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Il diritto penale durante il regime monarchico tra istanze riformiste

La politica monarchica successiva all'entrata in vigore del codice penale non rese certo facile la vita a quest'ultimo. 300

Alle istanze riformiste costituenti lo sfondo del nuovo diritto penale incentrato sul codice, la monarchia contrappose una politica fortemente repressiva, diretta soprattutto alla eliminazione fisica degli oppositori politici301, tale da snaturare lo stesso sistema fondato sul codice penale del

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Tocci T., E drejta ndeshkimore. Parime te pergjithshme, Shkoder, 1926. L'opera non fu che una traduzione delle lezioni di Enrico Ferri ed Eugenio Florian preparate durante gli studi presso La Sapienza di Roma. Per questo saggio Tocci subì pesanti critiche, in quanto non rappresentava la realtà della legislazione albanese, visto che non era stato ancora emanato un codice penale albanese. Dall'altro lato, degna di attenzione è la pubblicazione, nell'introduzione, delle lettere di elogio a Tocci da parte di Enrico Ferri, che così scriveva: "Sono contento che il vostro libro potrà far conoscere i principi ed i propositi pratici della scuola positiva italiana. [...] Sono contento che le mie lezioni all'Università di Roma vi hanno dato la possibilità di portare nel vostro Paese le idee giuridiche di Roma, che le ha date all'intero mondo".Cfr. Hoxha D., Kodi Penal Shqipetar. Prime indagini sull'esperienza criminale in Albania negli anni del fascismo, cit., pag. 7.

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Su questo personaggio chiave anche per quanto riguarda il rapporto degli arbereshe con la madre patria d'origine, v. Caccamo F., Odissea arbereshe. Terenzio Tocci tra l'Italia e l'Albania, Rubettino Editore, Soveria Mannelli, 2013.

300

Sul passaggio dalla Repubblica alla Monarchia, cfr. Luarasi A. (a cura di), Historia e Shtetit dhe e se drejtes ne Shqiperi, cit., pag. 373-381.

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1928.302 Tale politica venne attuata attraverso delle leggi speciali, emanate tra il 1929 e il 1939, che modificarono quasi completamente l'obiettivo che il legislatore del codice del 1928 si era prefissato.303

La prima di queste leggi speciali fu quella sulla eliminazione dei fuggitivi emanata il 7 gennaio 1930.304 L'art. 1 di tale legge prevedeva che non costituisse reato l'omicidio e le lesioni arrecate ai fuggiti condannati dai tribunali, anche in contumacia, o anche sottoposti all'azione penale, allo scopo di catturarli. Sullo stesso filone il successivo art. 4 prevedeva dei compensi per coloro che uccidessero, catturassero i fuggitivi, ovvero ne indicassero i luoghi di rifugio.305

Sulla stessa linea, il 29 agosto venne emanato il decreto legge n. 143 sul confino dei figli, il sequestro del patrimonio, e l'incendio delle case dei fuggitivi politici.306 Secondo le disposizioni di questa legge i fuggitivi politici che non si consegnavano alle autorità entro quindici giorni dalla data di notifica del provvedimento ai familiari, veniva sottoposto a sequestro l'intero patrimonio. Se il fuggitivo non si consegnava neppure entro dieci giorni dal sequestro del patrimonio si procedeva all'incendio della casa ed al confinamento della famiglia.307

302

Hoxha D., Kodi Penal Shqipetar. Prime indagini sull'esperienza criminale in Albania negli anni del fascismo, cit., pag. 7.

303

Cfr. in tal senso la tesi di dottorato di Bertoli M., La discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena nei paesi dell'Europa dell'est, cit., pag. 43.

304

L. 7 gennaio 1930, n. 17 "Sulla eliminazione dei fuggitivi" pubblicata in Ligje, dekret ligje e rregullore te vitit 1937, vol. 7, pag. 43-44.

305

Elezi I., Historia e se drejtes penale, cit., pag. 123-125.

306

L. 29 agosto 1930, n. 143 "Sul confino dei figli, il sequestro del patrimonio, e l'incendio delle case dei fuggitivi politici".

307

Hoxha D., Kodi Penal Shqipetar. Prime indagini sull'esperienza criminale in Albania negli anni del fascismo, cit., pag. 8.

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Tale quadro di politica legislativa di repressione divenne più chiaro con l'emanazione del decreto legge del 30 giugno 1930 che modificava l'art. 1 della legge del 7 febbraio 1925 sul confinamento dei propagandisti pericolosi. Le nuove norme prevedevano che l'autore di propagande pericolose, palesi od occulte, contro l'indipendenza, l'integrità e l'unità del Regno, nonché contro le riforme sociali, poteva essere internato, anche se assolto dal giudice penale, con un provvedimento di natura amministrativa adottato dalle autorità competenti, tra cui il prefetto.308

Ma la politica di repressione continuò anche negli anni successivi. Il 14 aprile 1937 fu emanato un decreto legge sul divieto di pubblicazione, importazione e divulgazione di libri “dannosi”, cha aveva l'obiettivo di reprimere qualunque forma di propaganda contro il Re e lo Stato.309 Tale decreto puniva non solo la pubblicazione, ma anche il possesso, di libri od articoli, il cui contenuto venisse ritenuto lesivo dei sentimenti nazionali e contrario all'unità dello Stato monarchico, alla morale e al buon costume, secondo la valutazione di un'apposita commissione. Bisogna tener conto che questo decreto fu emanato in un periodo in cui la propaganda anti- Zogista sia nazionale che internazionale310 aveva assunto dei tratti allarmanti

308

Pubblicato in gazzetta ufficiale il 18 novembre 1932.

309

Il testo del decreto legge del 14 aprile 1937 venne pubblicato nella gazzetta ufficiale albanese n. 28/1937, ove compare anche l'elenco individuato dall'apposita commissione dei libri c.d. proibiti dal regime.

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Infatti, molti oppositori politici come Stefan S. Noli e Luigj Gurakuqi, costretti a lasciare il paese a causa dei continui perseguimenti da parte di A. Zogu, condussero un'intensa campagna politica contro la monarchia. Luigj Gurakuqi venne ucciso a Bari.

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tale da minacciare la sopravvivenza della monarchia tenuto conto anche dell'instabile contesto geopolitico nei Balcani. 311

Infatti, subito dopo il 23 aprile 1937 fece seguito un'altra legge312 che puniva con sanzioni particolarmente gravi, l'organizzazione e la costituzione di associazioni aventi la finalità di instaurare una dittatura di classe (come quella comunista) ovvero di sovvertire l'ordine economico e sociale esistente, così come la propaganda e la diffusione di idee in contrasto con quelle del regime.313 Inoltre, la suddetta legge puniva gravemente anche chi, oralmente o per iscritto, propugnava o diffondeva teorie socio-economiche in contrasto con quelle fondanti della monarchia.314

Dal suddetto seppur sintetico quadro legislativo risulta evidente come i principi liberal-democratici introdotti con il codice penale del 1928 siano stati interamente travolti e resi inefficaci dalla legislazione speciale successiva,

311

Cfr. in tal senso, Hoxha D., Kodi Penal Shqipetar. Prime indagini sull'esperienza criminale in Albania negli anni del fascismo, cit., pag. 8. V. anche, Bertoli M., La discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena nei paesi dell'Europa dell'est, cit., pag. 45.

312

La legge è stata pubblica nella gazzetta ufficiale del 30 aprile 1937, n. 32; L'art. 1, così disponeva "Chiunque crea, organizza o dirige, nel territorio del Regno, associazioni che mirano a stabilire la dittatura di una classe sociale sulle altre o a far scomparire con la forza una classe sociale o a rovesciare l'ordine economico o sociale dello Stato, è punito con la reclusione da cinque e dodici anni".

313

Cfr. in tal senso, Hoxha D., Kodi Penal Shqipetar. Prime indagini sull'esperienza criminale in Albania negli anni del fascismo, cit., pag. 8.

314

L'art. 6, "Chiunque nel territorio del Regno, oralmente o per iscritto o con qualsiasi altro mezzo, in via diretta o indiretta, sviluppa o diffonde teorie e idee comuniste oppure sistemi economici e sociali in aperto contrasto con il regime sociale in vigore nel regno albanese, è punito con la reclusione da uno a dieci anni e con la sospensione dai pubblici uffici".

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senza ricordare poi i tanti comportamenti arbitrari tenuti nei processi penali e spesso addirittura prescindendo dai processi stessi.315

Il diritto penale fondato sul codice conserva, invece, tutta la sua centralità in altre materie come quella dei reati contro la libertà religiosa e di coscienza.316

A tal proposito, a differenza del Codice Zanardelli, il nuovo codice penale conteneva per quanto riguarda la tutela della libertà di coscienza una novità con riferimento alla tutela dei non credenti le cui opinioni in materia venivano egualmente tutelate e garantite.317 In effetti, l'art. 160 prevedeva che chiunque offendesse pubblicamente qualcuno a causa del non professare alcuna fede religiosa, fosse punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre mesi, o con la multa fino a mille franchi d'oro.318

Il codice penale affermava, quindi, l'eguale tutela di credenti e non credenti, indipendentemente dall'appartenenza ad una comunità religiosa, garantendo in tal modo la libertà di tutti i cittadini.319

315

I processi durante il regno di Zog, soprattutto contro gli oppositori politici, così come la violenza e gli omicidi di regime erano la testimonianza concreta, da un lato, della violazione dei principi legalitari del codice penale del 1928, e dall'altro lato, del rafforzamento del potere politico nelle mani di Zog. Cfr. in tal senso, Elezi I., Historia e se drejtes penale, cit., pag. 125-128. V. anche, Bertoli M., La discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena nei paesi dell'Europa dell'est, cit., pag. 45.

316

V. artt. 155-159 c.p. del 1928.

317

Cimbalo G., Il ruolo degli arbëreshë nella messa a punto del modello albanese di rapporti tra le comunità religiose e lo Stato, in riv. telematica Stato, Chiesa e pluralismo confessionale, 12 maggio 2014, n. 17/2014, pag. 13.

318

Cfr. art. 160 c.p. "Kushdo qe poshtenon botenisht tjetrin per shkak se nuk ushtron veprat e nje feje, ndeshkohet mbi kerkimin e t'ofenduemit, me burgim deri ne tre muej,ose me gjobe te rande deri ne njemije fr. ari".

319

Cimbalo G., Il ruolo degli arbëreshë nella messa a punto del modello albanese di rapporti tra le comunità religiose e lo Stato, cit., pag. 13.

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Dall'esame delle fattispecie del codice in materia emerge che per il legislatore la scelta religiosa di un individuo era un diritto della persona e, quindi, una questione attinente alla sfera privata, che però assumeva rilevanza pubblica soltanto se diveniva oggetto di offesa da parte di terzi.320 In tal caso la tutela non dipendeva più dall'appartenenza ad una comunità religiosa, bensì riguardava la sfera di attività dello Stato. A tal fine l'art. 140 puniva coloro che, al fine di minare la pace dello Stato, usassero come mezzo la fede o i simboli religiosi, così come coloro che per lo stesso fine incitassero i sentimenti religiosi.321

Sembrerebbe che il legislatore del codice abbia tenuto conto della diversità del contesto religioso albanese e, quindi, abbia deciso di valorizzare il ruolo pedagogico del diritto al fine di prevenire qualsiasi tentativo di scatenare eventuali conflitti interni di religione.322

320

Cimbalo G., Il ruolo degli arbëreshë nella messa a punto del modello albanese di rapporti tra le comunità religiose e lo Stato, cit., pag. 13.

321

Art. 140, " Ata qe, per me prise qetesine Shtetnore bajne vegel fene ose te shenjtat e nje feje, sidhe ata qe me ate qellim eksitojne ndjenjat fetare, ndeshkohen me burgim nga tre muaj deri ne tre vjet dhe me gjobe te rande nga nje qint deri ne njemije fr. ari". La norma è particolarmente dettagliata in quanto non riguarda soltanto la fede, ma anche i simboli religiosi e i sentimenti religiosi individuali e collettivi, al fine di consentire una completa ed esaustiva individuazione del reato.

322

In tal senso il codice penale albanese del 1928 ha anticipato divieti analoghi attualmente inseriti nelle codificazioni di numerosi paesi dell'est Europa atti a prevenire conflitti a sfondo religioso. Sul punto v. Cimbalo G., Prime note sulla tutela penale dei culti nei Paesi dell'Est Europa, in La Carta e la Corte, Atti del Convegno "La Carta e la Corte. La tutela penale del fatto religioso fra normativa costituzionale e diritto vivente", Ferrara, 27 ottobre 2007, a cura di Leziroli G., Pellegrini Editore, Cosenza, 2009, pag. 143-180. Il processo di laicizzazione e trasformazione del paese continuò con l'emanazione da Re Zog nel 1937 della legge contro l'utilizzazione del velo islamico. L'emanazione di tale legge fu l'atto finale di una campagna che vide impegnate le stesse sorelle del Re e la Corte, così come le stesse Comunità religiose.

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Queste norme del codice albanese erano quelle che lo differenziavano sostanzialmente dal suo modello italiano, introducendo istituti e caratteristiche che hanno mantenuto la loro presenza anche nella legislazione successiva, a prescindere dal mutamento del quadro politico e costituzionale del Paese.323 In effetti, il suddetto quadro giuridico non è mutato nemmeno successivamente all'unione al Regno d'Italia, in quanto molta della legislazione razziale fascista non è stata mai estesa all'Albania, a causa dei continui rifiuti dei Governi collaborazionisti di consegnare ai nazi-fascisti gli elenchi degli ebrei presenti in Albania.324