorizzazione).

143 Si rammenti tuttavia che per far valere le disposizioni in materia di libera prestazione dei servizi e di libertà di

stabilimento nei confronti delle autorità nazionali inadempienti il prestatore o il destinatario di servizi (in caso sia effettivamente conscio delle opportunità offerte dai Trattati), è spesso costretto ad avviare un procedimento giurisdizionale davanti ad un giudice nazionale per contestare la contrarietà della normativa interna rispetto al diritto comunitario i cui esiti sono tutt'altro che scontati. Si aggiunga inoltre che nell'ambito del procedimento pregiudiziale la Corte di giustizia appare spesso restia a risolvere concretamente la questione di illegittimità, limitandosi a fornire i criteri interpretativi che possano permettere al giudice nazionale di valutare, con riferimento al caso di specie, la necessità e la proporzionalità delle misure nazionali restrittive della libera circolazione dei servizi. Anche la stessa procedura d'infrazione in sé considerata, oltre all'impossibilità di essere invocata da parte di soggetti privati se non tramite il filtro della Commissione, presenta a sua volta talune peculiari disfunzioni dovute alla mancanza di risorse umane, alle difficoltà procedurali nel garantire la corretta esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia in modo unitario sul territorio europeo ed all'ormai patologico inadempimento in determinati settori di taluni Stati membri spesso reticenti ad applicare le sentenze che li riguardano.

144 La scarsa fiducia e conoscenza di operatori economici e consumatori nei confronti delle soluzioni offerte dal diritto

dell'Unione europea in materia di servizi transfrontalieri può essere arginata tramite il ricorso a codici comunitari di condotta, a meccanismi alternativi di soluzione delle controversie, ad iniziative di sensibilizzazione e d'informazione che permettano ad utenti ed imprese di prendere consapevolezza delle opportunità concesse dal mercato interno.

145 Cfr. D'ACUNTO S., Directive Services (2006/123/CE): radiographie juridique en dix points, in Revue du droit de

Rispetto al lavoro ante litteram del giudice comunitario che, riconoscendo progressivamente nuove categorie di esigenze imperative meritevoli di tutela, ammette implicitamente una serie di ostacoli che possono essere frapposti alla libera circolazione, il legislatore comunitario, tramite la direttiva servizi, fissa un'insieme di regole pratiche che dovrebbe contribuire a rinforzare l'efficacia delle disposizioni direttamente applicabili preesistenti nell'ambito del diritto primario in materia di circolazione delle attività autonome146.

La direttiva servizi disciplina dunque quelle forme di ostacolo cui, né la procedura d'infrazione, né l'applicazione diretta degli articoli 49 e 56 TFUE hanno dimostrato di saper sopperire, risultando inadeguati ogni qualvolta risulti necessario un coordinamento preliminare delle legislazioni nazionali, al fine di rafforzare la cooperazione tra autorità amministrative, semplificare le relative procedure ed istituire le opportune strutture informative. Come vedremo tale sforzo di collaborazione tra autorità nazionali al fine di accrescere la fiducia reciproca nei controlli effettuati dallo Stato membro di stabilimento, tramite meccanismi obbligatori di cooperazione amministrativa tra Paesi membri, costituisce il punto realmente innovativo della direttiva, che per il resto si limita sostanzialmente a codificare quando a più riprese affermato nella giurisprudenza comunitaria147. Descriveremo quindi di seguito in modo analitico l'ambito operativo della direttiva (§ 1), il relativo oggetto ed il rapporto con la normativa preesistente (§ 2), la disciplina della libertà di stabilimento (§ 3) e della libera prestazione di servizi (§ 4) ed infine gli obblighi di natura tecnico amministrativa che ne accompagnano il recepimento (§ 5).

§ 1. Il campo di applicazione della direttiva servizi.

L'equilibrio raggiunto per la definizione dell'ambito applicativo della direttiva costituisce il compromesso tra due elementi: da un lato l'effetto espansivo delle libertà economiche fondamentali in favore, sia di chi svolge un'attività nell'esercizio del diritto di stabilimento o di libera prestazione, sia di chi è il destinatario del servizio148; dall'altro lato le prerogative degli Stati, che pur dovendo coordinare le rispettive normative interne contribuendo alla liberalizzazione dei servizi, conservano comunque talune categorie di interessi generali che tendono a custodire gelosamente.

Al fine di delimitare il campo applicativo della direttiva si individuano: servizi sicuramente esclusi

146 In questo senso BERARDIS G., op. cit., p.28.

147 Per un ordinamento giuridico di civil law, come quello che caratterizza l'Europa continentale ove non vige il

principio dello stare decisis e le decisioni delle autorità giudiziarie non rappresentano il dato normativo, tale sforzo di codificazione rappresenta un impegno alla chiarezza ed alla conoscibilità dello stesso diritto comunitario (così anche DAVIES G., The Services Directive: extending the country of origin principle and reforming public

administration, in European law review, 2007, vol. 32, n. 2, p. 234).

148 Come già specificato in merito alla nozione ampia di servizio accolta nella direttiva, anche per quanto concerne le

nozioni di prestatore e di destinatario del servizio, conformemente al diritto primario ed alla giurisprudenza comunitaria, tali concetti “alludono sostanzialmente a colui che svolge un'attività di carattere autonomo ed a colui

che ne beneficia in una fattispecie caratterizzata dal passaggio di frontiera, sia esso dovuto all'esercizio della libertà di stabilimento oppure all'esercizio della libertà di prestazione dei servizi” (TESAURO G., op. cit., p. 564).

perché non rientrano nell'oggetto della direttiva; servizi non interessati perché disciplinati da altre norme; servizi specifici e professioni determinate che sono già regolamentati da ulteriori atti di diritto comunitario che prevalgono sulla direttiva149.

L'articolo 2 della direttiva che ne definisce il campo di applicazione, restando volutamente vago150, si limita ad affermare come la suddetta “si applica ai servizi forniti da prestatori151 stabiliti in uno Stato membro”. Al fine di circoscrivere i settori interessati dalle disposizioni della normativa

comunitaria si fa quindi riferimento ad un criterio negativo, preferendosi, piuttosto che individuare le singole attività di servizi oggetto di disciplina152, indicare invece, tramite una elencazione tassativa e dettagliata, le materie esterne all'ambito applicativo materiale della direttiva. In altri termini “tout est inclus sauf ce qui est explicitement indiqué comme étant exclu”153 e quindi, in mancanza di menzione nel testo legislativo, un settore economico o una categoria professionale rientrano pienamente nel campo di applicazione della direttiva.

In merito ai settori formalmente esclusi, si tratta d'attività che astrattamente rientrerebbero nel campo di applicazione materiale della direttiva, integrando la nozione stessa di servizio154 quale accolta nel diritto primario e nella giurisprudenza della Corte di giustizia, ma che il legislatore dell'Unione europea ha preferito invece volutamente esentare dagli effetti della normativa comunitaria. Tali esclusioni tecniche presentano natura opzionale, nel senso che è comunque consentito alle autorità nazionali estendere integralmente o anche solo parzialmente l'applicazione

149 Per questa premessa NASCIMBENE B., Le eccezioni ai principi. Interessi generali e ordine pubblico, op. cit., pp.

51-53.

150 La scelta redazionale perseguita dalle istituzioni comunitarie oltre ad evitare di appesantire il testo normativo con un

elenco pressoché infinito delle attività di servizi potenzialmente interessate dalla direttiva, garantisce, stante l'indeterminatezza e la generalità della definizione stessa di servizio, una continua evoluzione dell'insieme delle attività di servizio che potranno in futuro ritenersi incluse nell'ambito applicativo della direttiva. La definizione di servizio accolta nella direttiva corrisponde infatti alla versione consolidata nella giurisprudenza comunitaria e nel Trattato CE, contemplando tale nozione “qualsiasi attività economica non salariata di cui all'articolo 50 fornita

normalmente dietro retribuzione” (articolo 4, par. 1, n. 1 della direttiva). Il riferimento all'articolo dedicato dal

diritto primario alla libera prestazione dei servizi è funzionale unicamente ad individuare la natura autonoma della prestazione, senza alcun pregiudizio per la modalità secondo cui potrà essere esercitata , essendo consentito svolgere la suddetta attività anche in regime di libertà di stabilimento (in relazione alle due modalità stabile ed occasionale in cui si articola l'esercizio di un'attività autonoma v. supra).

151 Ai sensi dell'articolo 4, par. 1, n. 2, della direttiva con il termine “prestatore” deve intendersi “qualsiasi persona

fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica” costituita conformemente alla

normativa di uno Stato membro e dunque stabilita sul territorio comunitario, “che offre o fornisce un servizio”, avvalendosi della libertà di stabilimento o della libera prestazione di servizi. In tal senso la direttiva non riguarda le ipotesi di operatori di Paesi terzi che intendano stabilirsi in uno Stato membro o prestare i loro servizi all'interno dell'Unione europea, né di succursali di società di Paesi terzi in uno Stato membro.

152 Al considerando 33 della direttiva si fornisce comunque un elenco puramente esemplificativo delle fattispecie di

attività di servizi che potrebbero rientrare nell'oggetto delle sue disposizioni, aggiungendosi come le attività di servizi interessate dalla direttiva possano richiedere la vicinanza del prestatore e del destinatario della prestazione, oppure comportare lo spostamento di uno solo dei due soggetti, come di entrambi, od ancora essere fornite a distanza (via internet ad esempio) tramite il movimento del solo servizio in sé considerato.

153 D'ACUNTO S., op. cit., p. 271. Nello stesso senso si è sottolineato come "these exclusions are so impressively

numerous that is almost easier to think about what the directive does apply to" (CHALMERS D., MONTI G.,

DAVIES, op. cit., p. 824).

154 Fanno eccezione i servizi non economici di interesse generale che, pur irragionevolmente annoverati per ragioni

simboliche nell'elenco delle esclusioni di tipo tecnico fissate dalle disposizioni della direttiva, non rientrano nella qualifica di servizio, difettando per definizione del requisito dell'economicità della prestazione.

delle disposizioni della direttiva a tutti o solo alcuni dei servizi esclusi. Si rammenti inoltre che i settori esterni all'ambito applicativo della direttiva restano comunque sottoposti alle regole ed ai principi generali fissati dal diritto primario e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di libera prestazione di servizi e di libertà di stabilimento155.

Le materie escluse dall'ambito applicativo della direttiva costituiscono un'insieme eterogeneo che contempla i servizi non economici di interesse generale, le attività connesse all'esercizio di pubblici poteri, i servizi forniti da notai ed ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione156, i servizi privati di sicurezza157, i servizi delle agenzie di lavoro interinale ed i servizi fiscali.

In ambito di welfare ulteriori deroghe sono previste per i servizi sanitari158, stante la volontà di disciplinare la materia tramite una normativa ad hoc159, e per i servizi sociali riguardanti gli alloggi

popolari, l'assistenza all'infanzia ed il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, a condizione che siano forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali a livello nazionale. In merito a quest'ultimi si tratta di un esclusione solo parziale tarata ratione materiae in base alle

155 Tali esclusioni costituiscono forse il “tallone d'Achille” della direttiva, proprio dal momento ove la mancata

estensione della sue disposizioni a determinati settori cui si applicano in ogni caso le norme dei Trattati in materia di libera circolazione aventi efficacia diretta, non permette l'applicazione a tali attività di servizi degli strumenti amministrativi istituiti al fine di garantire un corretto ed efficace traffico transazionale delle prestazioni professionali sul territorio comunitario. La definizione del campo di applicazione ha costituito in sede di adozione della direttiva uno degli elementi di maggior discussione e contrasto con riferimento ad alcune tipologie di servizi particolarmente “sensibili” che si intendevano “preservare”, con il risultato finale che il testo definitivo risulta notevolmente più ricco di esclusioni rispetto all'elenco che figurava nella proposta originaria ove rimanevano salvi anche i servizi di interesse economico generale, i servizi giuridici ed i servizi sociali (oggetto ora di un'esclusione solo parziale). In merito a questo punto si è sottolineato appunto come le esclusioni non abbiano senso dal momento che anche i settori estromessi devono comunque conformarsi agli obblighi generalmente imposti dai Trattati, ribadendosi che la direttiva “non crea la libera circolazione dei servizi, ma cerca solamente di facilitarla” (BERARDIS G., op. cit., p.33).

156 Con riferimento alle attività collegate all'esercizio di pubblici poteri, di cui i servizi resi da notai ed ufficiali

giudiziari costituiscono forse un'inutile specificazione, occorre rilevare come sia assente dalle disposizioni della direttiva una distinzione, fatta già propria dalla Corte di giustizia, che permetta concretamente di individuare quelle singole attività che siano effettivamente caratterizzate dalla partecipazione diretta e specifica all'esercizio di pubblici poteri, con conseguente esclusione integrale di un settore o di una professione dall'applicazione della normativa comunitaria in materia di servizi. Infatti l'attività andrebbe esclusa, in armonia con la giurisprudenza comunitaria in materia, se il coinvolgimento nell'esercizio del potere pubblico, espressione della prerogativa di sovranità dello Stato sia del tutto prevalente, mentre un'attività meramente preparatoria all'esercizio di una funzione pubblica ovvero collaterale dovrebbe al contrario rientrare pienamente nel campo di applicazione del diritto UE.

157 Anche in tal caso si rileva una discrasia con quanto affermato nella giurisprudenza comunitaria ove non si prevede

una specificazione nell'ambito dei compiti di sorveglianza e protezione affidati a soggetti privati delle attività concretamente investite di poteri coercitivi che presentano caratteristiche proprie della funzione pubblica e che rientrano nell'ambito della tutela dell'ordine pubblico.

158 La direttiva specifica che le proprie disposizioni non si applicano ai servizi sanitari “indipendentemente dal fatto

che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata”. Tale esclusione totale

concerne anche le farmacie ed i diritti dei pazienti al rimborso delle cure transfrontaliere in ambito comunitario, non codificando in un atto di diritto derivato la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia in materia, come invece suggerito nella proposta originaria di direttiva.

159 Poi effettivamente adottata nel 2011 (cfr. Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo

2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, GU L 88, 4.4.2011).

categorie d'attività indicate e ratione personae in riferimento al tipo di prestatore evocato e dunque i servizi sociali in quanto tali non sono da ritenersi esclusi dal campo di applicazione della direttiva160. Ragioni di ordine pubblico e di tutela dei consumatori, che nascondono tuttavia neanche troppo velatamente meri interessi fiscali dei monopoli statali, giustificano l'esclusione delle attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario, comprese le lotterie, i giochi di azzardo nei