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Le fonti: il registro di ammissione e i fascicoli personali dei discoli

Capitolo III. Progetti di internamento coatto nell’Italia Settecentesca: il caso d

4.1 Le fonti: il registro di ammissione e i fascicoli personali dei discoli

Prima di affrontare il tema del presente paragrafo, risulta opportuno premettere alcune brevi considerazioni dirette a specificare e introdurre i contenuti e i limiti dell’intervento stesso. Iniziamo da alcune precisazioni cronologiche: l’arco temporale entro cui si situa l’esperienza del “Reclusorio pei discoli” è quella compresa tra il 1822 e il 1849303, che corrisponde agli anni di apertura e di chiusura della Casa di Correzione bolognese, istituita per “togliere l’oziosità, il vagabondaggio e scemare per tal modo il mal costume”304: vi trovavano accoglienza categorie eterogenee di soggetti traviati, sottomessi ad una severa educazione, all’esercizio di un mestiere e alla preghiera come strumenti di autodisciplina. La casa di correzione, secondo il modello elaborato anche negli atri paesi europei, diventò un luogo di isolamento e di rigida disciplina, dove si intraprendevano percorsi di recupero e di rieducazione dei detenuti.

Quanto all’oggetto, si intende, attraverso l’analisi delle carte e i documenti305 conservati presso l’Archivio Storico Provinciale di Bologna, andare a indagare gli

303 In questa ricerca sono state analizzate le fonti relative a tutto l’arco temporale anche se la documentazione che va dal 1822 al 1832 risulta essere maggiore. L’archivio comprende un ricco repertorio di documenti riguardanti l’organizzazione, significativa per qualità e quantità di informazioni relative alle attività interne e sul rapporto con la città e le altre agenzie governative. Lo studio si è avvalso di ulteriori documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna.

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Archivio Storico Provinciale di Bologna (d’ora in poi ASPB), Casa Provinciale di Correzione, Informazione generale dell’andamento Amm.vo demandato dal dispaccio, b. n. 151.

305 Il fondo, conservato presso l’Archivio Storico Provinciale di Bologna, consta di ventinove registri e centosettantaquattro buste con documentazione relativa a “Detenuti”, “Personale e disciplina della Casa”, “Forniture”, “Spese di gestione e manutenzione della Casa”, “Produzione manifatture” e “Amministrazione – Uffici”.

103 aspetti significativi da un punto di vista educativo, relativi all’organizzazione e al funzionamento dello Stabilimento. Per procedere in questa direzione si utilizzeranno due tipologie di fonti: una di carattere prettamente normativa – che riguarda più da vicino i documenti ufficiali306, redatti per mano del Cardinal Legato, con i quali era stata istituita la Casa di Correzione – e l’altra di natura più concreta ed effettuale, o meglio si attingerà alla documentazione rappresentata da diari, resoconti interni, lettere che ci forniscono importanti e straordinari squarci sulla vita dei reclusi, offrendo uno spaccato dell’immaginario e della vita quotidiana entro le mura del Discolato.

Attraverso la ricca documentazione archivistica, la ricostruzione storica della Casa di Correzione ha, dunque, offerto importanti informazioni sul funzionamento dell’Istituto, nonché sulle pratiche educative adottate al suo interno; ha inoltre offerto la possibilità di una ulteriore indagine basata sull’analisi dei fascicoli personali dei detenuti e delle lettere di tipo amministrativo intercorse fra lo Stabilimento e le autorità cittadine e in alcuni casi con i genitori dei reclusi: ciò ha aperto interessanti scenari sulle storie di vita della popolazione bolognese della prima metà dell’Ottocento, fornendoci preziose informazioni sul rapporto individuo-società e sul tessuto socio-economico della città; lo studio del Reclusorio, inoltre, per la molteplicità degli aspetti che l’hanno caratterizzato, offre importanti spunti di riflessione per valutare quali risultati abbia prodotto lo sforzo del governo pontificio nel tentare di dare una soluzione al problema della devianza e della marginalità a Bologna.

Inoltre, da un’indagine di tipo quantitativo si è potuto capire quanto ampio fosse il raggio d’azione dell’opera rieducativa dello Stabilimento, oltre alla ricostruzione delle principali tappe che segnavano la reclusione (internamento, vita all’interno

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Si fa qui riferimento all’Editto - documento ufficiale con il quale si annunciava alla città l’apertura del Discolato – e al Regolamento che prescriveva i comportamenti che i detenuti erano obbligati a mantenere all’interno della struttura.

104 del Reclusorio e proscioglimento)307. I fascicoli personali dei reclusi rappresentano, infatti, una preziosa risorsa per ricostruire il percorso di ogni singolo recluso: sulle motivazioni alla base dell’internamento, sullo stato di salute, sui castighi ricevuti, sulla mole di lavoro eseguita, sulla vita quotidiana interna all’istituto fino all’uscita dallo stabilimento. Le fonti offrono spesso la possibilità di seguire il detenuto anche dopo il periodo di reclusione, fornendo informazioni relative alla collocazione lavorativa e alle persone che l’ hanno accolto dopo l’uscita.

L’analisi non ha comportato soltanto una ricostruzione storica, ma ha cercato di sviluppare un’interpretazione dei dati dal punto di vista pedagogico. Si è trattato del passaggio più lungo e complesso dell’intera ricerca, in quanto è stato necessario individuare - spesso in modo indiretto - nella documentazione quelle labili impronte e quei piccoli frammenti, spesso resi “invisibili” dal tempo e poco considerati dal punto di vista storiografico.

Come vedremo, affrontare il tema dei “discoli” significa andare a indagare un mondo connotato dalla incorreggibilità e caratterizzato da un equilibrio instabile. All’interno del Reclusorio il concetto di discolo ha avuto un significato piuttosto ampio, fino a comprendere anche quegli adulti, la cui condotta e i cui stili di vita assumevano connotazioni di devianza. Come sappiamo, infatti, nell’Ottocento non si era ancora maturata l’esigenza di operare una netta separazione tra le varie categorie di persone devianti, tanto che alcuni luoghi di reclusione raccoglievano adulti e bambini, che vivevano, indistintamente, in spazi limitati e in condizioni di totale promiscuità308. Di conseguenza non vi era alcuna distinzione tra la correzione dei minorenni e la pena degli adulti che all’interno del Discolato venivano sottoposti al medesimo “regolato tenor di vita”. Gli interventi di disciplinamento prevedevano per tutti i detenuti un’educazione alla regola, alla

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Per ogni detenuto era prevista la compilazione di un fascicolo personale, costituito da una serie di documenti redatti dall’apparato amministrativo nel corso della permanenza dell’individuo nello Stabilimento.

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In linea con questa tendenza anche il Reclusorio ospitava ricoverati di diverse età che richiedevano diversi interventi educativi.

105 disciplina e al rispetto di un preciso modello comportamentale. I capisaldi del paradigma detentivo erano rappresentati da misure coercitive volte al disciplinamento morale e comportamentale dei detenuti, attraverso una triplice modalità: la disciplina («un regolato tenor di vita»), l’educazione religiosa («le morali cristiane istruzioni») e il lavoro («un giornaliero travaglio»). A Bologna l’attenzione per l’educazione delle persone devianti e marginali era attiva già dalla seconda metà del Settecento: si trattava di persone appartenenti perlopiù al sottoproletariato urbano, abbandonate a loro stesse per povertà e incuria, che spesso alimentavano il circuito del vagabondaggio e della devianza nelle sue molteplici forme309.

È bene sottolineare che ci si muoverà altresì lungo i binari propri della storia dei luoghi e della storia delle istituzioni, ricostruendo il contesto bolognese ed inserendolo nello scenario nazionale, tenendo conto di quella storiografia che si è occupata di discoli, derelitti ed altre categorie di persone marginali o, più estesamente, delle istituzioni assistenziali310.