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La disciplina IRES delle società sportive dilettantistiche di capitali

CAPITOLO 2 “L’IRES e l’IRAP per gli enti sportivi dilettantistici”

2.6 La disciplina IRES delle società sportive dilettantistiche di capitali

Con la riforma apportata dalla L. n. 289/2002 le società sportive dilettantistiche sono state equiparate alle associazioni sportive, ma dal punto di vista della qualificazione tributaria è rimasto in vigore il diverso trattamento che il legislatore aveva riservato loro.

Tali società infatti, pur essendo enti no profit, mantengono in ambito fiscale la qualificazione commerciale ed il loro reddito è determinato secondo la disciplina del TUIR relativa agli enti commerciali133.

Il reddito complessivo, da qualsiasi fonte esso provenga, è considerato perciò, anche per le società sportive dilettantistiche, reddito d’impresa.

I proventi non vanno ad accrescere la varie categorie reddituali a seconda della loro natura, come accade per le associazioni e le persone fisiche, ma sono ricondotti in base al principio di attrazione all’unica categoria reddituale prevista che è appunto quella del reddito d’impresa.

Tale metodologia di determinazione del reddito è esclusiva per le società sportive: sia la determinazione analitica del reddito che l’eventuale adesione al regime forfettario della L. n. 398/91 si differenziano rispetto alle modalità di determinazione del reddito riservate agli enti associativi.

Nelle associazioni infatti, l’attività istituzionale è differenziata da quella economica, le operazioni riconducibili alle finalità ideali dell’ente non confluiscono mai nella stessa classe reddituale dei proventi commerciali.

Nelle società sportive invece, a titolo esemplificativo, anche le liberalità, che per le associazioni sono un tipico provento istituzionale, vengono attratte nell’ambito delle attività commerciali e classificate assieme ad esse.

Si capisce quindi che la formazione dell’imponibile fiscale segue strade completamente diverse e le modalità di determinazione del reddito sono diverse in ragione della differente qualificazione giuridica degli enti sportivi.

Non sono inoltre applicabili alle società sportive di capitali, proprio in forza del predetto principio di attrazione dei loro redditi, la disciplina degli enti non

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commerciali prevista all’art. 143 del TUIR e quella forfettaria di determinazione del reddito dell’art. 145 del TUIR.

Tale interpretazione trova giustificazione nella circolare n. 21/E del 2003 dell’Agenzia delle Entrate.

Anche per le società sportive di capitali però, qualora rispettino le condizioni da esso previste in merito al regolare svolgimento della vita interna dell’ente, dei relativi organi e dell’avvenuto riconoscimento sportivo, valgono le eccezioni di decommercializzazione previste dall’art. 148 co. 3134 del TUIR ossia non si considerano commerciali le operazioni orientate al perseguimento delle finalità istituzionali della società sportiva dilettantistica o effettuate verso pagamento di corrispettivi, anche specifici, da soci, iscritti o partecipanti, oppure da altre società (o loro tesserati o iscritti) aventi le medesime finalità o appartenenti alla stessa organizzazione nazionale.

La cessione di beni o servizi diretta a non soci e non tesserati assumerà invece sempre rilevanza ai fini reddituali anche per le società sportive.

Al fine di poter usufruire delle agevolazioni dell’ art. 148 TUIR anche le società sportive dilettantistiche devono però adeguare le clausole statutarie previste dall’art. 90 della L. n. 289/2002 con quelle previste dal co. 8 dell’art. 148 TUIR135.

In tali disposizioni va comunque sempre escluso il rispetto del principio di democraticità ed uguaglianza che non essendo richiesto dalla L. n. 289/2002 per la

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La risoluzione Agenzia delle Entrate 17.5.2010 n. 38 ha confermato l’applicabilità delle agevolazioni dell’art. 148 co. 3 anche alle società sportive dilettantistiche precisando però che i non soci eroganti i contributi all’ente devono comunque essere tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali (CONI Federazioni sportive nazionali o Enti di promozione sportiva), altrimenti si sarebbero agevolati i corrispettivi anche di coloro i quali sono totalmente esterni alla società attuando un diverso trattamento rispetto alle associazioni, i cui contributi ricevuti da soggetti completamente estranei alla stesse costituiscono sempre reddito tassabile. Avendo allargato anche ai contributi dei non soci, purché tesserati, la presunzione di non commercialità, Capogrossi Guarna in Il fisco 23,2010,2 sostiene che tale intervento dell’Agenzia sia stato fondamentale nel processo di equiparazione delle società sportive dilettantistiche e associazioni in merito ai vantaggi fiscali. Queste ultime infatti venivano spesso preferite come forma giuridica in quanto gli operatori, consci del numero ristretto di soci delle società di capitali, le ritenevano più consone a garantire agevolazioni tributarie vedendo semplificate le posizioni di tutti i loro associati, una platea sicuramente più ampia numericamente rispetto a quella dei titolari di quote di capitali di un ente costituito in forma societaria.

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corretta qualificazione giuridica non è condizione indispensabile neppure per l’ottenimento delle agevolazioni fiscali delle società sportive di capitali, differentemente da quanto accade invece per le associazioni.

Anche per le società sportive di capitali inoltre, è obbligatorio inviare periodicamente i dati e le notizie fiscalmente rilevanti all’Agenzia delle entrate al fine vengano monitorate costantemente dagli Uffici Finanziari.

Utilizzano quindi anch’esse il modello EAS, ai sensi dell’art. 30 co. 3 del D.L. 29.11.2008 n. 185 convertito nella L. n. 2 del 28.1.2009, per poter usufruire dei benefici fiscali. Esclusa la commercialità inoltre, sempre per quanto disposto dall’art. 148 TUIR, anche delle entrate derivanti dalla cessione delle pubblicazioni redatte dalla società sportiva, purché esse siano fatte prevalentemente ai soci.

La sopracitata applicazione anche alle società di capitali della decommercializzazione dell’art. 148 TUIR, oramai consolidata, ha suscitato non pochi dubbi nella prassi e nella dottrina tributaria del passato.

La non commercialità delle operazioni elencate nell’articolo del TUIR infatti, sembrava essere giustificata esclusivamente dalla loro conformità alle finalità istituzionali dell’ente, finalità tipiche però delle associazioni sportive e non anche delle società sportive di capitali che, seppure enti non commerciali, per quanto precedentemente affermato, sono sempre state considerate in ambito tributario alla stregua delle ordinarie società commerciali.

Inoltre, una delle clausole previste dalla norma per poter beneficiare della disciplina agevolativa è l’obbligo di intrasmissibilità della quota sociale, fattispecie che per le società di capitali è assai inusuale.

Riferendosi all’esclusione della circolazione delle quote sociali, la dottrina l’ha ritenuta allo stesso tempo utile, per le società sportive, al fine di evitare il percepimento indiretto136 di dividendi da parte dei soci.

I più hanno considerato compatibile con la disciplina delle società sportive dilettantistiche che si avvalgono delle decommercializzazione del 148 TUIR

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Esso ricordiamo è vietato anche in modalità indiretta per tutti gli enti privi di finalità lucrative e quindi anche per le società sportive dilettantistiche.

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esclusivamente la cessione delle quote sociali fatta al valore normale, senza margini di guadagno.

Vagliato questo aspetto, rimaneva comunque dubbia l’applicabilità del requisito oggettivo di ammissione alla decommercializzazione dell’articolo 148 del TUIR per le società sportive. Le attività istituzionali infatti, non sono mai prese in considerazione riferendosi alle società sportive di capitali.

Tuttavia, l’intento del legislatore di favorire la pratica sportiva in qualsiasi forma sia espressa e l’intento della L. n.289/2002 di equiparare le società di capitali sportive alle associazioni, sarebbero stati però rinnegati qualora la decommercializzazione avesse riguardato esclusivamente queste ultime.

Così, adottate le opportune cautele quali la certificazione dell’effettività dell’attività svolta fatta dal CONI e l’obbligo di inviare compilato il modello EAS come mezzo attraverso il quale tenere sotto controllo l’operato societario, il legislatore ha comunque considerato opportuno estendere la pratica fiscalmente favorevole anche alle società sportive di capitali seppure con qualche ombra applicativa, come confermato anche dalla circolare 21/E del 22 aprile 2003 emanata dall’Agenzia delle Entrate.

Le disposizioni in merito alla perdita della qualifica di ente non commerciale dell’art. 149 TUIR esaminate nel paragrafo precedente, riferendosi agli enti associativi, esclusi comunque quelli sportivi ed ecclesiastici, non hanno nulla a che fare con le società sportive di capitali, considerate sempre al pari degli enti economici dal legislatore fiscale.

L’utile netto di bilancio delle società sportive, derivante dal conto economico e rettificato opportunamente in base alle variazioni in aumento e diminuzione frutto dei costi detraibili e dei proventi non tassabili, costituisce il reddito imponibile che verrà assoggettato all’aliquota IRES del 27,5%.

L’art. 23 comma 9 del D.L. n. 98/2011 convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, ha ridisegnato la disciplina del riporto delle perdite: per i primi tre anni il riporto è illimitato e le perdite vanno utilizzate nel limite del reddito dichiarato. Dal quarto esercizio l’utilizzo è limitato entro l’80% del reddito.

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In base alla Legge n. 289/2002 abbiamo visto che anche le cooperative sono una delle forme societarie adottabili per perseguire finalità sportive.

Alle cooperative sportive dilettantistiche in tema di tassazione degli utili, al pari di tutte le società sportive di capitali, si applica la disciplina IRES ordinaria delle società commerciali nell’ambito dell’art. 73 TUIR.

Vigono inoltre discipline agevolative specifiche per le cooperative, riguardanti le somme destinate a riserve indivisibili e il trattamento dei ristorni. Queste sono disciplinate dalla L. 30/12/2004 n. 311.

Tale forma giuridica poi, essendo a tutti gli effetti equiparata dall’ art. 90 della L. n. 289/2002 alle altre contemplate per l’ambito sportivo, si avvale anch’essa delle disposizioni agevolative già esaminate del 148 co. 3 TUIR sulla decommercializzazione di determinati proventi.

Anche alle cooperative sportive, al pari delle società sportive di capitali e delle associazioni sportive, è consentita l’adesione, alternativamente alla determinazione ordinaria del reddito imponibile, al regime forfettario della L. 398/91.

Vediamo nello specifico la determinazione dell’imponibile prevista da questo regime forfettario relativo all’ambito sportivo.

2.7 La determinazione forfettaria del reddito secondo la L. 16/12/1991 n. 398