Parte II. I limiti all‟interpretazione autentica nella giurisprudenza costituzionale
4. Nozione e limiti comuni alle leggi retroattive Il principio di irretroattività in
4.1. Il principio di ragionevolezza
La discrezionalità del legislatore nello stabilire il contenuto e gli effetti materiali e temporali delle leggi, secondo giurisprudenza dominante, deve essere indirizzata al rispetto del principio di ragionevolezza, spesso richiamato nella giurisprudenza
528Corte costituzionale, sentenza n. 246 del 1992. 529 A. Pugiotto, op. ult. cit., pag. 2785.
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146 costituzionale assieme all‟indicazione generica di principi e valori costituzionali, proprio come nel caso di specie delle leggi interpretative531.
In particolare, la Corte costituzionale ha affermato che l‟“unico limite alla possibilità di adottare leggi aventi efficacia retroattiva è la possibilità è una loro adeguata e ragionevole giustificazione, tale da evitare che la disposizione retroattiva possa trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti o possa contrastare con altri principi o valori costituzionali specificamente protetti”532. La preoccupazione della Corte sembra essere quella di preservare lo spazio di azione e manovra che compete alla legge all‟interno dell‟ordinamento costituzionale in virtù del suo carattere rappresentativo della volontà popolare, come tale non comprimibile o assoggettabile a vincoli, ad eccezione di quelli direttamente posti dal testo costituzionale533.
La Corte stessa ha cura di precisare come il controllo di ragionevolezza in relazione alle leggi ad efficacia retroattiva debba avere un carattere più stringente, “in quanto riferito alla certezza dei rapporti preteriti, nonchè al legittimo affidamento dei soggetti interessati”534. Nell‟ambito delle leggi retroattive il controllo di
ragionevolezza deve dunque essere particolarmente penetrante e, non limitarsi ad un generico controllo sulla razionalità o coerenza della disciplina introdotta. In particolare, come stabilito in alcune sentenze della Corte costituzionale, nei confronti delle leggi interpretative il generale principio della ragionevolezza quale limite di carattere generale alla retroattività legislativa deve essere declinato in uno specifico “test di costituzionalità”535
.
Tale indirizzo è stato inaugurato dalla sentenza n. 229 del 1999 che definisce quando una legge interpretativa può essere definita “ragionevole”536. In questa pronuncia la natura pseudointerpretativa della legge retroattiva da vizio autonomo di illegittimità costituzionale diventa elemento indiziario e sintomatico dell‟irragionevolezza complessiva della legge. Nella sentenza de qua la Corte ha cura di precisare nuovamente che il legislatore ordinario “può emanare norme con efficacia
531 L. Lorello, op. cit., pag. 173.
532 Corte costituzionale, sentenza n. 153 del 1994. 533
L. Lorello, op. cit., pag. 182.
534 Corte costituzionale, sentenza n. 432 del 1997.
535 A. Pugiotto, Le leggi interpretative a Corte: vademecum per giudici a quibus, cit, pag. 2756. 536 È A. Gardino Carli, Corte costituzionale e leggi interpretative tra un controverso passato ed un
147 retroattiva, interpretative o innovative che siano, condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti”. Ma allo stesso tempo la Corte osserva come la funzione di interpretazione autentica della legge retroattiva non sia insignificante ma possa venire in rilievo “sotto l‟aspetto del controllo di ragionevolezza”. Come espresso nel testo della pronuncia “nella specie, lo scrutinio della norma denunciata alla stregua del criterio di ragionevolezza deve prendere necessariamente le mosse dalla constatazione dell‟esistenza di una significativa divergenza di opinioni, manifestatasi tanto nella giurisprudenza di merito quanto in dottrina”. Secondo la Corte, nel caso in questione, sussistendo un “obiettivo dubbio ermeneutico” sulla disposizione in questione, la stessa non può legittimamente considerarsi irragionevole. In tale prospettiva, quindi i contrasti giurisprudenziali sul significato da attribuire a una disposizione legislativa non assurgono più a presupposti legittimanti l‟intervento legislativo interpretativo ma assumono le vesti di “criterio giustificativo della ragionevole retroattività della legge di interpretazione autentica”537
. Come è stato rilevato538, alla luce di tale impostazione, sembra che “l‟equiparazione tra leggi interpretative e leggi retroattive, a ben vedere, mentre resta sul piano degli effetti delle due categorie e delle censure che ne possono derivare, può non esserlo sul piano del contollo di costituzionalità, dove il carattere (effettivamente) interpretativo – rivelato dalla scelta autoritativa tra la molteplicità dei possibili significati del testo precedente – può mantenere un rilievo autonomo quale specifica causa giustificativa della deroga – da parte della legge interpretativa – al principio di irretroattività: in altri termini, l‟“interpretatività” sopravvive autonomamente come giustificazione della retroattività”.
Il test di “interpretazione ragionevole” avviato dalla sentenza n. 229 del 1999 è stato successivamente seguito dal altre pronunce costituzionali. Ma se nella sentenza citata si faceva riferimento alla sussistenza di divergenze interpretative giurisprudenziali o dottrinali quale indice sintomatico della ragionevolezza della disciplina legislativa retroattiva, nelle pronunce successive sono sufficienti a giustificare il legislatore
537 A. Pugiotto, La legge interpretativa e i suoi giudici, cit., pag. 330.
538 A. Anzon, L’interpretazione autentica legislativa tra controllo di costituzionalità ed evoluzione del
ruolo della legge, in La legge di interpretazione autentica tra Corte costituzionale e legislatore, cit.,
148 interprete anche mere opzioni di indirizzo politico se il significato prescelto coincide con uno dei possibili significati della disposizione interpretata. Nella sentenza n. 274 del 2006, ad esempio, la Corte è netta nel ribadire, in armonia con la pronuncia del 1999, che la funzione di interpretazione autentica, lungi dall‟essere un mero dato estrinseco privo di significanza, rileva sotto l‟aspetto del controllo di ragionevolezza. Ma a differenza della pronuncia precedente, la Corte richiede requisiti meno rigidi per conferire alla legge contestata la “patente” di legge ragionevole. Infatti, come enuncia il testo della sentenza, “la norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica non può ritenersi irragionevole ove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture originarie del testo”. L‟orientamento così espresso viene ribadito in successive pronunce della Corte costituzionale quale, ad esempio, le nn. 74 e 170 del 2008. Sembra quindi che la Corte abbia ridimensionato notevolmente il significato di “retroattività ragionevole”, così favorendo implicitamente un incremento della produzione delle leggi interpretative. Il test di costituzionalità inaugurato con la sentenza n. 229 del 1999 poteva ben rappresentare, se correttamente utilizzato, un argine efficace per frenare gli interventi legislativi interpretativi posti in essere in assenza di dubbi sul significato del testo di legge o al fine unico di ribaltare un orientamento giurisprudenziale politicamente sgradito. L‟allargamento delle maglie del test di ragionevolezza posto in essere nelle pronunce successive ha purtoppo vanificato tale proposito.