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La disciplina dei gruppi consiliar

Le regole per la formazione della rappresentanza

2. La disciplina dei gruppi consiliar

La formazione dei gruppi consiliari costituisce il momento nel quale le for- ze politiche che si sono presentate alle elezioni si trasformano in soggetti istituzionali dotati di un riconoscimento giuridico specifico, cui corrisponde un preciso status e un ruolo istituzionale determinato. Vista la natura anfi- bia33 dei partiti politici, sempre a cavallo fra la natura di soggetti privati e pubblici, è di particolare importanza soffermarsi sulla costituzione dei gruppi stessi, soprattutto perchè la possibilità di assumere un determinato

status nel momento post elettorale naturalmente influenza fortemente, a contrario, anche il comportamento degli attori politici nel momento eletto-

rale.

Di particolare rilievo assumono quindi quelle disposizioni che prevedono un numero minimo di consiglieri regionali, necessario affinché si possano

timazione della leadership?”, Società italiana studi elettorali – Consiglio regionale toscano, Firen- ze, 2 dicembre 2005.

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Il meccanismo sanzionatorio è stato impiegato già dalla prima consultazione nei confronti dei Ds, che avevano deciso di far ricorso alle primarie per la selezione dei candidati da presentare nel- le circoscrizioni provinciali. Il partito infatti non si è presentato alle successive elezioni come sog- getto politico, bensì è confluito all’interno di una lista unica, per cui molti dei candidati presentati alle primarie non sono stati inclusi nelle liste e, allo stesso modo, non è sempre stato possibile ri- spettare l’ordine per il necessario compromesso fra le forze politiche della lista unica. Per comple- tezza vi è tuttavia da sottolineare che sotto il profilo sostanziale i Ds hanno tuttavia rispettato la graduatoria definitiva per quanto riguarda il totale delle candidature assegnategli: in alcuni casi vi sono state deroghe, entrambe a favore di candidate donne.

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LA FORMA DI GOVERNO REGIONALE NEL DIRITTO VIVENTE

costituire dei gruppi. L’influenza che tale tetto minimo avrà sul comporta- mento delle forze politiche è evidente: tanto più alto sarà il numero minimo, tanto maggiore sarà l’incentivo alla coalizzazione delle forze politiche nel momento elettorale. La patologia che ha infatti afflitto il sistema politico i- taliano – non solo al livello regionale, ma anche a quello nazionale – è stato il costante aggiramento delle soglie di sbarramento poste nei sistemi eletto- rali. L’aggiramento è possibile grazie all’assenza, o all’inadeguata forza, di barriere che impediscano alle forze politiche che hanno creato un cartello elettorale di superarlo una volta entrate nelle assemblee rappresentative: per cui tendono a coalizzarsi alle elezioni con il solo obiettivo di separarsi di nuovo una volta conclusesi. Ovviamente se l’obiettivo primario è quello di limitare la frammentazione interna agli schieramenti politici e la sua tradu- zione nelle assemblee rappresentative la fissazione di un tetto minimo di consiglieri per la costituzione di gruppi consiliari è quantomeno una condi- zione necessaria, anche se non l’unica.

L’analisi del dato normativo non ci consente tuttavia di dire che questo o- biettivo sia stato raggiunto, poiché delle regioni che ad oggi hanno approva- to un nuovo statuto, sono poche quelle che hanno fissato un numero mini- mo, di cui nessuna che abbia reso tale barriera insormontabile.

Lo statuto che ha posto la soglia di sbarramento più alta è quello umbro con tre consiglieri (art. 52.1), che corrisponde, a fronte di una dimensione del Consiglio pari a 36, all’8,3% del totale, seguito da quello abruzzese (20.1) e quello calabrese (27.1), che fissano il numero minimo dei consiglieri a tre, pari al 6% del totale (entrambe prevedono un Consiglio composto da 50 membri) e, infine, da quello toscano (16.2) che ne prevede 2 su 65 (3,1%). Per cui dei nove statuti attualmente approvati solo 4 hanno fissato un nume- ro minimo. Ma, andando oltre, queste previsioni vengono ulteriormente ri- dimensionate dalla possibilità di superare la soglia nel caso in cui il consi- gliere sia espressione di liste che abbiano concorso su tutto il livello regio- nale (Abruzzo, Umbria), sia unico eletto di lista (Toscana) o la cui lista ab- bia superato il 5% dei voti alle elezioni o ancora sia espressione di gruppi parlamentari nazionali (Calabria). Ciò determina la possibilità di superare agilmente gli sbarramenti posti, a prescindere dalla loro entità effettiva, a- prendo la strada alla formazione di gruppi monocellulari, vera patologia

CAPITOLO III

Le regole per la formazione della rappresentanza

dell’organizzazione regionale – oltre che assurdo logico – individuata da tempo da autorevoli studiosi34.

Per integrare la nostra analisi è il caso di soffermarci anche sulle disposi- zioni relative alla struttura e all’organizzazione dei gruppi misti contenute negli statuti della Calabria (27.1) e della Liguria (28.2), con le quali si pre- vedono, all’interno di esso, garanzie specifiche per le singole componenti politiche di cui i consiglieri sono espressione, sul modello del regolamento Camera. In apparenza tale previsione sembra essere in contrasto con l’auspicabile obiettivo di ridurre la frammentazione e porre le basi per una crescente coesione dei due schieramenti di maggioranza e opposizione. In realtà lo è maggiormente nel caso ligure, dove non si riscontrano le condi- zioni che hanno portato all’inserimento di una norma di tal tipo a livello na- zionale – il che ne rende non solo dubbia ma anche discutibile la ragion d’essere – e cioè la necessità di fronteggiare l’eccezionale situazione di ri- composizione di un sistema partitico imploso, tendendo di fatto a cristalliz- zare e garantire la presenza delle micro forze politiche anche in seno all’assemblea.

Nel caso calabrese, le condizioni di partenza su cui si innesta una normativa di tal genere sono, invece, analoghe a quelle verificatesi a livello nazionale a partire dai primi anni novanta: la disposizione pare infatti volta a fronteg- giare una situazione di iperframmentazione del sistema partitico – sul finire della VII legislatura il consiglio regionale calabrese contava 23 gruppi con- siliari su 43 consiglieri regionali – tendendo a racchiudere in un unico con- tenitore la frammentazione e al contempo procedendo verso una semplifica- zione della rappresentanza consiliare. Queste disposizioni devono anche es- sere messe in relazione con il mantenimento del listino regionale, all’interno del quale spesso sono stati inseriti, come già accennato, candida- ti espressione di partiti che difficilmente avrebbero potuto superare la soglia di sbarramento prevista dal sistema elettorale allora vigente. Ciò comporta

naturaliter una maggiore frammentazione del consiglio, a meno che gli e-

letti nel listino non decidano di aderire ad altri gruppi o di dar vita a gruppi anche monocellulari ma espressione di gruppi parlamentari nazionali35.

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Caretti e altri

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In tal caso la norma di cui al terzo comma dell’articolo 27 dello statuto calabrese si presenta di dubbia interpretazione in riferimento alla possibilità che consiglieri eletti tramite il listino regiona- le ma non candidati anche in alcuna circoscrizione provinciale possano essere considerati come «emanazione» della lista del partito cui fanno capo, anche se questa si è presentata alle elezioni con candidati diversi.

LA FORMA DI GOVERNO REGIONALE NEL DIRITTO VIVENTE

Bisogna inoltre rilevare che il numero dei consiglieri calabresi è stato au- mentato da 40 a 50, sempre con possibilità di seggi aggiuntivi36, il che co- stituisce di per sé presupposto di ulteriore frammentazione. Pur tuttavia o- gni valutazione di questa innovazione andrà messa alla prova della prassi in un contesto più generale37.

Un’altra considerazione va fatta con riferimento alla disposizione contenuta nello statuto calabrese che rende possibile la costituzione di un nuovo grup- po qualora corrisponda ad una scissione conseguente a livello nazionale, la quale si riscontra anche all’interno del regolamento consiliare sia calabrese che ligure: ovviamente ciò, del lo meno dal punto di vista logico, contribui- sce a rafforzare la caratterizzazione verticistica e centralistica della struttura dei partiti italiani, poiché rende le sorti dei gruppi consiliari direttamente dipendenti dalle scelte operate a livello nazionale. Ovviamente tale disposi- zione non rende automatica la scissione eventuale di un gruppo consiliare in corrispondenza di una scissione avvenuta a livello nazionale, ma l’inserimento di tali tipo di disposizioni di certo non contribuisce alla crea- zione di un sistema partitico regionale che, pur nel quadro nazionale, svi- luppi delle peculiarità in ragione delle caratteristiche del territorio sul quale si trova ad operare.

Si ha quindi l’impressione che i riformatori regionali non solo non si siano granchè curati di ridurre la frammentazione, ma ne abbiano in un certo sen- so preso atto, predisponendo strumenti diretti a garantirla.

Ciò comporta che, oltre ai problemi sistemici a livello di organizzazione dei lavori in commissione di cui cercheremo di dar conto nel prosieguo del la- voro (cfr. infra IV.2.2.1), la coalizzazione indotta alle forze politiche dagli effetti meccanici del sistema elettorale venga meno una volta che i consi- glieri si sono insediati in Consiglio.

Questo può sicuramente causare delle problematiche relative alla tenuta del- la maggioranza, ma ancor più numerosi sono quelle cui deve andare incon- tro l’opposizione, dovendo al suo interno gestire una crescente pluralità di

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Tale possibilità, inizialmente non contenuta nella versione originale del nuovo statuto, è stata introdotta successivamente, tramite deliberazione legislativa integrativa che ha previsto l’inserimento del comma 5bis all’art. 59 (Norme transitorie e finali).

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V. il giudizio a prima lettura di A.MORELLI, Le modifiche al sistema elettorale in Calabria:

profili d’incostituzionalità?, in www.forumcostituzionale.it, 17 febbraio 2005 e, con impostazione antitetica, le osservazioni contenute nella relazione di S.CECCANTI al Seminario di Studi “Gli sta- tuti regionali al traguardo: un primo bilancio”, Organizzato dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, Roma, 3 marzo 2005.

CAPITOLO III

Le regole per la formazione della rappresentanza

soggetti già di per sé naturalmente non coesi, poiché privi del deterrente dello scioglimento che lega la maggioranza alla Giunta.