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Capitolo III. Progetti di internamento coatto nell’Italia Settecentesca: il caso d

4.8 Le guardie

Tra le innumerevoli carte d’archivio che testimoniano la storia dello Stabilimento e della sua attività, è possibile rintracciare documenti che illustrano l’opera di sorveglianza degli agenti, figure cardine che si rendevano responsabili della traducibilità del regolamento interno. Si andranno nello specifico ad analizzare i compiti assegnati dal Cardinal Legato agli agenti nel settore peculiare della sorveglianza e, in special modo in quello più circoscritto e ben delimitato, del disciplinamento. Questo ci consente, infatti, di meglio comprendere e indagare gli interventi specifici, volti a favorire la totale sottomissione da parte dei detenuti. “Riforma” è la parola chiave all’interno del programma educativo della casa di correzione: una riforma che non era solo di tipo morale ma che coinvolgeva più estesamente il modo di agire dei reclusi.

Isolati dal mondo esterno e sottratti alle sue influenze pericolose, all’interno del Reclusorio, essi erano sottoposti alla attenta e costante sorveglianza di un apparato di controllo estremamente articolato ed efficiente. In ogni momento della giornata, durante il lavoro, la preghiera, il pasto, perfino durante il sonno, il comportamento dei reclusi era tenuto sotto osservazione da parte del personale, aventi il compito di far rispettare i ritmi disciplinari all’interno dell’istituto correzionale.

151 Questo apparato di controllo era attraversato orizzontalmente e verticalmente da un continuo flusso di informazioni che confluivano infine nella persona del Direttore dello Stabilimento, incaricato di prendere tutte le decisioni relative all’istituto, che vigilava sul corretto funzionamento e sorvegliava la puntuale applicazione del regolamento. L’art. 75 del Regolamento stabiliva infatti che: “[…]Vi sarà un Direttore a cui verrà affidata l’Amministrazione e economica e politica del Discolato, con facoltà di dare tutte le disposizioni, e gli ordini opportuni, sia per la conservazione dell’ordine, quanto per provvedere al prosperamento della Casa, vegliando attentamente, onde impedire gli abusi e gl’inconvenienti che potessero ridondare in suo pregiudizio. Tutte le persone impiegate e addette allo Stabilimento dovranno da lui dipendere, e al medesimo riferire tuttociò che fosse per emergere, e che fosse da portare alla sua cognizione per le debite provvidenze”. Era dunque sua responsabilità curare l’amministrazione finanziaria della Casa, intervenire nelle pratiche di ammissione e di proscioglimento dei discoli e corrispondere con il Governo (la Legazione) e con la Direzione di Polizia (art. 76). Alle sue dipendenze si poneva tutto il restante personale tra cui troviamo due ispettori: uno per la polizia, con il compito di mantenere una totale sorveglianza sullo Stabilimento, sul buon operato delle guardie e sul rispetto delle regole interne (“Sarà quindi suo stretto carico di mantenere il buon ordine, la più rigorosa subordinazione e disciplina”); l’altro «per i travagli», incaricato di vigilare sul lavoro effettuato dai reclusi, sulle materie prime e i manufatti prodotti nella Sala di Lavoro interna all’istituto (“[…] riceverà a capo di settimana dalla Casa di Lavoro la materia griggia da lavorare non che gli ordini ed istruzione pe lavori da farsi colla med.a e farà la distribuzione ai reclusi, ed invigilerà perché il lavoro si eseguisca nella quantità prescritta dai regolamenti, e riesca della qualità voluta. A fine di settimana ritirerà i lavori eseguiti e giusta la tariffa in corso ed approvata si calcolerà l’importo della mano d’opera prestata da’ reclusi, tenendo pure i relativi campioni de’ lavori e de’ depositi de med. Reclusi. Presiederà ai travagli, ed avrà l’ispezione sopra ogni particolare

152 occorrenza economica dell’interno della Casa ed invigilerà pel buon servigio della fornitura attiva di provocare le opportune provvidenze”).

All’interno del personale compariva, inoltre, un team di medici che venivano stipendiati per visitare ogni giorno i detenuti, curare gli ammalati e avviare ispezioni per rilevare lo stato degli ambienti interni: “dovrà ogni giorno portarsi allo Stabilimento per riconoscere lo stato di salute dei reclusi, curare quelli che fossero caduti ammalati e visitare gli altri che, inviati allo stabilimento rimangono in osservazione onde assicurarsi della loro salute, prima di metterli a contatto con gli altri Individui”; era inoltre presente un infermiere per l’assistenza agli infermi, che curava l’esecuzione delle prescrizioni mediche, “[…] coadiuvato nel servigio dai reclusi, li quali per turno ed a misura del bisogno dov[evano] prestarsi”.

Nel Reclusorio le funzioni religiose e la cura spirituale dei reclusi erano assicurate da un cappellano che “oltre l’obbligo della messa quotidiana con libertà dell’applicazione, avrà l’impegno della giornaliera istruzione morale, dell’assistenza alla preghiera da farsi ogni giorno dai reclusi, della dottrina cristiana nei giorni festivi dell’Amministraz. E de Illmi Sacramenti. Potrà farsi coadiuvare nel suo ministero da altri sacerdoti di sua confidenza pe’ quali per altro esso solo dovrà rispondere”. Il valore religioso, ovvero la frequenza dei sacramenti, come abbiamo visto, veniva esaltato quale elemento fondamentale nell’opera di recupero morale e materiale dei detenuti.

Per concludere, è opportuno menzionare il personale di sorveglianza, cui spettavano le fondamentali mansioni di vigilare sul corretto funzionamento del Reclusorio e di monitorare la puntuale applicazione del Regolamento, tra le cui norme troviamo:

 il Capotravaglio con il compito di “[…] diriggere ed istruire i reclusi in travagli […]”;

 la Guardiana con il compito di “custodia e sorveglianza delle recluse, istruzione e Direzione per i lavori delle medesime[…]”;

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 il Custode a cui spettava incaricati della custodia dei cancelli di accesso allo Stabilimento;

 l’Aguzzino con il compito di eseguire i castighi inflitti ai reclusi e scelto tra i detenuti delle altre prigioni, come si evince dal seguente stralcio: “si continuerà perora a prevalersi di quelli addetti alla Casa di Condanna e pagati dal Gov., come si è finora praticato” (art. 86).

Al mantenimento della disciplina e dell’ordine interno collaboravano anche alcuni detenuti a cui erano affidati precisi incarichi: durante la reclusione, due persone finiscono a fare gli «inservienti scopatori», un gargiolaro378 diviene «aggiunto di travaglio filanda lana», due diventano «vicecapi travagliatori nella filanda canapa» (uno dei quali era, prima dell’arresto, «pettinaro»), mentre sono tre i «capi travagliatori» nella medesima filanda (due di questi fuori dal Discolato fabbricavano cappelli)379.

Rispetto al personale che gestiva e sorvegliava la vita interna del Reclusorio, i documenti conservano memoria della qualità del servizio che le guardie prestavano: il custode dello Stabilimento aveva, per esempio, compilato una relazione, con la quale denunciava la poca professionalità del personale, spesso non in possesso dei requisiti necessari a svolgere quest’incarico, sia di sorveglianza, che educativo e incapace e impreparato a gestire disordini e conflitti interni.

In tema di controllo è stato dunque segnalato, in generale, tanto un affievolimento della tutela esercitata dagli agenti nella casa di correzione, quanto una tendenziale “osmosi” fra controllori e controllati. Le carte ci rimandano spesso a guardie colte in stato di ubriachezza negli orari di lavoro380 e alle prese

378 U. Marcelli, L’arte de gargiolari, in U. Marcelli (a cura di), Saggi economico sociali sulla storia di Bologna dal secolo XVI al XVIII, Patron, Bologna, 1962.

379

F. Del Neri, Utili e pacifici cittadini dal Medioevo all’Ottocento. Ricerche sulla casa provinciale di correzione di Bologna. Tesi sostenuta presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, 2008.

380

Si fa qui riferimento all’accaduto trascritto in data 27 aprile 1827: “La […] Guardia Bravosi che era alquanto, quest’ultimo, alterato dal vino […] e sopraggiungendo in quel frattempo la Guardia Bozzigaluzzi che era esso pure un poco alterato dal vino […]”; si fa qui riferimento anche ad altre fonti, come per

154 con altri tipi di attività del tutto inaccettabili381. Le relazioni allarmate di ispettori che denunciavano i “disordini” all’interno della Casa di Correzione, così come i frequenti provvedimenti disciplinari nei confronti delle Guardie mostrano lo scarto tra norme e realtà dell’internamento:

“Questa mattina ho avuto occasione di rimproverare la Guardia Tinti per non avere fatto tenere il silenzio alli reclusi, nell’atto che si alzavano dal letto”382.

Significativo altresì il resoconto interno383 che evidenzia le problematiche maggiori che si riscontravano con il personale di sorveglianza. Il custode N. Raimondi, che nel 1829 osservava con i suoi occhi l’andamento della comunità, così riferiva:

“è nostra cognizione che le Guardie di questa Casa trascurano in generale il loro servigio; si permettono di ubriacarsi durante medesimo; di essere spesso insubordinato ai superiori; ed in fine di chiedere denaro agli individui reclusi che vengono posti in libertà”.

Anche l’Ispettore politico faceva sapere:

“essendo venuto in cognizione che certe guardie di questa casa si fanno servire da reclusi per scopargli il loro quartiere è riffargli li letti, edessendo tal cosa non da permettersi pergl’inconvenienti che succeder possono, ho

esempio il resoconto della Guardiana della Casa che riferendosi ad un accaduto che vede come protagonista l’Aguzzino della Casa, riporta quanto segue: “che ebrodi vino, vollevà a forza sortire dalla Casa”.

381

ASPB, Casa Provinciale di Correzione, busta n.98. All’interno del fascicolo leggiamo che “[…] qualche guardia si è permesso, in tempo di notte, di giuocare, non mi consta però a giuochi proibiti, questi tali sono stati da me redarguiti […]”.

382

Ivi, busta n.95. 383Ivi, busta n. 102.

155 proibito alle guardie di servirsi de reclusi per tale oggetto ed inibito alli medesimi ad’entrare nei quartieri delle sunominate guardie”.

Analoghe considerazioni venivano espresse da Paolo Borreli, che descriveva lo stato del Reclusorio: “da dette guardie venivano commesse a danno dei reclusi, estorsioni, ed in detrimento dei Regolamenti, gravi mancanze […]” e riflette sul fatto che le guardie dovevano a parer suo essere “scelte fra individui e più equi ed onesti, tanto esigendo il bisogno di questo Stabilimento, di natura totalmente diverso dalle altre Case di detenzione, per cui è di vera necessità, che un tale impiego venga affidato a persona di fedeltà e di una discreta morale […]384.

Un esempio di inadeguatezza delle guardie, riportato dal custode della Casa, si può riscontrare in ciò che accadde, nel 1827, al recluso Peli, il quale fu colpito da un pugno dalla guardia Bramosi, che al momento dell’accaduto “era alquanto […] alterato dal vino”. D’altro canto le relazioni compilate dal custode sono spesso delle vere e proprie descrizioni di momenti di vita quotidiana all’interno del Reclusorio che, ponendo al centro i protagonisti delle vicende, ne delineavano i tratti principali, come si evince dal rapporto del custode N. Raimondi al Direttore.

“Mi sono in dovere di avanzare rapporto a V. S. facendogli conoscere l’accaduto del giorno 22 del corrente mese, sia per parte della Guardia Bramosi e dè mali intenzionati dei reclusi, dal Rè, Mignoli, Mezzetti, Padrini, Caligari e Canora che questi cagionarono quasi delle cattive conseguenze quali sono. Dopo terminato il rosario li reclusi calate le scale e solo il recluso Peli prese camino verso il pozzo, fu veduto dalla Guardia Bramosi e gli adimandò ove andava, rispose il Peli con arroganza, vado a bere, sentendosi la Guardia rispondere con alterigia si lasciò sfuggire un pugno, che lo colpì all’orecchio dritto. A tal veduta li due Capi travagli Mazzetti e Calegari incominciarono a perdere di rispetto la Guardia con

156 parole sconcie e malnate dandogli per fino dell’ubriaco e del porco e inegabile che la Guardia abbia mancato, ma altronde li capi travagli non dovevano prendere la parte del Peli e maltrattare la Guardia come fecero, ma bensì darne parte alla superiorità della comessa mancanza del Bramosi […]”385.

Altri rapporti compilati ci restituiscono la vita quotidiana, interna allo Stabilimento, come si ricava dalla descrizione di quanto accaduto nella Sala travagli della sezione femminile, riferita dall’ispettore politico della Casa in una lettera al Direttore.

“[…] ho trovato la Semoli Palma giacente in una sedia presa da convulsioni, nel viso maltrattata con cicatrici e botte, soccorsa dalla Paola Bergonzoni. Sentito tanto dalla Madre che dalla Gabrielli Aggiunta il ristretto della causa […] non che ad una, ad una anche le recluse ne è risultato che: trovandosi nel lavoratorio tutte le recluse, e sedute in una sola banca la Giulia Frabboni, la Teresa Monti, e la Palma Semoli, abbisognando a quest’ultima di portarsi al licit, ha pregato la Monti di tenerle il posto bramando di starle vicina; ritornata, ed avendo ritrovato il di lei posto dalla Magli Lavigna occupato, l’ha invitata a ritirarsi, ed essa le ha risposto che non l’avea comprato, però a scanso di qualunque questione, la Fraboni si è ritirata, ed ha dato luogo alla Monti di ritirarsi, e così dar comodo alla Semoli di ritornare al posto di prima, posto dalla Semoli desiderato. La Semoli ritornata al posto, e veduto il piatto dall’acqua della Magli che rimaneva avanti ad essa, ha voluto accostarlo alla Magli, e l’acqua si è alquanto rovesciata su la tavola, e la Magli prendendo lo stesso piatto fece l’atto di gettarglielo nella faccia, onde

157 la Semoli riparando il colpo colla mano, ha ottenuto di essere soltanto bagnata in seno, da quella poc’acqua che vi era rimasta”386.

Nel 1834, un’ordinanza pose rimedio a questa piaga che colpiva l’istituto ed elesse il Consesso giudicante387 per introdurre profonde riforme atte a migliorare il funzionamento dello Stabilimento.