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Il discorso di denuncia ne I cento passi e Buongiorno, notte

Le pagine del seguente capitolo sono dedicate all’analisi di alcuni film interessanti dal punto di vista culturale e visivo e che si distinguono nel panorama cinematografico italiano degli ultimi vent’anni per aver scosso le coscienze collettive nazionali.

Ho deciso di seguire un ordine cronologico indicato dall’uscita del film preso di volta in volta in considerazione; partendo dagli anni 2000 e 2003 che segnano rispettivamente l’uscita de I cento passi e di Buongiorno notte di Marco Bellocchio. La filmografia di Giordana annovera lavori di impegno legati alla realtà storica ripresa attraverso la cinepresa: il suo esordio avviene con Maledetti vi amerò nel 1980 e di cui ho già parlato nel capitolo precedente. In questo film mostra subito la sua inclinazione registica verso la generazione sessantottina, che riprende anche ne

La caduta degli angeli ribelli del 1981, mentre nel 1984 in Notti e nebbie racconta

la Repubblica di Salò e la guerra civile dal punto di vista fascista. In Appuntamento

a Liverpool del 1987 racconta la strage del 29 maggio 1985 allo stadio dell’Heysel

a Bruxelles dove morirono diverse persone, tra cui tre tifosi italiani della Juventus, per incidenti scoppiati a causa di alcuni atti violenti al seguito del Liverpool. Importante è Pasolini, un delitto italiano del 1995 film inchiesta sulle indagini dell’omicidio del grande letterato. Il 2000 vede il grande successo de I cento passi ispirato alla vita di Peppino Impastato, giovane siciliano che, per combattere i mafiosi del paese, viene ucciso dai complici del boss mafioso Tano Badalamenti, lo stesso giorno in cui a Roma si scopre il cadavere dell'onorevole Aldo Moro ammazzato dalle Brigate Rosse; Impastato è interpretato da Luigi Lo Cascio il quale si distingue anche nel successivo trionfo della saga familiare in La meglio gioventù

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del 2003. Nel 2005 con Quando sei nato non puoi più nasconderti tratta il tema dell’immigrazione clandestina affrontata da una famiglia dell’alta borghesia e nel 2008 in Sanguepazzo affronta la vita di due attori fedeli alla Repubblica di Salò e uccisi per mano dei partigiani. Infine nel 2012 esce nelle sale cinematografiche il drammatico Romanzo di una strage: ricostruzione della strage di Piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969 e dei tragici fatti che ne conseguirono.

56 3.1.1 I cento passi

La pellicola ha una durata di 114 minuti ed è stata distribuita dall’Istituto Luce. Ci troviamo a Cinisi, piccolo centro nei pressi di Palermo, dove si consuma la tragedia di Peppino Impastato. Figlio di Luigi affiliato alla cosca mafiosa territoriale, e contro cui Peppino si ribella, animato e supportato dai suoi ideali di giustizia che cozzano col comportamento malavitoso e omertoso della sua famiglia e della sua comunità.

Il film inizia con alcune immagini di Peppino ancora bambino pronto a partecipare ad un pranzo di famiglia organizzato per l’arrivo di un cugino tornato dall’America per visitare i parenti. Dopo aver recitato L’infinito di Giacomo Leopardi e ricevuto gli applausi della famiglia, la scena si sposta all’interno della masseria dove tutti i componenti uomini della famiglia si sono riuniti per discutere a proposito della modernizzazione del sistema agricolo e dei nuovi macchinari per la produzione dell’olio, per i quali occorre possedere del denaro: I piccioli ce li faremo dare dalla

regione è la frase pronunciata dall'uomo d'onore che in breve chiarisce il tipo di

accordo esistente tra mafia e politica. Dopo il giro in macchina di Peppino con lo zio Cesare in cui fingono di investire gli invitati, avviene il primo incontro ravvicinato con lo zio Tano che, fingendo a sua volta di non comprendere la dinamica scherzosa del giro in automobile, accarezza il ragazzo con modi minacciosi come si deduce dalla reazione dello zio Cesare. Durante un comizio elettorale del comunista Stefano Venuti, al quale non assiste nessuno, il piccolo Peppino in compagnia dello zio Cesare resta impressionato positivamente dalle parole del pittore rivolte contro la mafia. Poco dopo avviene l’omicidio dello zio Cesare fatto saltare in aria su un’automobile. Durante la veglia funebre un

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significativo primo piano sul viso di Peppino focalizza la scena dell'abbraccio consolatorio dello zio Tano mentre la vedova esprime la sua rabbia dando dei pugni sul petto dello stesso; subito emerge il carattere del ragazzo che realizza un mondo circostante apparentemente normale e che lo spinge a fare domande, soprattutto alla madre, sull'assassinio dello zio. Quando si reca a casa del pittore, riesce ad ottenere risposte chiarificatrici su un mondo davvero per lui lontano per il suo modo di concepire la giustizia, il suo ideale di libertà e rispetto delle istituzioni. In una sorta di ellissi temporale, troviamo un Peppino adulto che partecipa attivamente alle proteste del '68, in una scena che rimanda alle rivolte contadine per l'esproprio delle loro terre a vantaggio della costruzione di un aeroporto; partecipazione che gli costa l'arresto durante la quale percepisce l'amara sensazione di essere stato abbandonato dal suo partito, il Partito Comunista.

Naturalmente il padre provvederà alla scarcerazione e durante il colloquio che avranno nella camera i suoi genitori, il padre duramente esprime il proprio dissenso per l'appartenenza al Partito Comunista. Ma Peppino continua la sua militanza e con altri compagni delusi dal partito ormai infarcito di burocrazie, cautele e disciplina, fonda il giornale Idea Socialista, dal quale lancia le sue invettive contro mafia e politica collusa con la famosa frase di prima pagina la mafia è una

montagna di merda. Nonostante la madre tenti di acquistare tutte le copie, il padre

ne viene a conoscenza e una violenta discussione segnerà la fine del loro rapporto. La scena che segue è una delle più importanti e belle del film, e vede il fratello Giovanni, nel tentativo di riconciliarlo a suo padre, trascinato da Peppino contando i famosi cento passi, l'esatta distanza tra la loro abitazione e quella del boss Gaetano Badalamenti, attorno al quale ruotano le famiglie mafiose di Cinisi, compresa la

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sua. Ma proprio qui sotto ha corso il violento sfogo di Peppino che urla a tutti la sua volontà di non piegarsi mai al potere mafioso e che sempre lotterà contro l'omertà di chi alimenta questo potere. Peppino e il suo gruppo danno vita a manifestazioni, organizzano eventi e comizi per denunciare il malaffare e la speculazione ai danni dei siciliani. Col suo gruppo fonda inoltre la sua emittente (era il momento della liberalizzazione delle radio private) Radio Aut, dando voce, con ironia, alle malefatte di Mafiopoli e Tano Seduto.

I mafiosi non digeriscono le sue provocazioni e convocano il padre Luigi, accolto da tutti i boss in una stanza che trasmette il programma del figlio, Onda Pazza, ascoltandolo in religioso silenzio. Luigi ritenta ancora di dissuadere il figlio da questi obiettivi ma invano, ottenendo anzi da parte di Peppino l'allontanamento definitivo per andare a vivere da solo. Riceverà solo le visite della madre in incognito, mentre il padre tenterà l'ultima via recandosi in America dal cugino Anthony chiedendogli di accogliere da lui il figlio Peppino che sfida la sorte opponendosi alla mafia. L'atteggiamento di Anthony è alquanto ironico e ottimista, lui non vede il pericolo, anzi scoppia in una fragorosa risata quando Luigi dice di voler morire lui al posto del figlio. Quando ritorna in Sicilia, dopo un ennesimo tentativo per farlo desistere, Luigi Impastato muore investito da un'auto. Al funerale del padre Peppino si rifiuta di accettare il cordoglio dei mafiosi convenuti suscitando il disappunto di Anthony e del fratello Giovanni, che lo accusa di egoismo nel continuare in questa lotta impari che mette in pericolo tutti.

Nel tentativo di dissuasione, gli fa visita lo stesso Badalamenti che si esprime con un lungo monologo. La scena poi cambia e vediamo trasmettere le immagini di repertorio del 16 marzo 1978, giorno del rapimento dell’onorevole Aldo Moro.

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Intanto Peppino decide di portare la sua battaglia all’interno delle istituzioni candidandosi alle elezioni del 1978 con Democrazia Proletaria ma una sera, poco prima delle elezioni, di ritorno dalla radio Peppino è inseguito da un’altra vettura con a bordo dei sicari così all’arrivo del passaggio a livello Impastato viene prelevato, massacrato di botte e ucciso, dopodiché viene fissato sui binari della ferrovia e fatto esplodere con sei chili di tritolo. La polizia dichiara che si è trattato di un suicidio.

Quando la madre Felicia apprende la notizia rimane sconvolta e per la prima volta dimostra la sua forza oppositiva contro quel mondo che l’ha circondata per una vita rispondendo all’americano Anthony: «No, non era uno di voi e io non voglio vendette». Dalla finestra vede sfilare un grande corteo in onore del figlio pronunciando: «Loro non se lo sono scordato a Peppino». L’epilogo è caratterizzato da immagini in bianco e nero del funerale.

Peppino Impastato viene ucciso il 9 maggio 1978, lo stesso giorno in cui viene ritrovato a Roma il corpo di Aldo Moro, giustiziato dalle Brigate Rosse.

Dunque come anche afferma Giordana, il film I cento passi non può essere considerato solo un film sulla mafia ma un film sulla forza delle passioni, sull’ideologia, sulla forza che ha accomunato questi giovani ragazzi nel voler dare una svolta, nel voler cambiare il regime d’omertà instaurato dagli uomini d’onore. Il film offre, per chi vuole recepirla, una chiave di lettura per comprendere oltre che il fenomeno mafioso, anche il mondo della contestazione giovanile cercando di alimentare la memoria collettiva.

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Giordana in questo film carica di significati simbolici le strategie della messa in scena: la luce iniziale che caratterizza il pranzo di famiglia sta ad indicare un’infanzia apparentemente felice contrasta con l’oscurità che caratterizza l’omicidio del padre ma soprattutto quello di Peppino Impastato. Di contro Giordana utilizza poi il bianco e il nero delle immagini di repertorio per ricordare allo spettatore che sta assistendo ad una storia realmente accaduta.

Nel film la figura di Felicia Impastato, la madre di Peppino, assume un ruolo importante: pur essendo mostrata come vittima le viene affidato ampio spazio soprattutto in alcune scene chiave come quella finale sul funerale di Peppino ma anche quella in cui legge la poesia di Pier Paolo Pasolini Supplica a mia madre dopo avergli portato provviste e libri nel garage in cui Peppino alloggia: «In un libro-intervista a cura del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, la madre di Peppino ha confermato la circostanza raffigurata nella scena del film, ma ha anche aggiunto che in quei giorni faceva comunque entrare Peppino in casa di nascosto dal marito. Felicia Impastato era infatti una donna coraggiosa e determinata, come ha mostrato negli anni successivi alla morte del figlio battendosi con gli altri suoi familiari per preservare la memoria di Peppino e farne un simbolo dell’antimafia»34. Tuttavia Giordana ha optato per la costruzione di un carattere mite perché funzionale a catturare l’empatia e la compassione del pubblico per portarlo a riflettere sul sacrificio che queste persone hanno commesso per il bene pubblico.

34 Stefano Adamo, Vittime restituite alla memoria. «Placido Rizzotto», «I cento passi» e una diversa

prospettiva sui film di mafia, in "L'avventura, International Journal of Italian Film and Media Landscapes" 2/2015, pp. 247-264, doi: 10.17397/82527.

61 3.1.2 Buongiorno, notte

La pellicola ha una durata di 106 minuti ed è stata distribuita dalla 01 Distribution. Il film sviluppa una trama che mescola il racconto tratto da Il prigioniero, autobiografia scritta nel 1988 dell’ex brigatista Anna Laura Braghetti e immagini di repertorio televisive che rievocano la detenzione dell’onorevole Moro per mano delle Brigate Rosse.

Il film si apre con una dissolvenza in entrata e la descrizione dell’appartamento acquistato dalla coppia di brigatisti Chiara ed Ernesto dove in seguito avverrà la detenzione di Moro; mentre Chiara parla con l’agente immobiliare, Ernesto scruta attentamente le stanze e gli angoli dell’appartamento. Segue una sequenza con i fuochi d’artificio sparati in occasione del Capodanno che i due festeggiano nella nuova casa. Un’altra sequenza mostra l’appartamento pieno di pacchi da sistemare con l’aiuto dei compagni brigatisti, i quali improvvisamente si nascondono per l’arrivo di una vicina che chiede a Chiara di raccoglierle un lenzuolo caduto sul suo balcone. Improvvisamente la donna è sola nel suo appartamento in procinto di fare le pulizie quando uno strano rumore rimbomba in tutta la stanza: si tratta di un elicottero. Chiara capisce che l’impresa è stata compiuta così si avventa verso il televisore in cui compare l’edizione straordinaria del tg2 che annuncia il rapimento dell’onorevole Moro e la strage della sua scorta. La sua reazione di gioia culmina con un urlo subito represso per timore di essere sentita mentre dopo un po’ si presenta la sua vicina e le mette in braccio un neonato, obbligandola a prendersene cura per qualche minuto. La sequenza si conclude con l’arrivo dei compagni e dell’ostaggio che posizionano in uno sgabuzzino dietro ad una libreria. Intanto torna la vicina che si riprende il bimbo ringraziandola e i brigatisti continuano ad agire

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indisturbati. A questo punto una voce fuori campo dice: Presidente ha capito chi

siamo? Ed un’altra, quella di Moro: Ho capito chi siete.

Il gruppo continua a guardare la televisione in attesa di notizie e comunicati da parte dei politici ma restano sorpresi dal fatto che la gente provi un senso di misericordia e rispetto nei confronti di un uomo politico anziché ribellarsi e protestare.

Chiara durante tutto il film mostra evidenti segni di preoccupazione e di agitazione soprattutto quando la mattina successiva è al bar con una compagna e tutti parlano del caso. Finge di avere una vita normale in ufficio continuando a fare il suo lavoro da impiegata in una biblioteca. Alcuni minuti di panico segnano la giornata lavorativa per una stella a cinque punte disegnata da ignoti in ascensore, episodio che racconta ai compagni una volta tornata a casa e per il quale questi mostrano entusiasmo.

Finalmente riusciamo a vedere Moro sottoposto al processo proletario da parte di un brigatista ma Moro non comprende e non sa per quale motivo, su richiesta del brigatista, dovrebbe pentirsi del suo operato e parla della Democrazia Cristiana descrivendo il suo partito tranquillo e caritatevole. Il film è costellato di immagini di finzione e immagini di repertorio con sottofondo continuo delle telecronache giornalistiche. Alle immagini di Chiara al lavoro sono alternate quelle di Moro in prigionia con il quale lei non interloquisce mai, fin quando una sera Moro che ha scritto una lettera per Sua Santità, chiede ad un brigatista di poterla leggere a tutti i membri del gruppo e qui dichiara di aver capito che nel gruppo è presente anche una donna dal modo in cui sono piegati i calzini. La lettera arriva in Vaticano e vediamo l'immagine del papa che legge la lettera dello statista, quella della seduta spiritica che dovrebbe rivelare il luogo di prigionia, l'arrivo del parroco che

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benedice l'abitazione, tutto si sovrappone mentre Chiara all'improvviso sviene. Ernesto lo tranquillizza dicendogli di aspettare un bambino e intanto le immagini di repertorio mostrano un papa commosso e implorante affinché Moro venga liberato. I dialoghi tra lui ed i brigatisti sono serrati: loro premono per fargli scrivere ancora lettere mirate a barattare con lo Stato la sua vita in cambio di prigionieri da loro definiti politici mentre Moro tenta di spiegare che mai saranno considerati eroi dal popolo per il quale loro conducono queste battaglie, che mai saranno accettate le loro maniere criminali versando il sangue di persone innocenti.

Ma durante un'ennesima riunione, anche se Chiara esprime il suo dissenso sull'uccisione dell'onorevole, si capisce che in realtà tutto è già deciso, che fargli scrivere ancora lettere è solo un modo di prendere tempo, che non sarà mai liberato. La scena finale è tutto uno scorrere di immagini in parallelo: Moro scappa e gira all'alba per le vie di Roma e nel contempo assistiamo al suo funerale, il tutto riconducibile ad un sogno di Chiara che vede Moro uscire dalla sua prigione e sedersi accanto a lei che dorme, per poi essere accompagnato verso la porta dell'appartamento. Ancora Moro che esce per strada sotto una pioggia leggera, poi, all'improvviso, si rivede l'appartamento con la scena dei brigatisti che accompagnano l'onorevole, bendato, verso il luogo dell'esecuzione, perché tale è stata. Sempre in parallelo scorrono le immagini reali della Messa di Stato per Aldo Moro, uno Stato la cui ipocrisia è stampata sui volti espressione del potere e di una classe politica bisognosa dell'agnello sacrificale.

Dall’immagine di Paolo VI sulla sedia gestatoria, un nuovo cambio di scena ci riporta al finale alternativo dove Moro cammina sereno mentre iniziano a scorrere i titoli finali.

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Dunque, com’è dimostrato da quasi tutte le scene del film, il contesto narrativo in cui Bellocchio decide di far muovere i personaggi è quello dei pensieri e delle visioni della protagonista Chiara. Lo scopo della narrazione sembra esser quello di voler mostrare la quotidianità del gruppo da cui emerge che il terrorismo è orientato verso la sconfitta: «I rapitori di Moro sono reclusi insieme al loro ostaggio, di cui non sanno più cosa farsi. Gli eventi esterni, captati dalla televisione e dalle frequentazioni esterne, descrivono un mondo pressoché indifferente alla loro presenza. Qui il condannato a morte non veste più i panni del partigiano, bensì del politico disconosciuto dai suoi stessi amici, rendendo così ancora meno plausibile la continuità dei suoi carcerieri con la guerra partigiana»35.

Il film di Bellocchio dunque non tratta affatto le domande e i misteri non risolti della vicenda Moro, la novità del suo film consiste infatti nel voler rappresentare la vicenda dall’interno, dal punto di vista della brigatista al punto tale da non ricostruire nemmeno la scena del rapimento, immagine che nei film è stata anche abusata. Su questa scelta di stile Marco Bellocchio così si è espresso: «per un regista l’approccio è sempre conflittuale poiché deve tener conto di due esigenze fondamentali: da una parte la fantasia, dall’altra la conoscenza storica. Quest’ultima concede la straordinaria possibilità di suggerimenti mentre la prima la libertà di trasformarla. Non è un paradosso… più conosci la Storia e più sei libero di tradirla! In Buongiorno, Notte avrei potuto scegliere di tradire completamente la storia ma ho preferito rispettarla in parte. Una delle immagini più significative per me è l’assoluta infedeltà della scena finale del film, quella in cui Aldo Moro è lasciato

35 L. Peretti e V. Roghi (a cura di), Immagini di piombo. Cinema, storia e terrorismi in Europa,

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libero. Essendo noto a tutti l’epilogo tragico della vicenda, quella sequenza risulta emblematica della libertà di autore di fornire non una mia versione ma una mia rappresentazione»36.

66 3.2 L’autarchia de Il Caimano

Nanni Moretti esordisce nel 1976 con Io sono un autarchico, in cui è già evidente la sua propensione a mostrare al cinema esperienze di vita quotidiana e avvenimenti di attività politica. Con Ecce bombo nel 1978 raggiunge una grande popolarità riproponendo il personaggio da lui interpretato anche nel primo film, Michele

Apicella, suo alter ego cinematografico, questa volta studente ex sessantottino. Con Sogni d'oro (1981), in cui Michele Apicella è un giovane regista nevrotico e

incompreso, vince il Leone d'Oro, premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia. Bianca (1984), interpretata da Laura Morante, è la professoressa di francese di cui si innamora Michele, insegnante di matematica pieno di fobie, ossessivo e anche grande osservatore. In La messa è finita (1985) interpreta il sacerdote Don Giulio che assiste impotente alla morte della madre e per questo film

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