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L’istituzionalizzazione dell’opposizione consiliare

Le regole per la formazione della rappresentanza

3. L’istituzionalizzazione dell’opposizione consiliare

Se nel precedente paragrafo abbiamo parlato delle regole per la trasforma- zione delle forze politiche in soggetti istituzionali interni ai consigli regio- nali – e quindi della strutturazione della rappresentanza nel momento post elettorale – in questa sede ci occuperemo dell’eventuale differenziazione fra le varie componenti presenti in Consiglio. Mentre per quanto riguarda la problematica dei gruppi monocellulari la dottrina è pressoché concorde nel ritenerli perniciosi, per ciò che concerne il ruolo dei gruppi di opposizione consiliare in generale e dell’Opposizione in particolare, pare opportuno sof- fermarsi con alcune considerazioni di merito poiché diverse sono le inter- pretazioni esistenti così come le tradizioni istituzionali che permangono fra i riformatori regionali.

3.1 Considerazioni teorico-ricostruttive

Prima di tutto bisogna chiarire che si parla di Opposizione, al singolare, quando si fa riferimento al partito o alla coalizione di minoranza numerica- mente più consistente, che abbia concreta possibilità di divenire maggioran- za nelle successive elezioni. In altre parole si può parlare dell’opposizione solo quando vi sia una reale e concreta possibilità di un’alternanza di go- verno. Questa specificazione permette di coniugare due elementi fondamen- tali cui si deve necessariamente far riferimento quando si ha a che fare con questo concetto e cioè l’elemento quantitativo, che corrispondere all’essere il gruppo o l’insieme di gruppi numericamente più consistente, e l’elemento qualitativo, quindi il fatto di presentarsi come blocco coeso capace nel me- dio termine di presentarsi come una vera e propria alternativa di governo. Sul primo versante, quindi, sarà necessario cercare di capire se esistono del- le disposizioni che permettano di individuare l’Opposizione consiliare, mentre sul secondo se sono presenti, da un lato, incentivi alla sua coesione e

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dall’altro, se gli vengono conferiti degli strumenti adeguati, dal punto di vi- sta funzionale quindi, per poter svolgere in maniera adeguata il suo ruolo di alternativa di governo in potenza.

Prima di tutto pare il caso di partire con una notazione di carattere stilistico relativa all’impiego del termine opposizione all’interno degli statuti regio- nali e cioè ci si potrebbe chiedere se esso sia generalizzato oppure no. La risposta al quesito conduce inevitabilmente ad optare per la seconda rispo- sta, perché negli statuti regionali ad oggi approvati si riscontra un impiego pressoché indifferenziato dei termini opposizione/i e minoranza/e sia al sin- golare che al plurale all’interno degli statuti regionali. Se la specificazione appena fatta può sembrare semplicistica e al massimo un elemento di colore con riferimento allo scarsa accuratezza delle disposizioni contenute negli statuti regionali, in realtà la questione assume un’importanza tutt’altro che marginale perché può costituire un’utile cartina di tornasole delle difficoltà che tutt’ora persistono all’interno della classe politica regionale nel ridefini- re il ruolo delle istituzioni alla luce di un’impostazione maggioritaria della forma di governo.

Ma prima di tutto è il caso di fare un passo indietro per cercare di far chia- rezza sull’impiego di termini non fungibili quale minoranza e opposizione, sia al singolare che al plurale. La «minoranza» è composta dall’insieme (quindi con un approccio di tipo quantitativo) di tutte quelle forze politiche che non siano maggioranza all’indomani delle elezioni quindi, in altre paro- le, tutti i consiglieri che non siano stati eletti in liste collegate con il candi- dato presidente risultato vincitore. Con il termine «opposizioni» si fa invece esplicito riferimento a tutte le singole componenti la «minoranza», mentre con «minoranze» si guarda sia alle singole componenti della minoranza, sia alle minoranze di altro genere, quale quelle di tipo linguistico o religioso, per esempio. L’«opposizione» risulta invece essere il partito o la coalizione di minoranza maggiormente rappresentativa, cioè numericamente più consi- stente, quindi presumibilmente suscettibile di competere per divenire mag- gioranza nella successiva legislatura. E qui ci riagganciamo al lato quantita- tivo dell’opposizione che abbiamo precedentemente individuato. Tuttavia il termine «opposizione» ha anche un significato di tipo strettamente giuridi- co38, poiché il dato quantitativo – riferito quindi al fatto di non essere mag- gioranza – viene integrato dal ruolo specifico che essa è chiamata a svolge-

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re. Un ruolo cioè di opposizione all’indirizzo politico espresso dalla mag- gioranza, da cui consegue un’attività volta al controllo dell’azione della Giunta e alla formulazione ed esternazione di un indirizzo politico alterna- tivo, temporaneamente solo virtuale, ma volto al presentarsi all’elettorato come alternativa reale di governo in una prospettiva di alternanza.

Il problema dell’Opposizione contiene quindi in sé la necessità di una sua coesione tendenzialmente costante nel corso della legislatura, affinché, alla stregua della maggioranza, siano chiaramente individuabili da parte degli elettori i partiti che ne fanno parte e quali sono i progetti alternativi che propugnano. Per cui l’obiettivo principale ai nostri fini, accanto alla tutela di tutte le minoranze, è la valorizzazione dell’opposizione in chiave di al- ternanza39, che passa necessariamente per il suo riconoscimento e la sua i- stituzionalizzazione40.

Quest’ultima risulta soggettivamente individuabile, infatti, solo nel momen- to elettorale grazie ad un sistema di elezione d’impianto prevalentemente maggioritario e al seggio garantito per il candidato arrivato secondo: che dovrebbe costituire un vero e proprio embrione di statuto dell’opposizine, nell’implicita aspettativa che la coalizione che lo ha sostenuto alle urne pos- sa poi sostenerlo quale leader di governo alternativo.

Invece, nel momento della strutturazione della rappresentanza all’interno dei Consigli, sia la maggioranza sia l’opposizione non vengono riconosciuti come soggetti e si dissolvono nei vari gruppi corrispondenti ai partiti che hanno appoggiato il candidato risultato vincitore o sconfitto. Ma mentre la maggioranza tende naturalmente a presentarsi coesa attorno al Presidente della Giunta grazie alla regola del simul stabunt simul cadent, l’opposizione rischia, senza un qualche supporto istituzionale, di ritrovarsi frammentata e quindi incapace di svolgere la sua funzione oppositoria nei confronti del governo attraverso la formulazione un progetto politico alternativo e omo- geneo. Per questo, il riconoscimento dell’opposizione consiliare può essere considerato un passaggio fondamentale ai fini del riequilibrio di una forma di governo altrimenti schiacciata sull’asse maggioranza-giunta: il primo passo verso la costituzione di un vero e proprio Statuto dell’opposizione da

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DE VERGOTTINI G., voce Opposizione parlamentare, in Enciclopedia del Diritto, XXX, Milano, 1980

40

Su cui si veda il recente PARIS D., Il riconoscimento dell’opposizione quale soggetto istituziona-

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completarsi tramite il conferimento di appositi strumenti ispettivi e di con- trollo nei confronti dell’operato della Giunta.

Per chi consideri l’individuazione dell’opposizione e del suo conseguente ruolo istituzionale come un passo fondamentale per assicurare la per- manenza di una effettiva separazione dei poteri nei sistemi democratici mo- derni41, non pare infatti possano sussistere forti dubbi sulla necessità di sta- bilizzare l’opposizione consiliare. Nella nuova forma di governo regionale non si rintraccia infatti una separazione rigida tra i poteri esecutivo e legi- slativo, che prevede quindi un rapporto conflittuale e triadico tra la giunta e il consiglio e all’interno di questo tra la maggioranza e le opposizioni, bensì si dovrebbe ricercare, per ovvi equilibri sistemici e necessità di funziona- mento, di disciplinare l’assetto istituzionale in modo da perseguire lo spo- stamento dei pesi e dei contrappesi che miri a delineare un assetto duale e

integrato maggioranza (giunta) e opposizione (giunta-ombra)42. Non paiono

infatti pienamente fondate le critiche di coloro43 che vedono il nostro siste- ma come troppo frammentato per poter reggere un confronto costante fra la maggioranza e l’opposizione e di conseguenza paventano il rischio di rigi- dità che complichino la vita istituzionale delle nostre regioni a causa dell’immaturità del sistema politico regionale. Appare infatti, dal compor- tamento degli elettori così come dalle strategie portate avanti dagli attori politici, che la dinamica bipolare si sia andata via via rafforzando nel corso degli anni, in particolar modo a livello regionale (come dimostrano i dati e- lettorali relativi alle elezioni 2005, che vedono al di sopra del 95% nella maggioranza delle regioni i due maggiori schieramenti). Si tratta a questo punto, al contrario, di prevedere a livello istituzionale delle regole che in- centivino il comportamento bipolare dei partiti anche dopo il momento elet- torale, eliminando i molti strabismi presenti nelle legislazioni elettorali ma allo stesso tempo contemperando lo schiacciamento sull’asse maggioranza- opposizione della forma di governo regionale.

41

DE VERGOTTINI G., voce Opposizione… Op. Cit.

42

In merito v. anche i recenti PARIS D., Il riconoscimento dell’opposizione… Op. Cit. e PETRILLO

P., Nuovi statuti regionali e opposizione consiliare. Verso un rinnovato concetto di opposizione

“parlamentare”?, in Quad. Cost, n. 4/2005 43

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3.2 L’opposizione negli statuti regionali

Alcune disposizioni che mirano a costituire uno statuto dell’Opposizione si riscontrano tuttavia in alcuni degli statuti recentemente approvati.

Gli statuti di alcune regioni – Basilicata (23), Campania (34.7), Toscana (10.2) e Veneto (45.4) – hanno comunque cercato di incentivare la coesione post-elettorale dell’opposizione, prevedendo l’istituzione di un portavoce unitario. La differente forza vincolante delle loro previsioni è però sostan- ziale. Lo statuto che presenta la formula più definita è quello toscano poiché specifica che il portavoce debba essere espresso dall’opposizione, intesa come la minoranza consiliare numericamente più consistente. Neutra pare la disposizione contenuta nella bozza di statuto veneto, mentre la bozza del- la Basilicata si limita a prevedere il portavoce delle opposizioni (al plurale). Foriera di interessanti sviluppi, anche se ambigua, pare invece la disposi- zione contenuta nello statuto campano che prevede l’istituzione della figura del relatore di minoranza (34.7), se letta in combinato con l’inserimento dell’obbligo di dichiarazione di appartenenza alla maggioranza o all’opposizione cui sono sottoposti i consiglieri (34.1). La figura di un rela- tore di minoranza, anche se in commissione, è invece disciplinata dallo sta- tuto emiliano-romagnolo, su richiesta di consiglieri rappresentanti un quinto dei voti assegnati in Commissione (50.3). In relazione a tale aspetto si pos- sono formulare due ordini di considerazioni, una di carattere sostanziale, una di carattere formale. Rispetto alla prima, non basta prevedere la figura del portavoce dell’opposizione affinché questa coincida necessariamente con il leader politico effettivo dell’opposizione, inteso come il presidente della Giunta-ombra, cioè come il leader della coalizione uscita sconfitta dalle urne che, compatta, si prepara ad affrontare la legislatura formulando un indirizzo politico alternativo. A poco servirebbe, infatti, un portavoce privato di un qualsiasi peso politico all’interno della coalizione di cui fa parte. Riguardo al secondo aspetto preoccupano invece i rinvii ai regola- menti consiliari della disciplina relativa alle loro funzioni.

Sarebbe stato auspicabile infatti disciplinare direttamente con norme statu- tarie gli strumenti messi a disposizione dell’opposizione, per garantirle di assumere una fisionomia definita e coerente con il nuovo ruolo che è chia- mata ad assumere. Così facendo i riformatori regionali hanno invece evitato di affrontare il problema, semplicemente spostandolo temporalmente, con il rischio di svuotare di contenuto le poche previsioni statutarie che sono an-

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date in tal senso. Dal punto di vista definitorio, tuttavia, solo la regione to- scana ha compiuto uno sforzo, chiarendo che l’opposizione è intesa come la minoranza maggiormente rappresentativa. E che quindi nel nostro contesto ha la concreta possibilità di porsi come alternativa di governo. Tuttavia ciò che viene previsto nello statuto toscano non è di per sé sufficiente. Nulla as- sicura infatti che tale portavoce (nomen omen) sarà in realtà il vero leader dell’opposizione, inteso come il presidente della giunta alternativa attorno a cui ruota una maggioranza coesa che formula un indirizzo di governo alter- nativo. Questo infatti da solo non basta, senza adeguati strumenti. Ma il ca- so toscano è, mi venga concesso un ahimè, sui generis, come vedremo nel prosieguo del lavoro.

Da quanto appena visto, una prima considerazione che si può trarre è la se- guente: analizzando le norme che incentivano la coesione dell’opposizione consiliare (e quindi la sua stessa esistenza in consiglio), non si ha la certez- za che si possa parlare di opposizione nel momento successivo a quello e- lettorale.

Passeremo ora, in maniera agli strumenti esplicitamente previsti, senza de- legare in bianco al regolamento del consiglio, dai testi statutari, suddividen- doli in due parti: strumenti e contropoteri.

Rispetto ai primi, alcuni statuti fissano come contenuto necessario degli sta- tuti regionali le garanzie per l’opposizione nella programmazione dei lavori consiliari per quanto riguarda gli spazi e i tempi per la discussione dei pro- getti di legge (così all’art. 10.1 dello statuto toscano, all’art. 49 del testo umbro e all’art. 43.1 del progetto veneto) e l’inserimento di argomenti o proposte di legge nell’ordine del giorno del consiglio (così lo statuto cam- pano, all’art. 34.4). Allo stesso modo sono importanti le disposizioni che prevedono garanzie per l’opposizione con riferimento ai tempi per l’esercizio del sindacato ispettivo, contenute negli statuti delle regioni Campania (34.3), Piemonte (94.2) e Toscana (10.1). È pure da notare l’art. 31.3 dello statuto campano che, con riferimento a interrogazioni, interpel- lanze, mozioni e interrogazioni a risposta immediata, prevede che il rego- lamento consiliare garantisca spazio adeguato alle iniziative dell’opposizione. In questo caso, tuttavia, non pare insensato lasciare ai re- golamenti consiliari la disciplina degli ulteriori concreti strumenti da confe- rire all’opposizione una volta in consiglio. Tuttavia un minimo di tutela sta- tutaria, come avviene in alcuni ordinamenti, è sicuramente un importante,

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anche se non esaustivo, indicatore dell’importanza che assume il ricono- scimento di un ruolo fondamentale all’opposizione parlamentare.

Un altro strumento importante conferito alle Opposizioni sono la possibilità di richiedere, e concretamente ottenere, l’istituzione di commissioni di in- chiesta. Lo Statuto Toscano ha previsto (21.2) che le possano essere istituite senza voto consiliare quando ne facciano richiesta almeno un quinto dei membri del consiglio (esisteva comunque già nel vecchio statuto). Nel suc- cessivo comma si nota tuttavia come questa prerogativa venga mitigata da un tetto massimo di 2 commissioni di inchiesta che possono essere istituite senza il voto consiliare. Gli statuti che prevedono norme analoghe, ma con soglie più elevate, sono quello umbro (richiesta di almeno 1/3 dei membri, 54.2) e quello ligure (richiesta del 40% dei membri, 26.3). Originale è inve- ce la previsione di cui all’art. 34, c. 1 dello statuto campano, che prevede l’abbassamento del quorum ad un terzo per l’istituzione di una commissio- ne di inchiesta nel caso ne faccia richiesta uno dei gruppi di opposizione. In tal caso sarebbe comunque utile prevedere a livello statutario non solo che le commissioni di inchiesta siano presiedute da membri dell’opposizione (come fanno la maggior parte degli articolati) ma anche che vengano pre- siedute da un membro della maggioranza qualora siano richieste dall’opposizione. In tal modo cercando di rendere equilibrato e credibile il loro impiego.

Infine, lo statuto della regione Lazio prevede uno strumento singolare, cioè che possa essere conferita ad un terzo dei componenti il consiglio (68.7) la possibilità di richiedere al Comitato di garanzia statutaria un controllo in via preventiva sulla conformità delle leggi regionali allo statuto (68.6, lett. b). É previsto che in caso di parere negativo, il consiglio possa riapprovare il progetto in questione solo con l’aggravio della maggioranza assoluta (68.8). Tale norma è stata recentemente avanzata da alcuni esperti con riferimento al livello nazionale (v. in particolare il progetto ISLE, Norme per uno statu-

to dell’opposizione), anche se in ambito regionale pare ancora prematuro

prevedere quale sarà il suo impatto, vista l’indeterminatezza quanto al ruolo che effettivamente svolgeranno le cd. “corti costituzionali regionali” disci- plinate da molti statuti.

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3.3 L’opposizione nei regolamenti consiliari

Importanti norme statutarie rischiano, senza la dovuta concretizzazione in norme regolamentari, di risolversi in soluzioni di cosmesi istituzionale, so- prattutto quando si sia di fronte a forti innovazioni statutarie, almeno appa- renti, che richiedono, oltre ad una revisione puntuale, una lettura sistematica delle previsioni regolamentari ed un conseguente adattamento ad ampio spettro.

Il regolamento consiliare, infatti non è solamente uno strumento attraverso il quale rendere più efficienti i processi decisionali interni all’organo e più efficace il ruolo dello stesso, ma anche di un’ulteriore sede nella quale defi- nire e specificare gli equilibri della forma di governo regionale nel suo complesso, così come ridisegnata dal nuovo statuto regionale.

Nel panorama delle norme regolamentari ad oggi novellate si rintracciano tuttavia tre articolati che ci forniscono spunti di interesse, anche se si è co- tretti ad allargare il campo di analisi, rispetto al campione di regioni che si è scelto all’inizio di analizzare: limitandoci alle regioni a statuto ordinario si riscontrerebbe infatti solamente un caso basandosi sul quale si può effetti- vamente parlare di statuto dell’opposizione.

Prima di tutto pare opportuno soffermarsi sul nuovo regolamento della re- gione Friuli Venezia Giulia (approvato il 6 ottobre 2005), il quale prevede la possibilità di costituire una coalizione di gruppi, tramite dichiarazione dei loro presidenti (art. 12). In questo caso non si è di fronte ad una disposizio- ne volta all’individuazione diretta di maggioranza e opposizione, ma ven- gono poste le basi affinché ciò divenga realizzabile. Sarebbe così possibile almeno risolvere il problema, precedentemente richiamato, della frammen- tazione dell’opposizione tramite la trasposizione, peraltro facoltativa, in se- de consiliare della dialettica fra le coalizioni che si sono confrontate alle ur- ne, grazie alla bipolarizzazione della competizione politica.

Vi è poi la peculiare esperienza toscana – l’unica a dire il vero che avrem- mo dovuto ricomprendere nella presente analisi – che direttamente in Statu- to (art. 10.2) esplicitamente definisce l’opposizione come la coalizione di minoranza maggiormente rappresentativa. Il Consiglio toscano è attualmen- te ancora impegnato nella fase di elaborazione del nuovo regolamento in- terno, anche se nel frattempo ha introdotto delle modifiche per rendere di- rettamente applicative alcune norme statutarie: per quanto ci riguarda, l’innovazione più significativa consiste nell’atto formale attraverso il quale

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viene individuato il Portavoce dell’opposizione, una dichiarazione congiun- ta dei presidente dei gruppi che intendono esprimerlo (art. 14bis, introdotto il 17 febbraio 2005). Senza un’individuazione a monte dell’opposizione, la forzatura concettuale rischia nondimeno di divenire evidente: nonostante lo statuto direttamente riconosca sia le coalizioni sia l’opposizione (e la defi- nisca), di queste ultime, per lo meno dal punto di vista soggettivo, non vi è ancora traccia nel regolamento, mentre l’individuazione dei soggetti che la compongono, così come della coalizione di cui implicitamente si ricono- scono parte, deriva da una circostanza di tipo oggettivo e cioè dalla di- chiarazione congiunta dei capigruppo che intendano aderirvi.

Pare infine di particolare interesse la disposizione contenuta nel regolamen- to campano (art. 14, modificato il 21 giugno 2005, ancora vigente il vecchio statuto) con la quale viene posto l’obbligo per i consiglieri di dichiarare la loro appartenenza alla maggioranza o all’opposizione. In tal modo tuttavia si corre il rischio di irrigidire eccessivamente il quadro bipolare, sovrappo- nendo due concetti non coincidenti come minoranza (che comprende dal punto di vista quantitativo tutte le forze politiche non di maggioranza) e op- posizione (che si riferisce esclusivamente a quelle che si pongono come rea- le alternativa di governo) tagliando quindi fuori le forze politiche che inten- dessero collocarsi al di fuori della dinamica bipolare.

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CAPITOLO IV

Gli organi delle Regioni,