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Parte II. I limiti all‟interpretazione autentica nella giurisprudenza costituzionale

4. Nozione e limiti comuni alle leggi retroattive Il principio di irretroattività in

4.3. Il rispetto della funzione giurisdizionale

4.3.3. Il diritto vivente

Si tratta, senza dubbio, della figura sintomatica meno utilizzata dalla giurisprudenza costituzionale. Si può dire che allo stato attuale non via sia una sola legge interpretativa che sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima perché in contrasto con il diritto vivente.

Come già rilevato, la sentenza n. 187 del 1981 individuava un possibile abuso del potere legislativo d‟interpretazione nel caso lo stesso intervenisse in assenza di contrasti interpretativi e giurisprudenziali. Può pacificamente affermarsi come tale statuizione, oltre a non essere mai stata applicata, sia stata completamente svuotata nel suo contenuto normativo da tutta una serie di sentenze che hanno “facoltizzato” il legislatore ad intervenire non solo in carenza di divergenze interpretative ma altresì per affermare un indirizzo ermeneutico diverso da quello elaborato dalla giurisprudenza564. In tal modo è evidente come il limite del diritto vivente sia diventato privo di alcuna rilevanza a seguito del progressivo allargamento dei presupposti giustificativi dell‟intervento interpretativo.

È necessario rilevare come, secondo talune opinioni, la riforma che ha investito la struttura e le funzioni della Corte costituzionale abbia prodotto degli effetti coinvolgenti anche il rapporto tra interpretazione autentica e diritto vivente.

Con la riforma della Corte di Cassazione operata con il d.lgs n. 40 del 2006 e poi con la legge n. 69 del 2009 emerge infatti la tendenza ad istituzionalizzare il principio dello stare decisis, attraverso la valorizzazione del principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità565. L‟opzione istituzionale implicita nella riforma comporta un rafforzamento del ruolo nomofilattico della Corte di Cassazione nonché il tentativo di comporre i contrasti giurisprudenziali in maniera efficace attraverso il rinvio delle questioni anche solo potenzialmente problematiche alle Sezioni Unite della Corte di

563 A. Pugiotto, La legge interpretativa e i suoi giudici, cit., pag. 347-348 che, a sua volta, cita M.

Manetti, I vizi (reali e immaginari) delle leggi di interpretazione autentica, in Le leggi di

interpretazione autentica tra Corte costituzionale e legislatore, cit., pag. 42.

564 Si vedano sul punto le sentenze nn. 586 del 1990, 397 del 1994, 454 e 455 del 1992.

565 D. Bifulco, L’indipendenza (intesa come discrezionalità interpretativa) del giudice tra vincolo del

precedente giurisprudenziale e vincolo posto dal legislatore in sede di interpretazione autentica,cit.,

160 Cassazione. Il rafforzamento della Corte di Cassazione nel ruolo di garante della certezza dell‟interpretazione giuridica potrebbe rendere più problematico e meno giustificabile che nel passato un intervento legislativo interpretativo in contrasto con il diritto vivente.

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CAPITOLO II

RIMEDI E STRUMENTI DI SINDACATO DELLE FONTI

INTERPRETATIVE

Sommario: 1. Rimedi istituzionali e giurisdizionali contro gli abusi del legislatore interprete. Il giudizio di legittimità costituzionale come strumento di garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale. – 1.1. Potenziamento del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale tramite la valorizzazione della clausola costituzionale degli obblighi internazionali. – 2. Il controllo del Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della legge o di emanazione dell‟atto avente forza di legge. – 3. La motivazione della legge (un rimedio de iure condendo). – 4. Il controllo diffuso dei giudici circa la natura interpretativa della legge adottata. – 5. L‟interpretazione costituzionalmente conforme. – 6. L‟inclusione della legge interpretata nel novero delle fonti interposte. – 7. Il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. 8. Il caso Scattolon: verso la disapplicazione della legge interpretativa in contrasto con la Cedu?

1. Rimedi istituzionali e giurisdizionali contro gli abusi del legislatore interprete. Il giudizio di legittimità costituzionale come strumento di garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale

Una volta messi in luce i rischi effettivi che l‟utilizzo delle leggi interpretative produce all‟interno dell‟ordinamento, la dottrina si è interrogata circa i possibili rimedi volti a contrastare gli abusi del legislatore interprete. I possibili strumenti di contrasto sono molteplici, non tutti necessariamente coinvolgenti l‟esercizio della funzione giurisdizionale. Finora, però, nonostante i molteplici sforzi dottrinali di tentare strade alternative per sanzionare l‟uso distorto dell‟interpretazione autentica, lo strumento quasi esclusivamente utilizzato è stato il giudizio di legittimità costituzionale, azionato prevalentemente in via incidentale. Tale strumento, come illustrato precedentemente, ha determinato pochissime declaratorie di illegittimità costituzionale di leggi interpretative. L‟applicazione in giudizio da parte della Corte, a fasi alternate, sia della teoria dell‟autonomia precettiva delle leggi interpretative sia della tesi dell‟equivalenza strutturale tra norme legislative di interpretazione autentica e leggi retroattive, non ha condotto ad un soddisfacente controllo circa l‟utilizzo, ormai ordinario, che il legislatore fa dell‟istituto considerato, al fine di sanzionarne gli abusi più evidenti.

162 La tesi che configura un modello tipico di legge interpretativa ha il pregio di ancorare l‟utilizzo dell‟istituto de quo a precisi presupposti giustificativi, come tali empiricamente verificabili da parte degli organi giurisdizionali. Tale impostazione dogmatica, se correttamente impiegata, avrebbe potuto condurre ad un controllo effettivo circa la legittimità delle finalità perseguite dal legislatore attraverso l‟utilizzo dello strumento legislativo interpretativo.

Nella giurisprudenza costituzionale tende a prevalere invece, come si è visto, l‟orientamento secondo cui la disposizione interpretativa sarebbe una norma innovativa caratterizzata da una naturale efficacia ex tunc a partire dall‟entrata in vigore della disposizione interpretata. La retroattività implicita della legge interpretativa sarebbe, secondo l‟interpretazione maggioritaria, il portato di un uso normativo della cui legittimità ordinamentale, non a torto, si è dubitato. Ma anche a voler abbracciare la tesi dell‟assimilazione tra leggi interpretative e leggi retroattive, l‟analisi della giurisprudenza costituzionale dimostra come i vizi tipici in cui potrebbe incorrere la legge retroattiva siano particolarmente difficili da provare e raramente abbiano condotto alla declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni interpretative. In particolare, per quanto concerne la molto spesso invocata lesione, nelle ordinanze di remissione, delle attribuzioni costituzionalmente proprie del potere giudiziario da parte delle leggi interpretative, è da rilevare come la Corte abbia sempre negato con forza la supposta interferenza, negando l‟esistenza di un “monopolio” interpretativo in capo al giudice. Anche qualora la Corte ravvisi la lesione di un parametro costituzionale ad opera della disposizione interpretativa, molto spesso è indotta a giustificare tale violazione, facendola rientrare in un supposto bilanciamento con altri valori costituzionali, considerati alla fine del processo comparativo di ponderazione costituzionale, di peso specifico maggiore e, in virtù di ciò, destinati a prevalere566. Nel sindacato di legittimità costituzionale sulle leggi interpretative, dall‟esame delle decisioni assunte in merito, sembra che il parametro fondamentale di giudizio sia nella maggior parte dei casi costituito da quel principio di ragionevolezza che, il più delle volte, si considera rispettato qualora l‟operazione interpretativa posta in essere dal legislatore si presenti come intrinsecamente razionale e coerente, a prescindere dalla valutazione circa il pari

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163 trattamento delle situazioni soggettive coinvolte567. Il sindacato di ragionevolezza sulle leggi interpretative, quindi, lungi dal configurare uno strict scrutiny come auspicato dalla stessa Corte costituzionale nella configurazione di un particolare test di costituzionalità sulle leggi retroattive568, appare allo stato attuale più enunciato che seguito effettivamente569. È difficile valutare le motivazioni che stanno alla base dell‟atteggiamento di self-restraint adottato dalla Corte costituzionale nei confronti delle leggi interpretative. Probabilmente la Corte è influenzata da quelle concezioni istituzionali che vedono le leggi interpretative, al pari delle altre leggi, come il prodotto della fisiologica attività del Parlamento, a cui sarebbe altresì rimessa la scelta circa l‟efficacia temporale da attribuire agli atti da esso stesso emanato. In tale ottica, quindi, le leggi interpretative, intese come una questione di politica del diritto, non potrebbero essere censurate sic et simpliciter dalla Corte costituzionale.

A prescindere dalla ragioni che inducono la Corte ad effettuare un sindacato a maglie larghe sulle leggi interpretative, resta il fatto incontrovertibile che il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi non ha finora consentito la messa a punto di una strategia adeguata a contrastare gli abusi del legislatore interprete. Le aspettative maturate in dottrina circa l‟efficacia del sindacato promosso in via incidentale al fine di sanzionare almeno le violazioni costituzionali più evidenti poste in essere dalle leggi interpretative sono state purtroppo in larga misura disattese570. Sorge dunque la necessità di ricercare nuovi strumenti, giurisdizionali ma non solo, atti non solo a contrastare ma anche a prevenire l‟onnipotenza del legislatore nell‟interpretazione della legge. Senza dimenticare, comunque, come il giudizio di legittimità costituzionale promosso in via incidentale permanga, secondo alcune accreditate interpretazioni571, e nonostante gli scarsi risultati ottenuti nella pratica, come lo

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Secondo A. Anzon, Modi e tecniche del controllo di ragionevolezza, in R. Romboli (a cura di), La

giustizia costituzionale ad una svolta. Atti del seminario di Pisa del 5 maggio 1990, Giappichelli,

Torino, 1991, pag. 31 , in modo efficace, il controllo di ragionevolezza “deve suddividersi in due grandi gruppi o categorie e cioè, da un lato, le ipotesi di verifica sul rispetto del principio di uguaglianza strettamente inteso, implicante una valutazione comparativa delle situazioni e delle relative discipline; dall‟altra, tutte le ipotesi in cui il controllo non tocca problemi di parità/disparità di trattamento, ma comporta valutazioni di adeguatezza, pertinenza, congruità, proporzionalità ovvero di coerenza interna o di ragionevolezza intrinseca della legge”.

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Il riferimento è in particolare alla già citata sentenza n. 229 del 1999.

569 A. Gardino Carli, Il legislatore interprete, cit., pag. 177. 570 A. Pugiotto, op. cit., pag. 357.

571 Cfr, in particolare, M. Manetti, I vizi (reali e immaginari) delle leggi di interpretazione autentica,

164 strumento più idoneo, in virtù del suo carattere concreto, a tutelare i diritti soggettivi lesi dall‟intervento legislativo interpretativo. In tale prospettiva, giova menzionare l‟autorevole opinione572

che intravede nell‟incidente di costituzionalità, attraverso la valorizzazione di alcuni significativi precedenti, lo strumento più adeguato per tutelare fondamentali diritti processuali quali il diritto di azione e il diritto di difesa

ex art. 24 e 113 Cost.. Il riferimento precipuo alla giurisprudenza costituzionale si

incentra sulla strategia argomentativa contenuta nelle sentenze nn. 185 del 1981 e 123 del 1987 ove la Corte costituzionale sembra valutare come la nuova disciplina legislativa introdotta sia in grado di garantire, nonostante la previsione dell‟estinzione dei giudizi pendenti, la soddisfazione delle pretese sostanziali che erano state azionate nei giudizi stessi. Il nucleo argomentativo utilizzato nelle sentenze citate viene meglio sviluppato nella sentenza n. 103 del 1995 ove la Corte al fine di individuare “i limiti di costituzionalità dell‟intervento del legislatore nel processo quando di questo venga definito l‟esito attraverso una norma che ne imponga l‟estinzione” analizza il rapporto intercorrente tra tale intervento del legislatore e il grado di realizzazione che attraverso la nuova disciplina legislativa viene assicurato alla pretese azionate. Secondo la Corte, quindi, “per escludersi la illegittimità costituzionale è necessario e sufficiente che l‟ambito delle situazioni giuridiche di cui sono titolari gli interessati risulti comunque arricchito a seguito della normativa che dà luogo all‟estinzione dei giudizi”. Ulteriore conferma di tale orientamento interpretativo si ha nella sentenza n. 310 del 2000 ove la Corte ribadisce che il legislatore può intervenire legittimamente sui processi in corso, imponendone anche una definizione ex lege. In tal caso, per escludere che il diritto alla tutela giurisdizionale sia stato menomato è necessario che “ il nuovo assetto dato dal legislatore alla materia non si traduca in una sostanziale vanificazione dei diritti azionati, ma attui una nuova disciplina del rapporto, tale da far venir meno le basi del preesistente contenzioso, in quanto realizza – nella misura e con le modalità ritenute dal legislatore compatibile con i limiti, ragionevolmente apprezzati, consentiti dalla circostanze nelle quali esso si è trovato ad operare – le pretese fatte valere dagli interessati”.

165 Il principio affermato in tali sentenze sembra quindi acquistare una portata generale ed essere così applicabile a tutti quei casi in cui il legislatore, modificando con efficacia retroattiva la normativa vigente, disponga l‟estinzione dei giudizi pendenti, esclusi quelli già passati in giudicato, al fine di consentire l‟applicazione di tale nuova disciplina573. Tra tali leggi, possono rientrare a pieno titolo quelle interpretative che, in molteplici casi, determinano un‟interferenza nei giudizi pendenti causandone altresì l‟estinzione. Si tratterebbe, quindi, in tale prospettiva interpretativa, di valorizzare al massimo grado l‟incidente di costituzionalità come strumento più idoneo ad assicurare la garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale leso da provvedimenti legislativi ad efficacia retroattiva. Sulla base delle sentenze citate, sembra infatti possibile enucleare un preciso test a cui sottoporre le leggi retroattive in generale, leggi interpretative incluse, al fine di valutare se la nuova disciplina normativa introdotta consenta, seppur non in maniera integrale, una congrua soddisfazione dei diritti che erano stati azionati in giudizio574. Tale schema di giudizio andrebbe applicato oltre ai casi rari, oggetto delle sentenze costituzionali sopra citate, in cui il legislatore dispone espressamente, oltre alla norma interpretativa o alla nuova disciplina retroattiva, l‟estinzione dei giudizi in corso, anche nei casi in cui lo stesso confidi semplicemente nell‟applicazione dello ius

superveniens che condurrà molto probabilmente, anche in tali ipotesi, alla

conclusione dei giudizi pendenti oppure ad un sostanziale ribaltamento delle posizioni processuali in campo575.

Se nel primo caso lo svolgimento del test sarà più agevole, considerata l‟espressa previsione legislativa che stabilisce la “sorte” giuridica dei procedimenti pendenti, nel secondo caso, in via preliminare, la Corte dovrà ricercare nel caso di specie quale siano gli effetti prodotti dall‟intentio legislatoris espressa nella legge retroattiva o interpretativa al fine di valutare gli effetti concretamente prodotti dalla stessa sullo svolgimento delle procedure giurisdizionali in corso. Come è stato opportunamente rilevato576, infatti, se l‟espressa previsione dell‟estinzione dei giudizi in corso senza assicurare in alcun altro modo una tutela adeguata delle pretese avanzate dagli attori

573 M. Manetti, op. cit., pag. 52. 574 Ibidem.

575 Ibidem.

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166 è da considerarsi costituzionalmente illegittimo, la stessa valutazione dovrà necessariamente essere espressa nei confronti di quelle discipline legislative retroattive che, pur consentendo formalmente la prosecuzione dei giudizi pendenti, sostanzialmente vanifichino irrimediabilmente i diritti garantiti dagli artt. 24 e 113 Cost..

L‟opzione interpretativa testè esaminata, elaborata a partire dal nucleo argomentativo utilizzato in alcune pronunce della Corte, non è stata però adeguatamente sviluppata dalla giurisprudenza costituzionale. Non sembra infatti che la Corte costituzionale abbia applicato il test sopra descritto alle ipotesi in cui implicitamente il legislatore incide sui procedimenti pendenti deteterminandone l‟esito o causandone l‟estinzione. Nella già citata sentenza n. 374 del 2000, pur riguardante una fattispecie non del tutto similare dal momento che la legge retroattiva incideva su provvedimenti non più pendenti ma già definitivi, la Corte costituzionale sembra prendere una direzione completamente diversa ed operare una netta differenziazione tra legge interpretativa a carattere provvedimentale che travolga specificatamente determinati giudicati e legge interpretativa formulata in termini generali ed astratti che implicitamente determini le medesime conseguenze577. La Corte sembra quindi non voler smentire l‟unico dato certo della sua ondivaga giurisprudenza in materia di leggi interpretative, ossia la scarsa propensione, nonostante le dichiarazioni ufficiali, ad effettuare uno strict scrutiny caso per caso sulla compatibilità tra l‟intervento di interpretazione autentica e la Costituzione. In tale prospettiva, lo strumento dell‟incidente di costituzionalità, seppur potenzialmente in grado di riattivare un circuito ermeneutico virtuoso sanzionando gli abusi del legislatore interprete, si rivela invero un‟arma spuntata.

1.1. Potenziamento del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale