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Il limite della cosa giudicata

Parte II. I limiti all‟interpretazione autentica nella giurisprudenza costituzionale

4. Nozione e limiti comuni alle leggi retroattive Il principio di irretroattività in

4.3. Il rispetto della funzione giurisdizionale

4.3.1. Il limite della cosa giudicata

Per quanto concerne il limite dei rapporti esauriti, la Corte, nonostante le petizioni di principio, non ne ha fatto un‟applicazione logica e coerente. È necessario preliminarmente sottolineare come il limite della cosa giudicata non attenga solo alla tutela delle funzioni giurisdizionali ma inerisca altresì al più generale principio di certezza giuridica che, come la Corte costituzionale ha rilevato più volte, costituisce un valore cardine di civiltà giuridica549.

Nella giurisprudenza costituzionale, accanto a decisioni che individuano nel giudicato un argine invalicabile da parte delle leggi ad efficacia retroattiva, vi sono tuttavia tutta un‟altra serie di pronunce che sono mosse dall‟intento di ridimensionare l‟efficacia preclusiva propria delle sentenze definitive550

. Nella sentenza n. 385 del 1994, la Corte afferma espressamente che “non si può far prevalere il “giudicato” sugli equilibri cui conduce il canone del bilanciamento dei valori costantemente applicato da questa Corte”. Tale statuizione, lungi dal configurare il giudicato come

548 A. Pugiotto, op.cit., pag. 344. 549 E. Libone, op.cit., pag. 142-143.

550 A. Pugiotto, op.cit., pag. 345; A. Pugiotto, La labirintica giurisprudenza costituzionale in tema di

154 limite invalicabile, lo immette all‟interno del bilanciamento tra valori costituzionali, con evidente possibilità che lo stesso receda rispetto a interessi pubblici ritenuti prevalenti. Nella sentenza n. 397 del 1994, la Corte sembra confermare quest‟impostazione; i giudici costituzionali, infatti, sembrano motivare la mancata configurazione del giudicato come limite assoluto all‟efficacia delle leggi interpretative in virtù della considerazione che la proposta avanzata da Calamandrei in Assemblea costituente di inserire in Costituzione una clausola di garanzia del giudicato nei confronti del potere legislativo venne respinta. L‟unica sentenza che sembra apparentemente applicare il limite del giudicato all‟esplicazione della potestà legislativa interpretativa sembra essere la n. 374 del 2000. Nel caso de quo, la legge interpretativa approvata vietava di attribuire ai ricorrenti un trattamento economico già riconosciuto con sentenza passata in giudicato. Secondo la Corte, l‟“incidenza, diretta ed esplicita sul giudicato esclude che la disposizione in questione operi solo sul piano normativo, poiché rivela in modo incontestabile il preciso intento legislativo di interferire – senza che vi sia un rapporto di consequenzialità necessaria tra creazione della norma ed incidenza sui giudicati – su questioni coperte da giudicato, non rispettando, in modo arbitrario, la differente condizione di chi abbia avuto il riconoscimento giurisdizionale definitivo di un certo trattamento economico riguardo a chi non l‟abbia ottenuto”. Ora, la pronuncia in questione, nonostante la declaratoria di incostituzionalità per interferenza della disposizione interpretativa sull‟esercizio della funzione costituzionale, suscita alcune perplessità di fondo. Innanzitutto la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione legislativa oggetto della questione551 che impediva l‟esecuzione tramite giudizio di ottemperanza di trattamenti economici accertati tramite provvedimenti giurisdizionali definitivi produce in realtà, come riconosciuto dalla stessa Corte, effetti benefici per i destinatari temporalmente limitati552. Come chiaramente affermato nella sentenza in oggetto, “è infatti evidente che alle somme che devono essere corrisposte proprio in forza della presente decisione, sarà comunque applicata (successivamente alla data di

551 Si tratta del quinto comma dell‟art. 41 della legge n. 449 del 1997 che mirava a ridurre l‟ambito

applicativo dell‟art. 4-bis della legge n. 356 del 1987, così come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, che attribuiva trattamenti retributivi al personale impiegato nell‟Amministrazione finanziaria.

552 A. Pugiotto, Il legislatore interprete e le “colonne d’Ercole” del giudicato, in Giurisprudenza

155 entrata in vigore della legge in esame) la stessa disciplina del riassorbimento nei futuri incrementi retributivi prevista dal medesimo comma 5 in riferimento all‟ipotesi di somme già versate allo stesso titolo, anteriormente all‟entrata in vigore della stessa legge”. In altre parole, il giudicato verrà comunque eseguito ma i predetti benefici economici verranno progressivamente riassorbiti in virtù dell‟indirizzo prescelto dalla norma interpretativa che deve comunque trovare applicazione.

Sembra inoltre che la Corte affermi l‟illegittimità costituzionale della disposizione non tanto per la lesione del giudicato ex se ma per gli effetti che la stessa è in grado di produrre sull‟assetto istituzionale e sulla tutela delle posizioni giuridiche coinvolte553. In altre parole, per la Corte costituzionale non è sufficiente constatare la lesione del giudicato ma è necessario altresì rilevare come la stessa si traduca in una interferenza esplicita e volontaria sulla potestà giurisdizionale. Nel caso de quo la Corte sottolinea altresì come la disposizione interpretativa produca un‟irragionevole disparità di trattamento tra la posizione di coloro che hanno agito in giudizio ed hanno visto riconosciuta in giudizio in via definitiva il loro diritto alla corresponsione del trattamento economico e coloro che invece non l‟abbiano fatto o non abbiano ottenuto tale riconoscimento giudiziale. Non manca, quindi, neanche in questo caso che appariva prima facie facilmente risolvibile in virtù della palese violazione del principio di intangibilità dei rapporti esauriti, un riferimento inequivocabile alla ragionevolezza della regolamentazione operata dal legislatore. Sembra quindi che la Corte costituzionale ravvisi una violazione del principio del giudicato solo nei casi evidenti in cui il legislatore esplicitamente dichiari il venir meno dei diritti quesiti sulla base di provvedimenti giurisdizionali definitivi554. Neppur in questo caso la declaratoria di incostituzionalità è però “tranchant” dal momento che i giudici costituzionali, al fine di addivenire a tale pronuncia, analizzano gli effetti che la violazione del giudicato produce in concreto sui rapporti tra potere legislativo e potere giudiziario e sulla ragionevolezza del trattamento globale riservato alle posizioni giuridiche soggettive coinvolte. Pare quindi dall‟analisi della giurisprudenza costituzionale che nei casi in cui il travolgimento

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In senso analogo E. Libone, op. cit., pag. 142 che sottolinea che nella sentenza de quo “la lesione del giudicato non sembra tuttavia rilevare in sé, ma in quanto da essa possa trarsi la precisa volontà del legislatore di interferire con l‟esercizio della potestas iudicandi”.

554 In tal senso A. Pugiotto, Leggi interpretative e funzione giurisdizionale, in Le leggi di

156 del giudicato sia un effetto solo indiretto e secondario della legge interpretativa non si assista ad un sovvertimento sostanziale del principio di separazione dei poteri, costituendo la violazione dei rapporti esauriti un mero “riflesso fisiologico della modifica del comando legislativo”555

. Posta in tal modo la questione, sarà però estremamente difficile che la Corte costituzionale dichiari l‟illegittimità costituzionale di leggi interpretative per violazione del giudicato. Si tratta infatti, con ogni evidenza, di un problema di formulazione del precetto interpretativo che, nella stragrande maggioranza dei casi, è strutturato in chiave generale ed astratta, senza far menzione nello specifico dell‟intenzione di travolgere rapporti esauriti. La violazione del giudicato costituisce quasi sempre l‟effetto e non la causa dell‟intervento interpretativo legislativo così come emerge dall‟enunciazione linguistica dello stesso. Sembra quindi che la Corte costituzionale richieda al legislatore non tanto un esercizio della funzione legislativa attento a preservare il principio della divisione dei poteri e l‟intangibilità dei rapporti esauriti quanto, più semplicemente, di evitare di statuire espressamente la propria intenzione di travolgere provvedimenti ormai divenuti irrevocabili556.

Nelle sentenze successive, in controtendenza con la giurisprudenza sopra citata volta a conferire una tutela debole alla res iudicata, sembra che la Corte sia maggiormente disposta a valorizzarne la portata, seppur sempre in combinato disposto con altri principi e valori di rilevanza costituzionale557.

Nella più recente sentenza n. 209 del 2010, la Corte dichiara l‟incostituzionalità di una disposizione interpretativa intervenuta in materia urbanistica perché lesiva congiuntamente del principio di legittimo affidamento, del canone generale di ragionevolezza e della sfera di attribuzioni proprie della sfera giudiziaria558. La lesione della sfera di poteri propri dell‟autorità giurisdizionale viene compiuta, nella specie, travolgendo sentenze ormai irrevocabili. C‟è da chiedersi, anche in questo caso, se in assenza del riscontro della violazioni concernenti il principio di

555

A. Pugiotto, op.cit., pag. 60.

556 A. Pugiotto, Il legislatore interprete e le “colonne d’Ercole” del giudicato, cit., pag. 2667. 557 A. Pugiotto, Le leggi interpretative a Corte: vademecum per giudici a quibus, cit., pag. 2756. 558 Per un commento della sentenza si veda M. Gigante, Legge di interpretazione autentica, principio

di intangibilità del giudicato e tutela del legittimo affidamento nella sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2010, cit., pag. 213 ss. Anche secondo l‟Autrice , tale sentenza è sintomatica

di un nuovo atteggiamento della Corte maggiormente propenso a d affermare la centralità dell‟intangibilità del giudicato. La pronuncia de qua dimostrebbe come sia “venuta meno l‟“intermittenza” che ha per lungo tempo caratterizzato la giurisprudenza costituzionale sul punto”.

157 ragionevolezza e il legittimo affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, la Corte avrebbe comunque dichiarato costituzionalmente illegittima la disposizione interpretativa.

Un possibile strumento utile per salvaguardare i rapporti esauriti da possibili modificazioni giuridiche ad opera di leggi retroattive, potrebbe consistere, come è stato suggerito559, nella valorizzazione dell‟interpretazione costituzionalmente conforme in capo al giudice. In presenza di una legge interpretativa che non faccia salvi esplicitamente i rapporti esauriti, sarebbe compito del giudice interpretare la normativa in questione applicandola esclusivamente ai rapporti pendenti. L‟utilizzo dello strumento dell‟interpretazione conforme da parte del giudice per preservare la res iudicata trova conferma nella sentenza n. 282 del 2005. In tale pronuncia, la Corte afferma che “silenzio del legislatore deve ritenersi significativo di un‟implicita salvezza del giudicato”; in tale direzione orienta “il canone interpretativo per cui, tra due possibili interpretazioni consentite dalla lettera di una disposizione, è corretta quella conforma alla (o non contrastante con la) Costituzione”.