• Non ci sono risultati.

Capitolo III. Progetti di internamento coatto nell’Italia Settecentesca: il caso d

4.9 La disciplina e le punizioni

“Posto in secreta per due giorni, avendo mancato di rispetto al suo Capo Travaglio”;

“Fu trattata a pane ed acqua in causa d’aver disturbate le altre col fischione e cantare nel frattanto che si coricavano”;

“Posta in secreta per tre giorni a pane ed acqua per essere insubordinata, non attenta al lavoro”;

“Posto in secreta per tre giorni non avendo voluto obbedire all’Isp. ai lavori, che gl’aveva intimato il silenzio”;

“Essendo recidiva per la terza volta, gli si sono fatto radere i capelli all’effetto di mortificarla e punirla”.

386

Ivi, fascicolo della reclusa Magli Lavinia. 387

Il Consesso Giudicante era composto dal legato o da un suo rappresentante, dal direttore provinciale di polizia, da un giudice criminale e da un difensore d’ufficio.

158 L’elemento nevralgico attraverso il quale si cercava di favorire l’interiorizzazione delle regole all’interno del Reclusorio era rappresentato da un progetto educativo che prevedeva la distribuzione di castighi (previsti per ogni minima trasgressione nei confronti delle regole prescritte all’interno del Reclusorio). Le cause più frequenti erano rappresentate da atti di rimostranza nei confronti del personale dell’istituto e dal non aver eseguito il lavoro assegnato. Nelle carte del Reclusorio rimane traccia dei castighi ai quali venivano sottoposti i reclusi in quanto venivano annotati nel libretto personale di ciascun detenuto nell’apposita sezione “castighi”. Le punizioni rappresentavano, dunque, il dispositivo pedagogico primario attraverso il quale si controllavano le attività dei reclusi.

Grazie alla minaccia continua dei castighi, il personale disponeva di uno strumento di pressione e di persuasione estremamente efficace per far interiorizzare gli obblighi e i divieti vigenti all’interno del Reclusorio:

“[…] Ieri alle ore cinque pomeridiane fu consegnato in questo Stabilimento il noto condannato G. G. qual esecutore pe que reclusi che verranno sottoposti a pene applicative […] Al nominato G. se li è assegnata la camera a pian terreno che servirà di camera d’osservazione per le donne lo feci precorrere le varie Sale de Travagli accompagnato dal Custode è due guardie ricordando alli reclusi la subordinazione la quiete il non offendersi fra di loro, il silenzio nelle Sale, nel Dormitorio, nel riffettorio, diversamente facendo sarebbero stati sottoposti al castigo applicativo […]”.

Nel Regolamento sono proprio le punizioni a costituire la parte più rilevante: ben 40 articoli su un totale di 88 e riguardano la casistica delle mancanze, che vanno da quelle più lievi a quelle più gravi. I reclusi irrispettosi ed insubordinati venivano puniti secondo una scala di punizioni che potevano essere di tre tipi :

159

 Art. 39. La Carcere semplice non è minore di tre giorni, né maggiore di un mese. L’individuo condannato a questa pena sarà tenuto ad eseguire nel Carcere la stessa quantità di lavoro, come se fosse libero.

 Art. 40. La prigionia a pane ed acqua non dura meno di giorni tre, né più di quindici, e durante questa prigionia dovrà pure essere occupato in qualche lavoro, e come si crederà conveniente.

 Art. 41. Le nerbate, il cui numero non dev’essere al di sotto delle sei, né sorpassare le ventiquattro, saranno date alla presenza di tutti i Detenuti, facendo ad essi palese il motivo per cui si è meritato il castigo. Del pari deve farsi noto ai medesimi qualsiasi altro castigo a cui soggiaccia un colpevole, indicando le mancanze da esso commesse, locchè si eseguirà quando si trovano tutti insieme radunati nell’ora del pranzo.

Questa gradualità punitiva includeva tra i provvedimenti la privazione alimentare e le punizioni corporali, visti entrambi come un benefico fattore formativo. Essa non era, dunque, solo un castigo, ma diventava un catalizzatore ideale per ogni apprendimento: sottolineava l’errore commesso e provocava una correzione del percorso mentale che l’aveva prodotto. Educare e rieducare significava piegare la volontà del discolo per ridurla a una completa arrendevolezza e subordinazione nei confronti di quanto imposto dai superiori. Si tratta di un percorso punitivo che ripropone in parte gli aspetti più tipici dell’educazione tradizionale; la Casa di Correzione si configura, in tal senso, come un’estensione delle regole dell’istituto familiare.

È nelle punizioni corporali che il castigo irrompeva in tutta la sua potenza pedagogica. Gli strumenti erano fruste di vario genere. Il compito delle punizioni corporali da infliggere ai reclusi era affidato agli Aguzzini. Si trattava, come abbiamo visto, di persone reclutate all’interno di altri luoghi di detenzione della

160 città e che erano tenute a svolgere quel ruolo per un periodo pari alla durata della pena che avrebbero dovuto scontare.

“ […] Aderendo alle domande di V.S. Illma fattemi con suo rapporto n.257 ho già inviato il Sig. Direttore della Casa di Condanna in Forte Urbano a far tradurre a codesta Casa di Correzione il Condannato G. Ferrioli che rimarrà come detenuto per servire d’aguzzino…”. Nei documenti troviamo una descrizione fisica del suddetto Ferrioli: “capelli castagni, cilia castagni, naso acquilino, barba rossa, mento ovale, statura alta, fronte bassa, occhi neri, bocca grande, volto lungo, carg. Olivas.a, corp.a complessa […]”388.

L’aspetto che ci preme sottolineare è la spettacolarità che veniva ad assumere la pena. Le colpe dei reclusi andavano esibite pubblicamente per indicare un comportamento negativo da evitare e la degradante punizione che ne derivava. Questo è quanto documentava la Madre della Casa in merito alla pena subita dalla reclusa Lavinia Magli, in seguito ad una rissa scoppiata con un’altra delle recluse. Attraverso di lei l’atto del disciplinamento doveva divenire visibile per tutti:

“[…] Dietro invito e comparso l’Aguzzino e trasportatomi alle ore 8 antimeridiane in quella frazione e fatti porre li calzoni alla Magli, si è con mia presenza da se stessa posta sul cavaletto e gli sono state dall’Aguzzino applicate 12 nerbate, col piccolo nerbo che si è mostrata oltremodo sensibile come pure eguale sensibilità hanno addimostrate le altre recluse che erano presenti, salvo la Magli Teresa, la Bergonzoni e Fravigna che le ho concesso di rimanere ritirate presso la madre, non che la Semoli, e Frabboni, che trovansi giacente in letto a cagione di essere inferme […]”389.

388

ASPB, Casa Provinciale di Correzione, fascicolo del recluso Giovanni Ferrioli. 389Ivi, fascicolo della reclusa Tersiglia Magli.

161 Il castigo doveva agire e imprimersi nella coscienza non solo di chi aveva commesso una mancanza, ma in quella di tutti i reclusi.